Il trattato di Westfalia del 1648 è l’unico rimedio all’attuale ordine unipolare basato sulle regole

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Matthew Ehret
strategic-culture.org

Nel 1999, in un discorso apparentemente innocuo tenuto a Chicago [Tony Blair] aveva rivelato un nuovo paradigma negli affari mondiali che era subito stato soprannominato “la Dottrina Blair.” In quel discorso, Blair aveva affermato che la realtà della nuova era della guerra al terrorismo aveva reso irrilevante e obsoleto il rispetto per gli stati nazionali sovrani e che occorreva arrivare ad una dottrina di livello superiore, compatibile con la necessità di bombardare periodicamente le nazioni sovrane non di nostro gradimento. Questa nuova era di bombardamenti umanitari avrebbe dovuto chiamarsi “era post-westfaliana.”

Nel 2004, ricordando quel discorso, Blair aveva detto:prima dell’11 settembre, per quanto riguarda le relazioni internazionali, stavo già pensando ad una filosofia diversa da quella tradizionale che ha tenuto banco fin dal Trattato di Westfalia del 1648; vale a dire, che gli affari interni di un Paese sono di sua unica competenza e non si deve interferire, a meno che non ti minacci o infranga un trattato o faccia scattare un obbligo di alleanza.”

Ormai tutti conosciamo il nome di questa dottrina unipolare e il susseguirsi di morte e distruzione che avrebbe giustificato nei due decenni successivi.

Ciò che è meno evidente è la natura del Trattato di Westfalia del 1648, che Blair aveva definito come una dottrina obsoleta e assolutamente da sostituire.

Dal momento che il Trattato di Westfalia del 1648 aveva posto le basi per la successiva Carta delle Nazioni Unite, redatta nel 1941 da Franklin Roosevelt e dal sottosegretario di Stato Sumner Welles e poiché sia questo trattato del 1648 che la Carta delle Nazioni Unite vengono sistematicamente prese di mira da eserciti di troll sostenitori dello “Stato di diritto internazionale,” della Responsabilità di Proteggere (R2P) e di un Grande Reset a livello mondiale, fermiamoci per un momento e chiediamoci: cos’è il Trattato di Westfalia? Come ha trasformato la storia mondiale? E perché la sua difesa è così necessaria nell’attuale mondo in crisi?

La pace di Westfalia: un cambio di fase nella storia del mondo

Prima del Trattato di Westfalia, l’Europa era immersa nel caos e nella guerra.

Non solo la Guerra dei Trent’anni (1618-1648) aveva eliminato più di un terzo della popolazione tedesca, ma, nel secolo precedente, numerose guerre di religione avevano incendiato l’Europa, a partire dalla Rivolta dei Cavalieri del 1522 e dalla Guerra dei Contadini Tedeschi del 1524, in cui avevano perso la vita quasi 300 mila contadini protestanti.

Prima di esplodere in Germania, le guerre tra Protestanti e Cattolici avevano sconvolto la Francia tra il 1562 e il 1598 in un devastante periodo di caos che era stato chiamato “la Piccola Età Oscura”e che era terminato solo grazie alle sagge manovre diplomatiche di Re Enrico IV di Navarra.

Era stato Enrico IV, insieme al suo principale consigliere, Maximilien de Bethune (Duca di Sully,) a riformare la Francia e ad imporre la tolleranza religiosa con il famoso Editto di Nantes del 1598 (che rimuoveva il Luteranesimo e il Calvanesimo dalla lista delle eresie), mettendo contemporaneamente un freno alla corruzione, vietando l’usura, ponendo fine alla speculazione, limitando le rendite troppo elevate e investendo in miglioramenti interni, con particolare attenzione alla produzione tessile e alle riforme agricole.

La crescita economica generata da queste riforme in soli 12 anni aveva raddoppiato le entrate della Francia e aveva fatto rivivere lo spirito del grande re edificatore di nazioni Luigi XI, trasformando la Francia da accozzaglia di territori divisi dalla guerra civile a stato unificato, ammirato da tutti i popoli europei (e disprezzato dall’oligarchia finanziaria). Enrico IV mirava chiaramente anche a far rivivere le tradizioni del grande Carlo Magno che era stato l’ultimo monarca ad unire tutta l’Europa sotto il principio comune della legge, quando aveva detto che l’Europa doveva diventare “una repubblica cristiana e interamente pacifica al suo interno.”

