DI GARY LEUPP
Counterpunch
Programma di armi nucleari, legami con Al-Qaeda, sostegno all’Esercito del Mahdi, simbologia religiosa, cattura di ostaggi, rifornimento di EFP, piani di genocidio, etc.
Recentemente, Larisa Alexandrovna ha scritto un eccellente articolo che presenta una descrizione dettagliata del progetto neoconservatore, da attuarsi entro sei anni, di usare il potere degli Stati Uniti per attaccare e produrre un cambiamento di regime in Iran. Dopo il pezzo compare una cronologia che comprende le dichiarazioni chiave dell’amministrazione Bush sull’Iran, le “notizie” di cronaca e gli scritti neoconservatori che appoggiano gli sforzi di diffamare l’Iran, e le buffonate di personaggi come l’ex membro del Congresso Curt Weldon, il fornitore d’armi nell’affare Iran-Contra Manucher Ghorbanifar, e Larry Franklin, spia per conto di Israele, che hanno lavorato per facilitare quell’attacco. Ho usato l’articolo come base di partenza per questa cronologia, più elaborata (anche se sicuramente incompleta ed imperfetta). 2002
Il 29 gennaio 2002, il Presidente Bush pronunciò il suo Discorso sullo Stato dell’Unione, introducendo l’espressione, ora nota, “Asse del Male”, ideata da David Frum, autore del discorso ed amico di Richard Perle (Frum tiene attualmente una rubrica sulla rivista di estrema destra National Review, dove dichiara tra le altre cose che l’Iran appoggia i gruppi iracheni sunniti legati ad al Qaeda). Naturalmente l’Iran è stato incluso in quell’ “asse”, accanto all’Iraq di Saddam e alla Corea del Nord. La sciatteria concettuale della frase imbarazzò i leader mondiali, mentre il bizzarro collegamento tra regimi così diversi fra loro allarmò la cultura tradizionale. Ma, per essere data in pasto alle masse, la frase ha messo insieme in modo pienamente riuscito obiettivi disparati, ed ha vagamente associato l’Iran con il Male, rappresentato dagli attacchi dell’11 settembre.
Il 14 agosto, il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (guidato dal movimento dissidente iraniano armato Mujahedin-E-Khalq o MEK) tenne una conferenza stampa a Washington D.C. annunciando che l’Iran stava costruendo un impianto nucleare segreto nei pressi della città di Natanz. Il MEK era stato a lungo incluso nella lista delle organizzazioni “terroriste” dal Dipartimento di Stato (e lo è ancora), ed era stato protetto dal regime di Saddam Hussein fin dagli anni ’80, benché disarmato dalle forze armate statunitensi in seguito all’invasione dell’Iraq. Ma l’amministrazione Bush sfruttò prontamente la notizia (mentre Cheney e i neoconservatori facevano pressioni per un riesame della posizione del MEK). Nel febbraio 2003 l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ispezionò il sito di Natanz, trovando delle macchine centrifugatrici. L’Iran dichiarò che l’impianto faceva parte di un programma di energia nucleare per scopi civili.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) criticò l’Iran per aver tenuto segreto questo ed altri impianti nucleari e pretese che l’Iran si sottoponesse a rigorose ispezioni dei suoi siti nucleari. In dicembre l’Iran sospese il suo programma di arricchimento dell’uranio e autorizzò le succitate ispezioni, che a tutt’oggi non hanno fornito prove dell’esistenza di un programma per la costruzione di armi nucleari. Ma l’occultamento iraniano, in violazione delle regole dell’AIEA (per nulla senza precedenti tra i firmatari del Trattato di Non Proliferazione, come nel caso della Corea del Sud, stretto alleato degli Stati Uniti) è stato presentato dall’amministrazione statunitense come una prova virtuale dell’esistenza di un programma illegale per la costruzione di armi nucleari.
2003
Nel gennaio 2003, secondo un servizio del New York Times pubblicato nel 2006, Bush ed il Primo Ministro inglese Tony Blair “parlarono di vari modi per provocare un confronto [con l’Iran], compreso un progetto di dipingere un aereo di sorveglianza statunitense con i colori delle Nazioni Unite, sperando di indurre il fuoco”. In altre parole, i due leader discussero la possibilità di provocare un attacco che potesse essere rappresentato come un’aggressione da parte dell’Iran contro la “comunità internazionale”, allo scopo di generare il sostegno pubblico ad un’operazione pianificata di cambio di regime.
