LA TESTIMONIANZA DI OLMERT RIVELA IL VERO OBBIETTIVO DELLA GUERRA IN LIBANO

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blankDI JONATHAN COOK
Counterpunch

Nazareth, 12 marzo 2007 – Il presunto assalto
“difensivo” d’Israele contro
Hizbullah, l’estate scorsa, in cui sono stati uccisi
più di 1.000 civili
libanesi in un massiccia campagna di bombardamenti aerei che si
è conclusa con Israele
che sparpagliava bombe a grappolo nel sud del paese,
nell’ultima settimana è
stato posto definitivamente sotto una luce diversa
dal Primo Ministro
israeliano Ehud Olmert. La sua testimonianza, trapelata al comitato di
Winograd — che indaga sugli errori del governo
durante l’attacco durato ben un
mese — suggerisce che egli si stava preparando per
una tale guerra da almeno
quattro mesi prima del casus belli ufficiale: la
cattura da parte di
Hizbullah di due soldati israeliani ad un posto di
confine il 12 luglio
2006. La devastazione del Libano fu apparentemente
progettata per dare una
lezione sia a Hizbullah che al pubblico più ampio
del paese. Il nuovo
resoconto di Olmert chiarisce la confusionaria serie
di giustificazioni
ufficiali per la guerra date a quel tempo.In primo luogo, ci era stato detto che il rapimento
dei soldati era “un atto
di guerra” da parte del Libano e che una campagna
“Shock and awe” era
necessaria per assicurare il loro rilascio. O, come
spiegò l’allora Capo
dello Staff Dan Halutz — prendendosi una pausa
dalla gestione delle sue
azioni prima che i prezzi del mercato crollassero —
i suoi piloti stavano
per “portare l’orologio indietro di 20 anni” in
Libano. Poi l’esercito ha
sostenuto che stava cercando di fermare i lanci di
razzi degli Hizbullah. Ma
la campagna dei bombardamenti non prese di mira solo
i lanciagranate ma
buona parte del Libano, compresa Beirut
(naturalmente, si è convenientemente
tralasciato il fatto che i razzi di Hizbullah sono
caduti come risposta al
bombardamento israeliano e non il contrario). Ed
infine ci sono state
offerte variazioni sul tema che ha concluso il
combattimento: la necessità
di spingere Hizbullah (e, incidentalmente, centinaia
di migliaia dei civili
libanesi) via dal confine nord con Israele. E’ stata
la spinta della
risoluzione 1701 dell’ONU che ha determinato la
conclusione ufficiale delle
ostilità a metà agosto. Inoltre assomigliava
sospettosamente alla ragione
per cui Israele ha scelto all’ultimo minuto di
lasciar cadere fino ad un
milione di mini-bombe — vecchi stock statunitensi
di munizioni a grappolo
con un’altissima incidenza di errore — che
giacciono nei campi del Libano
del sud, in campi da gioco e cortili in attesa di
esplodere.

Ciò che era stato notevole prima dell’ultima
rivelazione di Olmert era l’enfasi
del comando militare nel distanziarsi dall’attacco
fallimentare di Israele a
Hizbullah. Dopo le sue dimissioni, Halutz ha
incolpato il livello politico
(intendendo soprattutto Olmert), mentre i suoi
subalterni hanno incolpato
sia Olmert che Halutz. L’ex Capo dello Staff è stato
attaccato soprattutto
perché, si affermava, pur provenendo
dall’aeronautica, aveva sopravvalutato
la presunta efficacia dei suoi piloti nel
“neutralizzare” i razzi di
Hizbullah.

Dato questo sfondo, Olmert è stato premuroso nella
sua testimonianza a
Winograd. Non solo ha scaricato la responsabilità
della guerra sulle spalle
del Comitato ma, se si deve credere ai resoconti dei
media israeliani, ha
anche pubblicizzato il fatto facendone trapelare i
particolari. A Winograd
Olmert ha detto che, lungi dal fare guerra d’istinto
in risposta alla
cattura dei due soldati (il principale fattore
attenuante per la
dimostrazione di aggressività di Israele), lui stava
progettando l’attacco
al Libano almeno dal marzo 2006. La sua
testimonianza è più che plausibile.
Le allusioni a preesistenti programmi per
un’invasione terrestre del Libano
si possono trovare nei reportage israeliani
dell’epoca. Il primo giorno
della guerra, per esempio, il Jerusalem Post
riportava: “poche settimane fa,
un’intera divisione di riservisti è stata inviata ad
addestrarsi per un’operazione
come quella che l’IDF (Israel Defence Forces) sta
progettando in risposta
agli attacchi di Hizbullah di mercoledì mattina alle
forze dell’IDF lungo il
confine nord”.

