FONTE: RESEAUINTERNATIONAL.NET
Un anno fa l’Europa non si aspettava certo di dover pagare così caro il suo piano egemonico sull’Ucraina. A quell’epoca era tutto un preparare, un intrigare, un raggirare sotterraneo. Nelle cancellerie ci si sfregava le mani all’idea del bel colpo che si stava per tirare alla Russia, probabilmente anche con un certo gridolino di piacere.
Non era stato tutto concordato con il grande Fratello americano?
Già era partita, ed era ancora in corso, la grande campagna di opinione sul tema dell’omosessualità. È incredibile come fosse andato tutto così liscio. Per prima cosa, le Pussy Riot avevano sgomberato il campo. I Giochi Olimpici Invernali di Sochi si avvicinavano a grandi passi, e benché non ci fosse nulla di ufficiale era stato sapientemente organizzato un clima da boicottaggio. Tutto fu sincronizzato con l’apertura dei Giochi, con Putin che aveva le mani legate per via di un evento al quale aveva dato un’importanza capitale.
A Kiev il copione fu seguito nei minimi dettagli. Sulla piazza Maidan sfilavano i vari attori incaricati di animare lo spettacolo, dal senatore McCain al «rivoluzionario da studio fotografico» Bernard Henri-Lévy [accusato di essersi fatto ritrarre in uno studio fotografico, con falso scenario e false barricate, per fingere la sua presenza sui luoghi della rivolta, N.d.T]. L’Unione Europea, da sempre abituata ai colpi bassi dei propri leader (e anche per questo complice), è rimasta imbambolata dalle abili manovre di diversione, che davano a credere che fosse ancora possibile una via d’uscita alla crisi e che, con la buona volontà e le opportune concessioni, tutto sarebbe tornato alla normalità. Alla vigilia del colpo di stato, i ministri degli esteri polacco e francese ridevano sotto i baffi mentre erano in viaggio per Kiev, dove avrebbero firmato l’ultimo atto-farsa che avrebbe dovuto mettere fine alla crisi.
I principali paesi dell’UE, troppo abituati a suonarsela da soli e ad auto congratularsi, nel loro delirio megalomane non hanno pensato un solo istante a ciò che si stava realizzando sotto i loro occhi, e che in ogni caso non potrà mai rivaleggiare con il loro genio. Non hanno compreso di essere stati semplici strumenti (e d’altro canto come potevano?), e che tali resteranno fino al termine dell’«operazione Ucraina», le cui conseguenze – ben chiare fin dall’inizio – saranno per loro catastrofiche.
Il modo in cui i media occidentali hanno commentato il ritorno della Crimea alla Russia dimostra la loro incapacità di analisi. Eppure, per chi voleva davvero capire, tutto era ben chiaro. Il vantaggio di avere un avversario megalomane è che basta lasciargli credere che è lui a guidare tutta la baracca, per poter fare poi ciò che si desidera. È probabile che nel loro piano gli Stati Uniti avessero previsto l’eventualità di quella che definiscono l’«annessione» della Crimea. È anche probabile che avessero studiato il modo migliore per sfruttarla, come in effetti sembra che sia andata. In effetti, nella sua ingenuità l’Unione Europea è rimasta talmente scioccata che ha accettato come se nulla fosse la prima ondata di sanzioni decise dagli USA, senza alcuna riflessione sulle possibili conseguenze e lasciandosi trascinare in un ingranaggio per lei mortale, benché ancora poco chiaro.
Nessuno dei paesi UE aveva la minima intenzione né la voglia di battersi per l’Ucraina. Pensavano tutti che il bluff sarebbe stato sufficiente e che, nonostante qualche sanzione distillata prudentemente e con malavoglia, sarebbe stato infine possibile ritornare al punto di partenza, come si fa tra gentiluomini. Peccato che gli artefici del piano avessero programmi diversi, programmi nei quali tanto l’obiettivo (la Russia) quanto gli strumenti usati per colpirlo (l’Ucraina e l’UE) erano fusi insieme e messi al servizio dei loro interessi.
Dopo aver cercato invano di far capire ai paesi UE che erano vittime di una manovra USA, la Russia ha finito per lasciare perdere ed ha deciso che non si sarebbe lasciata coinvolgere da partner così ciechi, volgendo la propria attenzione verso l’est. Oggi i paesi UE sono ormai gli unici a pagarne le conseguenze. Pagano per le sanzioni decise dagli USA, pagano per le contro-sanzioni decise dalla Federazione Russa, e pagano infine per i danni collaterali, conseguenze dirette dell’evolversi della situazione che – grazie a loro – si è prodotta in Ucraina. Questo inverno, ad esempio, sotto l’occhio beffardo dei russi i paesi UE non avranno altra scelta che pagare la bolletta del riscaldamento degli ucraini per evitare che questi ultimi decidano di rubare il gas destinato a loro. Siamo ben lontani dai tempi in cui Laurent Fabius rideva sotto i baffi all’idea di tirare un bel colpo alla Russia e in cui l’UE mostrava la sua boria davanti a chi si presumeva avesse perso la Guerra Fredda.
L’UE è ai ferri corti e non può tornare indietro. Gli avvertimenti non sono peraltro mancati da parte di Mosca. Le toccherà pagare per tutti i capricci dell’Ucraina e subirà sanzioni e contro-sanzioni. Ormai non è nient’altro che un portafoglio aperto, che cerca di limitare i danni di una guerra che non è sua e che tuttavia ha scatenato.
Fonte: http://reseauinternational.net/l
Link: http://reseauinternational.net/leurope-paye-cher-revolution-maidan/
2.11.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARTINO LAURENTI