Da quel momento in poi la campagna di disinformazione si mise in moto sul serio. In aprile il repubblicano della Pennsylvania Curt Weldon, membro del Congresso e vicepresidente della Commissione Servizi Armati e delle Commissioni per la Sicurezza Nazionale alla Camera, si incontrò con un certo “Ali” a Parigi, il quale lo informò che agenti iraniani avevano rubato dell’uranio arricchito all’Iraq prima dell’invasione statunitense (anche Michael Ledeen, personaggio dello scandalo Iran-Contra e propagandista neoconservatore del Weekly Standard, fresco del suo lavoro con l’Ufficio Progetti Speciali di Donald Feith, ha dispensato queste “informazioni”). Questo “Ali” è stato identificato nell’aprile 2005 da Laura Rozen e Jeet Heer, cronisti dell’American Prospect, nella figura di Fereidoun Mahdavi, ex Ministro del Commercio nel governo iraniano dello Scià e socio d’affari di Manucher Ghorbanifar (Ghorbanifar e Ledeen sono stati vecchi amici e si sarebbero incontrati a Roma nel dicembre 2001 con Larry Franklin ed Harold Rhode, funzionari del Ministero della Difesa che conoscono la lingua farsi, e con dissidenti iraniani per discutere il cambiamento di regime in Iran).
“Ali” disse anche a Weldon che dei terroristi appoggiati dagli Iraniani stavano tramando di far precipitare un aereo di linea canadese dirottato sulla centrale nucleare di Seabrook appena fuori Boston, e che l’Iran stava nascondendo Osama bin Laden. Il membro del Congresso ha spiegato tutto questo nel suo libro Countdown to Terror: The Top-Secret Information that Could Prevent the Next Terrorist Attack on America . . . and How the CIA Has Ignored It [Conto alla rovescia per il terrore: le informazioni top secret che potrebbero evitare il prossimo attacco terroristico all’America… e come la CIA le abbia ignorate, ndt], pubblicato nel 2005. La CIA da parte sua ha intervistato Mahdavi ed ha stabilito che lui, così come il suo amico Ghorbanifar, è un bugiardo (comunque il libro di Weldon ha venduto bene a quanto pare, ottenendo recensioni entusiastiche su amazon.com).
Nel maggio 2003, poco dopo le comunicazioni di Weldon e Ledeen, Ghorbanifar iniziò a divulgare accuse, ad esempio che dei membri di al-Qaeda avrebbero bombardato una zona riservata agli stranieri a Riyadh, in Arabia Saudita, uccidendo 26 persone tra cui 9 statunitensi. Anonimi funzionari statunitensi si affrettarono a dichiarare che gli agenti si erano rifugiati in Iran, o che avevano preso ordini dall’Iran. Il corrispondente della rete televisiva CBS News David Martin riferì che tali funzionari “dicono di avere la prova che i bombardamenti in Arabia Saudita ed altri attacchi ancora in preparazione sono stati pianificati e diretti da agenti di primo livello di al Qaeda, che hanno trovato un rifugio sicuro in Iran”. Ecco dunque un altro presunto collegamento tra Iran ed al Qaeda. A questo particolare è stato dato relativamente poco risalto a suo tempo, ma può sempre tornare a galla in futuro. (Tutto ciò è accaduto nello stesso mese in cui l’Iran ha inviato per fax una lettera al Dipartimento di Stato, tramite l’ambasciatore svizzero in Iran, offrendo “piena trasparenza” sul suo programma di arricchimento nucleare, misure collaborative per fronteggiare il terrorismo, cooperazione al fine di costituire un Iraq stabilmente democratico, ed approvazione di una soluzione a due stati per il conflitto israelo-palestinese. L’offerta, accettata dal Dipartimento di Stato, venne respinta senza esitazioni dall’ufficio di Cheney ed è stata resa pubblica solo l’anno scorso da Lawrence Wilkerson, ex capo dello staff di Colin Powell).
Il 26 agosto, l’AIEA riferì di aver trovato particelle di uranio altamente arricchito a Natanz. L’Iran sostenne che le particelle erano arrivate con le centrifughe importate, spiegazione che più tardi è stata confermata dall’AIEA. L’esistenza delle particelle non rafforzò certo la tesi che l’Iran avesse un programma nucleare militare, ma venne usata per suscitare apprensione su quella possibilità.
2004
Nei primi mesi del 2004, il religioso sciita Muqtada al-Sadr ed il suo Esercito del Mahdi erano emersi come la minaccia più grande all’occupazione statunitense a Baghdad e nella parte meridionale dell’Iraq. Giornalisti di destra e neoconservatori vicini al governo asserivano sempre più insistentemente che al-Sadr stesse lavorando a stretto contatto con Tehran. In aprile, Rowan Scarborough citando “fonti militari” scrisse sul Washington Times, di proprietà della Chiesa dell’Unificazione, che al-Sadr “lo stanno aiutando direttamente la Guardia Rivoluzionaria dell’Iran e Hezbollah, gruppo terroristico creato in Iran con base in Libano”. I redattori del Wall Street Journal dichiararono che “l’Esercito del Mahdi è finanziato ed addestrato quasi certamente dagli Iraniani”, aggiungendo “E’ possibile che le Guardie Rivoluzionarie stiano fomentando parte dell’attuale tensione”. Il New York Times, citando “funzionari del Pentagono” riferì la stessa cosa, anche se il cronista del Times James Risen ammise che “alcuni funzionari dei servizi segreti ritengono che il Pentagono fosse ansioso di collegare Hezbollah alla violenza in Iraq, di collegare ancora più strettamente il regime iraniano al terrorismo antiamericano”. I critici fecero notare che i mullah iraniani di fatto erano più vicini ai leader dei partiti SCIRI e Dawa, che lavoravano con le forze di occupazione, piuttosto che ad al-Sadr, la cui solidarietà religiosa sciita con l’Iran è condizionata dal nazionalismo iracheno e dal panarabismo.
