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La Redazione

 

I piu' letti degli ultimi 7 giorni

LA NIGERIA, TRASCINATA NEL CAOS E NELLA GUERRA CIVILE

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A cura di Davide
Il 17 Febbraio 2012
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IL RUOLO DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

DI F. WILLIAM ENGDAHL
Global Research

La Nigeria, la nazione più popolata

e il più grande produttore di petrolio dell’Africa, è con sistematica

evidenza, oramai immersa nel caos e nella guerra civile. La recente

e improvvisa decisione del Governo di Goodluck Jonathan di togliere

i sussidi alla benzina e a altri carburanti importati ha un retroterra

più sinistro della semplice corruzione, e il Fondo Monetario Internazionale,

con sede a Washington, svolge un ruolo fondamentale. La Cina sembra

essere chi andrà a perderci, assieme al popolo nigeriano.Il recente sciopero indetto contro

l’improvvisa eliminazione dei sussidi alla benzina che improvvisamente

ha portato la Nigeria alla paralisi, è stato per molti una sorpresa.

Alcuni mesi prima, il Presidente Jonathan aveva promesso alle organizzazioni

di categoria che, per alleviare il peso economico, avrebbe gradualmente

eliminato i sussidi. Invece, senza avvertimento, ha annunciato

una sua immediata e totale rimozione a partire dal 1° gennaio del 2012.

È stata una terapia d’urto, per dirla dolcemente. La Nigeria è oggi uno

dei più importanti produttori mondiali di greggio a basso contenuto

di zolfo, sweet and light, lo stesso greggio di alta qualità

prodotto dalla Libia e dal Mare del Nord britannico. Il paese sta mostrando

tutti i segnali per poter sprofondare in una spirale di caos. La Nigeria

è il quinto maggior fornitore di petrolio degli Stati Uniti e il quinto

produttore mondiale di petrolio alla pari del Kuwait e dietro al Venezuela,

con una produzione di oltre due milioni di barili al giorno (1).

Il curioso tempismo dell’FMI

per richiedere l’eliminazione dei sussidi

Nonostante i suoi giacimenti petroliferi,

la Nigeria rimane uno dei paesi più poveri dell’Africa. I campi petroliferi

conosciuti sono concentrati attorno al vasto Delta del Niger, che si

estendono approssimativamente da Port Harcourt verso Lagos, con nuove

importanti scoperte lungo il Golfo di Guinea. Il petrolio della Nigeria

è largamente sfruttato ed esportato dai giganti anglo-americani Shell,

Mobil, Chevron, Texaco. Anche l’italiana Agip è presente e di recente,

senza grosse sorprese, le imprese statali cinesi hanno iniziato a realizzare

perforazioni o accordi per la costruzione di infrastrutture petrolifere

con il governo di Lagos.

Ironicamente, nonostante la Nigeria

abbia petrolio a sufficienza per guadagnare dalle esportazioni i dollari

necessari per costruire le sue infrastrutture, la politica del governo

ha lasciato andare in rovina la sua capacità di raffinazione. La conseguenza

è che la maggior parte della benzina e degli altri prodotti derivati

dalla raffinazione del petrolio, che servono a mandar avanti industria e trasporti,

devono essere importati, nonostante l’abbondanza di petrolio nel paese.

Per proteggere la popolazione dagli alti costi di importazione della

benzina e di altri carburanti, il governo centrale ha sussidiato i prezzi.

Tutto questo fino al 1° gennaio

del 2012. Questa è la data quando, senza preavviso ,il

Presidente Goodluck Ebele Azikiwe Jonathan ha annunciato l’immediata

rimozione di tutti i sussidi ai carburanti. In poche ore i prezzi della

benzina sono esplosi quasi tre volte, da 65 naire (35 centesimi di dollaro)

al litro a 150 naire (93 centesimi). L’impatto ha scosso tutti i settori

dell’economia, e anche i prezzi dei grani e delle verdure (2).

Per giustificare la decisione, il Governatore

della Banca Centrale, Lamido Sanusi, ha dichiarato che “i soldi verranno spesi

per lo sviluppo delle infrastrutture e i servizi sociali, dai quali

tutti i nigeriani trarranno più beneficio e serviranno il paese dal

disastro economico” (3). Il presidente Goodluck Jonathan ha detto

che eliminerà gradualmente i sussidi in un’iniziativa per “rimettere

in salute il governo nigeriano”. Se così fosse, tutto il procedimento

è tutt’altro che chiaro.

