Relazioni Turchia-Iran: contesto storico e rinascita del panturkismo

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Di Silvia Boltuc, specialeurasia.com

Le relazioni tra Turchia e Iran sono sempre state discontinue, caratterizzate da una cooperazione a livello diplomatico, alternata a esigenze geopolitiche e strategie estere opposte. Tale competizione è visibile nel Caucaso, dove la Turchia ha apertamente sostenuto l’Azerbaigian nel conflitto sul Nagorno-Karabakh/Artsakh contro l’Armenia, in Medio Oriente, dove la Siria e l’Iraq sono diventati un campo di battaglia di interessi contrastanti, e infine nel settore energetico, in quanto entrambi i Paesi stanno cercando di affermarsi come il principale hub di transito della regione per le forniture di energia.

Nel corso dei secoli, si è verificato un confronto incessante tra l’Impero persiano e quello turco-ottomano, con alcune rare eccezioni in epoca moderna. Per fornire alcuni brevi esempi di tale confronto, è possibile citare alcuni importanti eventi storici. Nel 1514, Selim I impose un blocco economico terrestre e marittimo sul commercio della seta iraniana e convinse i principali leader religiosi sunniti (muftis) a rilasciare dichiarazioni di guerra santa (fatwa) contro i suoi avversari sciiti, condannandoli come eretici. Questo ha posto le basi per una divisione permanente e amara tra l’Impero Ottomano e la Persia, tra sunniti e sciiti. Durante la sua marcia attraverso il territorio ottomano e in Iran, Selim massacrò fino a quarantamila sudditi sciiti del suo stesso impero.

Dopo che i governanti ottomani assunsero il califfato islamico, ironia della sorte, dato il loro lungo conflitto con l’Iran, gli Ottomani usarono il persiano come lingua della diplomazia internazionale, emulando gli Arabi, i Selgiuchidi, i Mamelucchi e i Mongoli che avevano soppiantato, e quindi incorporarono nei costumi e nelle tradizioni turche elementi persiani.

Nonostante l’eredità storica dell’antagonismo ottomano-safavide o il contrasto tra le due confessioni islamiche opposte, quella sciita e quella sunnita, è ragionevole pensare che la competizione odierna affondi più semplicemente nella real politik e quindi nelle esigenze geopolitiche di Ankara e Teheran.

Il rinnovato interesse di Ankara per l’area eurasiatica, dopo i ripetuti fallimenti nell’accesso alla Comunità Europea, ha spinto la Turchia a perseguire un ruolo regionale più incisivo, creando un blocco turco. Questo blocco unirebbe i Paesi di lingua turca dell’Asia Centrale con l’Azerbaigian e l’Azerbaigian con la Turchia attraverso l’appropriazione della regione armena di Syunik, chiamata da Baku ‘corridoio Zangezur’.

Un tale risultato favorirebbe anche l’Unione Europea, alle prese con la necessità di percorsi di approvvigionamento alternativi per il gas proveniente dall’Asia centrale, dopo aver tagliato le importazioni dalla Russia. La necessità di approvvigionamento energetico dall’Azerbaigian potrebbe essere considerata la ragione principale dietro la decisione di Bruxelles di non imporre sanzioni a Baku, nonostante la tragedia umanitaria derivante dal blocco del Corridoio di Lachin e l’attacco al territorio sovrano armeno nel settembre 2022.

Le rivendicazioni turco-azere per la creazione di un blocco turco sono visibili nelle rivendicazioni territoriali di regioni di fatto sotto il dominio georgiano e iraniano. Poiché questo rapporto mira ad approfondire le dinamiche tra Turchia e Iran, è fondamentale ripercorrere alcuni eventi che hanno caratterizzato le relazioni turco-iraniane e analizzare una delle attuali strategie turco-azere per destabilizzare la Repubblica Islamica dell’Iran dall’interno.