Olmert al Comitato ha difeso i preparativi sulla
base del fatto che Israele
si aspettava che Hizbullah ad un certo punto
catturasse dei soldati e
voleva essere pronto per una risposta dura. La
distruzione del Libano
avrebbe dissuaso Hizbullah dal considerare un’altra
operazione simile in
futuro. C’era una strada alternativa che Olmert ed i
suoi comandanti
avrebbero potuto seguire: avrebbero potuto cercare
di diminuire la minaccia
degli attacchi al confine nord smorzando le
principali cause che spingevano
al conflitto di Israele con Hizbullah. Secondo la
testimonianza di Olmert,
egli stava cercando proprio una tale soluzione al
principale problema: un
piccolo corridoio di terra conosciuto come Shebaa
Farms rivendicato dal
Libano ma occupato da Israele dal 1967. Come
conseguenza dell’occupazione
della zona delle Farm, Hizbullah ha sostenuto che il
ritiro di Israele dal
Libano del sud nel 2000 era incompleto e che il
territorio doveva essere
ancora liberato. L’affermazione di Olmert, tuttavia,
non regge ad un esame
accurato. I media israeliani, a gennaio, hanno
rivelato che per gran parte dei
due suoi due anni, il leader siriano Bashir Assad si
era quasi del tutto
prostrato davanti ad Israele nei canali di
trattativa per il ritorno del
territorio siriano, il Golan, attualmente occupato
da Israele. Anche se
quei colloqui offrivano ad Israele condizioni più
che favorevoli di quanto
si sarebbe potuto sperare (compresa la definizione
del Golan come parco di
pace aperto agli Israeliani), Sharon e poi Olmert —
sostenuti dagli Stati
Uniti — rifiutarono di impegnarsi con Damasco.

Un accordo con la Siria sul Golan, quasi certamente,
avrebbe assicurato che le
Shebaa Farms sarebbero state restituite al Libano.
Se Israele o gli Stati Uniti
lo avessero voluto avrebbero potuto fare
considerevoli progressi su questo
fronte. L’altra principale tensione erano le
ripetute violazioni del
confine nord da parte di Israele, cui facevano da
complemento le violazioni
di Hizbullah, benchè meno frequenti. Dopo il ritiro
dell’esercito nel 2000,
gli osservatori delle Nazioni Unite hanno registrato
che aerei militari
israeliani violavano quasi quotidianamente lo spazio
aereo libanese. Sorvoli
regolari erano fatti verso Beirut, su cui i piloti
usavano i boom sonici per
terrorizzare la popolazione locale mentre i droni spiavano
gran parte del paese. Di
nuovo, se Israele avesse fermato queste violazioni
della sovranità libanese, le
violazioni da parte di Hizbullah della sovranità
israeliana attaccando i
posti di confine sarebbero state difficili da
giustificare.

E per concludere, quando Hizbullah ha catturato i
soldati, Israele aveva la
possibilità di negoziare per il loro ritorno.
Hizbullah ha reso chiaro sin
dall’inizio che voleva scambiare i soldati per una
manciata di prigionieri
libanesi bloccati nelle carceri israeliane. Ma,
naturalmente, come implica
la testimonianza di Olmert, Israele non era
interessato ai colloqui o a
fermare la sua campagna di bombardamenti. Ciò non
faceva parte del piano.
Possiamo ora cominciare a ricostruire il perchè.
Secondo la fuga di notizie, in primo luogo
Olmert ha discusso i preparativi per
una guerra contro il
Libano in gennaio e poi ha chiesto programmi
dettagliati in marzo.
Naturalmente, date le implicazioni, il resoconto di
Olmert è stato denigrato
dai principali politici israeliani. Effi Eitam ha
precisato che la versione
di Olmert riecheggia quella del capo di Hizbullah,
Hassan Nasrallah, che
afferma che il suo gruppo sapeva che Israele voleva
attaccare il Libano. E
Yuval Steinitz sostiene che, se era prevista una
guerra, Olmert non avrebbe
dovuto approvare un grande taglio del budget della
difesa poche settimane
prima. La spiegazione per ciò, tuttavia, si può
probabilmente trovare nelle
previsioni sul risultato della guerra espresse
all’esecutivo da Halutz e dai
ministri del governo. Halutz, secondo quanto
riferito, credeva che una
campagna aerea avrebbe sconfitto Hizbullah in
due-tre giorni, dopo cui
l’infrastruttura del Libano sarebbe crollata senza
ostacoli. Alcuni ministri, apparentemente, pensavano che la guerra sarebbe
finita anche prima. In più,
era stato offerto un depistaggio dallo Staff dei
Generali, i cui comandanti
sostenevano ai media israeliani che erano stati
tenuti fuori dal giro dal
primo ministro. Se Olmert stava progettando una
guerra contro il Libano,
affermano, lui non avrebbe dovuto lasciarli così
impreparati. È un’affermazione
curiosa e non convincente: con chi stava discutendo
Olmert i preparativi per
la guerra, se non con lo Staff dei Generali? E come
progettava di effettuare
quella guerra se lo Staff dei Generali non era
intimamente coinvolto?

