LA GEOPOLITICA DIETRO LA RIVOLUZIONE ZAFFERANO IN BIRMANIA

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DI F.WILLIAM ENGDAHL
Global Research

Ci sono fatti e fatti. In primo luogo è un fatto, che pochi metteranno in dubbio, che la dittatura militare dell’ermetico generale Than Shwe occupa un posto di prim’ordine tra le tirannie del mondo. È anche un fatto che la Birmania ha uno degli standard di vita più bassi al mondo. Come risultato dell’assurdo aumento tra il 100% ed il 500% del prezzo della benzina e di altri combustibili decretato in agosto, il potere d’acquisto è collassato in maniera drammatica.

La “medicina economica” del FMI

Ufficiosamente si calcola che l’inflazione, che è stata il motivo scatenante delle massicce proteste guidate dai monaci dalle tuniche zafferano, è aumentata del 35%. Ironicamente, il piano per aumentare i prezzi dell’energia è stato attuato con la benedizione del FMI e della Banca Mondiale.

L’ONU calcola che la popolazione di circa 50 milioni di abitanti spende fino al 70% delle sue entrate mensili in cibo. Il recente aumento del prezzo del combustibile, risultato diretto delle riforme sovvenzionate dal FMI, fa sì che la situazione sia insopportabile per decine di milioni di persone.

Anche la Birmania è invischiata fino al collo nel commercio mondiale di droga; tanto che sta dietro solo all’Afghanistan di Hamid Karzai come fonte di eroina e si dice che sia il maggiore produttore di anfetamine del sudest asiatico. È chiaro che questa situazione può essere la miccia affinché scoppi una protesta sociale contro il regime.

È anche un fatto che la giunta militare della Birmania sia nelle mire di Condi Rice e del governo di Bush per i suoi atti repressivi. Bush ha cambiato opinione improvvisamente o dietro gli appelli di Washington per imporre al regime severe sanzioni economiche e politiche esistono piani meno trasparenti?

Dietro le immagini mostrate dalla CNN di fiumi di monaci vestiti con tuniche zafferano che vanno per le strade di Rangoon chiedendo più democrazia, si sviluppa un’importante battaglia geopolitica.

I principali attori

La tragedia della Birmania, il cui territorio occupa un’area simile al Texas di George W. Bush, è che si sta usando la sua popolazione come utensileria umana nel dramma scritto a Washington dal National Endowment for Democracy (NED), l’Open Society Institute di George Soros, la Freedom House e l’Albert Einstein Institution di Gene Sharp, quest’ultimo strumento dei servizi segreti USA, utilizzato per iniziare cambiamenti “non violenti” di regimi in tutto il mondo che servano ai piani strategici degli Usa.

La”rivoluzione zafferano“ in Birmania, come la “rivoluzione arancione” in Ucraina, la “rivoluzione rosa” in Georgia e le distinte rivoluzioni colorate istigate in anni recenti contro paesi strategici vicini alla Russia, è un esercizio di cambiamento di regime orchestrato a Washington fin nei suoi più minimi dettagli, come le proteste “rapide e sorprendenti” con “sciami” di buddisti dalle tuniche zafferano, blog di internet, messaggi di testo tra i gruppi di manifestanti, cellule di protesta ben organizzate che si disperdono e mutano. Durante una trasmissione realizzata a settembre, la CNN ha commesso la gaffe di menzionare la presenza attiva della NED dietro le proteste in Birmania.

In realtà, il Dipartimento di Stato ha ammesso di sostenere le attività della NED in Birmania. La NED è un’entità “privata” finanziata dal governo degli USA le cui attività sono concepite per sostenere gli obiettivi della politica estera di quel paese, facendo oggi quello che fece la CIA durante la Guerra Fredda. La NED, da parte sua, finanzia l’Open Society Institute di Soros che promuove il cambiamento di regime in Birmania. In un comunicato stampa, datato 30 ottobre 2003, il Dipartimento di Stato ha ammesso che “Gli Stati Uniti sostengono anche organizzazioni come il National Endowment for Democracy, l’Open Society Institute ed Internews, le quali lavorano dentro e fuori la regione in un ampio spettro di attività che hanno come obiettivo di promuovere la democrazia“. Quanta modestia e nobiltà del Dipartimento di Stato, non è vero?