Il tanto atteso rapporto della Commissione sull’11 Settembre venne diffuso in giugno. Il rapporto asseriva che “l’Iran non ha legami di vecchia data con al-Qaeda” ma faceva varie affermazioni sulla cooperazione tra i due. Collegava l’Iran all’ala saudita di Hezbollah, che aveva compiuto l’attacco del 2006 al complesso residenziale delle Torri Khobar a Dharan, Arabia Saudita, in cui erano rimasti uccisi 19 cittadini statunitensi, aggiungendo che “ci sono inoltre segnali che indicano che al Qaeda vi ha avuto un ruolo, finora sconosciuto”.
“Negli ultimi mesi del 1991 o del 1992”, secondo il rapporto, “vi furono discussioni in Sudan tra agenti di al Qaeda ed agenti iraniani, che portarono ad un accordo informale di cooperazione nel fornire un sostegno – anche se solo per quanto riguardava l’addestramento – ad azioni compiute principalmente contro Israele e gli Stati Uniti. Poco tempo dopo, degli agenti ed addestratori di alto livello di al Qaeda si sono recati in Iran per ricevere un addestramento nell’uso degli esplosivi. . . La relazione tra al Qaeda ed Iran dimostrava che le divisioni fra Sunniti e Sciiti non ponevano necessariamente una barriera insormontabile alla cooperazione in operazioni di tipo terroristico”.
Il rapporto sosteneva, senza provarlo, che ci fossero “forti indizi del fatto che spesso elementi dei governi pachistano e iraniano hanno chiuso un occhio” sul transito attraverso i loro paesi di membri di al Qaeda prima degli attacchi dell’11 settembre 2001. Citava “detenuti politici” descrivendo “la compiacenza che i funzionari iraniani dimostravano nel facilitare il viaggio attraverso l’Iran di membri di al Qaeda, nel loro viaggio da e per l’Afghanistan. Ad esempio, alle guardie di confine iraniane sarebbe stato detto di non apporre i timbri di controllo sui passaporti di questi viaggiatori. Tali accordi erano particolarmente vantaggiosi per i membri sauditi di al Qaeda. . . In breve, ci sono prove schiaccianti che l’Iran agevolava il transito di membri di al Qaeda in entrata ed in uscita dall’Afghanistan prima dell’11 settembre, e che alcuni di questi fossero i futuri dirottatori dell’11 settembre”. Ma le prove della “compiacenza” iraniana nel favorire ben noti agenti di al Qaeda sembrano qui molto scarse; l’Iran entrò quasi in guerra con l’Afghanistan, che ospita al Qaeda, nel 1999. Il rapporto dichiara: “Non abbiamo trovato prove del fatto che l’Iran. . . .fosse al corrente dei piani riguardanti ciò che poi divenne l’attacco dell’11 settembre”.
Il rapporto indicava che alcuni membri di al Qaeda si erano rifugiati in Iran. Le autorità iraniane replicarono che gli unici agenti conosciuti di al Qaeda in Iran erano in prigione in attesa di giudizio. Seri esperti di intelligence dubitarono del fatto che al Quaeda, ferocemente anti sciita, avesse ricevuto un qualsiasi aiuto dal governo iraniano, ed rimarcarono la cooperazione tra Iran e Stati Uniti in occasione del rovesciamento del regime talebano in Afghanistan. Ma ogni sforzo di collegare al-Qaeda all’Iran fa riferimento a questo rapporto.
Nell’agosto 2004, la CBS News rese noto che l’FBI stava investigando sulla presenza di una spia per conto di Israele all’interno del Ministero della Difesa, alle dipendenze di Donald Feith. La spia, che più tardi si rivelò essere Larry Franklin, aveva passato informazioni segrete riguardanti l’Iran a funzionari di alto livello dell’American Israel Political Action Committee (AIPAC) (nel gennaio 2006 Franklin è stato dichiarato colpevole di passare informazioni segrete all’AIPAC, ed è stato condannato a 12 anni di carcere). Come già scritto più sopra, Franklin nel dicembre 2001 si era incontrato con Ledeen, Rhodes e Ghorbanifar a Roma, per discutere il cambio di regime in Iran. Il suo arresto può aver ostacolato gli sforzi dei neoconservatori, concertati con gli amici israeliani, di architettare un attacco all’Iran.
In questo contesto il Presidente Bush, intervistato da Bill O’Reilly su Fox News, il 27 settembre 2004 ha dichiarato che non avrebbe mai permesso che l’Iran acquistasse armi nucleari e che “tutte le opzioni sono in discussione”.