L’enorme e improvviso aumento dei

carburanti ha scatenato proteste in tutta la nazione che, a metà gennaio,

hanno minacciato di paralizzare l’economia. Il presidente ha abilmente

smorzato le proteste annunciando un parziale ritiro degli aumenti, ma

lasciando i prezzi ancora al doppio di quelli di dicembre. I sindacati

hanno interrotto immediatamente le proteste. Dopo di che il governo

di Goodluck Jonathan ha, oltraggiosamente, ordinato ai militari di occupare

le piazze per “mantenere l’ordine”, ma in realtà per prevenire

nuove proteste. Tutto ciò è avvenuto nel corso di una delle più sanguinose

ondate di terrorismo e di furia omicida della setta terrorista Boko

Haram, che ha creato un clima di caos estremo (4).

La prova della responsabilità

del Fondo Monetario Internazionale

I resoconti internazionali che hanno

parlato dello sciopero che ha paralizzato il paese hanno ben nascosto

il ruolo esplicito svolto dal Fondo Monetario Internazionale, controllato

dagli Stati Uniti. Con una tempistica sospetta, la Direttrice Generale

del Fondo, Christine Lagarde, ha visitato la Nigeria giorni prima dell’improvvisa

iniziativa presidenziale sui sussidi (5). In ogni caso il FMI e il governo

nigeriano erano stati prudenti nell’annunciarne la fine, come lo erano

stati in Tunisia dove le proteste per il cibo divennero l’icona di

quel paese su Twitter.

Durante la visita in Nigeria,

Lagarde ha detto al Presidente Jonathan che il “Programma di trasformazione

per la deregolamentazione è un “Programma per la Nigeria portato

avanti da nigeriani. Il Fondo Monetario Internazionale

è qui per aiutarvi e per essere il miglior partner.” (6) Pochi nigeriani si sono lasciati convincere.

Il 29 Dicembre Reuters ha scritto: “Il Fondo Monetario Internazionale

ha chiesto ai paesi dell’Africa Centrale e Occidentale di tagliare

i sussidi che non sono efficaci per aiutare direttamente i poveri, ma

servono a promuovere la corruzione e il contrabbando. Nei mesi scorsi

i governi della Nigeria, Guinea e Camerun e Ciad si sono mossi verso

un taglio dei sussidi ai carburanti.” (7)

In seguito, confermando la pressione

esercitata da Stati Uniti e FMI sul governo nigeriano, Jeffrey Sachs,

Consigliere Speciale del Segretario delle Nazioni Unite, nel corso di

una riunione, tenuta in Nigeria ai primi di gennaio col Presidente Jonathan,

ha definito la decisione di togliere i sussidi ai prodotti petroliferi

una politica audace e corretta” (8).

Sachs, ex professore di economia ad

Harvard, divenne famoso nei primi anni ‘90 per aver prescritto a Polonia,

Russia, Ucraina e agli stati ex comunisti le terapie d’urto del FMI,

che di fatto permisero il saccheggio delle inestimabili ricchezze statali

stato da parte delle dollarose multinazionali occidentali (9).

A rendere ancora più sospetta

l’improvvisa decisione di tagliare i sussidi interni al carburante

è il fatto che Washington e il FMI stanno mettendo pressione solo su

alcuni stati. La Nigeria, che vende il carburante all’equivalente

di un dollaro al litro o circa 3,78 dollari il gallone, non è certo

un paese a buon mercato. Brunei, Oman, Bahrein, Qatar, Arabia Saudita

vendono ai loro cittadini carburante davvero a buon mercato. I sauditi

lo vendono a 17 centesimi al litro, il Kuwait a 22 centesimi (10). Negli

Stati Uniti la benzina costa in media 89 centesimi al litro (11).

Questo significa che il FMI e Washington

hanno spinto una delle più povere economie in Africa a imporre

un’enorme tassa ai propri cittadini, con la poco plausibile argomentazione che

servirà a eliminare la corruzione nel settore petrolifero statale.

Il Fondo Monetario Internazionale sa bene che l’eliminazione dei sussidi

non farà niente per eliminare la corruzione agli alti livelli.

Se il FMI e la Banca Mondiale fossero

davvero preoccupati per la salute dell’economia nigeriana, avrebbero

aiutato a ricostruire e a espandere l’industria locale di raffinazione

del petrolio che è stata lasciata marcire, così il Paese non avrebbe bisogno di importare

carburanti e non utilizzerebbe preziose risorse del bilancio statale.

