DI MONI OVADIA
ilmanifesto.it
Il governo svedese, con un atto di portata storica, dando seguito alla decisione del proprio parlamento, riconosce lo Stato di Palestina. Il portato della decisione non è solo quello di ricollocare finalmente la questione palestinese nel quadro della legalità internazionale sfregiato da quasi 50 anni di occupazione coloniale, quanto e soprattutto quello di restituire una prospettiva concreta all’agonizzante soluzione «due popoli due stati» in quel tormentato lembo di terra che si estende fra il Giordano e il mar Mediterraneo.
Come prevedibile, dalle fila del governo israeliano ma anche da quelle della connivente e sedicente opposizione si è levata la consueta litania di indignate proteste e di minacciose previsioni. Il tutto nutrito dalla consunta e ipocrita retorica sicuritaria il cui unico scopo è quello di conferire legittimità alla politica dei fatti compiuti dei governi israeliani.
Finora l’indecente inerzia della comunità internazionale ha garantito l’impunità all’occupazione e alla colonizzazione illegittime delle terre palestinesi, in violazione perpetua delle risoluzioni dell’Onu.
L’orizzonte che il lungimirante gesto svedese apre sarà verosimilmente quello di un adesione progressiva di tutti i paesi della Comunità Europea al colpevolmente tardivo riconoscimento dell’inalienabile diritto di ogni popolo all’autodeterminazione. Il ministro degli esteri israeliano, il razzista Lieberman, sostiene che la scelta del governo svedese danneggierà il processo di pace che può progredire solo con negoziati diretti e senza precondizioni. A questa patetica argomentazione, Saeb Erekat, uno dei grandi negoziatori palestinesi di Oslo, risponde con un semplice dato di fatto: il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione non può essere oggetto di negoziazione perché é titolarità esclusiva dei palestinesi. E I fatti, i semplici fatti raccontano un’altra storia.
Ogni singolo negoziato, con i «buoni» uffici del Dipartimento di Stato Usa si è risolto in un incremento degli insediamenti illegali. Ma l’establishment israeliano sembra avere con i fatti delle insormontabili difficoltà, dalle quali esce negandoli o spostandoli sul piano dell’autovittimizzazione.
Il gioco però comincia a mostrare i segni della consunzione al punto da irritare sempre di più anche l’amico americano. Recentemente un funzionario dell’amministrazione Obama si è espresso con una definizione poco lusinghiera nei confronti del premier israeliano Netanyahu, gli ha affibbiato l’appellativo chiken shit, cagasotto. Come era prevedibile, Obama e Kerry hanno preso le distanze dal giudizio di quel anonimo funzionario dicendo che non corrisponde al sentire dell’Amministrazione.
Il grande giornalista Gideon Levy, oggi la voce critica più coraggiosa di Israele, fa notare che quell’insulto anonimo, con il corollario della smentita ufficiale, è stato un formidabile assist offerto a Netanyahu che nel clima incandescente instauratosi a Gerusalemme ha già aperto la sua campagna elettorale e, mostrando di tenere testa a Obama, si è riaccreditato nei confronti dell’estrema destra, baAretz (nella Terra) e khutzlaAretz (nella Diaspora).
Gideon Levy afferma che il vero chickenshit è Obama, il quale, a chiacchiere, protesta per l’estensione delle colonie, ma, nei fatti, accondiscende a tutte le richieste di piena assistenza militare e finanziaria avanzate dal premier israeliano.
Il giudizio finale di Gideon Levy nei riguardi del Presidente americano è spietato: «la sua politica può essere definita solo in questo modo: abbietta codardia. Nethanyahu almeno agisce in accordo alla sua ideologia e al suo credo. Obama agisce contro le sue convinzioni e questa si chiama codardia».
Netanyahu dal canto suo considera Obama il figlio spirituale di Neville Chamberlein e inaugurando la sua campagna elettorale con un discorso alla Knesset ha imbracciato per l’ennesima volta il suo arnese propagandistico preferito: lo spettro del secondo Olocausto ebraico che sarà messo in atto dall’Iran e dai Palestinesi e quindi, per scongiurare l’avverarsi dell’incubo, l’unica soluzione è la costruzione intensiva e pervasiva di nuovi insediamenti.