2005
Seguendo quell’osservazione, nel gennaio 2005 potenti falchi nella Camera dei Rappresentanti hanno sponsorizzato l'”Iran Freedom Support Act” appoggiando “un passaggio alla democrazia in Iran”. Una versione simile è stata presentata al Senato ed il progetto di legge congiunto è stato approvato nel settembre 2006 (ironia della sorte, Richard Armitage, Vicesegretario di Stato ed assistente chiave di Colin Powell, aveva fatto riferimento all’Iran, nel febbraio 2003, come ad una democrazia, basandosi sul fatto che il paese tiene elezioni competitive. I neoconservatori l’avevano criticato per quell’osservazione, anche se ufficialmente il Dipartimento di Stato la appoggiò).
Il 20 gennaio il Vicepresidente Cheney dichiarò che l’Iran era “proprio in cima alla lista” dei “punti caldi” mondiali, aggiungendo: “dato il fatto che l’Iran ha una politica stabilita per cui il loro obiettivo è la distruzione di Israele, gli Israeliani possono ben decidere di agire per primi, lasciando che sia poi il resto del mondo a preoccuparsi di rimettere in ordine il pasticcio diplomatico”. In questo caso l’amministrazione Bush stava collegando direttamente il supposto programma nucleare militare iraniano con la sopravvivenza di Israele – una significativa escalation della retorica.
Gli Iraniani, sosteneva Cheney, “stanno già seduti su un gran mucchio di petrolio e gas. Nessuno può immaginare perché abbiano bisogno anche del nucleare per produrre energia”. Questa è un’affermazione notevolmente disonesta, dato che è stata fatta da un uomo che era stato funzionario nell’amministrazione Ford, che di fatto negli anni ’70 aveva incoraggiato lo Scià iraniano a sviluppare un programma nucleare pacifico. Plausibilmente gli Iraniani possono ribattere che le loro riserve di combustibile fossile sono limitate, e che sono più preziose come fonte di scambio con l’estero piuttosto che per uso interno, mentre l’energia nucleare è più pulita. Ma l’argomentazione che l’Iran possa stare costruendo reattori ed arricchendo il plutonio solo per scopi militari è utile nella sua pura semplicità.
Il 24 giugno il sindaco di Tehran, Mahmoud Ahmadinejad, è stato eletto presidente dell’Iran. I principali media divulgarono immediatamente svariate accuse contro di lui, compresa l’affermazione che fosse profondamente implicato nella Crisi degli Ostaggi avvenuta nel 1979-81 tra Iran e Stati Uniti. Il Washington Times citò le parole di uno degli ex ostaggi, il Colonnello Charles Scott (che all’epoca aveva 73 anni) affermando: “Era uno dei due o tre capi più importanti; il nuovo presidente dell’Iran è un terrorista”. Il MEK produsse una foto risalente al 1979 di un giovane somigliante ad Ahmadinejad, in compagnia di un ostaggio americano all’ambasciata degli Stati Uniti, che fu subito pubblicata da agenzie di stampa come AP, Reuters ed AFP di fianco ai servizi giornalistici sulle elezioni iraniane.
Fonti iraniane identificarono il ragazzo come un certo Taghi Mohammadi, mentre il Los Angeles Times citò un “funzionario statunitense che ha familiarità con le indagini sul ruolo di Ahmadinejad” dicendo che gli esperti avevano riscontrato “gravi discrepanze” tra la persona nella foto e le immagini di Ahmadinejad, tra cui delle differenze nella struttura facciale e nell’altezza. Ancora una volta, il Dipartimento di Stato non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali che contestassero l’affermazione fatta da Scott e da vari altri ex ostaggi.
Un’altra probabile informazione falsa venne resa nota alla metà di luglio, quando (anonimi) funzionari di alto livello dei Servizi Segreti statunitensi convocarono i dirigenti dell’AIEA in cima ad un grattacielo di Vienna. Là essi mostrarono del materiale scaricato a quanto pare da un computer portatile iraniano rubato, che svelava un tentativo prolungato da parte degli Iraniani di progettare una testata nucleare. L’AIEA non era convinta; “Le informazioni non sembrano convincenti, non sembrano rappresentare la ‘prova inconfutabile'”, disse a novembre una persona al servizio della Reuters. “Da allora nessuno ha incrementato questi dati, e noi non siamo nella posizione di sapere se i dati provenissero davvero dagli Iraniani”. Ma la storia fu ampiamente trattata sulla stampa statunitense.
Il 23 agosto, il Subcommittee on Intelligence Policy [Sottocommissione per la Politica dei Servizi Segreti, ndt] della House Permanent Select Committee on Intelligence [Commissione Permanente Scelta della Camera sui Servizi segreti, ndt] pubblicò un rapporto che descrive il programma nucleare iraniano come una minaccia strategica per gli Stati Uniti. Con una rara mossa, l’AIEA denunciò il rapporto in una lettera del 13 settembre al presidente della commissione Peter Hoekstra (repubblicano, del Michigan). Il rapporto, ha dichiarato l’AIEA, conteneva “informazioni erronee, fuorvianti ed infondate”. In particolare l’AIEA ha negato l’affermazione che l’Iran stesse arricchendo l’uranio a livello di armi. In particolare l’AIEA ha negato l’affermazione che l’Iran stesse arricchendo l’uranio a livello di armi.