Contesto storico delle relazioni Turchia-Iran

Il 1979 è stato l’anno della Rivoluzione islamica iraniana guidata dall’Ayatollah Khomeini, uno degli eventi più significativi del ventesimo secolo, che ha trasformato il Paese considerato fino ad allora il più stabile della regione. L’onda d’urto della Rivoluzione nelle dinamiche geopolitiche eurasiatiche fu notevole: in primo luogo gli Stati Uniti persero un alleato strategico nel Golfo.

Sono anni turbolenti anche per la Turchia. La Costituzione del 1961 ha riconosciuto una funzione autonoma per i militari all’interno del Senato, dando il via a una forma di governo ‘protetta’ dall’esercito. L’eredità costituzionale del documento elaborato dalla Commissione di Istanbul è la garanzia di forme controverse di protezione dei principi del kemalismo e, in particolare, del secolarismo.

I primi anni ’70 in Turchia sono quelli della guerriglia terroristica e dei movimenti che si formano nei campi dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) in Giordania; sono anche gli anni della rinascita del separatismo curdo.

La Rivoluzione islamica in Iran è stata seguita da una preoccupazione generalizzata da parte dei Paesi vicini per il rischio di esportazione dei suoi principi guida, investendo anche i governi laici o sunniti. L’attrito ideologico tra la Repubblica islamica sciita iraniana e lo Stato laico e kemalista della Turchia deve essere inquadrato in questa riflessione, anche se in passato, nei primi anni della dinastia Pahlavi, c’era stata una sorta di continuità nei modelli di governo dei due Stati.

Sebbene gli alti gradi dell’esercito turco, fermamente laici, fossero dotati del mandato costituzionale di sostenere il sistema kemalista nel Paese, la fine del monopolio politico laicista diventa evidente non solo con la crescente influenza dei partiti religiosi, ma ancor più con l’ascesa di Erbakan e del Partito del Benessere da lui fondato nel 1983 e la sua vicinanza all’Iran, ancora oggi molto discussa.

Dopo la sua nomina a Primo Ministro, Necmettin Erbakan ha scelto l’Iran come prima destinazione per una visita all’estero. Va sottolineato che, mentre la vicinanza tra i due Stati assunse all’epoca una connotazione ideologica, che in seguito subì un’altra brusca interruzione a causa dei cambiamenti interni alla Turchia, gli islamisti di seconda generazione hanno inquadrato le loro relazioni con l’Iran su questioni più pragmatiche e meno conflittuali. Lo stesso Erdogan ha continuato a rafforzare i legami con la Repubblica islamica dell’Iran, con contratti di fornitura energetica da Teheran che avrebbero sostenuto la crescente economia turca.

L’adesione della Turchia al Trattato del Nord Atlantico (NATO) e il dispiegamento di basi militari statunitensi sul suo territorio hanno ulteriormente allontanato Ankara e Teheran. La stretta collaborazione della Turchia con il blocco occidentale, sebbene con un’indipendenza moderatamente controversa delle politiche regionali di Ankara, e l’asse Israele-Azerbaigian-Turchia nel Caucaso meridionale sono tra le maggiori minacce alla sicurezza interna della Repubblica Islamica dell’Iran.

Le tensioni tra i due Paesi si sono ulteriormente acuite quando Ankara ha accettato di posizionare uno scudo di difesa missilistica della NATO nell’Anatolia orientale, venduto dagli Stati Uniti come deterrente per la crescente capacità missilistica dell’Iran.

Se in precedenza la Turchia aveva dimostrato di essere più concentrata sull’Europa e sull’Occidente e non rappresentava una minaccia consistente per l’Iran, con il rinnovato interesse per l’Asia occidentale e il Nord Africa, Ankara è di nuovo un attore geopolitico in forte competizione con gli interessi di Teheran.

Competizione sul Medio Oriente

L’Iraq e la Siria sono diventati i principali teatri in cui si è sviluppata la competizione turco-iraniana. Nel 1978 Abdullah Öcalan ha fondato il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che mirava all’indipendenza di uno Stato curdo nel sud-est della Turchia. Durante la visita del 2004 del Primo Ministro Erdogan a Teheran, la Turchia e l’Iran firmarono un accordo di cooperazione in materia di sicurezza, che definiva il PKK come un’organizzazione terroristica.