La via più facile per farlo sarebbe stato accelerare la messa in opera

dell’accordo, risalente a due anni prima, tra la Cina e

il governo nigeriano per investire circa 28 miliardi di dollari in una

massiccia espansione del settore di raffinamento del petrolio, eliminando

così l’importazione dall’estero di carburante e di altri prodotti

della raffinazione.

Al contrario, la cricca criminale interna

alla NPCC e al Governo, che trae grossi profitti dal vecchio sistema

di sussidi, è riuscita improvvisamente a raddoppiare e anche a triplicare

i guadagni mantenendo il vecchio sistema di importazione e sabotando

la costruzione da parte dei cinesi delle raffinerie che metterebbero

fine alla loro pratica criminale.

Tirarsi la zappa sui piedi

L’eliminazione dei sussidi, più

che beneficiare le persone comuni in Nigeria come pretende il FMI, ha

ulteriormente pauperizzato il 90% della popolazione che vive con due

dollari al giorno, secondo la testimonianza di Mallam Sanusi Lamido

Sanusi, Governatore della Banca Centrale Nigeriana (12). Si stima che

siano quaranta milioni i nigeriani disoccupati in un paese composto

da 148 milioni di persone.

Dato che i costi del trasporto sono

un fattore importante per rifornire le città, per la maggioranza dei

nigeriani più poveri l’inflazione dei prezzi alimentari è aumentata

assieme alle tariffe del trasporto pubblico. Secondo il giornale nigeriano

Leadership Today, “i prezzi delle merci, che sono andati alle stelle

in conseguenza dell’aumento del prezzo della benzina alle pompe, non

riescono a diminuire.” Tutti, dal venditore ambulante di verdure,

a chi lava le auto e ai fotografi di strada, stanno sentendo lo shock

dell’aumento dei prezzi della benzina. La disoccupazione sta aumentando

Come anche perché chiudono le piccole attività (13).

L’argomentazione del FMI e dell’Amministrazione

Jonathan è che, liberalizzando il prezzo della benzina, si sarebbero

trovati i fondi per un aumento dei servizi sociali e per ricostruire

le “infrastrutture” della Nigeria. Sia il FMI che il Governo sanno

bene che sarebbe stato di gran lunga più economicamente fattibile rimpiazzare

l’attuale sistema di importazione di benzina e carburanti con l’investimento

nella ricostruzione delle capacità nigeriane di raffinazione domestica.

San Gyo dell’organizzazione Nigerian

Awareness for Development ha detto: “Non sarebbe stato molto

più efficace mettere pressione sul governo per far andare le raffinerie

a piena capacità, date le implicazioni per i costi generali e per la

competitività delle industrie locali?” (14)

San Gyo ha messo in chiaro la causa

del problema: “Perché i vari governi hanno lasciato andare in

malora le raffinerie, mentre si spendevano ingenti somme di denaro in

sussidi? Esiste una qualche possibilità

che i risparmi ottenuti dai tagli ai sussidi vadano direttamente al

rammodernamento delle raffinerie? La deregolamentazione implicherà

che il NNPC non abbia più il monopolio dell’importazione dei prodotti

raffinati dal petrolio o che questa lobby, da sempre al servizio di

sé stessa, manterrà

il suo monopolio?“ E poi conclude: “In ogni caso ci sono buone

ragioni per dubitare che la rimozione dei sussidi possa risolvere la

scarsità di benzina, in quanto la cricca si riorganizzerà per cambiare

tattica, un fatto che i nigeriani ben conoscono.” (15)

Dopo che nel lontano 1970 la Nigeria

nazionalizzò in parte il settore petrolifero, prese anche il controllo

della raffineria della Shell di Port Harcourt I. In 1989 fu costruita

la raffineria II di Port Harcourt II. Entrambe le raffinerie caddero

rovina dopo il 1994, quando la dittatura militare di Abacha tagliò

la quota della vendita domestica di prodotti raffinati del petrolio

della Nigerian National Petroleum Company (NNPC) dall’84

al 22 per cento. Questo causò una crisi delle entrate e un arresto

della manutenzione delle raffinerie. Al momento solo una delle quattro

raffinerie è operativa (16).

