COSA ACCADE IN PALESTINA?

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blankDI SIMONA MASINI
Piazza Liberazione

Qualche mese fa ho voluto fare un esperimento: non ho acceso il pc, non ho letto un giornale né ho guardato un telegiornale per un po’. Prima di ricollegarmi al mondo “virtuale” (termine più che mai improprio, visto che le notizie virtuali sono quelle che ci propinano carta stampata e tiggì) ho chiesto a una persona: “Cos’è successo, ultimamente, in Palestina?” (erano i primi di dicembre).

Risposta: “Gli israeliani hanno colpito una casa per sbaglio (Beit Hanoun, una ventina di morti e parecchi deportati, ndr); i palestinesi hanno rapito due volontari italiani della Croce Rossa; i palestinesi hanno ucciso una donna israeliana lanciando un razzo; i palestinesi si stanno ammazzando tra di loro”.

Questo è ciò che passa il convento, paghiamo il canone per non sapere nulla o per sapere ciò che vogliono farci sapere.Però hanno parlato di Beit Hanoun, evidentemente esiste una soglia di sopportazione: se si va oltre i 12-13 morti palestinesi in un giorno e in una botta sola, allora qualcosina sono costretti a dire.

Preso atto di questo, sto notando una tattica diversiva all’interno delle mille violenze quotidiane perpetrate dagli israeliani alla popolazione palestinese.

Per esempio l’assalto a Nablus, “Inverno bollente”. E’ durato parecchi giorni, ma l’esercito israeliano ha fatto pochi morti (tutto è relativo, ovviamente).

Hanno preferito utilizzare “le morti quasi naturali” o quelle lente perché non si superasse la soglia giornaliera cui mi riferivo.

Sono bravissimi, in questo. Hanno occupato gli ospedali, bloccato le ambulanze, impedito al personale medico e paramedico di assistere i feriti o i malati cronici rimasti senza farmaci durante i coprifuoco. Hanno arrestato volontari che portavano cibo alla popolazione rimasta senza nulla. Hanno occupato, saccheggiato e case private, negozi, scuole e persino un bagno turco nella città vecchia che era lì da 400 anni ed era fonte di occupazione per parecchie persone.

Quindi il bilancio di questa operazione è di 2-3 morti perché, per esempio, il signor Ghareb Selhab – ufficialmente – non è stato mica ammazzato dall’esercito israeliano!

Al signor Selhab (47 anni e 7 figli) è arrivato in casa un candelotto lacrimogeno, è andato in arresto respiratorio, i familiari hanno chiamato un’ambulanza che, però, è stata lasciata passare solo dopo un’ora, quindi giunge in ospedale in coma. Dopo cinque giorni di coma irreversibile, i familiari decidono di “staccare la spina”.

Visto? Non l’hanno mica ammazzato loro, è stata eutanasia. Curioso che sia più facile staccare una spina ormai inutile in un paese di “fondamentalisti islamici” piuttosto che in paese laicissimo e ricco di diritti civili come l’Italia….

Poi ci sono i coloni. A Hebron vivono circa 500 coloni di estrema destra che spadroneggiano in mezzo a circa 20.000 palestinesi costretti a vivere in vere e proprie gabbie per ripararsi dagli assalti che avvengono sotto gli occhi dell’esercito e della polizia israeliani che non intervengono se non per dare man forte ai coloni.

Curioso che non si parli mai dei coloni, eppure gli italiani dovrebbero sapere benissimo quello che accade a Hebron (sarà mica per questo, che non se ne parla?) visto che parecchi militari italiani sono lì da anni con il compito di “pattugliamento diurno” nell’ambito della TIPH (Temporary Presence in the city of Hebron) cioè della presenza di osservatori internazionali per la difesa della popolazione civile.

Nel corso di “Inverno Bollente” gli israeliani hanno usato civili palestinesi come scudi umani; prendevano un bambino e se lo portavano dietro durante i rastrellamenti.

Questo è il video di Jihan Tahdush, 11 anni, scudo umano: http://electronicintifada.net/v2/article6637.shtml.