Purtroppo, nel 1610 l’uccisione di Enrico IV da parte di “un assassino solitario” aveva lasciato un vuoto di potere, facendo sì che, poco dopo, in Europa scoppiassero ancora una volta nuove guerre di religione. Questa volta, però, l’epicentro dello scontro erano stati i fertili terreni del frammentato Sacro Romano Impero, che allora occupava la maggior parte dell’attuale Germania, l’Austria, la Repubblica Ceca e la Polonia. A differenza della Germania di oggi, il territorio teatro del conflitto religioso di quegli anni bui era dominato da principi e duchi, signori della guerra dalla mentalità ristretta, il cui potere dipendeva da quanti mercenari erano in grado di arruolare e da quante terre potevano depredare. In totale, esistevano più di 350 piccoli Stati e principati che, con 2000 giurisdizioni, dividevano il Sacro Romano Impero in una serie di mini entità senza alcuna concezione di un insieme più grande. [Vedi mappa]

Dire che la guerra dei 30 anni era stata di natura puramente religiosa è un errore troppo semplicistico, in cui però cadono in molti.

Come delineato brillantemente dallo storico Pierre Beaudry, durante tutto il conflitto, i cattolici Borboni di Francia avevano spesso usato procuratori protestanti per combattere in Germania gli Asburgo spagnoli (cattolici), loro rivali nei Paesi Bassi e in Polonia. Nel frattempo, l’assenza di qualsiasi regola di sovranità nazionale favoriva continue violazioni territoriali da parte delle fazioni che si combattevano a vicenda. Gli imperatori austro-ungarici della Casa d’Asburgo perseguivano politiche espansionistiche e le trame della Repubblica Veneziana si estendevano al Baltico e al Mar Nero, mentre i cordoni della borse veneziana, olandese e di altri attori finanziavano tutte le parti in causa in quegli anni caotici.

Inutile dire che era un disastro che stava chiaramente e rapidamente condannando l’Europa ad una nuova epoca oscura.

Nel 1609, ad Amsterdam era stata fondatala prima banca centrale privata del mondo, insieme alla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, che presto si sarebbe fusa con la Compagnia Britannica delle Indie Orientali e avrebbe stabilito un impero marittimo globale, prendendo il posto della Repubblica di Venezia che, in precedenza, era stata il centro dominante delle banche, del commercio mondiale, del mercato dell’oro in lingotti e dei nodi del traffico marittimo.

In realtà, erano in gran parte le stesse forze di Venezia (e della sua “città stato” gemella, Genova) che avevano spinto per il trasferimento dei centri di comando imperiali della Compagnia Veneziana del Levante nei Paesi Bassi e poi in Inghilterra (dove la successiva acquisizione sarebbe stata finalizzata con la “Gloriosa Rivoluzione” del 1688 e con la fondazione della Banca d’Inghilterra nel 1694, come ho descritto nel mio articolo: L’arte della menzogna politica).

Rendendosi conto che era necessario un profondo cambiamento per porre fine a questa discesa agli inferi, le forze desiderose di far rivivere le politiche di Luigi XI e di Enrico IV e di unire l’Europa in una coesistenza pacifica si erano organizzate intorno al Primo Ministro francese, il cardinale Giulio Raimondo Mazzarino (1602-1661), e al suo giovane protégé, Jean-Baptiste Colbert (1616-1683).  Mazzarino, nel 1642, aveva iniziato ad imbastire un noioso processo che avrebbe portato alla firma del Trattato di Westfalia, offrendosi come mediatore di pace, negoziatore principale e garante delle libertà religiose per tutte le parti, organizzando infine la firma del trattato in due località diverse, il 24 ottobre 1648: i firmatari protestanti a Osnabrück e quelli cattolici a Münster.