In settembre, dopo mesi di pressione da parte dell’ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite Bolton, l’AIEA pubblicò un rapporto sull’Iran, dichiarandolo “non in conformità” al Trattato di Non-Proliferazione. Il rapporto affermava che “la storia dell’occultamento di attività nucleari in Iran” e “la conseguente mancanza di fiducia nel fatto che il suo programma nucleare abbia scopi esclusivamente pacifici, hanno dato adito a domande che rientrano nella sfera di competenza del Consiglio di Sicurezza”. Di fatto la dichiarazione incontrò l’opposizione di 13 dei 35 paesi votanti (tra questi anche alcuni fra i protagonisti principali della scena internazionale come Russia, Cina, Pakistan, Brasile, Messico, Nigeria, Venezuela e Sudafrica), ma venne appoggiata dai rappresentanti dei paesi NATO che votarono in blocco. Ciò permise alla Corte Suprema della Nazioni Unite di deliberare la risoluzione 1737 che, sebbene affermi il diritto da parte dei paesi firmatari il trattato di Non-Proliferazione “di sviluppare la ricerca, la produzione e l’uso dell’energia nucleare per scopi pacifici senza discriminazione”, in modo del tutto contraddittorio stabilisce che “l’Iran dovrà sospendere senza ulteriore indugio… ogni attività legata all’arricchimento e alla rigenerazione dell’uranio”. In questo caso l’intenzione degli Stati Uniti era di far adottare al Consiglio di Sicurezza una risoluzione che condannasse il programma nucleare dell’Iran e imponesse delle sanzioni. Di fatto lo scopo venne raggiunto il 31 luglio 2006.
In ottobre, a Londra, l’ambasciatore britannico in Iraq Wiiliam Patey riferì ai giornalisti che l’Iran si era dotato di tecnologie atte ad uccidere le truppe britanniche di stanza a Bassora. Non esisteva nessuna prova concreta del coinvolgimento del governo iraniano, ma l’accusa che le forze della coalizione rischiassero la vita a causa dei “proiettili ad alta penetrazione” EFP [un tempo noti come proiettili autoforgianti, ndt], fabbricati in Iran, era stata fatta riecheggiare dall’amministrazione Bush nelle settimane precedenti.
Il 26 ottobre Ahmadinejad tenne un discorso in cui, citando l’Ayatollah Khomenei (morto nel 1989), disse: “l’occupazione di Gerusalemme verrà cancellata dalla storia”. Ahmadinejad utilizzò la citazione in un discorso in cui faceva notare che, come l’invasione sovietica dell’Afghanistan, la stessa Unione Sovietica e il regime di Saddam Hussein, si erano tutti conclusi, così si sarebbe conclusa anche l’occupazione di una delle più sante città islamiche. Tale affermazione è stata più volte erroneamente riportata e negli Stati Uniti e nella stampa di tutto il mondo come una dichiarazione da parte del governo di Teheran di voler “cancellare Israele dalle carte geografiche”. Uno scrittore iraniano ha definito il tutto come il “gossip del secolo”. Sicuramente l’episodio riveste un ruolo centrale nell’intero programma di disinformazione.
2006
Nel maggio 2006, Laura Rozen scrisse nel Los Angeles Times che l’Ufficio Piani Speciali si era reincarnato al Pentagono nell'”Ufficio per gli Affari Iraniani”, ancora una volta sotto il controllo di Abram Shulsky e tenendo come unica portavoce Elizabeth Cheney, vice Segretario di Stato e figlia del vice Presidente. Nello stesso mese il quotidiano canadese National Post pubblicò un articolo in cui asseriva che il Parlamento iraniano aveva approvato una legge che stabiliva “codici di abbigliamento diversi per le minoranze religiose (come cristiani, ebrei e, zoroastriani), che dovranno adottare simboli di colore diverso per rendersi identificabili in pubblico. I nuovi simboli permetteranno ai musulmani di riconoscere facilmente i non-musulmani in modo da evitare di stringere loro la mano erroneamente così da diventare najis (impuri)”. L’articolo apparve accanto a una foto del 1935 di un uomo d’affari ebreo in Germania con il simbolo della stella di David cucito sul cappotto, come richiesto all’epoca dalla legge nazista. L’autore dell’articolo è Amir Taheri, americano di origini persiane, capo redattore dal 1972 al 1979 del quotidiano iraniano Kayhan (strumento di propaganda dalla dittatura degli Scià), collaboratore del National Review e portavoce ben retribuito della bellicista e neoconservatrice Benador Associates.
