DI CARLO GAMBESCIA
Il progresso. Sarebbe presuntuoso, oltre che semplicistico, pretendere di affrontare un tema così ampio in poche righe. Quel che però si può fare, è fornire alcune indicazioni di massima sulle varie posizioni ideologiche in argomento, oggi più significative. Dopo di che spetterà al lettore prendere posizione.
Una premessa: la vera grande cesura, quando si parla di progresso, è tra chi crede nel progresso – attenzione – “morale” dell’uomo e chi no.
Ad esempio, un eccellente polemista e scrittore come Massimo Fini, non crede nel progresso morale dell’uomo in quanto tale ( che, detto in soldoni, significa credere nella forza trasformatrice dell’educazione). Viceversa, uno studioso di grande valore come Serge Latouche altrettanto critico nei riguardi dell’ideologia del progresso, vi crede fermamente. E stiamo parlando di due teorici della “decrescita”.Ovviamente, i sostenitori attuali dell’ideologia del progresso – ed è inutile fare nomi, perché si tratta della stragrande maggioranza degli intellettuali, dei politici, degli economisti – credono nel progresso morale dell’uomo e nella sua crescente perfettibilità. Di qui la loro grande fiducia nella tecnica, come strumento per migliorare l’uomo.
Ora però, se non si crede nella possibilità di progresso morale dell’uomo, diventa difficile anche criticare l’idea di progresso. Per una semplice ragione: l’idea di perfettibilità (attraverso il condizionamento, se non proprio la determinazione culturale dell’uomo) implica la possibilità di un suo mutamento positivo. Di qui la necessità di distinguere tra mutamento morale e mutamento tecnologico. Ma anche di tenere presente, sul piano del ragionamento sociologico, alcune costanti che attraversano la storia dell’umanità ( si pensi solo alla regolarità amico-nemico…). Ma facciamo un esempio.
L’idea di decrescita implica la necessità di credere nel progresso morale dell’uomo. Nel senso che il rifiuto del modello di vita consumistico, dovrà essere frutto di una progressiva crescita spirituale-morale, rispetto a una società, come quella attuale, che celebra e predica soltanto il progresso materiale. Tuttavia l’idea di educare alla decrescita implica un problema di tipo politico: come comportarsi con coloro che rifiutino di “automodificarsi” spontaneamente? O ancora: con coloro che non vogliano o possano partecipare istituzionalmente a processi “obbligatori” di educazione collettiva? Ecco un bel problema da affrontare per coloro che credono nel progresso morale e non nel progresso materiale (tecnologico, economico, eccetera).
Riassumendo, vanno registrate tre posizioni: 1°) quella degli “imperfettisti”, che rifiutano il progresso, non credendo in alcuna possibilità di crescita dell’uomo, spirituale e materiale ; 2°) quella dei “perfettisti parziali”, che credono solo nel progresso morale come fattore per introdurre la decrescita materiale; 3°) quella dei “perfettisti totali” (o “totalitari”), che celebrano gaiamente il progresso materiale.
La prima posizione è regressiva. Dal momento che resta legata alla celebrazione di improbabili e passate Età dell’Oro. Un vicolo cieco.
La seconda posizione non è regressiva. Anzi, è progressiva in senso “sanamente” morale. Tuttavia tende a ignorare, come nel caso di Latouche, il ruolo del politico e del rapporto, non lineare, tra educazione spontanea (individuale) e obbligatoria (collettiva). Oltre che la diversa “tempistica”, da regolare “politicamente”, tra progresso morale (meno veloce) e progresso materiale, tecnologico ed economico (più veloce).
La terza posizione rinvia alla prima, ma con una differenza: l’ Età dell’Oro è situata davanti a noi, nel futuro, e non in un lontano passato. Altro vicolo cieco.
Ecco esposti, seppure sinteticamente, i termini della questione. In conclusione, crediamo occorra “inventare” o “scoprire” una specie di “Quarta Posizione” o “Via”.
Ai nostri lettori la risposta.
Carlo Gambescia
Fonte: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/
Link
3.09.07
VEDI ANCHE: MALEDETTO PROGRESSO