Il beneficio reciproco

Anche se il trattato che ha stabilito la struttura dello stato nazionale sovrano è spesso spiegato agli studenti di scienze politiche come un protocollo giuridico disordinato, con 128 clausole che avrebbero dovuto garantire il diritto di essere lasciati in pace e la non interferenza nei territori di stati sovrani, qualcosa di molto speciale è spesso lasciato fuori dall’equazione. Questo qualcosa è un principio delineato nei primi due articoli, che servono come una sorta di preambolo  e danno vitalità all’intera struttura:

1) Che tutte le nazioni saranno ora guidate dalla preoccupazione per il beneficio dei loro vicini e 2) il perdono per tutte le trasgressioni passate.

Visto che è così raro che questi articoli vengano letti nel mondo di oggi, rivediamoli qui:

Articolo 1: “Che ci sia una pace cristiana e universale, e un’amicizia perpetua, vera e sincera… Che questa pace e questa amicizia siano osservate e coltivate con tale sincerità e zelo, che ogni parte si sforzi di procurare il beneficio, l’onore e il vantaggio dell’altra; che così da tutte le parti possano vedere questa pace e amicizia nell’Impero Romano, e il Regno di Francia prosperare, intrattenendo un buon e fedele vicinato.”

Articolo 2: “Che ci sia da una parte e dall’altra un’oblio perpetuo, un’amnistia o un perdono di tutto ciò che è stato commesso dall’inizio di questi conflitti, in qualsiasi luogo o in qualsiasi modo siano state praticate le ostilità, in modo tale che nessuno, con qualsiasi pretesto, possa praticare atti di ostilità, intrattenere inimicizie o causare problemi all’altro.”

Queste non erano solo belle parole su pergamena applicabili unicamente a una “matrice culturale europea occidentale,” come molti credono, ma principi fondamentali della legge naturale validi per tutte le civiltà in ogni tempo. Non abbiamo bisogno di guardare lontano per vedere la loro espressione nei tempi moderni, non solo nella Carta delle Nazioni Unite, ma anche nei Cinque principi di coesistenza pacifica nel 1954 e nel Grande Disegno Eurasiatico di mutua cooperazione, che è alla base delle odierne Nuove Vie della Seta.

Gli sviluppi economici che avevano rivitalizzato la pace

Nella stessa misura in cui gli ideali westfaliani delineati negli Articoli Uno e Due della Carta delle Nazioni Unite dipendevano dalla felice attuazione dei programmi economici internazionali del New Deal presentati a Bretton Woods, allo stesso modo, anche il successo del Trattato di Westfalia era dipeso dalla realizzazione di grandi opere pubbliche e riforme economiche in tutta Europa, solo parzialmente portate a termine nei decenni successivi al 1648.

Prima della sua morte, nel 1661, il cardinale Mazzarino aveva delineato grandi progetti infrastrutturali, sia per la Germania che per la Francia, intesi a sviluppare la forza lavoro interna delle nazioni europee attraverso canali, manifatture e strade, liberando così gli stati europei dalla dipendenza dai monopoli marittimi di Veneziani, Olandesi, Spagnoli e Genovesi.

Come sottolinea Beaudry nel suo Peace of Westphalia and the Water Question, i principali progetti per canali navigabili delineati da Mazzarino interessavano:

la Vistola (che attraversando la Silezia, la Mazovia e la Prussia orientale sfocia nel Mar Nero),

il fiume Oder (che sfocia nel Mar Baltico),

il fiume Elba (dalla Boemia al Mare del Nord via Dresda, Magdeburgo e Lipsia),

il fiume Weser attraverso la Germania centrale,

il fiume Reno (Svizzera, Germania, Francia, Paesi Bassi).

Alcuni di questi progetti, come il canale Reno-Maine-Danubio che collega il Mare del Nord con il Mar Nero, sarebbero stati realizzati solo 300 anni dopo il Trattato di Westfalia, anche se il principale alleato tedesco di Mazzarino, Federico Guglielmo (il Grande Elettore di Brandeburgo), incaricato di guidare la Lega del Reno nel 1759, aveva curato, insieme al figlio, Federico il Grande, la realizzazione di molti dei canali e dei progetti stradali di Mazzarino.