In effetti, anche l’Iran aveva problemi di sicurezza nelle aree in cui curdi e gruppi legati al PKK attaccavano funzionari iraniani. Questo accordo ha segnato una cooperazione iniziale sul separatismo curdo e sulla difesa dei rispettivi confini, cooperazione che ad oggi sembra essere crollata sotto il peso degli interessi in competizione tra Ankara e Teheran.

La Siria e lo scoppio delle rivolte nel 2011 hanno rappresentato uno spartiacque nelle relazioni tra i due Stati. Già nel 1998, la Turchia aveva minacciato di invadere la Siria per aver sostenuto il PKK. In effetti, il leader del PKK e i campi di addestramento erano ospitati da Damasco.

In particolare, i fattori ideologici hanno giocato un ruolo significativo nelle fazioni sul campo. La Turchia si è alleata con le monarchie sunnite dell’Arabia Saudita e del Qatar per opporsi al governo di Bashar al-Assad. Nel frattempo, l’Iran sciita ha sostenuto la leadership di Damasco insieme alla Russia. Il sostegno a Teheran di Hafez al-Assad durante la guerra Iran-Iraq, l’opposizione comune a Israele e il sostegno a Hezbollah in Libano hanno creato un legame tra Iran e Siria.

Le posizioni ambigue di Erdogan nei confronti di Israele potrebbero rappresentare una minaccia per la leadership iraniana. Se da un lato il Presidente turco è stato più volte apertamente critico nei confronti della politica israeliana in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, parlando di terrorismo di Stato da parte di Tel Aviv, recentemente, anche grazie alle dinamiche nel Caucaso, Israele e Turchia hanno sperimentato una vicinanza pericolosa per l’Iran.

Inoltre, la progressiva perdita di territorio da parte dello Stato Islamico ha portato a un vuoto di potere sia in Siria che in Iraq, lungo il confine sud-orientale della Turchia, causando uno scontro tra Teheran e Ankara su chi dovesse riempire questo vuoto. La Turchia ha accusato l’Iran di perseguire un’agenda settaria e di destabilizzare il Medio Oriente; Erdogan ha detto che Teheran sta cercando di dividere l’Iraq e la Siria usando il “nazionalismo persiano”, mentre il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha criticato quella che ha definito la “politica settaria” dell’Iran volta a minare il Bahrein e l’Arabia Saudita.

Infine, la questione curda non sembra unire i Paesi come un tempo. Mentre Teheran sta affrontando le proteste interne con la minoranza curda in prima linea sostenuta da una retroguardia nel Kurdistan iracheno, Ankara sta conducendo controverse politiche ‘demografiche’ accanto alle più note incursioni militari sia in Siria che in Iraq.

Mentre Ankara è passata dai bombardamenti aerei di presunti accampamenti del PKK all’istituzione di una presenza militare semipermanente lungo i confini dell’Iraq, comprese cinque basi principali e oltre 50 posti di blocco (si stima che ci siano tra i 4.000 e i 10.000 soldati turchi in questa parte dell’Iraq), in Siria Erdogan sta cercando di spostare la demografia a favore della Turchia. Con una strategia di cui la città di Afrin è l’esempio più eclatante, Ankara ha cercato di insediare arabi sunniti filo-turchi per diluire la presenza curda, trasformando di fatto una città un tempo curda in un alleato filo-turco prevalentemente arabo sunnita. Dei 350.000 curdi presenti ad Afrin dopo l’invasione turca del 2018, ne rimangono solo 150.000.

Le cosiddette “zone sicure” create da Ankara, grazie alle infrastrutture costruite illegalmente sui terreni occupati, rappresentano di fatto una crescente annessione da parte della Turchia. La componente etnico/religiosa viene utilizzata strumentalmente da Ankara e Teheran per espandere le proprie aree di influenza e proteggere i propri confini. Anche nel 2016, quando è iniziata l’operazione di liberazione di Mosul (dal 2014 la città era diventata il quartier generale dell’autoproclamato califfato dello Stato Islamico nel nord dell’Iraq) Ankara ha riaffermato l’identità sunnita della città, innescando uno scontro con le autorità irachene, che temono un cambiamento demografico nell’Iraq post-Stato Islamico.

