DI PIOTR
megachip.globalist.it
Non è nostalgia del bei tempi andati, delle cosiddette illusioni e delle cosiddette delusioni. È la constatazione che è scomparso un gigante e la sua scomparsa sommerge i nanerottoli politici che gli sopravvivono e si ostinano a volerci governare.
Con la morte del comandante Fidel Castro si è chiusa un’epoca. Dire ciò è dire una cosa ovvia che però ne nasconde una che può sorprendere.
La lunga vita di Fidel ha coperto tutto il passaggio dalle speranze comuniste allo showdown attuale della crisi sistemica che vede la sinistra come supporto ideologico e spesso direttamente politico dell’imperialismo americano, quello che il Che giudicava come il più grande pericolo per l’umanità.
Un punto di massimo (locale? assoluto?) della crisi, quindi, che sta facendo luce sulla lunga confusione tra il progressivismo della sinistra e l’emancipazione, che invece è la caratteristica dell’utopia scientifica di Marx. Una confusione che ha avuto ragioni storiche (dai Fronti Unici antifascisti al keynesismo del dopoguerra) ma che la Storia stessa si è incaricata oggi di chiarire definitivamente.
La morte di Fidel Castro coincide con l’elezione di Donald Trump alla presidenza della nazione che gli è stata per decenni la più acerrima nemica. Il president-elect ha commentato la morte del Comandante con un sogghigno ringhioso. Poco da stupirsi. I sogghigni ringhiosi pare che siano nel DNA di certi politici dell’Impero. Si pensi a quello di Hillary Clinton alla notizia che Gheddafi era stato trucidato.
La differenza è che Trump non ha le mani sporche del sangue di Fidel, mentre la Clinton le aveva lorde di quello di Gheddafi (addirittura contro la stessa volontà di Obama, come ormai ben sappiamo).
Omero chiamava Achille che non aveva pietà dei nemici uccisi: “la bestia”.
La coincidenza tra l’elezione di Trump e la morte di Fidel non è più tale se si considera che i novanta anni del lider maximo segnano – è una questione anagrafica – la più che probabile apertura di una nuova fase della crisi sistemica, una nuova fase di cui l’elezione di Trump sembra essere un sintomo. Una nuova fase della lunga crisi che è seguita al grande ventennio postbellico quando lo sviluppo capitalistico occidentale segnò un culmine storico e a Cuba, per l’appunto, Fidel e il Che conquistavano vittoriosi Santa Clara e l’Avana. I primi sintomi di questa crisi furono contemporanei all’assassinio del Che in Bolivia.
Se quindi la morte di Fidel chiude un’epoca, l’elezione di Trump, comunque vada, ne apre un’altra.
Si può agevolmente notare un ripensamento da parte di ogni attore sulla scena mondiale. Non è necessariamente un fenomeno di causa-effetto. D’altra parte non solo noi, ma anche le varie élite sono in attesa di vedere la squadra di governo del neo presidente e le sue prime mosse. Ma si può dire già fin d’ora che si stanno verificando riposizionamenti o si stanno elaborando ipotesi di riposizionamento strategico da parte di tutto l’Occidente.
Una piccola maggioranza del Parlamento Europeo ha recentemente espresso la propria russofobia (in gran parte indotta da oltre Atlantico) dando finalmente libero sfogo al proprio istinto latente: assassinare la libertà in nome dei principi democratici. È passata infatti una risoluzione che richiede che i media russi (e in prospettiva ogni voce dissidente) vengano boicottati e censurati. Un istinto che ha una caratteristica di sinistra. Ma il solamente risicato voto liberticida europeo (contrastato ad esempio dai 5 Stelle) è lì a testimoniare che siamo in piena fase interlocutoria.
La causa di ciò è l’evidente fallimento, l’evidente insostenibilità, della linea strategica seguita fino ad oggi per fronteggiare la crisi sistemica. Se da una parte la piccola Siria si è dimostrata un ostacolo insuperabile dalle più ricche nazioni del mondo, dall’altra parte il sistema finanziario è sull’orlo del baratro. C’è un grande bisogno di immettere nei circuiti internazionali yuan e anche rubli, che sono di fatto le uniche monete con copertura aurea. La Brexit è il frutto di chi ha annusato quest’aria come solo la City di Londra riesce a fare da almeno due secoli abbondanti. TTP e TTIP stanno andando verso il loro funerale (poco solenne) e anche il NAFTA potrebbe ammalarsi gravemente.
Mentre tutti straparlano ancora di finanziarizzazione e globalizzazione, si sta andando proprio verso il loro opposto, o più precisamente l’opposto del senso che queste due parole hanno avuto finora.
Tra non molto penso che ci troveremo di fronte a un bivio. O un’anarchia capitalistica foriera di guerre commerciali e finanziarie che da scontri tra capitali si potrebbero trasformare in scontri tra Stati, oppure il riconoscimento di un nuovo ordine mondiale multipolare in cui gli USA saranno una grande Potenza alla pari di altre, ma non quella egemone. La linea di Donald Trump ad oggi sembra quella di utilizzare la grande potenza che gli USA ancora hanno per negoziare le migliori condizioni (a partire dalla posizione del Dollaro) in un mondo multipolare, senza illudersi che gli States possano rimanere gli incontrastati leader mondiali.
In tutti e due i casi, la declinazione pratica della nozione di “imperialismo” sarà ancora una volta destinata ad essere cambiata, perché si apriranno scenari internazionali e nazionali completamente nuovi.
Con Fidel è morto un gigante della politica mondiale. Noi, qui in Italia, assistiamo al miserabile spettacolo di suoi ex fan che il massimo che riescono a fare è nascondere dietro circonlocuzioni gesuitiche il medesimo ringhio di Trump (quando addirittura non lo rilanciano tale e quale, loro stessi o le loro attuali icone intellettuali).
Questi lillipuziani della dignità e dell’apparato neuronale non riescono nemmeno ad essere compiutamente dei traditori, come pure vorrebbero, perché sono incapaci di raggiungere la grandezza viscida di Iago ma di loro nella Storia rimarrà solo una traccia bavosa. Un destino sicuramente diverso di quello che la Storia ha riservato al gigante Fidel Castro.
È questione di pochissimi anni.
Piotr
Fonte: http://megachip.globalist.it
Link: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=126910&typeb=0&la-morte-di-fidel-e-il-punto-di-svolta-della-crisi-una-coincidenza-non-casuale
28.11.2016