In realtà, il Dipartimento di Stato degli USA ha reclutato ed addestrato alcuni leader chiave di numerose organizzazioni antigovernative. Almeno dal 2003 ha consegnato alla NED la somma relativamente elevata, per la Birmania, di più di 2,5 milioni di dollari annuali per attività relative alla promozione del cambio di regime in quel paese. Secondo fonti fidate, il cambiamento di regime appoggiato dagli Usa, la sua “rivoluzione zafferano“, è guidata dal Consolato Generale degli Usa nella vicina città Chaing Mai, in Tailandia. Lì si reclutano attivisti che si mandano in giro in Birmania per organizzarsi. La NED ammette di aver dato fondi ai media d’opposizione, tra cui il giornale New Era Journal, la rivista Irrawaddy e la stazione radiofonica Democratic Voice of Burma.

Chi dirige le tattiche del cambiamento di regime senza violenza impersonato dai monaci di zafferano è Gene Sharp, il fondatore di un’organizzazione dal nome ingannevole, l’Albert Einstein Institution, che ha la sua sede a Cambridge, Massachusetts, e che è stata fondata dalla NED per fomentare i cambiamenti di regime verso soluzioni favorevoli agli USA in posti chiave del mondo. L’istituto di Sharp sta lavorando in Birmania dal 1989, giusto dopo che il governo massacrò 3.000 manifestanti per mettere a tacere l’opposizione. L’agente speciale della CIA ed antico funzionario militare degli USA a Rangoon, il colonello Robert Helvey, esperto in operazioni clandestine, presentò Sharp a Burma nel 1989 affinché addestrasse l’opposizione nella strategia del non violenza. Curiosamente, anche Sharp stette in Cina due settimane prima dei drammatici eventi di Piazza Tiananmen.

Perché la Birmania ora?

Una domanda che vale la pena porsi è perché il governo degli USA è tanto interessato ad incoraggiare proprio ora il cambio di regime in Birmania. Ovviamente, possiamo rifiutare l’idea che si deve alla sua genuina preoccupazione per la democrazia, la giustizia ed i diritti umani degli oppressi di quel paese. Iraq ed Afghanistan sono una prova molto chiara che le lodi alla democrazia da parte di Washington non sono altro che propaganda tese ad occultare altri fini.

Bisogna domandarsi a che cosa si deve l’interesse in un posto tanto remoto come la Birmania. Il controllo geopolitico sembra essere la risposta. Il controllo delle strategiche rotte di navigazione che vanno dal Golfo Persico fino al Mare del Sud della Cina. La costa della Birmania offre un accesso marittimo molto vicino ad una delle rotte di navigazione più strategiche, lo stretto di Malacca, l’angusto passaggio tra Malesia ed Indonesia.

Dall’11 settembre 2001, il Pentagono ha cercato di militarizzare la regione con l’argomento di difenderla contro possibili attacchi terroristi. Gli Stati Uniti sono riusciti ad impossessarsi di una base aerea in Banda Aceh, la Base della Forza Aerea Sultan Iskandar Muda, nell’estremo nord dell’Indonesia. I governi della regione, incluso quello della Birmania, tuttavia, hanno respinto fermamente gli sforzi degli Usa per militarizzare la regione. Un semplice sguardo ad una mappa conferma con chiarezza l’importanza strategica della Birmania.

Lo stretto di Malacca che unisce gli oceani Indiano e Pacifico, è la rotta marittima più breve tra il Golfo Persico e la Cina, ed è l’imbuto chiave dell’Asia. Più dell’80% delle importazioni di petrolio della Cina sono trasportate da petroliere che transitano per lo stretto di Malacca. Il punto più angusto è il canale di Phillips, nello stretto di Singapore che misura solo 2,4 chilometri nel suo punto più stretto. Più di 12 milioni di barili di petrolio transitano per questa stretta via in superpetroliere, la maggior parte in rotta verso il mercato d’energia più in crescita del mondo, la Cina, o verso il Giappone.

Se si chiudesse lo stretto, approssimativamente la metà della flotta mondiale di navi petroliere dovrebbe fare un percorso più lungo. La chiusura aumenterebbe immediatamente i tassi dei noli in tutto il mondo. Più di 50.000 navi all’anno transitano per lo stretto di Malacca. La regione compresa tra Birmania e Banda Aceh in Indonesia si sta trasformando rapidamente in uno degli imbuti più strategici del mondo. Chi controlla queste acque, controlla la fornitura energetica della Cina.

