THE CORPORATION

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Chi governa i governi?
Arrivano in Italia un film e un libro che spiegano
chi sono i veri padroni del pianeta

DI ROBERTA RONCONI

«E’ stata una delle cose peggiori che abbia mai visto in tutta la mia vita». Carlton Brown, operatore di Borsa solitamente imperturbabile, rimase profondamente sconvolto da quello che vide l’11 settembre 2001. «Pensavo soltanto a tirarli fuori al più presto», dice. «Pensavamo solo a loro, ai nostri clienti, dovevamo assolutamente farli uscire prima che le Torri crollassero». Brown era preoccupato per i clienti che rischiavano di rimanere intrappolati nel mercato dell’oro, che lui sapeva sarebbe stato chiuso una volta che il World Trade Center fosse crollato. Quando gli aeroplani colpirono le Torri, dice Brown: «la prima cosa che mi venne in mente fu “a quanto sta l’oro? “. Fortunatamente nel giro di un paio di giorni siamo riusciti a tirarli fuori tutti (i clienti) e…. avevano raddoppiato i loro soldi».
Non è una barzelletta, non è un pezzo di satira e non è nemmeno un esercizio di cinismo. Brown non è un cinico, forse non è nemmeno cattivo. E’ il mondo che lo ha fatto così. Il mondo delle Corporation. Più di quanto possa fare questo articolo, cosa sono le Corporation e fino a che punto queste regolino la nostra vita, in questi giorni ve lo raccontano con assoluta chiarezza e approfonditamente un film (“The Corporation”, da ieri nelle nostre sale) e un libro dallo stesso titolo (edito da Fandango, che distribuisce anche la pellicola nelle sale italiane, e con sottotitolo: “La patologica ricerca del profitto e del potere”) realizzati da un collettivo di persone. Di cui fanno parte l’autore dei testi, Joel Bakan, professore di Diritto alla British Columbia University e i registi canadesi del film, Mark Achbar (già realizzatore del premiatissimo “Costruire il consenso. Noam Chomsky e i Media”) e Jennifer Abbott, film-maker e attivista molto amata in patria per il filmato “A cow at my table” sulla carne e l’allevamento forzato degli animali.

Queste tre persone si sono messe d’impegno per spiegarci, non solo cos’è una Corporation, non solo in che modo questa regoli le nostre vite, ma in un qualche modo per raccontarci con dati e immagini alla mano, in quale mondo viviamo e che ruolo abbiamo, noi esseri umani, in questo mondo. E da chi è governato, questo mondo, e con quali obbiettivi. Andiamo per ordine.

Cos’è una Corporation

Fino a tre secoli fa, le corporation erano dei modelli di attività imprenditoriale che avevano come principale caratteristica quella di raccogliere e gestire il potere economico di un numero illimitato di persone. Con l’avvento della locomotiva e delle ferrovie, durante tutto l’Ottocento, ne crebbe enormemente la fortuna, e successivamente, anche la potenzialità di rischio. Un rischio notevole, perché i gestori di quelle imprese erano penalmente perseguibili in prima persona e, in caso di fallimenti, dovevano pagare di tasca propria. Ma verso la metà del XIX secolo, alcuni avvocati alchimisti riuscirono, per difendere le corporation (che in italiano potremmo tradurre un po’ sommariamente “multinazionali”) a fare propria una legge antischiavista, che decretava il diritto di ogni persona fisica ad appellarsi al Quattordicesimo emendamento, ovvero al diritto a un “regolare processo” e all'”imparzialità della legge”. Da quel momento in poi, la Corporation non è più un ente giuridico-economico, ma una “persona”. Una persona che, al contrario di quelle in carne e ossa, non ha nome, né reale entità fisica. Non la si può mettere in galera, non la si può punire, non la si può portare a giudizio. Una persona, inoltre, che non ha cervello né tantomento cuore, né conosce la parola “anima”. Suo unico obbiettivo, unica ragione di esistere, è il profitto.

