DI MAURO BOTTARELLI
rischiocalcolato.it
“Il richiamo per consultazioni a Roma dell’ambasciatore italiano in Egitto è la misura immediata, la prima”, a seguito della mancata collaborazione delle autorità egiziane sulle indagini per chiarire la morte di Giulio Regeni e, sugli altri passi, “ci lavoreremo nei prossimi giorni”. Parole e musica del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, a Tokyo per partecipare al G7 di Hiroshima: “Ricordo sempre gli aggettivi che ho usato e cioè che adotteremo misure immediate e proporzionali: questo ci siamo impegnati a fare e questo faremo”.
Il vertice di Roma di giovedì e venerdì tra gli inquirenti italiani e quelli egiziani, infatti, è terminato con un nulla di fatto, reso plastico – stando alle ricostruzioni di stampa – dall’opposizione del Cairo alla presentazione dei tabulati telefonici e delle celle del quartiere dove il giovane ricercatore italiano è stato rapito il 25 gennaio scorso e di quello dove è stato ritrovato: “La legge sulla privacy ce lo impedisce”, avrebbe argomentato il procuratore Mostafà Soliman. Viene da ridere pensando allo Stato di polizia che è ed è sempre stato l’Egitto ma capirete più tardi perché questa scusa, magari venduta male, ha un suo senso. O potrebbe averlo.
Ciò che avevo da dire sul caso Regeni l’ho già detto nel mio articolo del 31 marzo scorso e lo ribadisco (qui.) Ora, alla luce della quasi rottura delle relazioni tra Italia ed Egitto, voglio solo aggiungere alcuni tasselli, tutti ufficiali e tutti citando fonti pubbliche. Il 15 gennaio scorso sul sito di Confindustria compariva questo link: “MISSIONE IMPRENDITORIALE IN EGITTO – 3/4 FEBBRAIO 2016. Il Ministro dello Sviluppo Economico On. Federica Guidi si recherà in Egitto in visita ufficiale il 3 e 4 febbraio 2016 a capo di una delegazione formata da imprenditori italiani. Lo scopo della visita è di esplorare i vari modelli di business e le opportunità che possano rafforzare le relazioni economiche tra i due Paesi. L’ufficio Commerciale del Consolato d’Egitto a Milano ci comunica che l’invito è esteso ad aziende del settore energia, costruzioni, automotive e componenti auto, agroalimentare, tessile e abbigliamento, gomma e plastica e chimica di base. Le aziende ammesse a partecipare saranno selezionate dagli organizzatori”. Già, la stessa Guidi giubilata e fatta dimettere pochi giorni fa per quella che è già stata ribattezzata Trivellopoli. E quando viene trovato il cadavere martoriato di Giulio? Il 3 febbraio. Un bel comitato d’accoglienza, non c’è che dire, tanto che la stessa Guidi fa annullare una cena di rappresentanza prevista per la sera stessa in segno di rispetto e lutto e il nostro ambasciatore si reca in obitorio a visitare la salma.
Ma non basta, perché il 10 febbraio scorso, Andrea Purgatori scrive quanto segue sull’Huffintong Post: “Forse è solo una coincidenza o forse no, ma proprio nelle quarantotto convulse ore consumate a cavallo del ritrovamento del corpo martoriato di Giulio Regeni, il generale Alberto Manenti, direttore dell’Agenzia per la sicurezza esterna (Aise), si è trovato al Cairo faccia a faccia con i vertici dei servizi segreti egiziani. Questo risulta all’Huffington Post da almeno due fonti, che hanno confermato le voci che circolavano già da alcuni giorni. È possibile che si trattasse di una missione programmata da tempo, ma a questo punto non è nemmeno da escludere che la decisione di inviare in Egitto il capo del nostro servizio segreto sia stata invece presa dal nostro governo proprio per esercitare il massimo della pressione nel momento in cui l’allarme per la sorte del giovane ricercatore era altissimo e in molti cominciavano a temere che la sua sparizione avesse un esito tragico”.
Ecco invece le parole del generale, Magdy Basyouni, ex viceministro dell’Interno egiziano, riportate dell’AGI dopo una sua intervista all’emittente “Ghad”: “Chi ha ucciso Regeni è l’intelligence internazionale allo scopo di minare i rapporti tra Egitto e Italia. La polizia egiziana è assolutamente innocente. Che beneficio avrebbe tratto da questo crimine? Avrebbe torturato un giovane per poi gettare il suo corpo da un ponte in concomitanza della visita di una missione economica italiana in Egitto?”. Bella domanda. Senza contare che Matteo Renzi è stato il primo leader europeo a riconoscere il governo di Al Sisi, non suscitando scene di giubilo nei nostri cosiddetti partner e alleati, dopo che Morsi si era venduto anima e corpo ai Fratelli Musulmani: il livello di partnernariato commeciale tra Italia ed Egitto a qualcuno andava stretto. Casualmente, in questi giorni il governo Renzi traballa sotto il peso di veline, intercettazioni, dossier veri o presunti per uno scandalo legato proprio al petrolio. La Guidi si è dimessa, tra una settimana si vota il referendum sulle concessioni estrattive e di colpo tutto sembra unirsi in un grande puzzle invisibile. Quantomeno, a livello temporale.
