DI SASKIA SASSEN
ilmanifesto.it
[…] Nella situazione attuale assistiamo al dispiegare di forme estreme di concentrazione della ricchezza. Basti pensare che negli ultimi 25 anni la concentrazione della ricchezza nelle mani dell’un per cento della popolazione ha visto un balzo del 60 per cento.
Per essere più chiara: i primi 100 miliardari degli Stati Uniti hanno visto i loro redditi crescere di 240 miliardi di dollari solo nel 2012. Una cifra che, se redistribuita, avrebbe posto fine alla povertà di milioni e milioni di persone sempre negli Stati Uniti.
Altri dati: nel 2002, cioè pochi anni prima della data che indica l’inizio della crisi globale, le banche avevano assistito alla crescita dei loro profitti del 160 per cento, passando da 40 miliardi a 105 miliardi di dollari, cioè una volta e mezza il prodotto interno lordo su scala planetaria. Nel 2010, cioè in un periodo di crisi, i profitti delle corporation statunitensi sono saliti di 355 milioni rispetto il 2009. A fronte di queste cifre da capogiro, negli Stati Uniti le tasse sui redditi delle imprese sono solo di 1,9 miliardi di dollari.
I ricchi e le imprese globali non potevano da soli raggiungere questo intenso tasso di concentrazione della ricchezza. Hanno avuto bisogno di un «aiuto sistemico», cioè di un milieu di innovative tecniche finanziarie e supporto governativo. L’esito è stato appunto la formazione di una élite globale che si autorappresenta come un mondo a parte che trae forza dalle politiche economiche, dalle leggi stabilite a livello nazionale, ma anche globale. Da questo punto di vista, i governi hanno svolto un fondamentale ruolo di intermediazione, teso a rendere opaco, meglio fosco ciò che stava accadendo. Siamo quindi di fronte a un complesso dispositivo finalizzato alla concentrazione della ricchezza. Niente a che vedere con una stanza dove è difficile scorgere le cose a causa del fumo dei sigari di qualche impenitente «padrone del vapore». In passato è bastato aprire una qualche finestra e tutto era diventato chiaro. Ora non è così.
La mia tesi è che abbiamo assistito a un cambiamento di scala della concentrazione della ricchezza che ha mandato in pezzi il mondo di qualche decennio fa, dove esisteva una classe media e una classe operai sostanzialmente non ricche, ma «abbienti». Provocatoriamente potrei affermare che nel Nord globale le società sono sempre più simili a quelle del Sud globale.
L’Europa e gli Stati Uniti non erano quindi immuni da concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, disuguaglianze sociali, razzismo, povertà, ma tutto ciò era mitigato dalla crescita costante nel tempo di una classe media. Inoltre, erano paesi dove era forte la tensione a superare povertà, razzismo, differenze di classe, ma c’era una tensione al superamento di quegli elementi. Bene quel mondo è stato progressivamente cancellato dagli anni Ottanta in poi. Ora siamo in un mondo dove élite globali «predano» la ricchezza senza troppe resistenze. Per tornare alla sua domanda, invito a pensare ad un aspetto che è fondamentale in una realtà come quella che ho sinteticamente descritto.[…]
Estratto da. “I predatori del sistema” – Intevista di Benedetto Vecchi a Saskia Sassen
Fonte: www.ilmanifesto.info
31.03.2015
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