Una persona “carina”

Da questo momento in poi, le Corporation faranno di tutto per sembrare delle “persone” affidabili, parte della comunità, carine, giocose, allegre. Così simpatiche che, quando ti dicono che una cosa è buona da mangiare, un vestito è giusto per te, quella bambola è fantastica per la tua bambina, tu non puoi non credergli. E soprattutto non può non credergli tua figlia. La Initiative Corporation (società che si occupa di piazzare la pubblicità delle multinazionali sui vari media) spende 22 miliardi di dollari l’anno nel mondo per piazzare la pubblicità dei suoi clienti in ogni immaginabile – e inimmaginabile – mezzo di comunicazione. Come nel film ci spiega Lucy Hughes, signorina con trentaude denti sempre in vista, per la Initiative al momento i soggetti più interessanti sono i bambini. Con l’aiuto di psicologi ed esperti di comunicazione, il marketing mette costantemente a punto nuove strategie per conquistare il pubblico dei più piccoli. Già lo sapevamo, direte voi. Ma il film ci spiega che la strategia della Initiative e dei suoi studiosi non è tanto quella di convincere i bambini a comprare, quanto indurli ad “assillare” i genitori. Cioè a ripetere il loro desiderio non una, ma cento volte, possibilmente cantilenando, non mollando l’osso. Solo così ogni genitore, anche il più ferreo, cederà. Come dice Lucy Hughes, sempre sorridendo: «Non c’è nessun limite alle possibilità di manipolazione di questi consumatori. E’ solo un gioco».

Una “persona” psicopatica

Il dottor Robert Hare, psicologo della British Columbia University e consulente Fbi per i soggetti psicopatici, sempre nel film sostiene, con una serie di prove evidenti, che le Corporation sono soggetti psicopatici. Le sottopone addirittura a un test. E ne deduce che: sono persone assolutamente indifferenti ai sentimenti altrui; sono incapaci di mantenere un rapporto a lungo; sono incuranti del benessere altrui; non sanno provare il sentimento di colpa; sono incapaci di uniformarsi alle norme sociali e non sono interessate al rispetto delle leggi. La diagnosi è chiara: le multinazionali sono psicopatiche.

Pianet Inc.

Per la Corporation, ogni singola risorsa sull’intero pianeta è una possibile fonte di profitto. Non solo. E’ una possibile proprietà privata. L’appetito vorace delle multinazionali affonda le sue radici nelle prime lottizzazioni terriere nell’Inghilterra del 1400, ma nel XXII secolo è ormai un mostro pronto a divorare tutto: il latte, l’acqua, l’aria che respiriamo, e ora anche il Dna delle nostre cellule. Tutto è “privatizzabile”. Impressionante nel film la vicenda limite di Cochabamba, in Bolivia. Con la complicità del Fondo Monetario Internazionale che impose al paese un’iniezione massiccia di mercato e di privatizzazoni, gli abitanti di Cochabamba hanno visto tutta l’acqua della città, compresa quella piovana, diventare proprietà della Bechtel Inc. E sono stati costretti a pagare, a costo di non poter sfamare i propri figli per non farli morire di sete. L’inevitabile rivolta ha visto la polizia locale difendere i “diritti” della Bechtel a colpi di manganello.

Democracy Ltd

Una delle parti più sconvolgenti, anche se non certo inedite, del film, è il racconto delle connivenze tra le grandi Corporation e le peggiori dittature del pianeta. E non si tratta solo di connivenze: le Corporation provano, e spesso riescono, a far cadere le democrazie e a sostituirle con dittature, più adatte a difendere i loro interessi. E questo non solo nel Terzo Mondo, dove è ben noto e documentato il loro appoggio ai peggiori regimi asiatici e latino-americani. Ben prima del riuscito tentativo di installare, con Bush, un loro diretto rappresentante alla Casa Bianca, le Corporation hanno lavorato per disfarsi anche delle scomode pastoie legali della democrazia americana. Nel 1934 non esitarono a organizzare un colpo di stato per insediare un dittatore militare alla Casa Bianca. Pochi anni dopo, racconta il film, la stessa Ibm si trovò ad avere ottimi rapporti con Hitler e il Terzo Reich, persino dopo l’entrata in guerra degli Usa. Rapporti tanto buoni da fornire, con tanto di assistenza, i calcolatori meccanografici per aumentare l’efficienza di alcuni lager.

Speranze

Dopo tanto orrore, il film tenta di fornire anche qualche luce di speranza. Un sole che spunta dall’orizzonte di Seattle e che si sta espandendo come un anti-virus soprattutto attraverso una rete sempre più ampia di realtà locali. Come quella piccola cittadina della California dove i cittadini sono riusciti a bloccare l’apertura di un ennesimo fast food o la battaglia per difendere il riso basmati contro quello Ogm raccontata da Vandana Shiva.