E’ forse ancor più angosciante di quello della strage sulla spiaggia. La bambina inizia il suo racconto sorridendo, quasi fosse normale venire strappata dalla sua famiglia per fare da ostaggio a soldati che sono lì per invadere la sua città. Forse perché per chi vive quella realtà è davvero normale.

Guardandola bene, mi sto sbagliando: non è normale neppure per chi vive così da sempre, è “quotidiano” ma non può essere “normale”, non può essere sopportabile.

Jihan sorride ma solo con la bocca, gli occhi sono fissi e vuoti come quelli di chi non ha un futuro da sognare perché troppo impegnata a vivere un presente tragico. Muove solo il capo e il collo, dondola il tronco rivelando un disagio psicologico importante che cerca di mascherare mimando un sorriso. E’ la sua resistenza. Curioso – ma neanche troppo – che le tv italiane anziché mandare in onda questo, nonostante le denunce da parte di molte associazioni umanitarie (prima fra tutte BTselem, israeliana) abbiano preferito mandare in onda un filmato preso da un tv palestinese, e tradotto chissà come e da chi, in cui vengono intervistati i figli di un’attentatrice suicida…

Si muore di tutto e per tutto, in Palestina. Non è necessario che l’esercito spari un missile, basta tagliargli ogni minima risorsa e tutto viene da sé.
Si muore anche di apartheid: la notte dell’8 marzo Khalid Dawud Fakaah, 6 mesi, sta male, non riesce a respirare. I genitori, accompagnati da un vicino, corrono in auto verso l’ospedale più vicino, a Ramallah. E’ notte, Ramallah dista pochi chilometri e le strade sono deserte. Ma ci sono i checkpoint. L’esercito li ferma al checkpoint di Atara e, nonostante le condizioni critiche del bambino, impiega più di mezz’ora per controllare tre documenti. Khalid sta sempre peggio, i genitori iniziano a piangere disperati, il soldato illumina il bimbo con la torcia elettrica, restituisce i documenti e….decide che è meglio perquisire l’auto! Khalid muore soffocato al checkpoint.

Simona Masini
Fonte: http://www.piazzaliberazione.org/
Link: http://www.piazzaliberazione.org/aggiornamenti/07/marzo_07/310307/masini_1.htm
29.03.2007

GAZA, L’INFERNO IN TERRASANTA

Il 73% della popolazione della Striscia di Gaza vive al di sotto della soglia di povertà. I continui bombardamenti che hanno distrutto e distruggono agricoltura, bestiame, infrastrutture, i valichi mantenuti chiusi dall’esercito israeliano – nonostante la presenza di osservatori internazionali – l’embargo economico imposto dal mondo “civile”, hanno fatto sì che si materializzasse anche lo spettro della guerra civile.

Gli israeliani hanno imposto persino il divieto di pescare e sparano dalle navi e dagli elicotteri sulle imbarcazioni dei pescatori.

L’inferno non ha proprio nulla da invidiare a Gaza.

Pochi giorni fa si sono rotti gli argini di un impianto fognario nel nord della Striscia, il liquame e il fango hanno devastato il villaggio beduino di Umm al-Nasr uccidendo dodici persone e lasciando quasi un migliaio di senzatetto. La popolazione del luogo chiamava quell’impianto “La Palude della Morte”. Progettato per raccogliere le acque di 50.000 persone, ne raccoglieva per quasi il quadruplo inquinando i campi e l’acqua potabile.

I bombardamenti israeliani avevano danneggiato gli argini e il generatore di corrente che veniva utilizzato da quando la centrale elettrica era stata abbattuta non era più sufficiente. Le barriere hanno ceduto provocando una strage e l’ennesimo disastro ambientale e umanitario.
A seguire pubblichiamo le immagini offerte dal Centro Idrologico Palestinese.

Foto 1
Foto 2
Foto 3
Foto 4
Foto 5
Foto 6
Foto 7

Simona Masini
Fonte: http://www.piazzaliberazione.org/
Link: http://www.piazzaliberazione.org/aggiornamenti/07/marzo_07/310307/masini_2.html
31.03.2007

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