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La Redazione

 

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Palù: “Tracciare gli asintomatici non ha senso. In Italia virologi inascoltati”

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Il 21 Ottobre 2020
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“Perseguire l’azzeramento del virus, seguendo gli asintomatici o meglio i contatti dei contatti dei contatti degli asintomatici, come si predica, non ha nessun senso né dal punto di vista scientifico né dal punto di vista operativo”.

Ci spieghi perché…

“Dal punto di vista pratico perché siamo in una fase così espansa che direi che questi procedimenti sono utili per azzerare dei focolai che scoppiassero localmente, come stanno facendo i cinesi perché hanno importato dei casi dall’estero. Loro sono riusciti, con misure draconiane, a spegnere il virus in 100 giorni ma noi no. Ormai c’è un’impennata dei casi positivi”.

Ma questo tipo di operatività sui positivi non ha senso?

“No, non ce l’ha. Anche perché fondamentalmente la maggior parte dei casi positivi non è né malato né contagioso, sono asintomatici”.

Può far capire ai lettori perché in questo caso è fondamentale ascoltare un virologo invece che un epidemiologo, un infettivologo o un immunologo o peggio un intrattenitore?

“Se uno deve parlare di virus deve conoscere la biologia del virus, come replica, sapere che il coronavirus è diverso dagli altri virus RNA, perché c’è bisogno di un ospite intermedio, come può combinarsi infettando più persone o cambiare, perché può essere più o meno virulento, perché crea la patologia, quali sono i meccanismi, quali sono i bersagli, quali farmaci disegnare. Ecco: sono state invitate in tv tutte le persone possibili e immaginabili ma nessuna che abbia queste competenze”.

Ma è un virus così letale?

“No, non lo è. Il virus della Sars ammazzava il 10% delle persone. Il virus della Mers ammazzava il 37% delle persone. Questi due virus si sono estinti in un anno. Questo è invece un virus che ha una letalità relativamente bassa, mi riferisco non alla letalità che abbiamo avuto noi in Italia, del 13%… perché questo racconta dei gravi errori che si sono fatti all’inizio, morivano tutti in Lombardia… ma della letalità dello 0,6 % dei casi positivi (su 1000 persone ne muoiono 6, ndr). Sugli studi di sieroprevalenza, quelli che guardano quanto il virus è circolato prendendo strati importanti della popolazione, sesso, età, provenienza, professioni ci dicono che la letalità è tra lo 0,3% e lo 0,6%. 0,3% è quella più bassa ed è stata trovato in Islanda”.

Quindi chi ha ‘spiegato’ il Covid e quanto sta accadendo?

“Certamente non i virologi. Il 99% di quelli che in tv vengono chiamati virologi non sono virologi né ha mai pubblicato un lavoro di virologia su una rivista internazionale di virologia. Ma come è avvenuto tutto questo?”.

E come mai secondo lei c’è questo panico generalizzato?

“Chiedetevelo voi, cosa ha fatto la comunicazione in questo periodo…”

Un evento così drammatico viene comunicato come uno show, diventa anch’esso uno spettacolo di intrattenimento che ha prodotto il panico e la confusione che vediamo?

“La spettacolarizzazione, i bollettini di guerra, scambiare i termini della questione addirittura usando il termine contagio quando non sappiamo nemmeno se contagiano. Il contagio che cos’è?”

Cos’è?

“La trasmissione dell’infezione. E’ la descrizione che hanno fatto Dimitri Ivanovsky e Martinus Beijerinck a fine Ottocento inizio Novecento dei virus delle piante. Usare il termine contagio è improprio. Ci sono casi positivi a un test molecolare che rivela la presenza di un acido nucleico ma non lo rivela in termini quantitativi”.

Questa dinamica di spettacolarizzazione in cui tutti parlano sembra ormai andare avanti da sola. Il pubblico non riesce a capire la differenza tra un virologo, un infettivologo, un epidemiologo…

“La comunicazione dovrebbe imparare a dire la verità e ad essere seria ed approfondita. E a presentare i fatti scientifici facendoli trattare da scienziati o da comunicatori scientifici che non vengono presi dalla cronaca nera. I giornali stanno sempre nell’ottica di fare lo scoop, ogni volta. Non si fa comunicazione seria chiamando le attricette dei talk show che si contraddicono o dicono la loro. La scienza, soprattutto la virologia che è una scienza di base, come la matematica e la chimica, è un’altra cosa”.

Come si ferma il processo?

“Io non posso più dirlo perché sembra che ce l’abbia con qualcuno. Ho dovuto per reazione abusare anche io di questo mezzo. Ma sono offeso come presidente della società europea di virologia, fondatore della società di virologia italiana. Conosco i virologi più bravi e noti al mondo ma non sono stati mai interpellati su cosa fare e come gestire questa situazione”.

Quello dell’esperto di virus è un terreno molto particolare e che richiede delle competenze specifiche…

“Ho visto etichettato come virologo un direttore di un istituto ortopedico privato, un igienista, un infettivologo. Io non dico che non si possa ascoltare l’epidemiologo ma spesso in tv c’è gente che non ha neanche mai visto un virus in vita sua. Di cosa parlano? Ci sono tantissimi premi Nobel in virologia ma nelle tv italiane sembra non si sappia chi siano. Lo trovo umiliante per una disciplina”.

Ma anche all’estero è così?

“No, in Germania l’unico virologo che parla è Christian Drosten che è stato il primo che ha isolato il virus della Sars nel 2002 in un paziente tedesco e veniva da Honk Kong. In Inghilterra parlano quasi dei premi Nobel, in America parla Tony Fauci, lo stesso in Francia dove parla qualcuno dell’Istituto Pasteur che si occupa di coronavirus”.

Noi invece l’abbiamo trasformato…

“In uno spettacolo. Un allarmismo virale, a marzo avevamo 10 volte i ricoverati di oggi. La situazione oggi è diversa. Poi sa… la scienza non è democratica. Anche nell’agorà greca non parlavano tutti. Una persona che non era competente e diceva cazzate veniva ostracizzata e lapidata. Dare la parola a tutti non significa dire la verità. Si è creata una vera e propria dissonanza cognitiva. Perché chiunque si collega a internet pensa di poter dire la sua. Uno scrive qualcosa e vede 10 persone che scrivono come lui e pensa di avere ragione”.

Cosa devono pensare i lettore quando vedono questo spettacolo televisivo di un esperto che dice una cosa e l’altro esperto che dice il contrario?

“Penserà che questi ‘virologi’ sono dei grandi imbecilli. No! Ma di quali virologi parlano? Perché in tv non ci sono virologi. Ne abbiamo anche in Italia che scrivono su riviste di virologia o chiamati a convegni internazionali. Invece ne abbiamo sentite di tutti colori, c’era anche chi ipotizzava 1 milione di persone in rianimazione. Molti di questi sedicenti esperti non sanno vivere lontano dalle telecamere”.

Qual è il problema della crescita della curva oggi? Cosa dovrebbe fare il governo?

“Non è compito mio dirlo ma se parlo da cittadino dico, in una fase come questa in cui abbiamo avuto la riapertura delle scuole, tra il 14 e 24 settembre, guarda caso la curva si è impennata ai primi di ottobre. Lo stesso è accaduto negli altri Paesi. Così adesso siamo all’11% dei positivi. La scuola può aver giocato un ruolo e principalmente non con la scuola in sé ma con il traffico intorno alla scuola, gli autobus pieni, gli scuola bus, i treni, eccetera. E questo DPCM invece di intervenire sui trasporti li ha lasciati con l’80% della capacità. Non è intervenuto. Su questo sono deluso”.

E sui lockdown che ci dice?

“In un Paese che ha il 161% di rapporto deficit-Pil, 2600 miliardi di deficit, ultimo nella produzione a livello di Paesi OCSE, con la burocrazia più elefantiaca del mondo fare un look generalizzato sarebbe improprio, non ha senso. Bisognerà pensare di fare dei lockdown selettivi e quindi mantenere sempre alto l’aspetto diagnostico, sapendo che siamo in una fase in cui non ha senso rintracciare gli asintomatici perché tanto non facciamo nessun contenimento. Ma bisogna puntare tutto sui test rapidi antigenici che si fanno in 4-5 minuti, si possono usare per fare degli screening. Si possono applicare a interi quartieri, ai paesi, a intere città o anche solo a delle scolaresche, a Pozzallo o a Lampedusa dove ne arrivano 1000 al giorno, negli aeroporti”.

Che fare?

“Quindi io penso che in questa fase dovrebbe essere compito del governo dire che bisogna fare di tutto per abbassare la curva di incidenza. Ovviamente, anche se è vero che abbiamo solo lo 0,6% delle rianimazioni di casi positivi e la maggior parte dei positivi è asintomatica, più aumenta l’incidenza più c’è il rischio che la gente stia male, venga ricoverata e muoia. Allora come tenere bassa la curva d’incidenza? Evitando gli assembramenti. Tassativamente. Dobbiamo ridurli nei trasporti, nei locali pubblici inevitabilmente. E stare attenti al ricircolo dell’aria condizionata. Dobbiamo mettere tra noi e il virus l’ambiente e le distanze fisiche. Mettere più distanza possibile usando poi le mascherine e tutto il resto perché inevitabilmente in autunno-inverno la diffusione di questi virus aumenta perché la temperatura si riduce e le condizioni climatiche fanno sì che il virus circoli”.

 

Fonte: https://www.affaritaliani.it/coronavirus/palupotremmo-tornare-alla-quasi-normalita-c-e-un-modo-per-abbassare-la-curva-701095.html?refresh_ce

 

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