LE NUOVE BORSE DEL PETROLIO, RUSSA ED IRANIANA

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blankDI ALFREDO JALIFE RAHME
La Jornada

Gli strateghi della Russia e dell’Iran sembra che abbiano assimilato pienamente ciò che i filosofi tedeschi chiamano zeitgeist ( lo “spirito dell’epoca”): la nuova era geopolitica dell’energia.

Dovremmo prima chiarire il significato del “fallimento” degli inglesi nell’avventura irachena: non essere riusciti ad entrare in possesso dei giacimenti di petrolio del paese invaso illegalmente. Bene, tale sconfitta ha scatenato una serie di eventi di carattere geopolitico, finanziario e strategico strutturalmente irreversibili che si riflettono principalmente nella fine della centralità del dollaro. Ciò ha risvegliato sia le velleità libertarie di una superpotenza della levatura della Russia, sia quelle di una potenza di medio taglio come l’Iran, che hanno finito col liberarsi dal tramontato giogo del paradigma del petrodollaro, con la creazione di proprie borse per il mercato del petrolio, le quali competeranno direttamente con il duopolio inglese NYMEX e IPE, con sedi rispettivamente a New York e Londra, proprietà del binomio energetico-bancario delle multinazionali statunitensi e britanniche.Se i consumatori-predatori-parassiti i del petrolio, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, possiedono le loro borse energetiche, a fortiori, i paesi produttori si sono dati da fare per imitarli.

Una settimana dopo le minacce provocatorie proferite da Richard Bruce Dick Cheney a Vilnius (Lituania), città molto prossima al Cremlino, lo Zar russo Vladimir Putin, ha risposto con la notizia, durante il resoconto annuale alla nazione, che la divisa russa, il rublo, sarebbe stata trasformata in una moneta “convertibile” a livello internazionale a partire dal 1° luglio, sei mesi prima della data prefissata (Novosti 10/ 5 / 06).

Al fine di promuovere la “conversione” del rublo, la Russia istituirà la borsa valori per commerciare il suo petrolio e il suo gas, che costituiscono rispettivamente la seconda e la prima riserva in ordine d’importanza su scala mondiale.

La Russia partecipa con il 15.2 % alle esportazioni mondiali di petrolio e con il 25.8 % a quelle del gas. L’Iran, pur possedendo la seconda riserva di gas dopo la Russia, ancora non è entrata nel pieno della sua commercializzazione, sebbene esporti il 5.8 % del petrolio mondiale. Il mancato ingresso conferisce un significato particolare al lancio della Borsa russa, la quale darà una batosta agli interessi egemonici del duopolio inglese del NYMEX e del IPE.

L’Iran ha una carta ben nascosta, molto più pericolosa dell’arricchimento dell’uranio e perfino della dotazione di armamenti nucleari, con cui ha giocato magistralmente: il lancio della borsa del petrolio nell’isola di Kish, in pieno Golfo Persico, e la commercializzazione di quest’ultimo in petroeuro al posto dello svalutato petroldollaro. Le ragioni “tecniche” che si sono abbozzate sul ritardo della sua istituzione (la si aspettava per il 20 di marzo, inizio del Nouruz, la primavera iraniana) avrebbero più a che vedere, secondo il nostro umile parere, con la chiusura delle trattative, dietro lo scenario della agenda multipla, tra il governo di Bush e la teocrazia sciita iraniana.

L’isola di Kish, zona speciale di libero commercio, ha una superficie di 91 kmq. Con essa l’Iran pensa di competere con Dubai, il centro economico finanziario degli Emirati Arabi Uniti, sotto il controllo degli inglesi. Con una popolazione di ventimila abitanti, l’isola ospita ogni anno più di un milione e mezzo di visitatori, e incrementerà sicuramente il suo numero con la creazione della Borsa, che darà vita a contrattazioni di petrolio e gas quotati in euro.