Da allora venne così a svilupparsi un

sistema in cui la NPPC importava benzina e altri prodotti raffinati

dall’estero per le necessità interne della Nigeria, naturalmente

a un prezzo più alto. I sussidi ai prezzi sono serviti ad alleviare

i maggiori costi per le importazioni, non certo una soluzione sensata

ma una certamente lucrativa per gli elementi corrotti nello stato e

nel settore privato, e che sta letteralmente assassinando il processo

delle importazioni.

NNPC, un’impresa criminale

Il Fondo Monetario Internazionale è

ben conscio della causa reale dei problemi dell’industria dei carburanti

in Nigeria. Un comitato nigeriano di legislatori, dopo aver esaminato

le cause dei problemi di questo settore, ha di recente redatto e pubblicato

un rapporto, in cui si documenta che ogni anno la corruzione nell’industria

petrolifera sottrae ai contribuenti almeno 4 miliardi di dollari, con

al centro la Nigerian National Petroleum Company (NNPC).

Secondo la commissione, “ogni giorno gli importatori di carburante

scaricano 59 milioni di litri. Il paese ne consuma 35 milioni al giorno.

Ci sono dunque 24 milioni di litri di carburante, pagati dai sussidi

del governo, che sono a disposizione dei contrabbandieri per essere

esportati. Tutto questo, secondo Reuters, costa al popolo nigeriano

approssimativamente 4 miliardi di dollari all’anno.” (17)

Il governo nigeriano ha detto che i

7,5 miliardi di dollari spesi ogni anno in sussidi per i carburanti

potranno essere utilizzati al fine di ottenere quelle infrastrutture

di cui si ha un disperato bisogno. Ma omettono di citare il selvaggio

travasamento di 4 miliardi di dollari di petrolio ai contrabbandieri

del mercato nero, con la connivenza degli alti funzionari della NPPC

governativa, che poi lo vendono ai paesi vicini con lauto profitto.

Il carburante importato è contrabbandato nei paesi vicini quali Camerun,

Ciad e Niger, dove i prezzi del petrolio sono molto più alti, secondo

Abdullah Umar Ganuje, vicegovernatore dello Stato di Kano (18).

Cina, bersaglio del Fondo Monetario

Internazionale?

Uno dei maggiori fattori geopolitici,

di solito ignorato nella recente discussione sulla politica petrolifera

nigeriana, è il crescente ruolo della Cina all’interno del paese.

Nel maggio del 2010, solo pochi giorni dopo il giuramento del Presidente

Jonathan, la Cina firmò con il governo un accordo sbalorditivo pari

a 28,5 miliardi di dollari per costruire tre nuove raffinerie, una cosa

che in nessun modo è nei piani di Washington, del Fondo Monetario Internazionale

e delle maggiori compagnie petrolifere anglo-americane (19).

China State Construction Engineering

Corporation Limited (CSCECL) ha firmato l’accordo con la Nigerian

National Petroleum Company (NNPC) per costruire le raffinerie in

quello che è la più grande trattativa cinese in Africa. Sehu Ladan,

presidente della NNPC, ha detto, in occasione della firma, che queste raffinerie aggiuntive avrebbero

ridotto i 10 bilioni di dollari spesi ogni anno per importare i prodotti

raffinati. Nel gennaio 2012 le tre raffinerie sono ancora in fase di

pianificazione, bloccate dagli interessi del corrotto sistema

di importazione (20).

Un articolo apparso sul China Daily

nel novembre scorso riportò che il ministro nigeriano del Commercio

e degli Investimenti, Olusegun Olutoyin Aganga, stava cercando altri

investitori per i settori industriali dell’energia, delle miniere

e dell’agroalimentare. Lo scorso settembre, nel corso di una visita

a Pechino, il governatore della Banca Centrale Nigeriana, Lamido Sanusi,

affermò che il suo paese stava programmando di investire dal 5% al

10% delle proprie riserve Valutarie in moneta cinese, renmimbi

(RMB) o yuan, considerando che lo yuan potrebbe diventare una

valuta di riserva. Sanusi ha affermato che nel 2010 i prestiti e le

esportazioni cinesi verso la Nigeria hanno superato i sette miliardi

di dollari, mentre la Nigeria ha esportato greggio per il valore di

un miliardo di dollari (21).

