Di Sergio Rodríguez Gelfenstein, unitedworldint.com
Nell’anno 138 (II secolo a.C.), l’imperatore Wudi della dinastia Han inviò Zhang Qian in missione diplomatica per osservare le zone occidentali dell’impero e l’Asia centrale. Fu il primo rappresentante a fornire informazioni affidabili su questi territori alla corte imperiale cinese, che aveva sede a Chang’an. Nell’anno 119 a.C., Zhang compì un nuovo viaggio, questa volta portando con sé, oltre a 300 compagni, migliaia di capi di bestiame e di pecore, nonché enormi quantità di seta e altri doni che inaugurarono una pratica di scambio di inviati diplomatici, viaggi, commerci tra i sovrani cinesi e quelli dell’Asia centrale.
Questo portò gli imperatori della dinastia Han a costruire strade, rifugi e postazioni lungo questo percorso, per offrire cibo, alloggio e sicurezza a viaggiatori e mercanti. Era nata così la Via della Seta, che collegava l’est e l’ovest, la Cina con l’Asia centrale e l’Europa. Aveva inizio dalla capitale imperiale, attraversava l’attuale provincia cinese nordoccidentale del Gansu e la regione autonoma uigura dello Xinjiang, nonché la parte centrale e occidentale dell’Asia, arrivando fino al Mediterraneo.
In questo senso, la Via della Seta è considerata un patrimonio dell’umanità. La sua creazione, la sua esistenza e il suo funzionamento per così tanti secoli nell’antichità sono la testimonianza che gli esseri umani possono vivere in armonia anche se appartengono a civiltà diverse e che la guerra può essere evitata a favore della pace. I vari reperti ritrovati lungo il suo percorso dimostrano come le civiltà araba ed europea abbiano vissuto in armonia con la cultura cinese, salvaguardando le proprie caratteristiche, senza perdere il proprio patrimonio culturale a causa dei continui contatti. Dimostra inoltre che le economie dei popoli erano in grado di completarsi a vicenda in modo vantaggioso per tutti attraverso lo scambio e il commercio.
2100 anni dopo, il governo cinese ha intrapreso, con una nuova modalità, la riformulazione di questo progetto. L’annuncio dell’intenzione della Cina di riaprire la Via della Seta era stato fatto per la prima volta dal presidente Xi Jinping durante una visita in Kazakistan, dove aveva tenuto una conferenza all’Università Nazarbayev di Astana il 7 settembre 2013. Questa settimana si commemora il decimo anniversario di quell’evento.
Si tratta di recuperare i valori del passato e trasformarli in un codice di condotta per le moderne relazioni internazionali. La via terrestre della Via della Seta avrebbe avuto uno dei suoi punti nevralgici più importanti a Urumqi, capitale della regione autonoma uigura dello Xinjiang, nella Cina nord-occidentale, diventando il centro di trasporto, finanza e logistica della Via della Seta, proseguendo verso l’Asia centrale e l’Europa. Da vent’anni, i Paesi dell’Asia centrale hanno rivitalizzato le loro relazioni, che hanno permesso di promuovere alti livelli di cooperazione e amicizia. In una prospettiva diversa da quella che prevaleva quando molti di questi Paesi appartenevano all’Unione Sovietica, i legami sono stati promossi in un quadro di rispetto e di non interferenza negli affari interni, includendo in questa prospettiva la Russia. La sua appartenenza all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) ha rafforzato la fiducia reciproca tra i suoi membri.
Questo contesto ha permesso di pensare alla creazione di un approccio innovativo all’integrazione che avrebbe portato alla costruzione congiunta della “Cintura economica della Via della Seta”, una grande opera che mira a generare benessere per le popolazioni che vivono lungo il suo percorso. Il suo processo di costruzione è stato immaginato come lo sviluppo di aree specifiche che diventeranno gradualmente interconnesse nel tempo.