Più interessanti sono le date menzionate da Olmert.
La sua prima discussione
su una guerra contro il Libano è stata tenuta l’8
gennaio 2006, quattro
giorni dopo che era diventato sostituto primo
ministro dopo l’emorragia al
cervello ed il coma di Ariel Sharon. Olmert ha
tenuto la seguente riunione
sull’argomento in marzo, presumibilmente subito dopo
la sua vittoria alle
elezioni. A quanto pare ci sono stati molti più
colloqui in aprile, maggio e
luglio. Comincia a definirsi un piano d’azione più
probabile, piuttosto che
l’impressione creata da Olmert di un primo ministro
alle prime armi e
novizio militare “che va da solo” a pianificare
un’importante offensiva
militare contro uno stato vicino. Fa pensare che,
dal momento che Olmert ha
preso le redini del potere, si è lentamente
introdotto alla confidenza
dell’esercito, prima a titolo di prova in gennaio e
poi più completamente
dopo la sua elezione. Gli è stato permesso di
conoscere i programmi segreti
in stato d’avanzato progresso del comando
maggiore per la guerra – piani
nel cui avanzamento, possiamo presupporre che il suo
predecessore Ariel
Sharon, un ex generale, era stato profondamente
coinvolto.

Ma perchè ora Olmert non vuole addossarsi la
responsabilità di una guerra
infruttuosa se l’aveva soltanto approvata, piuttosto
che progettata?
Probabilmente perché Olmert, che sembrava
militarmente debole ed inesperto
al pubblico israeliano, non vuole dimostrare che le
critiche erano corrette.
Ed anche perché, con la maggior parte del suo
capitale politico esaurito,
sarebbe improbabile che sopravvivesse ad una
battaglia per porre gli
israeliani contro l’esercito (secondo tutti i
sondaggi, l’istituzione più
stimata nella società israeliana) nel caso cercasse
d’incolparlo del fiasco
dell’estate scorsa. Con Halutz andato, Olmert ha
poche scelte a parte dire
un “mea culpa”. Qual è la prova che i Generali
israeliani avevano già
stabilito i protocolli per una guerra? In primo
luogo, un articolo del San
Franscisco Chronicle, pubblicato subito dopo lo
scoppio di guerra, rivelò
che l’esercito israeliano si stava
preparando da anni per un vasto assalto
al Libano ed aveva un programma specifico per una
“guerra di tre settimane”
che aveva condiviso con i think-thank di
Washington ed i funzionari
statunitensi. “Più di un anno fa, un ufficiale
anziano dell’esercito
israeliano aveva iniziato a dare presentazioni in
PowerPoint, su base
ufficiosa, a diplomatici, giornalisti e think-thank
statunitensi ed esteri,
precisando il programma per l’operazione effettiva in
dettagli eloquenti”,
scriveva il reporter Matthew Kalman.

Quella’opinione è stata confermata questa settimana
da un anonimo ufficiale
di alto grado che ha detto al giornale di Haaretz
che l’esercito aveva un
programma stabilito per una vasta invasione
terrestre del Libano, ma che
Olmert si era tirato indietro dal metterla in atto.
“Non so se [Olmert]
avesse conoscenza dei particolari del programma, ma
tutti sapevano che l’IDF
[esercito] aveva un’operazione terrestre pronta per
l’esecuzione”.