Fino ad ora la Nigeria ha mantenuto

il 79% delle sue riserve di valuta in dollari e il resto in euro e sterline,

una cosa che sembra rischiosa, visti i problemi finanziari e debitori

di queste monete. L’allontanamento dal dollaro dei maggiori produttori

di petrolio è analogo a quello recente di altri paesi, quali India,

Giappone, Russia e Iran tra gli altri, e predice cattive notizie per

il ruolo del dollaro come moneta di riserva mondiale (22). Chiaramente qualcuno

a Washington non ne è granché contento.

I cinesi stanno, inoltre, presentando offerte per partecipare allo sfruttamento

delle ricche riserve petrolifere nigeriane, fino ad ora un dominio anglo–americano.

Nel luglio del 2010 la China National Petroleum Corporation si

è aggiudicato il diritto di esplorazione in quattro blocchi – due nel

delta del Niger e due ai confini con il bacino del Ciad – e ha in

progetto di diventare il maggiore investitore nella raffineria di Kaduna

e di costruire la ferrovia a doppio binario Lagos-Kano (23). Inoltre, l’azienda

petrolifera cinese CNOOC Ltd detiene una delle maggiori aree

per la produzione petrolifera al largo della costa nigeriana.

La pressione del FMI e di Washington

per eliminare i sussidi ai carburanti importati è, a questo punto,

in dubbio, come lo è il futuro della Cina nell’industria energetica

nigeriana. È chiaro che l’eliminazione dei sussidi in nessun modo

porterà benefici ai nigeriani. Ancora più allarmante in questo contesto

è l’orchestrazione di un’ondata ancora più devastante di terrore,

di omicidi e di bombe da parte del misterioso e sospettosamente bene

armato Boko Haram. A questo daremo un sguardo prossimamente,

nel contesto di una Nigeria da poco trasformata in un centro di smistamento

degli stupefacenti.

Note:

1. John Campbell, Nigeria’s Turmoil and

the Outside World,

12 gennaio 2012.

2. Chika Otuchikere e Chibunma Ukwu, Nigeria: Aftermath of

Subsidy Crisis Food Prices Hitting Roof Tops, 22 gennaio 2012.

3. Mustapha Muhammad, Nigeria: Billions Siphoned

by Corruption Could Have Been Used to Maintain Fuel Subsidy, Inter Press Service, 11 gennaio 2012.

4. Mike Oboh, Boko Haram Islamist Insurgents

Kill at Least 178 in Nigeria’s Kano,

22 gennaio 2012.

5. Christine Lagarde, Statement by IMF Managing

Director Christine Lagarde at the Conclusion of her Visit to Nigeria, FMI, Washington, Comunicato Stampa No. 11/478,

20 dicembre 2011.

6. Ibid.

7. Citato in Idris Ahmed e Kate da Costa, Nigeria: IMF Pushing

the Country to End Subsidy – Report,

30 dicembre 2011.

8. Olutayo Olubi, Fuel subsidy: International

conspiracy against Nigerians,

National Daily, 15 gennaio 2012.

9. Ibid.

10. Ibid.

11. Ibid.

12. Ibid.

13 Chika Otuchikere e Chibunma Ukwu, Nigeria Aftermath of

Subsidy Crisis: Food Prices Hitting Roof Tops, 22 gennaio 2012.

14 Son Gyoh, Nigeria:

The case against removal of fuel subsidy and the argument for deregulated

petroleum sub sector.

15. Ibid.

16. MBendi, Oil

Refining in Nigeria – An Overview.

17. Heather Murdock, Nigeria finds 4 billion

dollars in fuel corruption,

20 gennaio 2012.

18. Mustapha Muhammad, Nigeria: Billions Siphoned

by Corruption Could Have Been Used to Maintain Fuel Subsidy, Inter Press Service, 11 gennaio 2012.

19. Kerri Shannon, China Continues Its Run

on African Commodities With $23 Billion Nigeria Oil Deal, Money Morning, 15 maggio 2010.

20. Gavin du Venage, Everyone is a loser in

Nigeria’s fuel subsidy cut and partial restoration, The National, 24 gennaio 2012.

21. China Daily, Nigeria seeking Chinese

capital, 12 novembre

2011.

22. Xinhua, Nigeria

bank chief sees yuan becoming reserve currency, 6 settembre 2011.

23. Kayode Ekundayo, Nigeria: China, 2010

Budget and Oil Blocks,

Daily Trust (Abuja), 12 luglio 2010.

**********************************************

Fonte: Nigeria: Thrown into Chaos and a State of Civil War: The Role of the IMF

27.01.2012

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FRANCESCO CECCHINI

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