Tra le dichiarazioni del Presidente Xi Jinping in merito agli obiettivi proposti da questo progetto, possiamo evidenziare la possibilità di avere una comunicazione strategica e alti livelli di sviluppo economico tra le parti; creare le condizioni per un collegamento stradale che faciliti il trasporto dal Pacifico al Baltico, ampliando le infrastrutture di trasporto intra-frontaliere che collegano le diverse regioni dell’Asia; rendere più evidenti gli scambi commerciali, sfruttando l’ampiezza e il potenziale dei mercati che servono quasi 3 miliardi di abitanti e 50 milioni di chilometri quadrati lungo il loro percorso; rafforzare la circolazione monetaria per effettuare transazioni commerciali in valuta locale, al fine di ridurre i costi di circolazione, aumentare la capacità di evitare i rischi finanziari, incrementare la competitività della regione sulla scena internazionale e rafforzare la comunicazione tra i popoli, rafforzando i legami di amicizia, intensificando gli scambi e solidificando il sostegno sociale alla cooperazione regionale.
D’altra parte, negli ultimi anni la Cina ha compiuto sforzi particolari per rafforzare le sue relazioni con i Paesi dell’ASEAN, con i quali è stata stabilita una partnership strategica dal 2003, rendendo evidente l’interesse di Pechino a costruire legami di fiducia e di buona volontà con questi Paesi del vicinato, soprattutto a causa dei conflitti ancora aperti in materia di delimitazione marittima che la Cina intende risolvere al tavolo dei negoziati. Nell’ambito della ricerca per l’ampliamento degli spazi di collaborazione, la Cina ha ritenuto necessario espandere la propria apertura ai Paesi ASEAN. Inoltre, ha aumentato il livello della zona di libero scambio Cina-ASEAN e ha sostenuto lo sviluppo delle infrastrutture nella regione attraverso le azioni della Banca asiatica per gli investimenti nelle infrastrutture (AIIB). Allo stesso modo, è stato proposto di costruire una componente marittima della Cintura Economica della Via della Seta, imitando il commercio che fin dall’antichità si svolgeva attraverso questa via nel Sud-est asiatico.
L’attuale rotta marittima ricalcherebbe l’itinerario utilizzato nell’antichità che collegava i porti della Cina meridionale al Sud-est asiatico, all’India, all’Arabia e all’Africa per commerciare seta, porcellana, tè e spezie da Guangzhou ai Paesi del Golfo Persico, la stessa rotta percorsa dall’ammiraglio Zheng He nel XV secolo. Ora la Cina ha proposto di ricostruire questa rotta in una nuova Via della Seta marittima per il XXI secolo. Il porto di Kuantan, sulla costa orientale della Malesia peninsulare, sarebbe uno dei punti strategici, essendo il centro economico della costa orientale di quel Paese e la città più moderna della costa.
Va detto che la risposta degli Stati Uniti è stata immediata, con il progetto del “Corridoio economico indo-pacifico (IPEC)” del 2013, avente obiettivi simili e in chiara concorrenza con la Cina, che pone un nuovo scenario di confronto.
La risposta americana dimostra l’importanza che questo Paese attribuisce all’iniziativa cinese, espressione di un meccanismo di integrazione che servirà a promuovere una civiltà basata su una filosofia ecologica per raggiungere uno sviluppo sostenibile. Entrambe le rotte (terrestri e marittime), chiamate anche “una cintura, una strada”, comprendono quasi 100 Paesi, costeranno circa mille miliardi di dollari, finanziati essenzialmente dalla AIIB, e saranno realizzate nell’arco di tre o quattro decenni. Allo stesso modo, il Silk Road Economic Investment Fund, sponsorizzato da Pechino con un fondo di 50.000 milioni di dollari, ha svolto il ruolo di finanziatore.
Dal punto di vista europeo, la Germania sembrava mostrare il maggiore interesse per il progetto della via, ma la guerra in Ucraina ha paralizzato molti dei progetti. La linea ferroviaria internazionale tra Chongqing-Xinjiang in Cina e Duisburg, il principale porto fluviale e il più grande centro siderurgico d’Europa, situato nella grande area industriale dove i fiumi Ruhr e Reno si incontrano nel Paese germanico, potrebbe essere considerata un’anteprima della nuova rotta. Prima del conflitto, la Germania guardava anche a est, in un’area che costituisce il suo “entroterra geografico naturale orientale”, in cui si trova soprattutto la Russia.