Una delle prime condizioni poste da Mazzarino all’inizio dei negoziati per il trattato di Westfalia riguardava la soppressione dei pedaggi sui corsi d’acqua, gabelle imposte da principi e duchi dalla mentalità ristretta che detenevano il controllo territoriale su alcune sezioni dei sistemi fluviali tedeschi, rendendo finanziariamente impraticabile qualsiasi sviluppo economico del territorio. In un primo accordo firmato nel 1642, Mazzarino era riuscito a convincere decine di principi che:

“Da questo giorno in poi, lungo le due rive del fiume Reno e dalle province adiacenti, il commercio e il trasporto delle merci sarà di libero transito per tutti gli abitanti, e non sarà più permesso di imporre sul Reno alcun nuovo pedaggio, diritti di ormeggio, dogana o tassazione di qualsiasi denominazione, di qualsiasi tipo, e in qualunque caso.”

In Francia, Le Canal Du Midi, uno dei più grandi progetti infrastrutturali della storia era stato iniziato sotto Mazzarino e continuato dal suo stretto collaboratore, Jean-Baptiste Colber. Si trattava di un canale di 240 km che creava un passaggio diretto tra l’Atlantico e il Mediterraneo eliminando una circumnavigazione di 3000 km intorno allo stretto di Gibilterra controllato dagli Asburgo spagnoli [vedi mappa].

Questo programma aveva richiesto 15 anni per essere completato e aveva comportato la costruzione di 130 ponti ad arco, 75 chiuse e il più grande bacino artificiale della storia alla base della Montagne Noire. La realizzazione di questo bacino era stata possibile grazie a nuove scoperte nel campo dell’ingegneria e della scienza, con la realizzazione di un bacino ddella capienza di sei milioni di metri cubi ad un’altezza di 190 metri sopra il livello mare, facendo arrivare l’acqua da fonti diverse, compresi alcuni fiumi sotterranei, al fine di alimentare per gravità i fiumi Garonna e Aude che scorrono in direzioni opposte.

Era questa la sfida che, per secoli, aveva convinto gli ingegneri dell’infattibilità di un progetto a cui si pensava già dai tempi dell’antica Roma. I notevoli miglioramenti dei sistemi idrici intorno al Languedoc avrebbero poi trasformato la regione in un granaio, portando alle stelle la produzione di cereali e vino.

Colbert prosciuga la palude

Il ministro delle finanze Colbert aveva quindi iniziato una implacabile lotta alla corruzione, imponendo controlli pubblici sull’aristocrazia e controllando tutti i funzionari addetti alla riscossione delle imposte, che erano stati obbligati a dimostrare la provenienza di tutti i loro possedimenti e persino dei loro titoli. In Francia era pratica comune la vendita di titoli nobiliari come fonte di entrate statali, e anche questa cancerosa fonte di corruzione era caduta sotto la scure di Colbert, che aveva chiesto un’indagine sulla legittimità di tutti i titoli. Alla fine di questa inchiesta, oltre 2000 presunti titoli nobiliari si erano rivelati fasulli e gli ex nobili avevano dovuto trovarsi dei veri lavori e pagare le tasse.

In Francia, una delle figure più importanti a dover affrontare la giustizia sotto il giro di vite di Colbert era stato il corrotto Sovrintendente alle Finanze, Nicholas Fouquet, che aveva saccheggiato la Francia per decenni, autorimborsandosi per oltre sei milioni di sterline dalle tesorerie di stato per prestiti che non aveva mai fatto alla nazione. Nel 1661, durante questi processi, erano venute alla luce tutte le sue malefatte e Fouquet era stato imprigionato a vita, insieme a molti collaboratori di spicco dello stato profondo di Francia (e Colbert aveva preso il posto di Fouquet).

