IL FENOMENO FACEBOOK

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DI AMIR AHMADI
Comedonchisciotte.org

“Noi siamo ciò che facciamo ripetutamente” – Aristotele, 384-322 A.C.

Devo dire che i miei sentimenti nei confronti del Social Networking sono disparati e, ad
essere sincero, contrastanti. Alterno fasi di sincero apprezzamento per il senso di
“comunità” ad altre in cui si fa avanti l’idea che l’intero sistema di networking, blogging e
profili virtuali vari, quando non è indirizzato ad un obiettivo reale, altro non è che una
frammentazione narcisistica. E sterile.
Vorrei chiarire questo passaggio analizzando in particolare il fenomeno Facebook. Questo
sito, che è arrivato ad essere esposto agli onori addirittura delle cronache giornalistiche ed
è uno dei più visitati del pianeta, è partito come strumento per ritrovare vecchi compagni di
scuola che, classico cliché, si perdono di vista col passare degli anni. Oggi Facebook è un
complesso ingranaggio che fa del viral marketing un’arma molto raffinata, ma che lo
espone anche ad inevitabili contraddizioni.Anzitutto, qual’è una delle differenze tra FB e le centinaia di altri siti simili? In fondo, il
navigatore può postare il proprio stato d’animo, pubblicare foto, filmati, musiche, testi,
poesie, in virtualmente qualsiasi altro website o forum.
Ma una delle differenze cruciali sta nel fatto che “faccialibro”, una volta che l’utente ha
caricato una foto sul suo spazio, invita ad identificare anche altri soggetti eventualmente
presenti nella foto. Così, ad esempio, per quanto mi riguarda ho scoperto di essere su
Facebook…prima ancora di essermi volontariamente iscritto! Ed un pò come al
commissariato, ogni foto è sottoposta al vaglio degli amici, degli amici degli amici e così
via, in un circolo… viziato dove ognuno “riconosce” qualcun altro. Quest’ultimo, com’è
successo a me, viene a conoscenza della cosa a gioco fatto, ed a quel punto, per sapere
se c’è altro che lo riguarda, o più spesso semplicemente in preda alla genuina curiosità di
scoprire quali altri avvenimenti recenti o remoti si stanno esponendo, cade nella trappola.
Pardon, nell’invito. Peraltro molto ben strutturato: entrati a far parte di fb, non solo
troverete decine di messaggi di cordiali benvenuto da parte di chi vi conosce, ma anche
un intero parco di giocattoli cibernetici pronti a rivelare qual’è la vostra vera personalità, il
AMIR vostro quoziente intellettivo, i vostri gusti musicali o cinematografici… nonché naturalmente
a confrontarli con gli altri. Facebook è terribilmente abile, quasi tutti ve lo confermeranno,
nel rubarvi sempre più tempo. Ed il motivo è che fornisce la perfetta illusione di stare
interagendo con i vostri amici! Ma le cose non stanno esattamente così, e non serve
essere dei complottisti per intuirlo:

Innanzitutto, si arriva presto o tardi (ma ci si arriva) alla consapevolezza che l’intero
meccanismo sia vuoto. Sono offerte, è vero, molteplici “pagine” per discutere degli
argomenti più disparati, ma oltre ad “unirsi” ad un gruppo di discussione, generalmente
non si postano interventi in merito a nulla, escluse frasi di contorno alle serate dell’ultimo
week-end. Gran parte del tempo (e cresce esponenzialmente) che si passa sul sito lo si
dedica a cercare una frase interessante per il proprio “status”, a curiosare su chi è il nuovo
fidanzato/a di chi, a riempire la propria pagina di elementi che possano in qualche modo
denotare quanto si è simpatici/intellettuali/alternativi/chic/sexy/irresistibili: il tutto arrivando
ad auto-definirsi (non più tanto virtualmente) in funzione del richiamo ad altre frasi/canzoni/
film/libri/mete visitate. Sorrido (e lo faccio da inguaribile snob) al pensiero di tutti gli utenti
che immancabilmente cercano di essere originali auto-denotandosi attraverso materiale
prodotto da altri. Che originalità! Sorrido perché anche qui, purtroppo, la conclusione è
solo una: arrivati a questo punto non si è più soggetti attivi di una imprecisata comunità, si
diventa piuttosto un target, un prodotto l’utente stesso, catalogato in un immenso
database che conosce i nostri gusti, le nostre tendenze, i nostri legami, le nostre
frequentazioni. E, badate bene, queste informazioni, una volta trasmesse (magari
neanche da voi stessi!), non solo non sono più vostre, sono immagazzinate virtualmente
per sempre. Altro che tutela della privacy.

