MENTRE I TAGLI A QUELLE DEI RICCHI LA PENALIZZANO
FONTE: Washington’s Blog
Premessa: questa è una discussione
per abrogare tutte le tasse. Ho una forte vena libertaria e ci sono dibattiti sul governo che sta sprecando i nostri soldi nelle guerre imperiali che indeboliscono la sicurezza nazionale e con altri raggiri. Ci sono anche vari dibattiti che ritengono illegali le tasse sul reddito. Questo saggio si chiede solamente come le tasse – nel caso ci debbano essere – e visto che le tasse e altre politiche del governo hanno radicalmente ridistribuito la ricchezza verso l’alto, creando livelli di disuguaglianza da terzo mondo (maggiore di quella presente molti anni prima della Grande Depressione) – colpiscano l’economia.
I conservatori estremi spingono per i tagli alle tasse, ma sono per i ricchi.
I liberali estremi sono contro tutti
i tagli alle tasse, credendo che dobbiamo pagare più tasse per pagare i programmi governativi… e che le tasse in qualche modo non creano alcun prelievo sull’economia.
Entrambi gli estremi sono sbagliati.
Infatti, i tagli alle tasse per la
classe media e i poveri stimolano l’economia, ma i tagli alle tasse
dei ricchi fanno male all’economia.
Si tratta davvero di un concetto semplice,
anche se alcuni politici ed economisti, intenzionalmente o no, cercano
di complicare la cosa.
Come Ed Harrison ha descritto oggi:
Bruce Bartlett, un politico
Repubblicano e consigliere per la politica interna di Ronald Reagan,
ha evidenziato che:
Le imposte sono state tagliate nel 2001, 2002, 2003, 2004 e nel 2006.
Sarebbe stata un’ottima cosa se i tagli di Bush avessero almeno portato l’economia a un livello più alto di crescita economica, anche se temporanea. Non lo hanno fatto. La crescita del PIL ha raggiunto il massimo nel 2004 col 3,6 per cento per poi decadere rapidamente. Anche prima dell’inizio della crisi, il PIL reale stava crescendo meno del 2 per cento l’anno. […]
Secondo un recente articolo del C.B.O., i tagli hanno ridotto le entrate fiscali di almeno 2,9 triliardi di dollari di quello che ci sarebbe stato altrimenti tra il 2001 e il 2011. La crescita inferiore alle attese ha ridotto le entrate di altri 3,5 triliardi di dollari.
La spesa è stata più alta di 5,6 triliardi di dollari rispetto a quanto anticipato dal C.B.O. per un’inversione di tendenza pari a 12 triliardi di dollari. Questo è
perché il surplus atteso di 6 triliardi si è trasformato in un deficit cumulativo di 6 triliardi di dollari.
Bartlett ci fornisce il suo grafico che riassume i numeri:
Se ricordate, fu il padre di George W. Bush, GWH Bush, mentre faceva campagna elettorale
contro Reagan, a definire Voodoo Economics le affermazioni della supply side economy
secondo cui i tagli alla tasse si pagavano da soli.
E Bush aveva ragione quando i deficit sono andati fuori controllo e sia Reagan che Bush sono stati costretti ad alzare le tasse.
[…] I tagli alle imposte di Bush sono andati in modo sproporzionato ai ricchi. Il Tax Policy Center ha mostrato che il 65 per cento del totale in dollari dei tagli
alle imposte di Bush ha interessato il quintile più alto, e il 20 per cento è andato allo 0,1 per cento dei percettori di reddito più alto.
Se volete parlare di redistribuzione, questo è quello che è successo.
Il New York Times riportava nel 2007:
Le famiglie che guadagnano più di 1 milioni di dollari l’anno hanno visto calare le aliquote delle proprie imposte in modo più sostenuto rispetto a qualsiasi altro gruppo nel paese per i tagli decisi dal Presidente Bush, secondo una nuovo studio del Congresso.
La ricerca, del Congressional Budget Office, mostra anche che le aliquote d’imposta per i percettori di redditi medi è leggermente aumentata nel 2004, l’anno più recente i cui dati sono a disposizione, mentre quelle per i redditi più alti continuano a declinare.
Lo studio, basato su un’analisi esaustiva dei dati di censo e delle denunce dei redditi, ha dato supporto all’ipotesi che siccome i tagli alle tasse decisi da Bush hanno ridotto le aliquote per le persone con gli stipendi più alti, hanno nettamente offerto i maggiori benefici all’1 per cento che percepisce i redditi più ingenti.
L’Economic Policy Institute ha riportato in giugno:
I cambi alle tasse dell’era Bush hanno conferito benefici sproporzionati a quelli in cima alla distribuzione dei redditi, inasprendo una tendenza di una sempre maggiore disuguaglianza con quelli che avevano già una scarsa crescita delle proprie entrate.
[…]
L’1% che percepisce i redditi più alti (oltre i 620,442 dollari) ha ricevuto il 38% dei tagli alle tasse. Il 60 più basso dei contribuenti (con meno di 67,715 dollari) ha ricevuto meno del 20% del totale dei benefici delle politiche fiscali di Bush.