Minoranze etniche e questioni di identità come strumento di contrasto

Oggi, il confronto tra la Turchia/Azerbaigian e l’Iran, oltre a quello militare, sfrutta anche strumenti di soft-power.

Il 12 agosto 2023, il Centro di Cultura dell’Azerbaigian del Sud a Baku ha tenuto una conferenza sul tema “Promozione e problemi della cultura dell’Azerbaigian del Sud”, sponsorizzata dal GRUPPO APA, una struttura mediatica unificata, che comprende l’Agenzia Azeri-Press (APA) LLC, l’Agenzia di Informazione Lent.az LLC, l’Agenzia di Informazione Vesti.az LLC, l’Agenzia di Informazione APASport.az LLC, la televisione internet APA TV e il sito web di letteratura Kulis.az e la DGTYB, l’Unione Mondiale dei Giovani Scrittori Turchi.

Evento GAKM – 2 agosto 2023 

Il 12 agosto 2023, alle ore 15.00, il GAKM ha organizzato la conferenza “Promozione e problemi della cultura dell’Azerbaigian del Sud” (Credits: Pagina Facebook Cemal Mehmethanoğlu).
Inoltre, il Centro Culturale dell’Azerbaigian del Sud organizzerà le ‘Giornate Culturali dell’Azerbaigian del Sud’ a Izmir, in Turchia, dal 23 al 30 settembre 2023.

Con ‘Azerbaigian del Sud’ Baku e Ankara si riferiscono alla regione settentrionale dell’Iran, abitata da una grande comunità di lingua turca. Utilizzando questa espressione, sottolineano che tale regione dovrebbe essere parte dell’Azerbaigian e separata dalla Repubblica Islamica dell’Iran.

In una recente intervista, Cemal Mehmethanoğlu, fondatore del Centro Culturale dell’Azerbaigian del Sud a Izmir, ha accusato alcune delle 100 associazioni culturali azere attive in Turchia di fingere di ignorare l”Azerbaigian del Sud’ per paura dei mullah che operano come agenti del regime iraniano nel loro Paese. Associazioni come quella fondata da Mehmethanoğlu, secondo le sue parole, sono create per legittimare e sostenere l’esistenza, le lotte culturali e politiche dei turchi dell’Azerbaigian meridionale. Il centro collabora con Barama Radio e intende chiedere aiuto a tutte le stazioni televisive internet dell’Azerbaigian meridionale.

Evento GAKM 2023 1

L’evento organizzato dal centro per promuovere il cosiddetto “Festival della cultura dell’Azerbaigian meridionale” (Credits: Güney Azərbaycan kültür mərkəzi)
Utilizzare le minoranze etniche e le persone appartenenti a minoranze per destabilizzare un Paese dall’interno sta diventando una strategia diffusa. Sebbene i popoli di lingua turca all’interno dell’Iran abbiano, come qualsiasi altra minoranza, la propria lingua e cultura accanto a quella persiana, il sostegno che la secessione di questo gruppo sta ricevendo da vari Paesi stranieri è una violazione del diritto internazionale sulla sovranità territoriale. In questo senso, si potrebbe aprire un dibattito su ciò che il diritto internazionale considera prioritario: la sovranità territoriale o il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Esempi come il Kosovo, il Nagorno-Karabakh/Artsakh, l’Abkhazia o il Pakistan mostrano un approccio molto incoerente su questo tema.

Anche la recente strategia della NATO per destabilizzare la Russia dall’interno, sullo sfondo dell’attuale conflitto in Ucraina, sta sfruttando le conferenze sulle Nazioni Libere del Post-Russia, tenute sia negli Stati Uniti che in Turchia, per spingere questi popoli verso le richieste di indipendenza.

Conferenze come quella sulla cultura del ‘Sud Azerbaigian’ possono essere considerate parte del soft power utilizzato dall’Azerbaigian e dalla Turchia per destabilizzare la regione dell’Iran settentrionale. Tuttavia, Ankara non può sostenere apertamente la secessione delle popolazioni di lingua turca dell’Iran settentrionale, altrimenti, in egual misura, dovrebbe riconoscere il Nagorno-Karabakh/Artsakh agli armeni.

