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La Redazione

 

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LETTERA APERTA AL MINISTRO DELL'INTERNO

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A cura di Davide
Il 15 Novembre 2007
44 Views

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DI CARLO BERTANI

Gentile On. Amato,
mi permetto d’importunarla mentre l’Italia è squassata da un vento di mille perché, giacché pochi riescono a capire come si possa definire un fatto “accidentale”, una maledetta “fatalità”, colpire a morte un giovane che si trova sull’auto e si sta recando ad una partita di calcio.
Non siamo rassicurati, convinti, acquietati dalle sue parole: non riusciamo a capire perché le circostanze “siano ancora da chiarire”; sembra che a non aver compreso nulla – paradossalmente – sia proprio il primo depositario della sicurezza interna, ossia Lei.

Le giustificazioni addotte ci sembrano un guazzabuglio di non sense, un tentativo puerile di giustificare l’ingiustificabile, di normalizzare ciò che normale non può essere.
Dapprima ci avete raccontato che il poliziotto aveva sparato in aria poi – forse rendendovi conto che la stavate “sparando” voi un po’ troppo in alto – vi siete corretti, per lasciar posto ad una ridda di “giustificazioni” e di “chiarimenti” che parevano quelli di un ragazzino che ha marinato la scuola e viene scoperto.
La prima cosa che mi ha subito insospettito – signor Ministro – è la sparizione del bossolo: non s’era in piena Amazzonia, non eravamo nelle paludi di Key West, bensì in una tranquilla area di servizio dell’Autostrada del Sole. Il tanto osannato RIS di Parma riesce a trovare mezzo capello in una scena del delitto a decine d’anni di distanza e…sparisce un bossolo?
No, ci racconti un po’ come stanno le cose, perché Bruno Vespa ci ha strapazzato i cosiddetti per anni, facendo e disfacendo il processo di Cogne in diretta, e oramai ciascuno di noi sa benissimo che, a quei professionisti, non sfugge nulla. Un bossolo: possibile?
Visto che un bossolo “scarta” al massimo di qualche metro, dopo l’esplosione, non è che – per caso – qualcuno ha “provveduto” subito a farlo sparire?

Dopo poco tempo – maledizione – salta fuori un testimone che afferma, e sostiene con una testimonianza agli inquirenti, che ha visto l’agente sparare ad altezza d’uomo. Finalmente, da un agente (di commercio) in viaggio, giunge agli italiani una parola di verità: gli aerei possono continuare a volare tranquilli, nessuno ha sparato in aria.
Sarà sorpreso anche Lei – Signor Ministro – e ne converrà che è assai strano che un agente di polizia spari ad altezza d’uomo senza un bersaglio, così, tanto per sparare. Una situazione d’emergenza? Qualcuno stava per essere ucciso, sopraffatto, ferito?
Non ci sembra, perché altri testimoni affermano che la breve baruffa fra una decina di persone, che s’era creata nel parcheggio per questioni di tifo, s’era acquietata quando le auto della polizia – dall’opposto parcheggio – avevano acceso le sirene.
Come spiegare l’arcano? Anche Lei, persona sagace e “sottile”, sarà incuriosito.
Vuoi vedere che… – per carità, è solo un’ipotesi – che l’agente ha meditato di sparare alle gomme dell’autovettura per, in un secondo momento, raggiungere l’opposto senso di marcia ed arrestare i tifosi?
Ci sembra un poco azzardata – lo ammettiamo – poiché non ne esistevano gli elementi: i ragazzi stavano andandosene, le macchine stavano per partire, ogni rischio di colluttazione era rientrato.
Sparare un colpo di pistola per colpire un pneumatico…a quella distanza?
Gli italiani – Ministro – non riescono a comprendere poiché sanno che, a 70 metri di distanza, nemmeno Guglielmo Tell riuscirebbe a colpire qualcosa con una pistola d’ordinanza. Per colpire una gomma a quella distanza, ci vuole una carabina.
A meno che, a meno che…l’agente non abbia millantato di poterlo fare…potrebbe essere…magari dopo alcune, brillanti prove al poligono di tiro, sostenuto dai risultati ottenuti…”Mo’ ci provo…” e gli altri stanno a guardare. Un’ipotesi troppo assurda?
Può esserlo senz’altro, lo ammettiamo, ma ricordiamo che la tragedia del Cermis – quella funivia tranciata dal timone di coda di un A-6 americano – avvenne perché il pilota aveva scommesso di passarci sotto. Una bravata.
Come dice, Ministro? Che non ne abbiamo certezza?
Certo, ha ragione: possiamo solamente ipotizzarlo (sulla base d’alcune notizie dell’epoca), perché non ci fu processo in Italia, tutto fu deciso lontano, negli USA. Tre anni di carcere, se ben ricordo, in parte condonati o roba del genere: il solito amorevole buffetto.
Faceste tanto i gradassi e finiste per farvi soffiare il processo sotto il naso: vuoi vedere che, se provavate a minacciare di rescindere il contratto d’affitto della base di Aviano, magari il processo sarebbe rimasto in Italia?