Non bisogna essere grandi analisti politici per intuire che questa visione è di una sconcertante rozzezza paranoide, eppure essa esercita sulla maggioranza dell’elettorato israeliano un irresistibile appeal, anche perché, allo stato delle cose, non esiste un’alternativa credibile a Bibi. La sua politica che, progressivamente, ha assunto tratti ultrareazionari e si fonda su un’alleanza inossidabile con le formazioni dell’estrema destra ultraortodossa e con i coloni oltranzisti sta inesorabilmente corrompendo la democrazia di quel Paese già avvelenata dal colonialismo e da un apartheid de facto che degrada verso forme di apartheid de iure.
Gli spazi della democrazia, contingentati per i cittadini arabi di Israele, si ridurranno progressivamente anche per i suoi cittadini ebrei. Netanyahu fa passare l’idea che gli oppositori dell’estensione degli insediamenti sono nemici dello Stato.
La deriva di intolleranza e di discriminazione razzista nei confronti dei cittadini non ebrei e degli oppositori è denunciata anche dal presidente dello stato ebraico Reuven Rivlin che, pur essendo uomo di destra e contrario alla soluzione dei due stati, è sostenitore della piena parità di diritti e dignità di tut
ti i cittadini che vivono sotto l’autorità dello stato di Israele.
In questa congiuntura, l’unica possibilità di contrastare la deriva imboccata da Bibi che opprime i Palestinesi e devasta il futuro di Israele è che l’intera Ue segua subito l’esempio della Svezia, metta il governo israeliano di fronte alle sue responsabilità nei confronti della legalità internazionale, e assuma un il ruolo di primo piano in veri negoziati al posto degli Usa che non sono mai stati negoziatori ma piuttosto sponsor, sodali e complici di Netanyahu.
Moni Ovadia
Fonte: http://ilmanifesto.info
Link: http://ilmanifesto.info/stato-palestinese-la-lungimiranza-del-gesto-svedese/
31.10.2014
Levi diceva che non riusciva a perdonare i nazisti per aver reso gli ebrei simili a loro.
mi par starno che in questo mondo satanico ci siano ancora rigurgiti di civiltà.
Moni Ovadia, che secondo la terminologia di Gilad Atzmon, potrebbe essere definito un “Antisionista sionista” si attarda su una ipotesi politica ormai concettualmente ed eticamente superata da chi ha una seria cognizione della Questione. Parla ancora di ”colonialismo”, di “occupazione”, di “apartheid”. Sono false categorie che nascondono una realtà ben più grave che non viene fuori solo per l’«occupazione» ad opera di un Soros di tutto il sistema della comunicazione globale, di un Soros che finanziando perfino il BDS è riuscito a corromperlo,facendo spostare le lancette dal 1948 al 1967.
Il sionismo – dice Atzmon – è una forma di primatismo razziale a carattere globale. Il “colonialismo”, l’«apartheid», l’«occupazione» c’entrano poco. O meglio ad essere “occupato”, “colonizzato”, oggetto di ”apartheid” è un paese, ad esempio, come l’Italia, ma si possono aggiungere Francia, Germania, ecc. e tutti i paesi che sono sotto il tallone della NATO, ad incontrastata egemonia americana, a sua volta sotto il controllo di quella che Mearheimer e Walt hanno chiamata “Israel Lobby”, la quale controlla tutta la politica estera americano contro gli interessin stessi del popolo americano, allo stesso modo in cui ad esempio in Italia è aumentata il costo del carburante al consumatore solo perché la stessa «Israel lobby» (potere globale) ha imposto le famose sanzioni contro l’Iran… Del fatto ci sè dimenticato, o meglio i media non parlandone lo hanno fatto dimenticare come se il fatto non continuasse ad esistere e a produrre i suoi effetti nelle nostre piccole tasche.
Vi è una realtà molto semplice che dubito il ”progressista” Moni Ovadia andrà mai a farne oggetto dei suoi avanzatissimi articoli, che escono sull’avanzatissimo «Manifesto»: il non plus ultra del coraggio intellettuale, che scappa – per gravissimi ragioni di famiglia – quando si tratta di occuparsi di Gilad Atzmon venuto in quel di Roma.