Anche Pechino conosce l’importanza strategica della Birmania. Da quando la Cina si è resa conto che gli USA erano decisi a militarizzare unilateralmente i campi di petrolio del Medio Oriente nel 2003, Pechino ha rinforzato il suo compromesso con la Birmania. Quello che sospinge questa politica è la sicurezza energetica e militare della Cina, non i diritti umani.

In anni recenti Pechino ha investito migliaia di milioni di dollari in assistenza militare alla Birmania, che include aerei caccia, da appoggio e da trasporto, carri armati e veicoli blindati per trasporto di personale, navi da guerra e razzi terra-aria. La Cina ha costruito ferrovie e strade in Birmania ed ha ottenuto il permesso di tenere i suoi soldati di stanza in quel paese. La Cina, secondo fonti della difesa dell’India, ha costruito anche una grande installazione di vigilanza elettronica nell’Isole Cocco della Birmania e sta costruendo basi navali per accedere all’Oceano Indiano.

In realtà, la Birmania è parte integrante di quello che la Cina denomina la sua “collana di perle“, il suo piano strategico che mira a stabilire basi militari in Birmania, Tailandia e Cambogia per controbilanciare il controllo che esercitano gli USA sullo stretto di Malacca. Inoltre, in Birmania e nel suo mare c’è anche energia, e molta.

I giacimenti di gas della Birmania

La Birmania ha prodotto petrolio e gas da quando i britannici crearono nel 1871 la Rangoon Oil Company, successivamente chiamata Burmah Oil Co. Il paese ha prodotto gas naturale dagli anni ‘70, e negli anni ’90 ha rilasciato concessioni di gas nel golfo di Martaban alle compagnie Elf-Total della Francia e Premier Oil del Regno Unito. Più tardi ha rilasciato concessioni a Texaco e Unocal, ora Chevron, in Yadana e Yetagun. Si calcola che, solo a Padana, ci sono riserve per più di 5 miliardi di piedi cubi di gas che, come si pronostica, tarderanno almeno 30 anni ad esaurirsi. Si calcola che Yetagun ha circa un terzo del gas del giacimento di Yadana. Nel 2004 si è scoperto un importante giacimento off-shore di gas ad Arakan.

Nell’anno 2002 Texano e Premier Oil si sono ritirate dal progetto Yetagun a causa delle pressioni del governo della Gran Bretagna e di alcune ONG. La compagnia Petronas della Malesia ha comprato la partecipazione del 27% che aveva Premier. Nel 2004, la Birmania esportava in Tailandia, via gasdotto, gas proveniente da Yadana per un valore annuale di mille milioni di dollari.

Nel 2005, Cina, Tailandia e Corea del Sud hanno fatto investimenti per ampliare il settore di petrolio e gas della Birmania, per cui le esportazioni di gas in Tailandia sono aumentate del 50%. Oggigiorno, l’esportazione di gas è la principale fonte di entrate della Birmania. Il giacimento di Padana è stato sfruttato in maniera congiunta da ElfTotal, Unocal, PTT-EP di Tailandia e MOGE, la statale birmana controllata dalla francese ElfTotal. Yadana soddisfa circa il 20% delle necessità di gas naturale della Tailandia.

Attualmente, il giacimento di Yetagun è controllato dalla malese Petronas insieme a MOGE, la giapponese Nippon Oil e PTT-EP. Il gas è trasportato per mezzo di tubature a terra dove si unisce col gasdotto di Yadana. Il gas del giacimento Shwe sarà disponibile agli inizi del 2009. Cina ed India hanno avuto forti dispute rispetto alle riserve di gas del giacimento di Shwe.

L’India perde, la Cina guadagna

L’estate scorsa la Birmania ha firmato un Memorandum di Intesa con PetroChina per fornirle grandi quantità di gas naturale provenienti dal giacimento di Shwe nella baia di Bengala per 30 anni. Il principale perdente in questa negoziazione è stata l’India, poiché prima la Birmania le aveva concesso un’importante partecipazione in due impianti off-shore per produrre gas che sarebbe stato trasportato, con un gasdotto che attraversa il Bangladesh, fino in India per la sua economia bisognosa di energia. Tuttavia, i conflitti politici tra India e Bangladesh hanno fatto sì che l’India sospendesse i suoi piani.

