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La Redazione

 

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L'INNALZAMENTO DELLE ACQUE

A cura di
Il 4 Marzo 2014
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DI PAUL KINGSNORTH
Dark Mountain Project

Sono cresciuto nel sud dell’Inghilterra. Da qui viene la mia famiglia, che vi ha vissuto per secoli. E’ il mio retaggio, resterà con me ovunque io vada. Questo è ciò che provoca la cultura: non si può sfuggire alle tracce che ci lascia dentro. Ed è una cosa buona arrivare al punto in cui non hai più bisogno di fuggire.

Il sud dell’Inghilterra della mia infanzia e della mia adolescenza era sovrappopolato, soprattutto nelle periferie, brulicante di autostrade e punteggiato di catene di grandi magazzini; la sua antica cultura stava scomparendo. Ma c’erano ancora pendii ghiacciati, verdi colline, prati imbiancati, siepi di susini e caprifogli, sculture in gesso, vecchie carrette, arbusti di campanule e piccoli vecchi pub.

La nostra antica dimora, o meglio il luogo della nostra infanzia, desta in noi sentimenti contraddittori. Una volta scrissi unlibro che, a posteriori, sembrava voler riconciliare questi sentimenti.

Il luogo in cui si cresce può essere, se si è fortunati, un punto saldo. Ho desiderato per anni andarmene da quei suburbi e da quelle autostrade, e alla fine l’ho fatto. Ma questi posti hanno sempre conservato un’aura di immutabilità. Il sud dell’Inghilterra mi sembrava un luogo eterno. Ha visto passare Hitler e Napoleone, rivoluzioni, scioperi e guerre, e “gli invincibili verdi suburbi”, come li ha definiti Orwell, non sono mai sembrati sul punto di crollare.

Ma, se non ci sono riusciti i dittatori, ce la sta facendo l’acqua. Nelle ultime settimane il sud dell’Inghilterra è stato inondato come non si vedeva da tempo, anche se “le inondazioni” sono ora diventate, nella placida indifferenza, un evento a cadenza annuale. Gradualmente, lentamente ma inesorabilmente, tutto ciò che conoscevo sta affondando.

Questa è Worcester, dove sono nato.

worcester2

Questa è Oxford, dove ho vissuto per quindici anni. Dietro la recinzione di ferro sulla sinistra, c’è il mio vecchio orto.

oxford

Questa è Marlow, dove andavo a pescare sul Tamigi. Sono sempre tornato a mani vuote.

marlow

Questa è Muchelney nella piana del Somerset: ci sono andato ogni anno negli ultimi cinque, per lo “Scythe Festival”: mi piace fare queste cose nel mio tempo libero. Dubito che quest’anno ci troverò dell’erba.

muchelney4

A volte mi sento come un perseguitato. Ma ho avuto fortuna: non abito più quei posti. Ora sto nel nord dell’Inghilterra, e mi sono ben guardato dal vivere nei pressi d’un fiume. In molti non hanno avuto tanta buona sorte.

Ho seguito i resoconti della BBC sulle inondazioni, ed è stato solo ieri, per quanto ne so, che l’argine ha alla fine ceduto e si è cominciato a parlare del cambiamento climatico. Un presentatore dell’Ufficio Meteo ha doverosamente ripetuto quello che i climatologi e i meteorologi ci stanno dicendo da decenni: che non è possibile collegare con certezza eventi specifici al cambiamento climatico, ma c’è di sicuro una coincidenza con gli eventi che sono stati previsti. In realtà, tutto avviene più velocemente di quanto ci si aspettasse. Gli scenari meteorologici a livello mondiale sono impazziti, e la situazione non sta certo rallentando. La quantità di gas serra nell’atmosfera è a livelli record, e noi continuiamo a liberare sostanze a un ritmo accelerato. D’ora in poi, tutto cambierà: ma non abbiamo idea a che livello, e con quale velocità.

Siamo fuori controllo, e la cosa non è piacevole.

La cosa che mi tocca personalmente è vedere il sud dell’Inghilterra così duramente colpito. A lungo gli ambientalisti ci hanno detto che è la povera gente a essere più colpita dai cambiamenti climatici. Sotto molti aspetti hanno ragione. Le inondazioni del Bangladesh sono molto più disastrose rispetto alle inondazioni dell’Inghilterra. Ma possiamo vedere con i nostri occhi quanto una popolazione di uno dei più ricchi stati al mondo venga colpita dalla violenza del cambiamento climatico. Tutto questo è già avvenuto altrove; continuerà a succedere, ovunque. E’ solo la visione limitata e locale di un mutamento planetario. Gli effetti di questo cambiamento – la sua portata, profondità e ineluttabilità – stanno solo ora iniziando a filtrare nella coscienza collettiva. Ma, come il flusso delle acque, non si può arrestare. Alla fine, invaderà tutto.