Lo «Stato ebraico di Israele» non solo fu concepito (1882) e fondato (1948) sulla «pulizia etnica», ma la sua prassi politica quotidiana è una perpetuazione della stessa «pulizia etnica». Non io, per carità, dico questo cose, ma il purosangue “ebreo israeliano” Ilan Pappe (non è per nulla il solo, ma lo sa e lo dice da sempre ogni bambino palestinese), per il quale pulizia etnica = genocidio.
Nel testo si continua ad agitare lo spauracchio dell’«Olocausto»: non se ne può parlare, se non per ripetere ciò che è prescritto, e noi non ne parleremo. Ma quanto è durato, se almeno se ne possono dare coordinate crolologiche? Il tempo della seconda guerra mondiale? E dunque: 1939-45? O per tutta la durata del Nazismo? E dunque 1933-45? Ma la “pulizia etnica” della Palestina dura dal 1948! Potremmo poi passare alla comparazione del numero delle vittime e della qualità e intensità della sofferenza inflitta alle vittime… Ma è un terreno minato e non ci addentriamo oltre.
La propaganda israeliana paventa spesso, strumentalmente, la “distruzione” dello «Stato ebraico di Israele», evocando così, strumentalmente, il suddetto «Olocausto», ormai assurta a nuova e vera religione della nostra epoca, cui tutti devono genuflettersi sotto costrizione di una nuova Inquisizione che sembrava cosa dei tempi passati, mentre invece conserva ancora tutta la sua valenza ed efficacia: le cose mutano spesso di forma ma non cambiano nella sostanza: si passa dallo “schiavo” al “servo” al ”salariato” al “dipendente”, ma la sostanza cambia poco. E sono tanti altri gli esempi che si possono fare.
In verità, non credo che nessuna persona sensata pensi per davvero a una “distruzione” dello «Stato ebraico di Israele» allo stesso modo in cui lo «Stato ebraico di Israele» non cessa mai di distruggere Gaza, dal 1948 a oggi, e di umiliare in tutti i modi possibili e immaginabili l’«umanità palestinese», poco importa se costituita in “popolo”, “nazione” o “stato”, nostre costruzioni mentali che poco cambiano la sostanza delle cose…
La Svezia nella sua marginalità ha avviato un processo di riflessione. Ma è come per le Dute Torri di Tolkien. Finché non verranno abbattute, noi non faremo altro che girare intorno al problema, nuotando in un mare di chiacchiere, dove prevalgono i furbi e i disonesti, per il semplice fatto che hanno la copertura di Sauron, il grande Occhio che tutto vede e penetra…
Cronologicamente, il “sionismo” viene molto prima che il "nazismo” o il "fascismo” fossero…
Quando nasce Hitler? Nel 1889!
Quando incominicano i primi insediamenti sionisti in Palestina?
Nel 1882 con le prime famiglie Biluim, che erano malviste dagli "ebrei” autoctoni, che erano una piccola percentuale della popolazione residente, una piccola percentuale che viveva in pace e armonia con arabi musulmani e arabi cristiani… Essi stessi forse otevano definirsi arabi ebrei…
La dichiarazione Balfour è del 1917.
La salita al potere del nazismo in Germania è del 1933. Inoltre sono ben documentati i rapporti di intesa fra “sionisti” e "nazisti”: volevano la stessa cosa: i zionisti volevano portare tutti gli ebrei tedeschi nel Mandato britannico e i nazisti erano ben felici di lasciarli andare…
Con il tempo i rapporti cronologici si sono invertiti, ma con una stampa dominata da Soros ci si può anche aspettare che piova dalla terra verso il cielo, anziché dal cielo alla terra come è sempre stato…
Grazie a chi sappiamo e per i motivi che sappiamo, ormai non esiste più "diritto internazionale” e “civiltà giuridica”: è questo il succo del discorso opocale tenuto da Putin appena pochi giorni fa e di cui anche su CDC si è parlato…
Il diritto non esiste più! Esiste soltanto la forza e la prepotenza brutale a cui viene dato il nome di "diritto”.
Condivido il tuo commento e credo che in un futuro prossimo o remoto bisognerà riconoscere un solo stato, quello Palestinese, con gli ebrei che pagano le tasse e obbediscono alle leggi di quest’ultimi.
Manca un concetto di cui mi ero dimenticato, scrivendo di getto, come sempre qui faccio.
