LETTERA AD UN SOLDATO AMERICANO

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Quelli che hanno figli e figlie in Iraq ed Afghanistan dovrebbero leggere A letter to an American G.I, scritta da una donna irachena. Questa lettera sarebbe il più importante regalo di Natale per i vostri figli. Inviatela!
Gabriele Zamparini, Cannon fodder in Christmas’ times, The Cat’s Blog, 21.12.2006

DI LAYLA ANWAR
An Arab Woman Blues – Reflections in a sealed bottle…

Quando guardo le foto su albasrah.net dei vostri compagni morti e leggo qualche vostra candida poesia infantile, mi sento triste per voi. Lo faccio davvero. Mi sento triste per voi e allo stesso tempo mi sento furiosa. E’ un mix molto confusionale di emozioni ambivalenti, contraddittorie. Da un lato, vorrei uccidervi, dall’altro mi dico: non è davvero colpa vostra. Lo scegliete ma allo stesso tempo non lo scegliete. Dalla vostra prospettiva state solo “eseguendo gli ordini”. Ma i duri fatti sul campo di battaglia mi dicono che godete dell’umiliazione da voi inflitta a questo popolo “malvagio”, “estraneo” – gli Iracheni.Nonostante la vostra stessa indigenza e il vostro “esserci” perché “esserci” vi garantirà un lasciapassare e forse il famoso passaporto con un’aquila goffrata a stelle e strisce, credete ancora di essere superiori, una razza migliore, più evoluta, più pura.

Vedo le foto dei vostri compagni morti e penso alle loro madri e ai loro padri e all’amarezza e al dolore che devono provare. Sembrate tutti così giovani e in molti sensi così innocenti.

Quando vi vedo calciare giovani Iracheni e picchiarli a morte, quando vi vedo violentare ragazzine irachene e bruciarle, quando vi vedo far correre bambini iracheni per miglia dietro ad una bottiglia plastificata d’acqua, o quando insegnate a quelle piccole e povere anime a dire “Fottiti, Iraq”, solo per il divertimento di farlo – non posso fare a meno di odiarvi. (Non menzionerò nemmeno la tortura, né i saccheggi – sapete già tutto al riguardo).

Quando vi vedo orinare dentro e su luoghi sacri e quando vi vedo scrivere i vostri perversi graffiti su siti archeologici vecchi di 7.000 anni, senza alcun rispetto o riguardo per la Fede, la Cultura e la Storia di un altro popolo – non posso che avere disprezzo per voi.

Quando sento racconti come questo, quando avete spogliato completamente una mia amica – una donna con più qualifiche di tutto il vostro esercito messo assieme, di 45 anni, abbastanza vecchia da essere vostra madre. Dicevate di volervi assicurare che non stesse “nascondendo qualcosa là giù” nella sua biancheria intima. Lo ricordate? Lo avete fatto davanti a 30 vostri compagni maschi nel vostro campo “speciale”. Poi le avete offerto una coca in modo che potesse rilassarsi e “calmarsi”. Non mi ha raccontato il resto della storia, ha detto: “Non disturbiamo il can dormiente”. Voglio farvi sapere che lei ha lasciato l’Iraq e tutto quello che aveva dopo questo incidente a causa vostra. Mi ha detto: “Non voglio portarmi dietro niente, nemmeno un ricambio di biancheria intima. Lascio che si prendano tutto”. E’ così che l’avete disgustata con le vostre azioni. Sì, quando odo un’altra storia come questa non posso fare a meno di disprezzarvi.

Lo ammetto: a volte, provo empatia per voi e per la vita che vi lasciate dietro – una vita a cui potreste non tornare mai più.

E a volte mi siedo chiedendomi se realizzate la quantità di dolore e sofferenza che state infliggendo a delle persone innocenti che non vi hanno fatto NULLA. Realizzate l’enormità e la gravità delle vostre azioni? Realizzate quante profonde ferite e sfregi che potrebbero non guarire mai state lasciando dietro a voi?

E a volte mi siedo chiedendomi cosa vi capita quando andate a dormire, la sera. Potete dormire in pace? Potete chiudere gli occhi con la coscienza pulita?

E a volte mi siedo chiedendomi: quando finite la vostra ronda di uccisioni e molestie di Iracheni e li lasciate deliberatamente nelle strade, congestionati dalla Morte, per giorni e giorni – potete ancora ingannarvi da soli e pretendere di mandare lettere d’amore alla vostra famiglia, alla moglie o alla fidanzata?

Ho ancora molto da dirvi ma sento di aver detto abbastanza. Dopotutto, non vi devo mica arruolare.

Ma prima che io termini questa lettera e torni alla mia “vita” quotidiana sotto occupazione, voglio che sappiate come io, da qualche parte, in profondità, mi preoccupi dei vostri spiacenti culi. Me ne preoccupo abbastanza non perché apprezzi la vostra presenza – no, per niente – ma semplicemente per il mero fatto che ci è capitato di appartenere alla stessa “razza”. Quella umana. E ho ancora un po’ di fede su quel “fronte”. Mi preoccupo abbastanza da volere che salviate il vostro stesso Io, quell’Io che senza dubbio tornerà a perseguitarvi uno di questi giorni. E, facendolo, state salvando anche la vostra stessa Vita. Lo dovete a “voi stessi”, e potete farlo con una semplice parola: RIFIUTO. Fatelo e basta, fatelo ORA, fatelo prima che sia troppo tardi.

Layla Anwar
Fonte: http://arabwomanblues.blogspot.com/
Link: http://arabwomanblues.blogspot.com/2006/12/letter-to-american-gi.html
17.12.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO MARTINI

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