Adesso, sembra che tutta la faccenda sia soltanto una questione di ordine pubblico: addirittura, per le violenze accadute a Roma in serata, avete sibilato nuovamente la parola “terrorismo”.
Spero – Ministro – che qualcuno stesse scherzando, perché anche lei dovrà capire che – a forza di raccontare che la gente muore per le pallottole sparate in aria, oppure che le funivie cadono per nonsisabeneperché – qualcuno s’incazza e sono dolori.
Certo – Ministro – vorremmo tutti avere la sua flemma, il suo aplomb britannico, la sua elegante parlata germanica, la sua cultura, il suo savoir faire ma – che vuole – non tutti ci riescono.
Ci sono in giro giovani poco acculturati, che non comprendono le “sottigliezze” del linguaggio giuridico, che non afferrano come il reato ipotizzato per chi uccide sia “omicidio colposo” – ossia senza volontarietà dell’atto – mentre per quattro ragazzi che si spintonano in un parcheggio scatti subito l’ipotesi di “lesioni colpose”.
Temono – i poveretti – che nella patetica giustizia italiana, con le aggravanti e le attenuanti che s’accavallano a caso, le due sentenze potrebbero finire addirittura per assomigliarsi.
Lo so, Ministro, bisognerebbe fare uno sforzo per addentrarci meglio – tutti – nei meandri del diritto: che ci vuole fare, siamo soltanto il misero prodotto della scuola che voi ci propinate.
Se parliamo di sforzi, però, qualcosa si potrebbe fare.
Circa un paio di settimane or sono – a Napoli – una pattuglia di carabinieri sparò ad un’auto che non s’era arrestata ad un blocco. Risultato: un giovane ucciso. Subito dopo, la autorità (sono uno scrittore, so quando usare le maiuscole) comunicarono che “probabilmente i giovani avevano appena effettuato una rapina”.

Sentenziare la pena di morte per una rapina ci sembra un’interpretazione del codice penale assai estrema – ne conviene? – anche perché non sapremo mai – ci perdoni, ma talvolta la sfiducia c’assale – se veramente quei giovani avevano rapinato qualcuno. Di veramente certo, c’è solo il morto, colpito ovviamente “per caso”, magari sparando con un’arma corta a decine di metri di distanza su un bersaglio in movimento. I gommisti chiedono, all’unisono, una maggior precisione nel tiro, i becchini s’astengono, gli impresari di pompe funebri votano a favore.
Siccome io e Lei – signor Ministro – abbiamo qualche anno alle spalle, mi sono permesso di salire in biblioteca e di cercare un vecchio libro, che forse anche Lei avrà sfogliato.
Cerca e ricerca…alla fine – coperto di polvere – è saltato fuori: si chiama “Cronaca di una strage”. Non le dice nulla?
Ma sì, Ministro, era il 12 maggio del 1977 – adesso ricorda, so che ha prodigiosa memoria – stiamo parlando del ponte Garibaldi, dell’uccisione di Giorgiana Masi.
Terrorismo? Per carità, Ministro, non provi a barare con me: ci accomunano i capelli brizzolati e il mal di schiena.
Era una manifestazione non violenta indetta dal Partito Radicale dell’epoca, per sostenere alcuni referendum: non vado oltre, so che ha una mente prodigiosa. Se ha qualche vuoto di memoria, chieda al suo (allora) compagno di partito Fabrizio Cicchitto – lo troverà all’opposto balcone, fra le file di Forza Italia – no, non è più socialista. Cicchitto fece un animoso intervento alla Camera dei Deputati, laddove domandava lumi. Ne cito un breve estratto:

“Vi è stato un preventivo attacco contro chiunque si avvicinasse a Piazza Navona, da cui è derivata una situazione aggressiva verso i cittadini, per nulla organizzati, per nulla violenti…E’ la direttiva impartita alle forze dell’ordine che va nettamente contestata e condannata…”

Se vuole il testo completo dell’intervento di Cicchitto, sono a disposizione.
Sfogliando quelle pagine, mi sono chiesto che fine fecero le indagini per sapere chi aveva ucciso – colpita alla schiena – una ragazza che fuggiva sul ponte Garibaldi verso piazza Sonnino.
In quelle pagine – se vorrà, ripeto, sono a Sua disposizione – ci sono le fotografie di poliziotti in borghese che sparano ad altezza d’uomo, armati con mazze e bastoni (armi improprie per dei poliziotti, che dice?). Si vedono pistole e fucili “fumanti”, tutti in mano a poliziotti e carabinieri: anche quella volta, il morto fu dalla solita parte.
Il motivo della missiva è semplice – e qui concludo – perché si riassume in una sola domanda: quali provvedimenti furono presi per quei poliziotti in borghese, armati con pistole, fucili, mazze e bastoni, che sparavano su dei giovani che stavano fuggendo?
Di questo passo – con la sostanziale impunità dei “tutori” dell’ordine – dove andremo a finire? A quando la prossima “Uno Bianca”?
Con “sottile” cordialità

Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com/
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2007/11/lettera-aperta-al-ministro-dellinterno.html
14.11.07

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