Per quanto riguarda l’Europa, va aggiunto che il progetto presentava due corridoi terrestri fondamentali. Da un lato, la rete ferroviaria settentrionale, la più estesa al mondo, che partiva dalla Cina e passava per il Kazakistan, la Russia, la Bielorussia, la Polonia e la Germania, da dove sarebbe stata distribuita in altri punti dell’Europa; dall’altro, quella meridionale, che attraversa l’Asia centrale ed entra in Iran per dirigersi verso l’Europa, passando per la Turchia. La guerra ha cambiato radicalmente questa prospettiva.
Per iniziare a rendere operativo questo progetto, il 14 e 15 maggio 2017 si era tenuto a Pechino un forum con la partecipazione dei governi di 29 Paesi oltre alla Cina e la presenza di delegazioni di oltre cento nazioni interessate ed enti internazionali. Dall’evento era emerso che dal lancio del progetto da parte del presidente Xi nel 2013, la Cina aveva già investito più di 50 miliardi di dollari nei Paesi della Belt and Road; erano state create 56 zone di cooperazione economica commerciale, che avevano generato 1,1 miliardi di dollari di entrate fiscali e creato 180 mila posti di lavoro, mentre gli scambi commerciali tra la Cina e i Paesi lungo la Belt and Road avevano totalizzato 913 miliardi di dollari nel 2016.
Questo progetto ha permesso di ridurre la povertà, un tema specifico in cui la Cina ha proposto 100 progetti di investimento. Nel settore marittimo, la Cina ha firmato accordi di cooperazione con Thailandia, Malesia, Cambogia, India, Pakistan, Maldive e Sudafrica, realizzando un collegamento strategico con molti dei Paesi lungo la Rotta, stabilendo così un ampio partenariato di cooperazione intorno all’oceano. In occasione di questo evento, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha affermato che questo progetto è diventato il bene pubblico più importante che la Cina ha contribuito a realizzare nel mondo, senza che ciò permetta di considerarlo un’opera filantropica, ma piuttosto un’opera realizzata sulla base dell’idea di un mutuo vantaggio.
A livello globale, il progetto cinese viene presentato come un nuovo tentativo di riempire il vuoto lasciato dagli Stati Uniti con l’abbandono dell’accordo di associazione trans-pacifico e dell’accordo transatlantico rifiutato dall’Europa e dopo l’approvazione della Brexit in Gran Bretagna, accordo transatlantico che, nel suo complesso, tendeva ad isolare la Cina in un contesto in cui gli Stati Uniti avevano ancora un grande controllo delle rotte marittime attraverso le quali transita la maggior parte delle merci del globo dopo gli accordi firmati alla fine della Seconda guerra mondiale: il Mar Cinese, il Sud-Est asiatico, lo Stretto di Hormuz e il Mar Rosso.
Il progetto della Rotta sarebbe una risposta alla necessità della Cina di colmare il suo deficit di materie prime ed energia per soddisfare i suoi piani di sviluppo: a tal fine, la Russia è diventata un grande alleato dopo i tentativi occidentali di bloccarla e sanzionarla, la Russia è infatti un partner complementare in campo militare, economico, energetico, finanziario e dei trasporti. Un altro sguardo mostra la Cina in un costante processo di sviluppo che le permette di iniziare una proiezione all’estero da una dimensione diversa: stimolare la crescita delle sue aree meno sviluppate e cercare mercati dove collocare i suoi prodotti in eccesso.
Uno dei Paesi prioritari è il Pakistan, dove la Cina sta ampliando e modernizzando il porto di Gwadar, che fungerebbe da “suo porto principale” per il commercio con lo Xinjiang e l’ovest del Paese in generale, a decine di migliaia di chilometri di distanza dai terminali marittimi della Cina orientale, evitando anche il passaggio di queste merci attraverso lo Stretto di Malacca, centro nevralgico del commercio marittimo in Asia, su cui la Cina non ha capacità di controllo.