Conclusione

Sotto la guida di Erdogan, Ankara cerca di raggiungere l’unità dei Paesi turchi, spingendo l’ideologia del panturchismo attraverso il Caucaso fino all’Asia centrale. L’Azerbaigian è stato uno degli strumenti principali dell’espansionismo dell’influenza turca. In particolare, l’accordo di fondazione del Consiglio turco è stato firmato nell’exclave di Nakhchivan.

La crescente influenza di Ankara andrebbe a scapito degli obiettivi regionali di Teheran: il recente tentativo azero di collegare il Nakhichevan attraverso la regione armena di Syunik servirà l’obiettivo di Ankara di collegare la Turchia all’Azerbaigian, al Mar Caspio e alle repubbliche dell’Asia centrale. Sebbene Ankara abbia dimostrato di avere una politica regionale indipendente, un tale risultato potrebbe anche essere nell’interesse dei Paesi della NATO, che potrebbero realizzare un corridoio di collegamento tra l’Asia centrale e l’Europa. Per l’Iran, questo significherebbe essere tagliato fuori dai corridoi energetici e perdere il collegamento terrestre con la Russia e l’Armenia, una porta attraverso la quale Teheran può accedere ai mercati dell’Unione Economica Eurasiatica.

Gli interessi in Siria, Iraq e Asia Centrale e l’adesione della Turchia alla NATO sono stati temi divisivi tra Ankara e Teheran, che invece hanno trovato una convergenza di politiche per quanto riguarda l’opposizione a un Kurdistan indipendente e il sostegno alla creazione di uno Stato palestinese indipendente. Inoltre, si può ricordare che nel 2012, in opposizione a Washington, la Turchia si è opposta alle sanzioni statunitensi sull’Iran, pur riducendo parzialmente le importazioni di petrolio e sostenendo il programma nucleare iraniano. Tali posizioni dimostrano ancora una volta le relazioni discontinue tra le due potenze.

Lo sfruttamento delle minoranze etniche iraniane è stato, nel corso dell’ultimo anno, uno dei principali strumenti per destabilizzare l’Iran dall’interno. Conferenze e centri culturali sulla regione iraniana dell’Azerbaigian e sulla sua popolazione di lingua turca fanno parte di questa strategia di soft power.

La recente ‘crisi diplomatica’ tra Iran e Azerbaigian e i media azeri che ricordano apertamente la necessità che la regione iraniana settentrionale passi sotto il controllo dell’Azerbaigian, sulla base di rivendicazioni etnolinguistiche, sono l’ultima fase di un confronto di lunga durata. Titoli come ‘È arrivato il momento; l’Azerbaigian meridionale deve separarsi dall’Iran’ o ‘L’Azerbaigian meridionale lotta per l’indipendenza! Lo Stato azero ha una forza di mobilitazione sufficiente per proteggere i diritti dei suoi connazionali” sono stati pubblicati su piattaforme mediatiche affiliate all’amministrazione presidenziale azera.

Infine, ma non meno importante, va sottolineato che, sui canali dell’IRGC, la Guardia islamica iraniana ha ripetutamente pubblicato video con fotomontaggi che mostrano le rivendicazioni azere sull’Armenia meridionale e sull’Azerbaigian iraniano, mostrando nelle sequenze successive la potenza bellica della Repubblica islamica dell’Iran, come avvertimento della risposta di Teheran a un’eventuale aggressione azera o turca ai confini riconosciuti a livello internazionale.

Di Silvia Boltuc, specialeurasia.com

Silvia Boltuc. Analista geopolitica.

14.08.2023

Rapporto Geopolitico ISSN 2785-2598 Volume 33 Numero 5

Fonte: https://www.specialeurasia.com/2023/08/14/turkey-iran-pan-turkism/

Tradotto e pubblicato dalla Redazione di ComeDonChisciotte.org – CDC Geopolitica

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