… “GRANDE GIOCO DELL’ENERGIA” ?
DI LARRY CHIN
Online Journal
Con un secondo riuscito tentativo di accaparrarsi il petrolio kazako, il gruppo cinese di proprietà pubblica CITIC ha ttenuto l’approvazione del governo del Kazakhistan per acquistare i campi petroliferi di Karazhambas (di proprietà della canadese Nations Energy) situati vicino ad Aqtua sul Mar Caspio.
“La Cina estingue sete di petrolio: il Kazakhistan vende campo petrolifero per quasi 2 miliardi di dollari” (San Francisco Chronicle).
Il primo successo risale al 2005, quando il presidente del Kazakhistan, Nursultan Nazarbeyev, approvò la vendita della Petrokazakhstan alla China National Petroleum (CNOOC). Come rivelato dal reportage del San Francisco Chronicle, entrambi gli accordi sono stati raggiunti ad un prezzo ragguardevole (che la Cina è disposta a pagare) nonostante un’intensa e continua opposizione da parte di Washington e di vari consorzi petroliferi occidentali. Inoltre, la Cina costruirà e finanzierà un oleodotto di 2000 miglia dal Kazakhistan al confine orientale cinese.
Mentre la Cina e la Russia continuano a “vincere” in Asia Centrale, l’Occidente continua a perdere influenza politica ed economica ovunque.
La distruttiva “guerra contro il terrorismo” dell’amministrazione di George W. Bush cominciata con l’11 settembre ha fallito i suoi scopi principali, quello di occupare l’Asia Centrale ed il Medio Oriente, e di controllare i flussi energetici ed i corridoi strategici in entrambe le regioni bloccando allo stesso tempo gli accordi di cooperazione competitivi e le iniziative energetiche di Russia e Cina.
I crescenti interessi cinesi in Kazakhistan e l’influenza esercitata dalla Russia sui flussi energetici in Asia Centrale costituiscono una sconfitta particolarmente scottante per l’amministrazione Bush, che ora può guardare indietro ad anni di fallimenti disastrosi ed intrisi di sangue.
L’accesso alle risorse kazake era una priorità negli anni ’90, esemplificata dagli accordi (legittimi ed illegittimi) conclusi con il regime di Nazarbayev, che comprendevano atti di corruzione da parte di BP Amoco, ExxonMobil e Dick Cheney (il quale era sia Direttore Generale della Halliburton che un membro del consiglio statale petrolifero kazako).
“L’Elefante in Salotto” (From The Wilderness, Mike Ruppert)
“La Task Force della Politica Energetica di Cheney e la ExxonMobil” (Peter Dale Scott)
“La ExxonMobil verrà incriminata per pagamenti in Kazakhistan?” (Peter Dale Scott)
“Il Petrolio, gli Stati Uniti e la corruzione in Kazakhistan” (Larry Chin)
Il richiamo delle ricche risorse energetiche del Kazakhstan e gli oleodotti centro-asiatici sono stati il centro di parecchi anni di corruzione e pianificazione che hanno portato fino all’11/9 e ad uno degli scopi principali dell’11/9 stesso. Al di là di piccole vittorie come il progetto di oleodotto da Baku a Ceyhan in Azerbaijan, l’amministrazione Bush ha poco da mostrare per giustificare una livello di distruzione senza precedenti e decine di migliaia di morti.
La guerra non ha fatto altro che creare caos ed innumerevoli scenari senza via d’uscita, e di generare un’opposizione anti-occidentale ancora più intensa. Vista attraverso gli occhi delle elìte occidentali è stata assai negativa per gli affari. La Cina e la Russia sono tra i beneficiari principali del disastro Bush quasi per default.
La Cina sa, come anche l’asse Anglo-Americano, che la chiave per la propria sicurezza nazionale è l’energia, e l’elìte energetica cinese è disposta a ricorrere a misure drammatiche per ogni goccia di petrolio ed ogni watt di elettricità. Queste comprendono il pagamento di un alto prezzo per ricchezze centro-asiatiche/caspiane che finora si sono dimostrate una delusione, l’utilizzo di enormi risorse per costruire un oleodotto tra il Kazakhistan e la Cina che, quando fu proposto anni fa, fu considerato irrealizzabile, e la costruzione delle dighe nella regione delle Tre Gorge (uno dei progetti edili più grandi della storia).