Il New Deal di Colbert

Con la palude sufficientemente drenata e lo stato profondo francese sotto controllo, Colbert aveva lanciato una ulteriore serie di riforme che includevano l’imposizione di tariffe protettive contro il dumping britannico, olandese e belga di merci a basso costo, un credito statale di 5 milioni di sterline per lo sviluppo del settore tessile e manufatturiero, la fondazione, nel 1666, dell’Accademia Reale delle Scienze, che avrebbe fatto confluire in Francia le più grandi menti d’Europa, la creazione del più grande osservatorio del mondo, l’istituzione di scuole commerciali e programmi di specializzazione, l’aumento delle esportazioni nazionali rispetto alle importazioni, l’estensione delle sovvenzioni reali alle imprese private per realizzare e gestire i miglioramenti interni, e persino le prime regolamentazioni sull’orario di lavoro in Europa e l’assicurazione sanitaria per i 12.000 operai che lavoravano al Canal du Midi.

Colbert aveva anche posto fine all’acquisto di cariche pubbliche (chiamate “cariche venali”), creato una moratoria di cinque anni sul debito (per sganciare il debito legittimo da quello ad usura imposto alla Francia nel corso degli anni dalle oligarchie locali) e approvato leggi che assicuravano che solo lo stato, e non la nobiltà, potesse raccogliere le tasse.

Colbert non aveva perso tempo nello sfoltire l’ipertrofica burocrazia francese, quando aveva detto al giovane re Luigi XIV:

“È necessario ricondurre il più possibile le professioni dei vostri sudditi a quelle che possono essere utili a questi grandi disegni… queste sono l’agricoltura, le merci [produzione e distribuzione di beni], i soldati e i marinai… Vostra Maestà dovrebbe lavorare allo stesso tempo per diminuire, gradualmente e con la dovuta cautela, il numero di monaci e di suore… le due professioni che impiegano più inutilmente di tutte centomila dei vostri sudditi sono quelle dei finanzieri e degli avvocati.”

Colbert aveva anche dato impulso alle costruzioni navali, creando una delle flotte mercantili più avanzate del mondo in concorrenza con quelle olandesi, spagnole e  inglesi, ampliando le difese della Francia nelle regioni di confine e aumentando le navi da guerra da 20 a 250 in soli vent’anni.

Le radici westfaliane della rivoluzione americana

Nel 1781, formulando i principi su cui sarebbe stata fondata la nuova repubblica, Alexander Hamilton aveva dimostrato la sua profonda comprensione del colbertismo come chiave per la salvezza della nuova repubblica. Di fronte al più grande impero del mondo, che aveva quasi il monopolio assoluto dei mezzi di produzione, banche, oro in lingotti e del commercio marittimo, questa giovane nazione, appena uscita da una guerra rivoluzionaria, senza industrie, con un territorio sottosviluppato e debiti impagabili, come avrebbe potuto stare in piedi da sola?

Nel 1782, Hamilton aveva scritto su “The Continentalist:”

“Da uno spirito diverso di governo, con vantaggi superiori, la Francia era molto più arretrata nei miglioramenti commerciali, né il suo commercio sarebbe stato in questo momento in una condizione così prospera se non fosse stato per le abilità e gli sforzi instancabili del grande Colbert. Egli pose le basi del commercio francese e insegnò ai suoi successori la via per ampliarlo e migliorarlo. L’istituzione della manifattura laniera, in un regno in cui la natura sembrava avergli negato i mezzi, è una delle tante prove di quanto si possa fare in favore del commercio con l’attenzione e il patrocinio di una saggia amministrazione. Il numero di utili editti approvati da Luigi XIV, dal suo tempo, nonostante le frequenti interruzioni dovute alla gelosa inimicizia della Gran Bretagna, ha fatto progredire la Francia ad un livello che ha suscitato l’invidia e lo stupore dei suoi vicini.”

Il sistema messo a punto da Hamilton attraverso i suoi studi sul dirigismo di Colbert era stato delineato nei famosi quattro rapporti al Congresso del 1791-92 (Rapporto su una Banca Nazionale, Rapporto sul Credito Pubblico, Rapporto sulle Manifatture e Rapporto su una Zecca) e avrebbe continuato ad influenzare le menti dei più grandi statisti sia degli USA che internazionali per i successivi 240 anni. In passato, questa politica era conosciuta come “il Sistema Americano di Economia Politica.”