Vi riporto un estratto dei Termini d’Uso di Facebook, in inglese:
“By posting User Content to any part of the Site, you automatically grant, and you represent and warrant that
you have the right to grant, to the Company an irrevocable, perpetual, non-exclusive, transferable, fully paid,
worldwide license (with the right to sublicense) to use, copy, publicly perform, publicly display, reformat,
translate, excerpt (in whole or in part) and distribute such User Content for any purpose, commercial,
advertising, or otherwise, on or in connection with the Site or the promotion thereof, to prepare derivative
works of, or incorporate into other works, such User Content, and to grant and authorize sublicenses of the
foregoing.”
La traduzione italiana presente su FB recita così:
“Affiggendo il Contenuto di Operatore a qualunque parte del Luogo, lei concede automaticamente, e lei
rappresenta e garantisce che lei ha la destra per concedere, alla Società una licenza irrevocabile, perpetua,
non-esclusivo, trasferibile,, completamente pagata, mondiale (con la destra al sublicense) di usare, copiare,
pubblicamente eseguire, pubblicamente mostrare, riformattare, tradurre, l’estratto (nell’intero o nella parte) e
distribuire tale Contenuto di Operatore per qualunque scopo, commerciale, la pubblicità, o altrimenti, su In
connessione col Luogo o il thereof di promozione, preparare i lavori derivati di, o incorpora negli altri lavori,
tale Contenuto di Operatore, e concedere ed autorizzare il sublicenses del rinunciare. “
Ci avete capito qualcosa? No, non sono stato io a tradurre, né personalmente né con un
becero traduttore online e gratuito. Questo maccheronico testo è solo una porzione del
“contratto” cui abbiamo aderito quando ci siamo iscritti. A parte la marginale
considerazione sul fatto che un colosso del genere potrebbe anche spendere qualche
centinaio di euro per una traduzione più “umana”, quello che significa, in estrema sintesi e
rifacendomi al testo originale è questo: qualsiasi cosa inseriate in facebook diventa “di”
facebook. Tutti gli annessi diritti, nonché la facoltà (naturalmente insita in questo tipo di
servizio) di riprodurre in qualsiasi modo e per qualsiasi finalità i VOSTRI contenuti sono
autorizzati. A loro.

Provate a chiedervi cosa succede se tutto questo improvvisamente non vi sta bene. Se
rifiutate l’idea di essere irrimediabilmente ostaggio di una comunità che da un lato vi offre il
miraggio di legami più estesi e più stretti, e dall’alto vi espone solamente a chiedervi “da
quale lato vengo meglio in foto?”.
I legali di fb hanno pensato bene di inserire la seguente dicitura in proposito:
“You may remove your User Content from the Site at any time. If you choose to remove your User
Content, the license granted above will automatically expire, however you acknowledge that the
Company may retain archived copies of your User Content. Facebook does not assert any
ownership over your User Content; rather, as between us and you, subject to the rights granted to
us in these Terms, you retain full ownership of all of your User Content and any intellectual
property rights or other proprietary rights associated with your User Content.”
In parole povere, qualora decideste di rimuovere il vostro contenuto (ma tanto i vostri
“cloni” restano lì tra gli album degli amici), lo potete sicuramente fare, ma… accettate al
tempo stesso che FB trattenga copie dello stesso. Voi rimanete senz’altro proprietari di ciò
che avete inserito personalmente (se davvero ne detenete il diritto naturalmente), ma in
ogni caso la facoltà per FB di continuare ad avere nel proprio database quegli stessi dati,
anche se lungi da rivendicarne il possesso, permane.

Controversie legali a parte, vorrei tornare alla frase con cui ho aperto questo intervento,
cercando di collegarla all’immagine di milioni di utenti che quotidianamente hanno così a
cuore render noto a tutti, indistintamente, cosa hanno fatto nel week-end e con chi, quali
e quante città hanno visitato, qual’è il risultato del loro test “che amante sei?” e così via, tra
un pizzicotto/bacio/test dell’umore istantaneo e l’altro.
La pressocché ossessiva tendenza a ripetere quotidianamente ed a colpi di mouse questo
tipo di interazione è davvero ciò che ci può definire? Una massa di voyeur, tanto pettegoli
quanto frivoli, tanto evanescenti quanto narcisi? O forse la disse meglio Schopenhauer,
quando scrisse che l’uomo moderno è destinato ad oscillare tra distrazione e noia? In un
mondo sempre più veloce e gravido di opportunità, com’è possibile ridurre un ritrovo tra
amici, o una semplice telefonata, ad un complesso sistema di interazioni virtuali e di invii di
frammenti di sé? Mi è inizialmente piaciuta, in un certo modo, l’idea di poter scherzare con
amici vecchi e nuovi anche attraverso un mezzo del genere. Ho vissuto per un brevissimo
periodo (fortunatamente non faccio un lavoro troppo sedentario) simpaticamente
l’opportunità di un saluto, una battuta veloce tra scrivanie lontane. Ma quando poi la
finestra sui nostri mondi diventa troppo grande, infastidisce. Forse è meglio rivolgere lo
sguardo verso altre finestre, più tangibili.

AMIR AHMADI
Fonte: www.comedonchisciotte.org
7.11.08

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