Inoltre, il progetto prevede l’ampliamento della Karakoram Highway che collega i due Paesi. In questo senso, i Paesi dell’ASEAN hanno molto apprezzato questo progetto per i grandi benefici che sta portando ai 10 membri di questa associazione, soprattutto nel campo delle infrastrutture, in particolare per rispettare l’ASEAN Connectivity Master Plan che necessita di un’enorme quantità di capitali, che la Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) ha stimato tra i 60 mila e i 146 mila milioni di dollari all’anno fino al 2025.
Con questa iniziativa, la Cina si lega al master plan dell’ASEAN e ribadisce la volontà di svolgere un ruolo attivo nella costruzione e nell’aggiornamento delle infrastrutture fisiche della subregione, che si tradurranno in un motore di sviluppo e prosperità, come hanno sottolineato diversi funzionari, accademici e specialisti in occasione di un evento sul tema tenutosi a Phnom Penh, la capitale della Cambogia, nel mese di novembre 2017.
Se ai progetti realizzati in Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Pakistan e Cambogia si aggiunge l’arrivo della Via della Seta in Russia e Mongolia e la dichiarazione congiunta dei presidenti di Cina e Russia volta a promuovere progetti infrastrutturali nei Paesi dell’Unione Economica Eurasiatica, si può affermare che si è avviata una dinamica destinata a cambiare una parte importante del mondo, poiché il collegamento della Cina con l’Asia centrale, meridionale e occidentale, e con l’Europa, creerà un meccanismo del tutto nuovo per affrontare il futuro, avvicinando due continenti e aree urbane molto vaste, che svolgono un ruolo importante in Cina e presto lo svolgeranno in altre parti del pianeta.
A dieci anni dalla sua creazione, l’iniziativa Belt and Road mostra cifre che ne testimoniano il successo. Secondo Zheng Shanjie, capo della Commissione nazionale cinese per lo sviluppo e la riforma, il Paese ha firmato più di 200 documenti di cooperazione con 152 Paesi e 32 organizzazioni internazionali, coprendo l’83% dei Paesi con cui la Cina ha stabilito relazioni diplomatiche. La China-Europe Express Railway ha raggiunto 211 città in 25 Paesi europei e il New International Land-Sea Trade Corridor ha collegato le regioni centrali e occidentali della Cina con oltre 300 porti in più di 100 Paesi.
Il funzionario ha osservato che “dal 2013 al 2022, l’importazione e l’esportazione di merci tra la Cina e i Paesi lungo la Belt and Road sono aumentate in media dell’8,6% all’anno”, aggiungendo che “gli investimenti accumulati in entrambi i sensi hanno superato i 270.000 milioni di dollari”. Ciò ha permesso di creare 421.000 posti di lavoro locali nell’ultimo decennio, stimando che entro il 2030 la costruzione congiunta della Belt and Road avrà contribuito a far uscire 7,6 milioni di persone dalla povertà estrema e 32 milioni di persone dalla povertà moderata nei Paesi interessati.
Victoria Kwakwa, vicepresidente della Banca Mondiale per la regione dell’Asia orientale e del Pacifico, ha dichiarato: “Con la Belt and Road Initiative, la Cina ha introdotto nel mondo una nuova forma di cooperazione multilaterale. Questa promettente iniziativa mira ad approfondire l’integrazione economica migliorando il commercio, le infrastrutture, gli investimenti e la connettività tra le persone, non solo attraverso i confini, ma anche su scala transcontinentale”.
Di Sergio Rodríguez Gelfenstein, unitedworldint.com
Sergio Rodríguez Gelfenstein. Esperto venezuelano di relazioni internazionali, Gelfenstein è stato in precedenza Direttore delle Relazioni Internazionali della Presidenza della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ambasciatore del suo Paese in Nicaragua e consulente di politica internazionale per TELESUR. Ha scritto numerosi libri, tra cui “La Cina nel XXI secolo – il risveglio di un gigante“, pubblicato in diversi Paesi dell’America Latina.
11.09.2023
FONTE
10 years after its creation, the Chinese Belt and Road initiative displays its successes
Titolo originale: 10 years after its creation, the Chinese Belt and Road initiative displays its successes
Traduzione di Costantino Ceoldo