Questo è “The Corporation”. Dirvi di andare a vederlo e di leggerlo a questo punto ci pare superfluo. Ma ve lo diciamo lo stesso.

Intervista all’economista Joel Bakan, autore di “The Corporation”

Ma gli Stati Uniti si possono ancora considerare una vera democrazia?

Il termine “Corporation”, e ovviamente le tematiche legate a questa forma di potere economico, è presente nel dibattito elettorale americano di questi mesi?

La campagna elettorale negli Usa – come spesso succede in quel Paese – si è talmente incancrenita sul tema Iraq e soprattutto sul battibecco tra candidati che non ha visto molto presenti i temi legati alle corporation, alla loro produzione di armi e ad altre questioni economiche. Kerry, in alcuni passi dei suoi discorsi, ha accennato alla necessità di maggiori protezioni per i lavoratori e anche per l’ambiente dagli abusi delle multinazionali. La piattaforma democratica prevede, in alcuni punti, la questione del commercio internazionale. Ma a mio avviso il tutto non è messo sufficientemente a fuoco.

Qual è stata la reazione americana al film “The Corporation” e al suo libro?

Molto forte, molto partecipata, e non solo da parte dei gruppi di attivisti. La cosa più sorprendente è stata l’attenzione tributata a “the Corporation” da parte della stampa economica e finanziaria, molto rispettosa del nostro lavoro, anche se non priva di critiche. Abbiamo avuto recensioni favorevoli su pubblicazioni come il “Wall Street Journal”, “The Economist Magazine”, l’ “Harvard Business Review”, “Fast Company”, “Fortune”, “Usa Today”, tanto per citarne alcuni. Il film è in molte sale americane e il libro è già arrivato alla sesta edizione. Insomma, inaspettatamente, siamo riusciti sia ad attirare l’attenzione degli affaristi, costringendoli evidentemente ad elasborare qualche pensiero diverso dai loro standard, sia – ovviamente – a rinforzare l’attività e gli argomenti degli attivisti della sinistra.

In “The Corporation”, film e libro, è abbastanza chiaro il legame tra il presidente Bush e le multinazionali. Ma fino a che punto queste ultime sono in grado di influenzare la tornata elettorale e, in generale, la politica americana?

Brevemente, diciamo che l’influenza delle Corporation sulla politica pubblica è più forte negli Usa che in qualsiasi altro continente del pianeta.

Alla luce di ciò che lei così chiaramente spiega nel suo libro, si può ancora dire che il popolo americano vive in una democrazia?

Le istituzioni democratiche esistono ancora, ma sono state corrotte sin nelle più profonde radici dagli interessi del business. Credo ancora, comunque, che queste istituzioni rappresentino un punto di partenza. Non dobbiamo abbandonarle. Dobbiamo combattere perché recuperino le loro funzioni. Le Corporation – ma in generale l’intera economia – sono emanazioni dello Stato. La gente deve lottare per ridare forza allo Stato, per rinforzarne la democrazia, per assicurarsi che questo lavori nell’interesse collettivo e non per quello strettamente finanziario ed individuale delle grandi multinazionali.

E l’informazione su carta stampata che in Usa ha sempre rappresentato l’ultimo invalicabile baluardo della democrazia? Le grandi compagnie finanziarie sono riuscite a zittire anche quest’ultima voce democratica?

Il tradizionale ruolo della stampa nel sostenere il dibattito democratico è stato cancellato quasi completamente dal bisogno di profitto delle multinazionali. I media hanno bisogno di ritrovare un loro stato di buona salute se vogliono davvero sostenere la democrazia. Personalmente, sono un grande sostenitore delle strutture pubbliche di produzione del sapere, siano queste scuole, università o reti televisive. E’ fondamentale avere a disposizione media e produzione di sapere al di fuori dei contenitori commerciali. Anche i media alternativi possono giocare un ruolo fondamentale. Credo che Internet ci offra grandi possibilità di produrre sapere critico.

Ho l’impressione, forse dovuta a disattenzione, che sia nel libro che nel film non si faccia mai riferimento alla situazione in Europa. Come mai? Le nostre Corporation hanno un profilo molto diverso da quelle americane?

No, semplicemente non sono un esperto di multinazionali europee. Ma vale la pena notare che il modello statunitense di corporation sta diffondendo la propria influenza in tutto il mondo.

Roberta Ronconi
Fonte:www.liberazione.it
23.10.04

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