Il consorzio della Borsa di Kish, che aderirà ai precetti islamici, sarà formato dalla Borsa dei Valori di Teheràn e dal gruppo Wimpole nel quale appare niente po’ po’ di meno che Cris Cook, il passato direttore della compagnia petrolifera britannica IPE ( vedi “Bajo la Lupa” 15/ 2 / 06). In maniera curiosa, per non dire umoristica, Kazen Vaziri Hamanen, ministro del petrolio iraniano, ha annunciato che a causa di “problemi tecnici” l’inizio delle attività della borsa di Kish doveva essere rimandata, senza fissare la data per la sua inaugurazione, quindi contraddicendosi più volte. (Asia Times, 22/ 3/ 06 e Iranian WS, 26/ 4 / 06 ). In questo momento è più conveniente arricchire l’uranio che istituire una Borsa Valori. Come i sofisticati iraniani, di stampo multilaterale, faranno arrabbiare i volgari negoziatori statunitensi, di stampo unilaterale!

La colonna “Politcom” del quotidiano russo Pravda (14/5/06) riferisce in forma caustica che l’Iran ha reso nota la sua borsa petrolifera lo scorso 5 maggio, la quale “sarà unica nel suo genere perché non si conoscono le compagnie che parteciperanno, così come la data della sua apertura”. Si capisce dunque che se si permette alle multinazionali petrolifere di vendere con le proprie quotazioni in euro nelle stanze alte del palazzo, “il dollaro rischia di perdere la sua posizione nel mondo del petrolio”. Si spiega anche che il prezzo del petrolio, ora mantenuto basso, continuerà a salire, mentre il dollaro seguirà il suo declino nei confronti dell’euro, in quanto tendenza generale, con o senza l’Iran. Si capisce che la svalutazione del dollaro dà agli USA maggiore competitività per vendere i loro beni. Si esclude un’influenza reciproca bidirezionale fra USA e Iran, ma si ribadisce che un “errore di calcolo da parte dell’Iran potrebbe portare alla liquidazione delle sue aspirazioni atomiche”. Ne scaturisce un’affermazione biasimevole: “la creazione di questa nuova borsa petrolifera e i giochi (sic) dell’Iran seguiranno finché lo Zio Sam non si deciderà a mettergli il piede sopra, decretando la fine del gioco” (sic). Non si dà importanza economica all’apertura della borsa e si pensa che molte decisioni della teocrazia sciita sono religiose, prima che politiche. Con o senza l’Iran, la dinamica del rialzo dei prezzi del petrolio e del gas continueranno il loro cammino fino a provocare una crisi che investirà Cina, India, Europa e USA (seguendo questo ordine).

Fra le due cose: o i russi sono gelosi della competizione della borsa iraniana, o si sfregano le mani al pensiero che gli USA commettano un grave errore strategico e cadano nella trappola di bombardare l’Iran e così conficcare da sé l’ultimo chiodo nella loro bara davanti alla comunità internazionale.

L’esasperazione energetica degli impopolari governi Bush e Blair, entrambi in caduta libera, è tanto evidente a tal punto da perdonare, in maniera poco elegante, il satrapo libico Muamar Gheddafi per tutti i suoi peccati “terroristici”, per i quali è stato stigmatizzato per quasi quattro decadi, al fine di ottenere alcune gocce degli idrocarburi del Sahara.

L’incurabile dipendenza dal petrolio della coppia anglosassone è di tale grandezza che il periodico thatcheriano The Times (11/5/06) ha definito il presidente Hugo Chavez come “il nuovo re dell’America Latina”.

Nel prossimo numero della rivista Harper’s saranno pubblicate le pregevoli indagini di Greg Palast, grande giornalista della BBC (l’intervista con Amy Goodman: “Democracy Now!” 15/5/06), sulla “scossa geopolitica” che farà tremare il mondo quando si renderà noto che il Venezuela possiede riserve maggiori di quelle dell’Arabia Saudita”, notizia che “Bajo la Lupa” aveva anticipato molto tempo prima con un semplice calcolo aritmetico, sommando il suo petrolio convenzionale con quello non convenzionale (la qualità stimata dell’Orinoco).

Alfredo Jalife Rahme
Fonte: http://www.jornada.unam.mx
Link: http://www.jornada.unam.mx/2006/05/21/022o1pol.php
21.05.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PINTADERA

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