L’articolo venne raccolto dalla Stampa Unita Internazionale, riprodotto nel New York Post di Rupert Murdoch, nel Jerusalem Post e altrove, e presentato come corrispondente alla verità da parte del portavoce del Dipartimento di Stato statunitense Sean McCormack. “E’ una cosa spregevole”, ha dichiarato McCormack, equiparando l’Iran “alla Germania di Hitler”. “Tutto ciò rievoca l’olocausto” ha ribadito il rabbino Marvin Hier, decano del Centro Simon Wiesenthal di Los Angeles. “L’Iran si sta avvicinando sempre più all’ideologia nazista”. Tuttavia l’articolo venne presentato come una burla sia dall’ambasciatore iraniano in Canada sia, tra gli altri, dal deputato ebreo appartenente al Parlamento Iraniano, e ritrattato dal National Post il giorno dopo la sua pubblicazione.
(In luglio, dopo una serie di dibattiti con l’amministrazione Bush-Cheney, Israele invase nuovamente il Libano). Il giornalista investigativo Seymour Hersh riferì che “la Casa Bianca si stava preparando per strappare ad Hezbollah i suoi missili poiché, nel caso di un’azione militare contro gli impianti nucleari iraniani, doveva sbarazzarsi delle armi che Hezbollah avrebbe potuto usare in una potenziale rappresaglia contro Israele”. Un ex ufficiale dei servizi segreti raccontò ad Hersh di aver detto ad Israele, “Ragazzi, statemi a sentire, se proprio dovete andare, noi vi seguiremo senza riserve. Ma riteniamo che ciò debba essere fatto al più presto perché, più voi continuate ad indugiare, meno tempo avremo per valutare la situazione e predisporre un piano per l’Iran prima che Bush esca dal suo ufficio”. L’invasione, seguita dalla ritirata nel mese successivo, non raggiunse l’obiettivo sperato anzi rafforzò, dal punto di vista politico, il sostegno dato dall’Iran ad Hezbollah.
Il 6 agosto, il Sunday Times of London di Murdoch riferì che l’Iran aveva complottato per ottenere ingenti quantità di uranio dal Congo. Tuttavia Raw Story citò una fonte vicina all’AIEA che descriveva l’articolo come “altamente inverosimile” e “non ben documentato”. (Lo stesso rapporto pubblicato da Raw Story faceva notare come Abram Shulsky fornisse regolarmente a Cheney istruzioni sull’Iran, suggerendo una connessione tra l’articolo del Times e l’apparato neoconservatore di Washington).
I sostenitori israeliani di un attacco statunitense contro l’Iran stavano diventando sempre più impazienti e così diedero libero sfogo alla retorica accusando l’Iran di pianificare ciò che Hitler non era riuscito a portare a termine, vale a dire lo sterminio del popolo ebraico. (In effetti ci sono almeno 25000 ebrei iraniani le cui radici risalgono a 2500 anni fa, ma un solo deputato ebreo nel Parlamento Iraniano). In dicembre, l’ex ministro israeliano e leader del Likud Benjamin Netanyahu riunì in un meeting, tenutosi in Israele, 70 diplomatici stranieri in modo da far loro pressione per portare sostegno a Israele nel suo tentativo di fermare il programma nucleare iraniano. Secondo un articolo pubblicato nel giornale israeliano Ha’Aretz “l’incontro rappresenta il passo iniziale di una campagna internazionale di pubbliche relazioni. Includerà la proposta di presentare una denuncia alla Corte di Giustizia Internazionale contro il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad per crimini di guerra, e verranno rese note le sue intenzioni di commettere un genocidio”.
Netanyahu asserì: “Nel 1938 Hitler non disse di voler sterminare gli Ebrei, Ahmadinejad invece sta dicendo chiaramente che questa è la sua intenzione e noi ce ne stiamo con le mani in mano. Almeno consideratelo un crimine contro l’umanità. Dobbiamo far vedere al mondo che si tratta di un piano di sterminio”. John Bolton, ambasciatore uscente per gli Stati Uniti alle Nazioni Unite, ha fatto appello alla Corte Internazionale di Giustizia per far accusare Ahmadinejad di “esortazione al genocidio”. “E’ tempo di agire” ha detto Bolton, parlando ad una conferenza dei rappresentanti delle più importanti organizzazioni ebraiche americane riunitesi in un simposio. “Siamo stati chiaramente avvisati di quali siano le sue intenzioni”. Ovviamente si tratta del più grandioso esempio di disinformazione inflitta al pubblico fino ad oggi, insieme all’immagine scioccante del fungo atomico su New York usata per indurre gli Americani ad accettare la guerra in Iraq.
Il 6 dicembre il Gruppo di Studio sull’Iraq (la Commissione Baker-Hamilton) raccomandò al Presidente di iniziare un graduale ritiro dall’Iraq e di consultare i paesi confinanti, incluso l’Iran, per dare stabilità al paese. Verso la fine di dicembre diversi Iraniani, tra cui anche due invitati dal vice Presidente iracheno Jalal Talabani, vennero arrestati a forza dalle truppe statunitensi, suscitando numerose critiche anche da parte dello stesso regime-fantoccio iracheno. Gli Stati Uniti accusavano i detenuti di essere coinvolti in attacchi contro le truppe statunitensi o della coalizione. A fine anno, l’enfasi propria del vasto programma di disinformazione subì un leggero spostamento dalle attività nucleari dell’Iran al suo coinvolgimento nella morte dei soldati americani.