Non di “distruzione” dello «Stato ebraico di Israele» si tratterebbe, ma semmai di «smantellamento» giuridico di uno Stato fondato sulla «pulizia etnica», cosa a parole contraria a ogni principio di “civiltà giuridica”, ma nei fatti avallato anche da un Moni Ovadia, che da bravo “ebreo” non si spinge troppo avanti… Che diamine! Siamo sempre "tra di noi”!
Lo stato palestinese arriva comunque fuori tempo massimo. Ovadia non ha di che essere ‘soddisfatto’. Forse 30 anni fa poteva ancora esistere uno stato palestinese. Oggi, l’eventuale stato palestinese non sarebbe altro che una minuscola gruviera cosparsa di insediamenti israeliani. Non avrebbe nessuna continuita’ territoriale ne’ la parvenza di un territorio vagamente difendibile. La politica israeliana dei finti colloqui-di-pace e della vera-colonizzazione – una politica decennale, coerente e indifferente ai democratici avvicendamenti "dell’Unica Democrazia del Medio Oriente"- ha avuto ottimo successo. Sembra che dal 1889 in avanti non falliscano mai.
Per la verità io non mi sono pronunciato al riguardo e credo sarebbe fantapolitica discorrere di ciò. Tuttavia, se si condivide il fatto che lo «stato ebraico di Israele» sia fondato e persista nella “pulizia etnica”, mi sembra ovvio che un simile stato debba essere “smantellato” in quella struttura giuridica che ha ottenuto il riconoscimento della maggior parte degli stati, per lo più vassalli e clienti degli USA. non già per una autonoma valutazione sull’esistenza dei presupposti di riconoscimento della statualità dello “stato ebraico”. Quanto per intenderci: riconosceremmo oggi uno stato che abbia posto come suo fondamento la pirateria, o il traffico degli schiavi, o il commercio di organi espiantati non per donazione ma per aggressione di malcapitati? Certamente no sul piano dei principi, anche se poi ogni riconoscimento avviene solo sul piano della effettività: se il diavolo esiste, non serve non prendere atto della sua esistenza.
Che lo «stato ebraico di Israele» esista unicamente per imposizione della sua esistenza da parte degli Stati Uniti non mi sembra dubbio. Se un giorno, questo sostegno venisse meno, anche l’esistenza di un simile mostruoso stato comincerebbe a scricchiolare, malgrado i suoi incredibili armamenti, anche nucleari. Un simile stato non può essere basato sul “diritto”, in quanto la “pulizia etnica” è contro ogni moderno principio di diritto, ma solo non già sulla “forza” (in sé cosa lecita), ma sulla più sfacciata prepotenza allo stato puro. Il che è inammissibile anche da un punto di vista religioso, incluso quello “ebraico” originale (Neturei Karta).
Ma è lo stesso diritto, ma anche umanità e giustizia, che vieta il principio della vendetta. Occorrerebbe pertanto prevedere uno "smantellamento” giuridico di tutte le illegalità che fondano lo «stato ebraico di Israele».
Non ultimo vi sarebbe il problema del risarcimento delle vittime palestinesi. Chi sarebbe tenuto a un simile risarcimento? Chiaramente, in primo luogo, gli “ebrei” stessi, attraverso quella stessa rete di associanismo che ha lucrato infiniti risarcimenti per come li descrive un Norman Finkelstein. Ma sarebbero tenuto anche tutti gli stati che si sono resi “complici”, in misura maggiore o minore, della “pulizia etnica” della Palestina, direi in primo luogo la Gran Bretagna.
Sarebbe poi augurabile una “rinconciliazione” fra palestinesi ed “ebrei” che desiderino per davvero restare in Palestina, davvero convinti su base religiosa che vi siano motivi religiosi per stare in una terra altrui, in case letteralmente sottratte ai palestinesi, quando erano edifici di pregio, altrimenti distrutte per edificarne di nuove sullo stesso terreno. È chiaro che a ogni “profugo” palestinese, o figlio di profugo dal 1948 in poi, non solo debba essere riconosciuto il diritto al ritorno, ma anche un consistente e non simbolico risarcimento per potersi reinsediare nella sua propria patria: chiavi in mano, come adesso avviene per ogni ebreo che dichiari di voler fare l’«aliya», come dicono e come ha fatto la “nostra” Fiamma Nirenstein, dopo aver percepito i sostanziosi emolumenti del parlamento italiano…
Insomma, il problema è maladettamente serio e considerato che lo «stato ebraico di Israele» possiede testate atomiche non possiamo affatto essere tranquilli davanti a un così cieco fanatismo al cui confronto quello dell’ISIS mi sembra una bazzecolla, anzi io credo che sia una perfida creazione dello stesso Mossad.