Questo era il sistema che John Quincy Adams aveva preso a modello per la dottrina di politica estera di una Comunità con un Principio Comune. Questa è la concezione alla base dell’elaborazione da parte di Adams della Dottrina Monroe, che aveva cercato di promuovere lo sviluppo economico sovrano di tutte le nazioni americane e di bloccare gli intrighi imperiali europei nell’emisfero occidentale. Nonostante gli abusi poi perpetrati in suo nome nome dai successivi presidenti imperialisti statunitensi, questa rimane la verità sulla nascita di questa dottrina, che piaccia o no ai critici degli Stati Uniti.

Questo sistema aveva continuato a crescere sotto la saggia guida del consigliere economico di Lincoln, Henry C Carey, e poi del presidente McKinley il cui assassinio, nel 1901, aveva segnato l’inizio tre decenni di follia e corruzione negli USA.

FDR, il Colbert del 20° secolo

Questo sistema era nuovamente tornato alla ribalta nel 1932, con l’ascesa al potere di Franklin Roosevelt. Come ho scritto nel mio recente articolo ‘How to Crush a Banker’s Dictatorship,’ Roosevelt non aveva perso tempo nel far rivivere le politiche di Colbert ad ogni livello – prosciugando la palude tramite la Commissione Pecora, mettendo sotto controllo di aziende e banche ‘troppo grandi per fallire’ [1], mettendo i bastonii fra le ruote alla dittatura dei banchieri di Londra, sabotando l’unipolare Lega delle Nazioni e impegnandosi a distruggere il fascismo durante la Seconda Guerra Mondiale e, più in generale, il colonialismo inglese.

Quando si leggono la Carta Atlantica, la Carta delle Nazioni Unite, il discorso delle Quattro Libertà o la Politica del Buon Vicinato perseguita da FDR tra il 1936-1945, è chiaro che lo spirito di Westfalia era l’anima del grande disegno di Franklin Roosevelt per un mondo multipolare, sabotato ancor prima di nascere.

Molti sono pronti a farsi beffe del Trattato di Westfalia, reo di non aver portato la pace eterna in Europa, visto che le guerre, ovviamente, erano continuate anche dopo il 1648. Molti geopolitici imperiali, come Henry Kissinger, Robert Gates o Brent Scowcroft addirittura lodano il trattato, ma solo per alcune motivazioni particolari, che, in realtà, arrecano molti più danni alla causa del sistema degli stati nazionali di quanto non facciano quei liberali imperialisti che tentano di attaccarlo apertamente, come Tony Blair, George Soros, Lord Malloch Brown, Susan Rice o Samantha Power.

Il fatto è che la Pace di Westfalia, proprio come la Rivoluzione Americana che aveva ispirato, e la Carta delle Nazioni Unite che era servita come continuazione di questa creativa marcia evolutiva verso il progresso è come l’aglio per i vampiri odierni di Wall Street e della City londinese.

Perché, proprio come l’oligarchia finanziaria della nobiltà nera europea con cui si era scontrato Colbert, l’élite sociopatica odierna persegue fini non dissimili da quelli dei loro antenati del XVII secolo, fini che negano i diritti inalienabili dell’umanità, da cui deriva giustamente l’autorità della legge e della sovranità nazionale.

È questa forza oligarchica che ora tenta di imporre un “ordine internazionale basato sulle regole ” e che sta cercando senza sosta di annullare ogni grande progresso morale, intellettuale ed estetico dell’umanità dal Rinascimento in poi, riportando la società ad un nuovo ordine feudale e tecnocratico, che differisce dall’età oscura medievale solo per le masse molto più numerose di persone che soffriranno e moriranno nel 21° secolo.

Matthew J.L. Ehret

L’autore ha recentemente tenuto una conferenza su questo argomento che può essere vista qui:

[1] Roosevelt impiegò una legge chiamata Sherman Anti-Trust Act per spezzare i monopoli che controllavano molte più industrie di quanto facciano ora le super banche. La Standard Oil e l’American Tobacco furono entrambe sciolte. Questa e altre 42 cause intentate dall’USG sotto Roosevelt, stabilirono un equilibrio tra monopoli troppo potenti e il governo federale. N.D.T.

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2021/07/04/why-1648-westphalian-treaty-must-defended-remedy-unipolar-rules-based-order/
04.07.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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