2007
Il 10 gennaio, nell’attesissima risposta alle raccomandazioni della commissione, Bush ha annunciato che anzi avrebbe intensificato il conflitto, e adottato un atteggiamento ancora più aggressivo nei confronti dell’Iran. Egli ha dichiarato (senza avere alcuna prova) che la Repubblica Islamica si stava munendo di materiale di supporto per sferrare degli attacchi contro le truppe americane, permettendo ai terroristi e ai ribelli di sfruttare il proprio territorio per “entrare e uscire indisturbati dall’Iraq”. “Porremo fine agli attacchi diretti contro i nostri convogli militari”, ha tuonato, “e interromperemo il flusso di aiuti all’Iran…scoveremo e distruggeremo le reti che forniscono armi sofisticate ed addestrano i nostri nemici in Iraq”.
L’11 gennaio le truppe guidate dagli Stati Uniti hanno occupato nella città curda di Irbil un edificio che sia i funzionari iraniani sia quelli iracheni considerano alla stregua di un consolato (vi si trova appesa la bandiera dell’Iran), catturando 6 Iraniani. Il generale Peter Pace, presidente dell’Unione dei Capi di Stato Maggiore ha dichiarato: “Credo possa servire da lezione il fatto che i raid condotti nelle ultime due settimane contro quei gruppi che forniscono questo tipo di armi abbiano portato all’arresto di Iraniani. E’ pertanto evidente che gli Iraniani sono coinvolti nel rifornimento di armi”.
In realtà la cosa non è affatto così chiara ed infatti il discorso che era stato programmato per fornire dettagli in merito è stato posticipato di 3 settimane, poiché il governo si è reso conto che andava a cozzare contro un problema di credibilità. Un non ben noto funzionario del governo ha detto: “In passato, se il governo americano se ne fosse uscito dicendo ‘abbiamo in mano queste prove, questo è quanto pensiamo’, la gente assennata gli avrebbe creduto senza battere ciglio. Questo non accadrà mai più”. Tuttavia il 12 febbraio a Baghdad alcuni funzionari statunitensi hanno riassunto per sommi capi ai giornalisti presenti la faccenda dell’aiuto dato dall’Iran ai ribelli iracheni. I giornalisti, compresi quelli dell’Associated Press, del New York Times e della Reuters, hanno presenziato all’incontro accettando che nessuno dei tre funzionari statunitensi venisse menzionato o descritto. Tutte le telecamere, i registratori e perfino i cellulari sono stati banditi dalla stanza dell’incontro.
In occasione di questo fantasmagorico incontro, gli anonimi funzionari hanno annunciato che il Corpo della Guardia della Repubblica Islamica, conosciuto come Quds-Force [Brigate Quds, ndt], controllato dal leader supremo Ali Khamenei, aveva provveduto, a partire dal 2004, a rifornire l’Iraq di EFP. Ecco quanto ha riportato il Washington Post: “Le forze di sicurezza iraniane, che prendono ordini dai piani alti del governo, stanno rifornendo i gruppi estremisti iracheni di sofisticati congegni esplosivi, e questi ordigni hanno causato negli ultimi due anni un crescendo di vittime tra le truppe guidate dagli Stati Uniti, secondo quanto affermato sabato a Baghdad dagli ufficiali di Stato Maggiore. Tre funzionari della difesa, in rappresentanza delle forze multinazionali guidate dagli Stati Uniti presenti a Baghdad, hanno esposto ai giornalisti ciò che essi hanno definito ‘un insieme crescente di prove inconfutabili’ ovvero il fatto che l’Iran stia costruendo ed esportando in Iraq EFP che hanno ucciso più di 170 soldati della coalizione e ne hanno feriti altri 620 negli ultimi due anni”. Il New York Times ha messo per due giorni di fila l’articolo in prima pagina, nonostante i curatori facessero notare che si trattava di un caso di scarso impatto, e il momento scelto per l’annuncio alquanto sospetto.
Lo stesso Ministro–fantoccio per gli Affari Esteri iracheno ha messo in discussione le accuse. Secondo quanto riferito al Washington Post da Labeed M. Abbai, il governo iracheno era all’oscuro di tutto: “E’ difficile per noi che apparteniamo alle sfere diplomatiche accettare qualsiasi cosa gli Americani ci propinino per vera. Se sono giunti ad una conclusione certa, allora dovrebbero uscire allo scoperto e comunicarla apertamente, solo allora potremmo accettarla e seguire le vie diplomatiche per discutere con l’Iran”. Diversi funzionari iracheni hanno esortato gli Stati Uniti a non continuare la loro disputa con l’Iran in territorio iracheno. Nel frattempo il generale Peter Pace, presidente dell’Unione dei Capi di Stato Maggiore, ha dichiarato che in effetti non sapeva se lo stesso governo iraniano stesse rifornendo all’Iraq le armi EFP. “Il rapporto presentato a Baghdad non fa riferimento a un coinvolgimento diretto del governo iraniano, ma dice semplicemente che delle armi fabbricate in Iran vengono utilizzate in Iraq per uccidere i soldati della coalizione”.