P.S.
Ove fosse possibile una "convivenza” pacifica in uno stesso territorio fra “palestinesi” e “coloni ebrei”, su una base di parità ed eguaglianza di diritti, andrebbe poi istituita una legge non della Memoria, ma dell’Oblio: se certe cose non si dimenticano (la "pulizia etnica"), non sarà mai veramente possibile una pacifica convivenza.
Perdonami ma nel testo si parla di olocausto solo per stigmatizzarne l’assurdità e per dare del paranoico a Nethanyau. Non è Ovadia che agita lo spauracchio, anzi denuncia chi lo fa.
A parte questo, trovo che sei ingeneroso con Moni Ovadia.
E’ vero che, fino a un certo punto, ha tentato di ricucire Israele con il resto del mondo, evidenziando la presenza di forze progressiste interne e una vivacità culturale che lui sentiva come preziosa. Un dilemma che qualsiasi ebreo subisce sulla propria pelle.
Solo che la stragrande maggioranza degli ebrei, messa di fronte alla scelta se condannare le azioni di Israele o salvare "l’unica oasi sicura" per un futuro, eventuale, pogrom (una paranoia quasi genetica, presente in tutti loro), alla fine chiudono vigliaccamente gli occhi sugli orrori commessi e si allineao nella difesa di Israele.
Non Moni Ovadia. Lui ha scelto altrimenti, di denunciare, di farsi chiamare "traditore". Sono due anni che ha tagliato il cordone ombelicale e non è mai tornato indietro. Cerca di non fargli processi alle intenzioni, trattandolo da gatekeeper a partire da indizi davvero esili (pubblica sul Manifesto? Tutto qui?).
En passant, sono d’accordo con lui sulla valenza del gesto svedese. E sono d’accordo che se (grosso se) questa oscena dittatura verrà contrastata sarà solo per un cambio culturale: quando il resto del mondo li guarderà con disgusto; quando vergognarsi di essere israeliano sarà luogo comune, come lo diventò essere un bianco sudafricano durante l’Apartheid; quando a livello internazionale si penserà a fare pressioni su uno stato debolissimo economicamente e che attualmente si regge solo per la potenza militare e il sostegno USA; solo allora ci sarà luce in fondo al tunnel per il popolo palestinese.
La mia critica a Moni Ovadia non è e non vuole essere un attacco alla sua persona. La mia critica a Ovadia (ma anche a tutti quelli di ECO) è comprensibile a partire da Gilad Atzmon. Il riferimento al Manifesto non è un attacco a Ovadio che pubblica sul Manifesto, ma è un riferimento nascosto e sottinteso al fatto che un giornalista del Manifesto che doveva discutere insieme allo storico Bevilacqua il libro di Atzmon, in una serie di incontri all’Università, non è poi venuto, adducendo gravissimi motivi di famiglia… Io non ci ho creduto ed ho immaginato un rifiuto o pressioni dell’ultimo momento… Il riferimento all’«Olocausto» è genrico e generale e non riguarda Moni Ovadia, che per me non ha per nulla tutta l’importanza che gli si attribuisce…
Se si vuole andare alla radice della Questione non è partendo dalle illuminazioni di un Ovadia che si può andare molto lontana…
Comunque, se occorre e mi viene richiesto, posso leggere con maggiore attenzione il testo di Ovadia e fare critiche può puntuali…
Ho riletto i testi.
Non posso qui dare la mia identità, ma io ho difeso Moni Ovadia quando è stato attaccato dai suoi “correligionari” (?).
Il punto non è questo.