La Cina ha approfittato della situazione ed ha tirato l’India fuori dal gioco offrendosi di investire migliaia di milioni nella costruzione di un oleodotto strategico e gasdotto Cina-Birmania, dal porto dalle acque profonde di Sittwe, nella baia di Bengala, Birmania, fino a Kunming nella provincia di Yunnan, Cina, della lunghezza di più 2.300 chilometri. Anche la Cina ha piani per di costruire una raffineria di petrolio a Kunming.

L’oleodotto ed il gasdotto Cina-Birmania permetteranno di trasportare petrolio e gas dall’Africa (Sudan, tra altre fonti) e Medio Oriente (Iran, Arabia Saudita) senza dipendere dal vulnerabile imbuto che rappresenta lo stretto di Malacca. La Birmania si trasformerà nel “ponte” che unirà la Cina col Bangladesh ed i paesi situati all’ovest della Cina continentale, senza che interessi più quello che Washington farà nel futuro per controllare lo stretto.

Il pericoloso cambiamento d’alleanza dell’India

Le ragioni per le quali la Cina prende queste precauzioni sono ovvie. Da quando il governo di Bush ha deciso nel 2005 di reclutare l’India attraverso il “Nuovo scenario per la relazione di difesa India-USA“, l’India è stata condotta verso un’alleanza strategica con Washington per fare da contraltare all’influenza della Cina in Asia.

In una relazione dell’ottobre 2002 dal titolo “Relazioni Militari Indo-USA“, l’Ufficio di Valutazioni (Office of Net Assessments) del Pentagono segnalò che la ragione dell’alleanza India-USA in materia di difesa era di avere un “socio capace” che potesse assumere “più responsabilità per operazioni minori” in Asia, fornire nuove opportunità d’addestramento e “in ultima istanza, fornire una base ed un accesso per proiettare il potere degli USA“. Anche Washington sta negoziando silenziosamente una base in territorio indiano, una violazione molto grave della tradizionale posizione dell’India come paese non allineato.

Proiettare il potere degli Usa contro chi? Contro la Cina, forse?

Anche il governo di Bush ha offerto all’India di sollevare le sanzioni nucleari per 30 anni e di venderle tecnologia nucleare di punta, cosa che legittimerebbe la violazione del Trattato di Non Proliferazione di Armi Nucleari da parte dell’India, mentre contemporaneamente si accusa l’Iran di violare quello stesso trattato, un esercizio di ipocrisia politica, a dir poco.

Proprio quando i monaci dalle tuniche zafferano uscivano per le strade della Birmania, il Pentagono iniziava le esercitazioni navale congiunte USA-IndiaMalabar 07”, a cui hanno preso parte anche le forze armate di Australia, Giappone e Singapore. Gli USA hanno dimostrato l’imponente potere della loro Settima Flotta dispiegando le portaerei USS Nimitz ed USS Kitty Hawk, gli incrociatori USS Cowpens ed USS Princeton con razzi Cruise guidati, ed almeno cinque cacciatorpediniere con razzi guidati.

È chiaro che l’appoggio di Washington ad un cambiamento di regime in Birmania e la crescente proiezione del potere di Washington attraverso l’India e degli altri alleati nella regione, sono un fattore che influenza la politica di Pechino nei confronti della giunta militare della Birmania. Come normalmente succede attualmente, dal Darfur a Caracas a Rangoon, gli appelli di Washington per difendere la Democrazia devono prendersi con una salutare dose di scetticismo.

Sull’autore:
William Engdahl, investigatore associato del Centro di Ricerche sulla Globalizzazione, (Centre for Research on Globalization (CRG)) è uno dei principali analisti del Nuovo Ordine Mondiale. È autore di A Century of War: Anglo-American Oil Politics and the New World Order, (Un secolo di Guerra: le politiche del petrolio anglo-americane ed il Nuovo Ordine Mondiale) pubblicato da Pluto Press Ltd. Il suo nuovo libro, Seeds of Destruction, The Hidden Agenda of Genetic Manipulation, (Semi della distruzione: l’agenda nascosta delle manipolazioni genetiche) sarà disponibile in Globale Research molto presto. Il suo indirizzo di posta elettronica è [email protected].

F. William Engdahl
Fonte: www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=58703
8.11.07

Traduzione dallo spagnolo per www.comedonchisciotte.org di GIANNI GIULIANI

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