Ed in secondo luogo abbiamo un’intervista sui media
israeliani con Meyrav
Wurmser, la moglie di uno di più alti funzionari
nell’amministrazione Bush,
David Wurmser, consigliere del Vice-Presidente Dick
Cheney per il Medio
Oriente. Meyrav Wurmser, cittadina israeliana, è lei
stessa associata molto
intimamente con il MEMRI, un gruppo che traduce (e
“straduce”) i discorsi
dei leader e funzionari arabi che è conosciuto per i
suoi legami con i
servizi segreti israeliani. Ha detto sul sito web
del principale giornale
d’Israele, Yediot Aharonot, che gli Stati Uniti si
bloccarono
sull’imposizione del cessate il fuoco durante
l’assalto d’Israele al Libano
perché l’amministrazione Bush si aspettava che la
guerra si espandesse alla
Siria. “La rabbia [alla Casa Bianca] era per il
fatto che Israele non
combattè contro i Siriani. I neocon sono
responsabili del fatto che Israele
ha avuto molto tempo e spazio. Credevano che si
dovesse permette ad Israele
di vincere. Una parte considerevole di ciò era l’idea
che Israele dovesse
combattere contro il nemico reale, quello che
sosteneva Hizbullah. Era
evidente che è impossible combattere direttamente
contro l’Iran, ma il
pensiero era che il suo [dell’Iran] alleato
strategico ed importante [la
Siria] dovesse essere colpito”. In altre parole,
l’immagine che emerge è di
un piano di vecchia data dell’esercito israeliano,
approvato dai pricipali
funzionari statunitensi, per una guerra lampo contro
il Libano — seguita da
possibili colpi intimidatori contro la Siria —
usando il pretesto di un
avvenimento di frontiera che coinvolgeva Hizbullah.
Lo scopo reale, possiamo
presumere, era di indebolire quelli che sono visti
da Israele e Stati Uniti
come alleati di Tehran prima di un attacco all’Iran
stesso.

Quello era il motivo per cui nè gli Americani nè
Israele volevano, o
sembravano ancora voler, negoziare con Assad sul
Golan e cercare un accordo
di pace che potrebbe — per una volta — cambiare in
meglio la mappa del
Medio Oriente. Malgrado i segni di un leggero
disgelo nei rapporti di
Washington con Iran e Siria nei giorni scorsi, mosso
dalla disperata
necessità degli Stati Uniti di fermare
l’affondamento sempre più profondo
nel pantano dell’Iraq, Damasco è ovviamente
prudente. Le posizioni
continuamente aggressive di Israele e Stati Uniti
hanno provocato una
prevedibile reazione della Siria: ha cominciato a
sviluppare le sue difese
lungo il confine con Israele. Ma nel mondo da Alice
nel Paese delle
Meraviglie dei servizi segreti israeliani, quella
risposta è stata
interpretata — o rigirata — come segno di un
attacco imminente da parte
della Siria. Tale, per esempio, è l’opinione di
Martin Van Creveld, un
professore di storia militare israeliano, descritto
di solito tanto eminente
quanto senza dubbio con contatti impeccabili
nell’establishment militare
israeliano, che recentemente ha scritto un articolo
sul settimanale ebraico americano, The Forward, suggerendo che la Siria,
piuttosto che voler
negoziare sul Golan — come tutte le prove
suggeriscono — sta
progettando di lanciare un attacco ad Israele,
probabilmente usando armi
chimiche, nel mese di ottobre 2008 con la protezione
della nebbia e della
pioggia. L’obiettivo dell’attacco? Apparentemente,
dice il professore, la
Siria desidera “infliggere perdite” ed assicurarsi
che Gerusalemme “getti la
spugna”. Qual è la prova del professore per questi
piani siriani? Che i suoi
militari hanno fatto spese pazze di armamenti in
Russia e stanno studiando
le lezioni della guerra in Libano. Predice (della
Siria, non di Israele)
quanto segue: “un certo avvenimento sarà generato ed
usato come
giustificazione per aprire il fuoco di razzi sulle
alture del Golan e sulla
Galilea”. E conclude: “in generale il programma
siriano che emerge è buono e
ha ragionevoli probabilità di successo”. E che cosa
può fermare i Siriani?
Non i colloqui di pace, afferma Van Creveld.
“Ovviamente, molto dipenderà da
ciò che accade in Iraq e Iran. Una breve e riuscita
offensiva americana in
Iran può persaudere Assad che gli Israeliani, molto
del cui materiale è
americano o di derivazione americana, non possono
essere affrontati alla
pari, particolarmente in aria. Per contro, un ritiro
americano dall’Iraq,
unito con un’empasse iraniano-statunitense nel Golfo
Persico, andrebbe nel
verso di slegare le mani di Assad”. Tutto questo
suona familiare. L’Iran
vuole la distruzione nucleare di Israele e la Siria
vuole che Gerusalemme
“getti la spugna” — o così i neocons e gli utili
idioti dello “scontro fra
civiltà” vorrebbero farci credere. La paura deve
essere che raggiungano il
loro obiettivo e spingano Israele e Stati Uniti
verso un’altra guerra
preventiva — o forse due.

Jonathan Cook è uno scrittore e giornalista che abita a Nazareth, Israele. Il
suo libro “Blood and Religion: The unmasking of the Jewish and Democratic State” è stato pubblicato dalla Pluto Press. Il suo sito web è http://www.jkcook.net/

Fonte: http://www.counterpunch.org/
Link: http://www.counterpunch.org/cook03132007.html
13.03.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FILMARI

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