Ed ecco invece cosa pensa al riguarda il generale Mario Mori, ex capo del Sisde Intervistato a “L’aria che tira” su La7 da Andrea Pancani il 5 aprile scorso: “C’è una realtà disattesa o comunque sottaciuta. Giulio Regeni è arrivato in Egitto come portatore di un master che gli era stato commissionato da un’università inglese. Ora, io mi rifiuto di credere che il professore che gli ha commissionato questo master non sapesse quale era la situazione egiziana. Perché mi sembra che questo ragazzo sia stato mandato allo sbaraglio, per il fatto che è andato là”. Non era la prima volta che ci andava? “Non era la prima volta che andava là ma proprio per questo, la ripetitività può creare – nella situazione locale, dove ci sono contrasti violentissimi, da una parte tra la fazione di governo e dall’altra con la Fratellanza musulmana – un sospetto per l’attività di questo ragazzo in tutte e due le parti. Vedremo come andranno le cose, orientativamente sembra più una responsabilità governativa che della Fratellanza”.
Al netto dell’ultima frase, visto che se fosse stato ordine di Al Sisi il corpo non si sarebbe mai trovato credo, ecco forse spiegato il no degli egiziani ai tabulati e alle celle telefoniche: sicuramente c’erano loro uomini che seguivano l’attività di Giulio e svelare dati significherebbe bruciarne identità e copertura. Ma Mori dice anche che entrambe le parti, anche la Fratellanza musulmana, poteva sospettare della sua attività. O, magari, usarla come alibi. E doppio gioco. Comunque, potevano averlo “attenzionato”.
Bene, il 3 aprile scorso ricevo sul mio account Twitter due tweet da tale Paz Zarate, apparentemente amica di Gulio Regeni e, come ho scoperto dal suo account, avvocato di diritto pubblico internazionale a Oxford, Cambridge e Universtà del Chile e mi pare di capire anche collaboratrice di El Pais e Huffington Post. Ecco il testo: “Ho letto l’articolo oltraggioso che ha scritto sul mio amico Giulio. Era uno studente di dottorato. Alla Oxford Analytica è stato editor on-line solo per un anno. Il suo pezzo a speculativo è diffamatorio della carriera di una persona innocente e garantisce beneficio ai suoi killer egiziani creando fumo”. Ho rispetto del dolore di congiunti e amici di Giulio, più di quello di facciata di chi plaude alle mosse di Gentiloni e quindi ho evitato di farle notare che darmi di fatto del fiancheggiatore degli assassini potrebbe costarle caro davanti a un tribunale (oltre che porre qualche dubbio sulla sua brillantezza accademica) ma l’avvocatessa ha compiuto tre errori in 280 caratteri.
Primo, se avesse letto davvero il mio articolo apparso su RischioCalcolato – o se le fosse stato tradotto propriamente – avrebbe letto quanto segue: “Giulio Regeni non era una spia ma lavorava per un’agenzia di intelligence di alto livello che intrattiene rapporti professionali con aziende e governi, quindi con servizi segreti: forse, era una spia a sua insaputa. Forse, è stato usato. Certamente, è stato tradito. Magari qualche domanda in più a Washington e Londra andrebbe fatta…”. Cosa c’è di oltraggioso in queste parole? Secondo, lei stessa nel suo tweet di ieri chiedeva che il governo britannico si facesse sentire in prima persona riguardo la vicenda di Giulio Regeni: perché, se si tratta solo di un’esecuzione nata meramente in ambito egiziano? Perché aveva studiato a Cambridge? Un po’ pochino per scomodare l’esecutivo, mi pare. Terzo e sempre legato a questo: prima dice che Giulio era solo un dottorando e aveva lavorato al desk on-line di Oxford Analytica solo per un anno e poi mi accusa di oltraggiare la “sua carriera”. Non vi pare questa una diretta conferma di quanto detto dal generale Mori riguardo al fatto che Regeni sia stato mandato in Egitto allo sbaraglio dall’università inglese per cui stava compiendo il master? Non è che una missione nel Regno Unito potrebbe essere utile ai nostri investigatori, se davvero vogliamo la verità sulla morte di Giulio Regeni?
Sarà, mi riprometto di non toccare più l’argomento, tanto è inutile. Soprattutto in un Paese dove ora i politici invocano verità per Gulio in nome della dignità dell’Italia, dopo aver scambiato i 20 morti del Cermis (3 febbraio 1998) per l’estradizione della terrorista Silvia Baraldini o la vita di un funzionario dello Stato come Nicola Calipari per un piatto di lenticchie, garantendo l’immunità al suo assassino. Che era un militare Usa, come i Top Gun che giocarono con la vita di innocenti – esattamente come Giulio -, i quali avevano la sola colpa di andare a sciare (maledetti borghesi). All’epoca, nessuno chiese il rientro per consultazioni dell’ambasciatore negli Usa, nemmeno il boicottaggio della Coca Cola per una settimana. Non si fece un plissè. E mai si chiese alcunché o si minacciarono ritorsioni verso la Francia, anche se ormai che l’abbattimento del volo civile Itavia sui cieli di Ustica fu responsabilità dell’aeronautica d’Oltralpe è cosa stra-nota (tranne a Giovanardi che ancora crede alla versione del piccione kamikaze o alla bomba a tempo su un volo in ritardo). Segreto Nato.
Mauro Bottarelli
Fonte: www.rischiocalcolato.it
10.04.2016