Ma lo stesso Bush nella conferenza del 14 febbraio scorso ha riferito ai giornalisti: “Noi sappiamo che stavano fornendo delle armi e che le Brigate Quds fanno parte del governo iraniano. E’ provato che non sappiamo se Ahmadinejad abbia ordinato alle Brigate Quds di farlo, ma sappiamo che sono lì e ho chiesto ai nostri comandanti di fare qualcosa. Noi proteggeremo i nostri soldati”.
I funzionari israeliani (che sicuramente godono dell’attenzione di Washington) continuano a sostenere che non ci sia tempo da perdere per porre fine alla minaccia di sterminio rappresentata dall’Iran. Uri Lubrani, ex ambasciatore israeliano presso lo Scià di Persia e ora autorevole consigliere del Ministro della Difesa Amir Peretz, ha recentemente riferito al Consiglio di Direzione dell’Agenzia Ebraica che “gli Stati Uniti non si rendono conto della minaccia e non hanno fatto abbastanza; è necessario scuotere Americani ed Europei”, bisogna fare in modo cioè che gli Americani abbiano paura, bisogna abusare del loro buon senso e dei loro scrupoli morali, devono essere costretti a condividere la paranoia”.
Viene spesso riportata l’ironica osservazione fatta dal nazista Hermann Goering durante il processo di Norimberga: “E’ sempre possibile fare in modo che la gente obbedisca ai capi. E’ facile. Basta dire loro che stanno per essere attaccati e accusare i pacifisti di mancanza di patriottismo o perché espongono il paese al pericolo. In tutti i paesi funziona allo stesso modo”. Quanto detto sopra rimanda al caso dell’Iran: un paese in via di sviluppo che si suppone voglia attaccare gli Stati Uniti, ovvero la sola superpotenza mondiale, e Israele, un paese caro a moltissimi Americani. Quanto detto sopra fa dell’Iran un aggressore, degli Stati Uniti e di Israele delle vittime. Non conta il fatto che l’Iran non abbia mai attaccato nei tempi moderni un’altra nazione o che un attacco contro gli Stati Uniti o Israele potrebbe comportare conseguenze terribili per la Repubblica Islamica.
La campagna di disinformazione va oltre ogni logica, puntando sul fatto che la paura da sola porterà ad ottenere il sostegno popolare. Ha preventivato che possano venire a galla le sue farse e le sue bugie, ma ritiene che per il conseguimento dei suoi obiettivi pacifici valga la pena affrontare qualsiasi imbarazzo. E se seguendo l’attacco contro l’Iran scoprissimo che, una volta ripulito il paese dalla macerie, non stava lavorando a nessun programma nucleare? Probabilmente non troveremmo alcuna prova, avendo in ogni caso distrutto tutto. Forse è proprio questo il bello del piano americano.
A fatto compiuto, a prescindere dalle terribili conseguenze, non aspettatevi delle scuse da parte dei neoconservatori che fremono per attaccare l’Iran. Prestate attenzione alla replica di Douglas Feith a quanto riferito dall’Ispettore Generale del Pentagono secondo il quale il suo Ministero per i Piani Speciali ha diffuso affermazioni del tutto prive di fondamento sull’Iraq allo scopo di condurre gli Stati Uniti a una guerra sanguinosa.
“Si è trattato di un errore, vero?”, ha chiesto Chris Fallace a Feith negli studi di Fox News, l’ambiente più vicino ai neoconservatori che si possa immaginare.
“Niente affatto”, ha replicato Feith. “Abbiamo raccolto un sacco di informazioni laggiù”.
Davvero un sacco di informazioni. Un sacco di stupidaggini da temere e a cui credere. E’ sempre andata così nella storia dell’imperialismo statunitense: dall’immaginario affondamento della nave da guerra Maine da parte della Spagna, all’incidente nel Golfo di Tonkino, dalle armi di distruzione di massa di Saddam, ai programmi di sterminio dell’Iran. La disinformazione ha fama di funzionare bene quando viene propinata da uomini di stato folli, amorali e privi di scrupoli. Funzionerà ancora una volta?
Gary Leupp è professore di Storia alla Tufts University e professore aggiunto di Religione Comparata. E’ l’autore di Servi, Shophands e operai nelle città del Giappone ai tempi della dinastia dei Tokugawa, I colori dell’uomo: l’Evoluzione dell’omosessualità nel Giappone dei Tokugawa, Intimità interrazziale in Giappone: uomini occidentali e donne giapponesi, 1543-1900. Ha inoltre dato il suo contributo alla cruda cronaca dei conflitti in Iraq, Afghanistan e Yugoslavia fatta da CounterPunch in Crociate Imperiali. Per contatti: [email protected]
Gary Leupp
Fonte: http://www.counterpunch.org/
Link: http://www.counterpunch.org/leupp02172007.html
17-18.02.2007
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA MAZZAFERRO & ELISA MASIERO