I tagli alle imposte dell’era Bush sono stati progettati per ridurre le tasse ai ricchi, e si supponeva che i vantaggi di una crescita più rapida potessero raggiungere anche la classe media. Ma l’impatto economico del taglio alle aliquote sui capital gain e l’abbassamento
delle aliquote marginali più alte non si è mai materializzato tra i lavoratori. I redditi medi settimanali adeguati all’inflazione sono caduti del 2,3% nel corso dell’espansione economica tra il 2002e il 2007, che viene considerata la peggiore espansione economica dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Non è una cosa complicata. Una
disuguaglianza rampante ha
per larga parte provocato
la Grande Depressione e l’attuale
crisi economica (vedi questo). Tagliare le tasse alla classe media e a
quella più bassa riduce le differenze e stimola l’economia del consumatore.
Mentre tagliare
le tasse ai ricchi riduce la domanda aggregata.
Come suggerito dal professore di economia Robert Reich:
Per prima cosa, i ricchi spendono una porzione minore del proprio reddito rispetto ai meno affluenti, e così quando sempre maggiore ricchezza si concentra nelle mani dei ricchi, c’è una minore spesa assoluta e meno produzione per soddisfare i bisogni dei consumatori.
Poi, sia nei roboanti anni ’20 che nel periodo 2000-2007, la classe media ha iniziato a contrarre debiti per pagare le cose che desiderava, anche se gli stipendi reali erano stagnanti e stava ricevendo una fetta della ricchezza sempre più piccola. In altre parole, aveva sempre meno ricchezza e così ha preso sempre più denaro a prestito per colmare la differenza. Come suggerisce Reich:
Tra il 1913 e il 1928, il coefficiente del credito privato nei confronti dell’economia nazionale è quasi raddoppiato. Il debito totale da mutui era quasi il triplo nel 1929 rispetto al 1920. alla fine, nel 1929, come nel 2008, non c’erano “più fiches da poter essere prestate”, per dirla con le parole [dell’ex direttore della Fed Mariner] Eccles. E “quando il loro credito scomparve, anche il gioco finì.”
E in terzo luogo, fino a che i ricchi riusciranno ad accumulare di più, vorranno investire di più, e così un sacco di soldi vengono destinati agli investimenti speculativi, provocando enormi bolle che alla fine scoppiano. Reich segnala:
Negli anni ’20, i ricchi statunitensi crearono le bolle del mercato immobiliare e di quello azionario che hanno oscurato quelle della fine degli anni ’90 e quelle degli anni ’00. Il Dow Jones esplose da 63,9 alla metà del 1921 fino al picco di 381,2 otto anni più tardi. Ci fu anche un frenetica speculazione sui terreni. Il boom dell’immobiliare in Florida richiamò centinaia di investitori nelle Everglades, da dove nessuno è riuscito a tornare indietro, almeno finanziariamente.
I tagli alle tasse per la gente comune gli ha più “fiches” per poter giocare, spingendo in alto la spesa per il consumo e stimolando l’economia.
Come Reich ha notato lo scorso anno:
Le piccole imprese sono quasi totalmente responsabili della crescita dei posti di lavoro in una fase tipica di recupero. E se le piccole imprese stanno male, non riusciremo a vedere un gran crescita dell’occupazione molto velocemente.
D’altro canto (malgrado la reiterata mitologia), i tagli alle imposte per i più ricchi aiutano la grande impresa, che non crea molti posti di lavoro.
Infatti, il professore di economia Steve Keen ha realizzato un modello economico computerizzato nel 2009 e il modello ha dimostrato che:
Dare uno stimolo ai debitori è il mezzo più potente per ridurre l’impatto di una stretta creditizia [rispetto a dare i soldi alle grandi banche e agli altri creditori].
Come discusso in precedenza, Reich suggerisce che i tagli alle tasse per i ricchi portano solamente a bolle speculative che danneggiano, invece di aiutare, l’economia.
Inoltre, Keen ha dimostrato che “il livello sostenibile
del profitto del settore bancario deve essere circa l’1% del PIL”, visto che profitti più alti portano a un’economia alla Ponzi e alla depressione. E troppa concentrazione di ricchezza incrementa la speculazione finanziaria e di conseguenza rende il settore finanziario (e le grandi banche) troppo grande e troppo remunerativo.
Le politiche del governo hanno accelerato una maggiore disuguaglianza. Ha incoraggiato le aziende americane a spostare le proprie strutture, risorse e i pagamenti all’estero. E alcune delle maggiori aziende in America hanno un’aliquota
fiscale negativa, ossia non solo non pagano tasse ma ottengono crediti d’imposta. Quindi,
invece di far pagare a Wall Street quanto dovuto, il Congresso ha mascherato illegalmente una riduzione fiscale per le grandi banche.
Per quelli che ancora
affermano che i tagli alle imposte per i ricchi aiutano l’economia,
la prova è sul piatto. I ricchi sono diventati più ricchi che mai
e ora abbiamo cali nei valori degli immobili a livello della Grande
Depressione, la disoccupazione e altri problemi economici.
Non è una sorpresa
che il direttore del bilancio di Ronald Reagan, David Stockman, ha definito
i tagli dell’era Bush il
“peggior errore fiscale della storia”
e ha detto che proseguirli non darà una spinta all’economia.
Fonte: http://www.washingtonsblog.com/2011/07/its-simple-tax-cuts-for-middle-class.html
27.07.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE