Militare stroncato a 21 anni dalla leucemia. La Cassazione: “Nesso tra malattia e gli 11 vaccini somministrati in 8 mesi”

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La giustizia a volte impiega anni per districare fili tanto attorcigliati e riuscire a ricostruire ciò che è accaduto veramente poi, però, finalmente arriva.

Amara consolazione perché una vita ormai è spezzata per sempre e nessuno la potrà restituire ma, almeno, dopo 12 anni di sfiancante iter legale, due genitori che non si sono mai dati pace sono riusciti a ottenere una sentenza che è destinata a rappresentare un precedente per i circa 3mila militari colpiti da linfoma durante il servizio.

La storia è quella di Fabio Mondello, morto a 21 anni per una leucemia fulminante. Aveva deciso di entrare nell’esercito come volontario in ferma breve. Si era arruolato nel 1999 in piena salute e aveva iniziato l’iter dei vaccini, undici, tutti obbligatori, effettuati in otto mesi.

Poi però ha iniziato a stare male (febbre, debolezza e perdite di sangue dal naso) e gli è stata diagnosticata la leucemia. I suoi genitori hanno così iniziato una lunga battaglia legale, prima il ricorso presso il Tribunale di Lecce, poi il giudizio in secondo grado (quando la Corte d’Appello ammise il nesso tra le vaccinazioni e la leucemia), infine la Cassazione che ha confermato tale nesso con la recentissima sentenza dello scorso 25 novembre.

Adesso la controversia si sposta sulla questione dell’indennizzo che il Ministero della Salute dovrebbe concedere ai familiari della vittima ma che, incredibilmente, è ancora in forse in quanto Corte d’Appello e Cassazione si sono espressi in maniera differente.

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di Francesco Oliva
bari.repubblica.it

Morto per una leucemia fulminante dopo la somministrazione di undici vaccini in appena otto mesi. La Corte di Cassazione ha confermato il nesso di causalità tra quelle vaccinazioni e il decesso di Fabio Mondello, un volontario in ferma breve dell’Esercito, originario di Gallipoli. “È la prima causa che arriva in Cassazione e visto che la Corte ha confermato il nesso di causalità si tratta a pieno titolo di una sentenza che è destinata a rappresentare un precedente per i circa 3mila militari colpiti da linfoma durante il servizio”, è il commento dell’avvocato della famiglia, Francesco Terrulli.

La storia di Fabio

Il giovane salentino si arruola agli inizi del 1999. Mesi dopo inizia ad effettuare tutte le vaccinazioni. Ben 11 fino ad aprile del 2000. In quel periodo Mondello è in servizio a Civitavecchia. È sano e con una salute di ferro. Fino a quando non inizia ad accusare febbre, debolezza e continue perdite di sangue dal naso. Ricoverato, la diagnosi è atroce: leucemia. E dopo neppure un anno il giovane militare muore a soli 21 anni.

Da quel momento i genitori del ragazzo hanno avviato una battaglia “iniziata 12 anni fa per ottenere giustizia per un figlio – precisa l’avvocato della famiglia – che mai niente e nessuno potrà restituire”.

La controversia giudiziaria

Dopo un primo ricorso presso il Tribunale di Lecce, la svolta arriva nel secondo grado di giudizio quando la Corte d’Appello riconosce il nesso di causalità tra le vaccinazioni e la morte del militare salentino alla luce delle risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio e di un ampio carteggio depositato dalla difesa.

“Non va demonizzato il vaccino di per sé – chiarisce l’avvocato – ma le tempistiche delle somministrazioni troppo ravvicinate”.

Di fatto la battaglia legale si è trasformata in un iter giudiziario lungo, sfiancante e doloroso per i familiari di Fabio. Contro quella decisione il Ministero stesso ha presentato ricorso alla Cassazione che, per due volte, ha confermato la sentenza della Corte d’Appello senza entrare nel merito “perché il provvedimento dei giudici leccesi – spiega l’avvocato Terrulli – era molto motivato”.

La Cassazione, con la sentenza dello scorso 25 novembre, ha così riconosciuto “l’alta probabilità statistica che il considerevole numero di vaccinazioni somministrate in brevissima sequenza temporale abbia causato o comunque favorito la malattia acuta letale. Il nesso di causalità è un punto fermo sotto il profilo medico, legale e scientifico”, spiega l’avvocato.

Ancora irrisolta la questione dell’indennizzo

Battaglia vinta? No. Solo in parte. Rimane aperto il fronte dell’indennizzo che il ministero della Salute dovrebbe concedere ai familiari della
vittima: 65mila per una vita umana volata in cielo a soli 21 anni anche se “nessuna cifra potrà ripagare il dolore di una famiglia che ha perso il proprio figlio in pochi mesi”. Un fronte su cui Corte d’Appello e Cassazione hanno adottato interpretazioni differenti. Per i giudici di secondo grado per ottenere tale indennizzo sarebbe stato sufficiente dimostrare la coabitazione e non che i superstiti, ossia i genitori del militare, risultassero “a carico del ragazzo deceduto”.

Mondello aveva la residenza a casa dei genitori, di cui era convivente, quindi ai genitori ed eredi sarebbe spettato – secondo la Corte d’Appello – l’indennizzo.

La Cassazione, però, ha adottato un orientamento differente accogliendo il ricorso del ministero della Salute con l’avvocatura dello Stato basato sul presupposto che il militare non manteneva i genitori e che gli aventi diritto all’indennizzo da parte del dicastero risultavano “i soli superstiti a carico delle persone decedute” e non anche i conviventi.

La Suprema Corte ha così rimandato gli atti davanti alla Corte d’Appello per una nuova valutazione nonostante le perplessità dell’avvocato Terrulli “perché risulta impossibile che un ragazzo di soli 20 anni, alla sua prima esperienza lavorativa fuori di casa, possa già trovarsi nelle condizioni di mantenere i propri genitori”.

FONTE: https://bari.repubblica.it/cronaca/2020/11/30/news/lecce_militare_leucemia_nesso_con_vaccini-276436776/?ref=RHTP-BH-I274300569-P4-S9-T1

Pubblicato da Valentina Bennati – ComeDonChisciotte.org

 

 

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