Ciò che ho inteso sottolineare è la debolezza dell’analisi, implicita quando si parla di "occupazione”, "colonialismo”, "apartheid”, della stessa "identità ebraica” di per sé alquanto ambigua come spiega Gilad Atzmon, che definisce se stesso un “ex ebreo”… Ancora più ambiguo Ovadia quando lascia leggere tra le righe uno stato ebraico immaginario che semplicemente riconosce eguali diritti a tutti i cittadini, anche quelli palestinesi, che sono stati privati da Israele di ogni diritto e di ogni identità… Un simile Stato deve semplicemente cessare, sparire dalla faccia della terra, non per “distruzione” violenta (sul modello di Gaza) ma per dichiarazione di "nullità giuridica” da parte della comunità internazionale… Una simile mostruosità è incompatibile con la nozione stessa di “civiltà giuridica”… Moni Ovadia è capace di spingersi fino a tanto? Non mi pare. E quando parlo di Moni Ovadia intendo l’«antisionista sionista»…
Anche se si realizzasse uno stato Palestinese le disuguaglianze sociali comunque continueranno ad esistere e il proletariato anzichè essere sottomesso dai Sionisti sarebbe vittima della propria borghesia : che cosa cambierebbe ? P.s. i proletari palestinesi sono stati perseguitati e massacrati soprattutto dai confinanti " fratelli arabi " caro Ovadia hai dimenticato di dire cosa fece la Giordania contro i profughi civili che si erano insediati nel proprio territorio…..
blablablabla
ma smettetela e siate furbi e onesti!
Il mondo e’ tridimensionale. Se non esce dal suo mondo unidimensionale, non capira’ mai come e’ possibile che la circolazione stradale coesista con quella ferroviaria, aerea e marittima.
Il suo manifesto dovrebbe essere la dimostrazione di qualcosa?
Ammesso e non concesso, cosa c’entra con il discorso finora fatto?
Sei per caso pagato dal Mossad per fare opera di diffamazione di un morto?
Se poi andiamo a danari, ma chi è il Re di Danari?
Dove sta di casa?
Nei campi profughi palestinesi???!!!
O da qualche parte?
E i fiumi, anzi gli Oceani di denaro che partono dalle nostre tasche e vanno verso lo «Stato di Israele» te li sei dimenticati?
E la benzina che paghiamo ancora di più per aver fatto un piacere a Israele con le sanzioni all’Iran, voluti da Israele e dai suoi servi italiani?
Quale è stato il vantaggio del popolo italiano?
E le guerre all’Iraq, all’Afghanistan, alla Siria, alla Libia… chi li ha volute e patrocinato?
E tu mi vieni con una diffamazione di bassa lega che si legge ogni giorno nelle testate sioniste?
Ma fammi il piacere!
….
Gli schiavi sono furbi e onesti. Come te.
A questo punto vedrei una soluzione quasi win win – exodus, stavolta palestinese verso la Svezia che spazio ne ha parecchio e che li ama tanto e gli israeliani se li leverebbero dalle palle. Non so quanto lo svedese medio possa essere entusiasta pero’… ma quello non conta.
Sto seguendo tutti gli interventi perché il tema mi interessa molto e ormai sono anni che lo studio…
Non se parli seriamente, ma la tua mi sembra una battuta…
Io vedo la Questione tutta legata agli equilibri geopolitici globali.
I sionisti sono prima riusciti a cavalcare l’Impero britannico, poi quello Statunitense e mi restano largamente oscuri e segreti gli intrecci lobbistici in tutti gli Stati, almeno quelli del cosiddetto Occidente…
In questi ultim mesi sono usciti i “Quaderni neri” di Heidegger dove si parla di“ebrei”… Non so se Heidegger distinguesse fra sionistied ebrei, e parlando di ebrei facesse quella tripartizione che si trova invece in Atzmon, che non è una mente filosofica più forte e ferrata dello stesso Heidegger, ma viene dall’interno di quel mondo di cui Heidegger parla forse in blocco…
A meno di non volersi bendare gli occhi, la Palestina, cià che ne è stato fatto di essa, è la pietra tombale della Buona Coscienza dell’Occidente: tutta la cosiddetta “comunità internazionale” – termine autoreferenziale dell’Occidente – è complice di una "pulizia etnica” che supera e avanza qualsiasi altra Comparazione…
La Soluzione Finale è nei rapporti di forza, non nell’idea di Giustizia: le soluzioni sono due: o si usa la Forza bruta e gli si dà il nome di Giustizia, o segue l’idea di Giustizia e gli si conferisce la Forza di cui ha bisogno.
Di certo, l’Umanità non avrà mai Pace finché sarà la Forza a prevalere contro l’idea naturale di Giustizia che si suppone ogni uomo abbia racchiusa nella sua coscienza.