Come reagisce la gente? Fondamentalmente, critica il governo e l’Agenzia dell’Ambiente. E’ una reazione tipica della storia dell’uomo: quando le cose vanno male, la colpa è di chi comanda. Questo succede anche quando l’economia viaggia a gonfie vele, come avveniva solo pochi anni fa. E allora oggi sono in pochi a puntare il dito verso i cambiamenti climatici, e ancor meno sono quelli che criticano i propri comportamenti. Ma quanti di noi, che sono o saranno vittime di inondazioni, volano con regolarità verso luoghi di vacanza immersi nel sole, o guidano automobili inutilmente enormi, o posseggono, o aspirano a possedere, grandi case sature di oggetti inquinanti? Probabilmente la maggior parte di noi. Siamo stati portati a credere che questo è il progresso. Bene, il progresso ora ci si rivolta contro e ci annienta. Oggi nessuno è al riparo dalla minaccia di distruzione.

Ma c’è anche altro su cui vale la pena di riflettere. Da quando, cinque anni fa, siamo partiti con il progetto Dark Mountain, abbiamo pubblicato molti studi sulla dicotomia tra Progresso e Apocalisse in cui è imbrigliata la nostra civiltà. Quando parliamo di futuro, come spesso facciamo, tendiamo a privilegiare uno dei due aspetti. A seconda delle tendenze ideologiche, ci sembra facile prevedere il crollo totale della società, o un siderale progresso à laStar Trek. Ci sembra ovvio che quello che di solito definiamo progresso potrà proseguire senza intralci, se ancora potremmo pensare di essere un automobilista che ha prenotato un volo “sulla Luna”. Ed è altrettanto facile, e paradossalmente consolante, immaginare che tutto possa crollare velocemente: un abisso totale e immediato, dal quale non ci può ci si può riprendere.

Invece è molto più difficile – e a volte sembra quasi impossibile – pensare a una lenta decadenza della nostra civiltà. E’ più complicato immaginare un altro secolo di inondazioni, con le acque, ogni anno, salgono sempre più in alto. Senza un’apocalisse, e senza stazioni spaziali su Marte. Senza un crollo industriale seguìto da un ritorno alla caccia collettiva, e neppure all’individualismo. Solo un graduale, caotico, venir meno di tutto quello a cui un tempo credevamo di avere diritto. Su questo, lo scrittore americano John Michael Greer ha di recente scritto un un post interessante , avvicinandosi in modo parallelo a questo possibile scenario:

…immagina che questo sia il tuo futuro: quando dovrai affrontare spese sempre più alte con un reddito che avrà ogni anno un minor potere di acquisto; che dovrai passare gli anni che ti restano da vivere sperando che non sia il tuo posto di lavoro a sparire per sempre, finché alla fine succede il peggio; che dovrai inventarti come andare avanti, quando le cure mediche e decine di altri beni e servizi indispensabili non saranno più disponibili a prezzi accessibili, o forse a nessun prezzo; che dovrai passare il resto della tua vita nelle condizioni sopra descritte, sapendo che, quando morirai, le difficoltà che avranno i tuoi nipoti saranno ben peggiori delle tue.

Questa prospettiva, almeno per la popolazione del mondo ricco, è ancor più spaventosa dell’apocalisse, e non abbiamo voglia di parlarne. E se lo facessimo?

E se prendessimo la faccenda sul serio, un qualcosa su cui scrivere, ragionare e fare ipotesi, su cui impegnarsi? Attenzione: tutto questo significa riformulare i nostri giudizi sul futuro, allontanarsi dai due opposti e soffermarsi in una zona di mezzo incerta: una zona dove non arrivano risposte scontate. Cosa succederà se coscientemente andremo oltre gli scenari rassicuranti del progresso infinito e dell’inevitabile apocalisse, affrontando con serietà la decadenza? Cosa succederà se questo sarà il vostro futuro, e quello dei vostri figli e dei loro figli? Come cambierebbe la vostra visione del mondo?

E’ la domanda da porsi mentre apriamo le prenotazioni al numero 6 di Dark Mountain. Scriveteci qualcosa. Siate creativi. Usatelo come trampolino per la vostra risposta creativa. Se siete tentati dal demone bifronte del Progresso o Apocalisse, scacciatelo e rivolgete il vostro alle acque montanti.

Questi sono i problemi che vi sottoponiamo, chiedendovi un contributo alla nostra sesta incivile raccolta di scritti e produzioni artistiche. Prendeteli in considerazione, fatene l’uso che volete, e mandateci le conclusioni. Restiamo in attesa di leggere le vostre opinioni sulle acque montanti.

Fonte: http://dark-mountain.net

Link: http://dark-mountain.net/blog/the-rising-of-the-waters-a-call-for-submissions-for-dark-mountain-book-6/

14.02.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA CAVAGNA

Il numero 6 di Dark Mountain uscirà in ottobre di quest’anno (il numero 5 è attualmente in stampa e uscirà in aprile). La scadenza per l’invio dei contributi è domenica 4 maggio 2014. Vi preghiamo di leggere lelinee guidaredazionali prima di inviare i vostri lavori.

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