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La Redazione

 

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Al di là delle parole
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A cura di Davide
Il 28 Agosto 2017
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DI MIGUEL MARTINEZ

kelebeklerblog.com

Se non avessi altri impegni, starei a guardarle tutto il giorno, la serba clandestina e la grigia toscana.

Cosa leghi noi a loro, è un mistero: è vero che non ho mai visto un topo in casa, da quando ci sono, ma non so se la spiegazione da storico marxista sia così semplice.

Non è perché sembrano umani – non lo sono. E diffido di chi guarda i gatti solo con tenerezza. Non sono per nulla dei surrogati bambini, anche perché i primi ad innamorarsi dei gatti sono i bambini stessi. E anche questo sarebbe interessante da capire: quale bisogno profondo porta gli esseri umani a innamorarsi degli animali? Mi vengono in mente tutte le storie che mi hanno raccontato certi contadini, dell’agnello da ammazzare per Pasqua, e delle balle che bisognava raccontare ai bambini che l’avevano adottato.

I gatti non sono per nulla umani, ma sono persone.

Per un caso, son nato umano, ma anche se fossi nato felino, sarei sempre un io.

Il cuore mi batterebbe più veloce, il respiro sarebbe più intenso, saprei calcolare meglio i salti, ma sarebbe sempre una differenza di quantità: in ogni osso, siamo simili, tranne che non ho la fortuna di avere una coda.

Ci separa qualcos’altro, il fatto che ogni cosa che sento e vivo, io umano, è mediata dalla parola. E mi viene il sospetto che la famosa mela del Giardino contenesse proprio la parola, la capacità di confondere le cose con un trucco, di creare un mondo falso accanto all’unico vero. Perché alla fine, quanto si capiscono gli esseri umani, con tutte le parole che tessono al vento?

Simili, mai identici: ci capiamo sempre meglio quando accantoniamo la parola.

Grandi occhi intensi di gatto che mi scrutano, una piccola testa che riflette senza tradurre, appunto, in parole. Eppure sono occhi profondamente intelligenti, e quando la Grigia mi vede, mi saluta sempre: un piccolo suono chiaro, che non è una parola.

E allora penso che la cosa che vorrei di più al mondo, sarebbe potermi capire davvero con loro, poter scambiare ciò che sentiamo, ma nella loro lingua, non nella mia.

Vivranno vicino a me, continueranno a fidarsi della mia mostruosa statura da tirannosauro, io dei loro denti da carnivori, e un giorno se ne andranno, senza esserci mai rivolti la parola.

Ma forse non c’era nessun segreto da raccontarci: il problema era solo che cercavo di confondere con le parole, quello che già sapevo, come lo sapevano loro.

E allora ci capiamo già, e già ho realizzato ciò che vorrei più al mondo.

 

Miguel Martinez

Fonte: http://kelebeklerblog.com

Link: http://kelebeklerblog.com/2017/08/27/al-di-la-delle-parole/#comments

27.08.2017

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