Il colosso economico cinese continua ad avanzare. Per anni le elìte e le multinazionali occidentali hanno felicemente cavalcato l’onda del più grande (e forse finale) banchetto della globalizzazione, appoggiando allo stesso tempo le politiche di contenimento della Cina in stile Guerra Fredda implementate da Washington, e l’infiltrazione a lungo termine dell’economia cinese (attraverso la World Trade Organization). Con l’intensificarsi della guerra per le risorse energetiche e l’accumularsi di sconfitte politiche americane, i rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina sono destinati a svilupparsi all’insegna dell’antagonismo.
Il nuovo Congresso, a Washington, guidato dai democratici neo-liberali, tenterà di restaurare l’immagine dell’America invocando cooperazione multinazionale (collusione) e diplomazia (l’ONU e la Nato), e di recuperare il potere guadagnato con l’11/9 (uno scenario in cui, con il resto del mondo sotto choc, avrebbe accettato l’egemonia occidentale) poi sprecato con la brutale conquista dell’Iraq di Bush e Cheney.
Ma l’autodistruzione dell’impero americano è irrimediabile. Il picco di produzione di petrolio e gas è arrivato sul serio, senza alcun piano di emergenza razionale delle elìte di Washington e Wall Street, o dei maggiori produttori di petrolio, e continue smentite dell’esistenza del problema da parte dei grandi media americani (e di quelli cinesi).
Peggio ancora, l’amministrazione Bush-Cheney è decisa ad intensificare la violenza. L’amministrazione sta rafforzando il proprio nucleo promuovendo John Negroponte e Zalmay Khalilzad (ed introducendo fedelissimi come Ted Olson) a posizioni ancora più elevate, schierando gli avvocati per combattere indagini sulle proprie attività, trattando il nuovo congresso, ed il mondo, con ancor più evidente disprezzo, e preparando nuovi attacchi militari per i suoi ultimi due anni.
Dove andrà ora l’Impero a prendere ciò di cui ha bisogno?
Il Medio Oriente è sempre meno ospitale agli interessi occidentali, un vero inferno che peggiora di giorno in giorno. Non scorre petrolio da un Iraq sconvolto. L’Afghanistan, anch’esso ormai al di fuori del controllo americano, non ha aiutato a risolvere il problema delle risorse energetiche degli Stati Uniti (tuttavia l’industria afghana dell’eroina, fiorita durante l’occupazione americana – con l’eroina prodotta che inonda gli Stati Uniti – è stata una manna per la narco-economia mondiale e Wall Street). L’Arabia Saudita, ancora adesso il primo premio, ha i propri problemi di approvigionamento, ribellioni e di rapporti col regime di Bush. L’assicurarsi più energia dall’America Latina si è dimostrato difficile, specialmente con figure politiche intelligenti come Hugo Chavez, che identificano e bloccano con successo nuovi tentativi di incursione. Per quanto riguarda l’Iran si sta ancora cercando di incastrarlo per poterlo attaccare.
La guerra delle risorse si sta intensificando in Africa (Somalia, Nigeria, Sudan, Darfur, etc), fatto comprovato dall’aumento di operazioni militari o di intelligence americane, dall’intensificazione di agitazioni, guerre e operazioni clandestine, e dalla presenza di “al-Qaeda” (sicuro indizio di operazioni clandestine americane in atto).
L’impero anglo-americano non gode di alcun vantaggio o potere speciale contro i propri rivali geo-politici in nessuna delle aree prese di mira, ed anche nello scenario più roseo, non potrà assolutamente controllare le condizioni sul territorio.
Pantano dopo pantano l’Impero Americano sta rapidamente esaurendo le opzioni, anche quelle pessime.
Larry Chin
Fonte: http://onlinejournal.com/
Link: http://onlinejournal.com/artman/publish/article_1612.shtml
08.01.2006
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DANIEL MONTI