di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org
Franco Neri, il fotografo che immortalò le immagini, divenute poi famosissime, della scena della deposizione del Gesù di Nazareth, capolavoro di Franco Zeffirelli, racconta come riuscì a realizzare quegli scatti.
La sua è una testimonianza appassionata che ci riporta indietro nel tempo, al 1976, anno in cui fu girato il kolossal che ha segnato diverse generazioni di spettatori.
Uscito nel 1977, dopo riprese che sono durate oltre nove mesi tra Marocco e Tunisia, il film è il racconto storicamente e teologicamente dettagliato della vita di Cristo che, a distanza di tempo, è ancora profondamente attuale. Probabilmente perché, nella sua bellezza e forza espressiva, la pellicola è capace di risvegliare l’eco del messaggio divino che tutti portiamo dentro, credenti e non.
Si può indubbiamente dire che la sensibilità e il grandissimo senso estetico di Zeffirelli traspaiono, in quest’opera, in tutti i particolari e che ogni ruolo assegnato, dai personaggi principali fino a quelli che hanno avuto solo brevi battute, risulta perfetto. Gesù di Nazareth ha toccato molti cuori e rimarrà per sempre nella storia del cinema.
Non sono molti i registi che si meritano il titolo di “Maestro”. In questa cerchia molto ristretta, un posto di assoluto riguardo spetta proprio a Franco Zeffirelli, indimenticabile poeta della settima arte e del teatro che lungo tutta la sua carriera ha onorato la cultura italiana nel mondo.
* * *
(dalla pagina Facebook di Franco Neri)
Mi sono trovato a Sousse in Tunisia, credo nel lontano 1976, come fotoreporter inviato dall’agenzia Olympia di Milano. Dovevo fotografare la scena della crocifissione, tutta la stampa mondiale era stata invitata per quella scena. Sfortunatamente (non ricordo perché) arrivai con un giorno di ritardo. E non era previsto dall’ufficio stampa di poter fotografare altre scene. Le foto alla stampa le forniva la produzione.
Chiedo all’ufficio stampa (Sig.ra. Elena Martini) di poter fotografare un’altra scena, non ci fu verso di convincerla.
Si stava preparando per girare la scena più importante del film: “La Deposizione”. Gli unici fotografi accreditati erano Angelo Frontoni (amico di Zeffirelli) e il fotografo di scena Paul Ronald.
Intuisco che era impossibile avvicinarsi alla scena con macchine fotografiche.
Feci appello alla grande umanità del Maestro Zeffirelli la sera prima a Monastir Hotel Sidi Mansour (dormivo nello stesso hotel).
Già avevano avvisato il Maestro di un fotoreporter ritardatario. Timidamente mi presentai al Maestro Zeffirelli, cercando di spiegare il mio ritardo.
Mi chiese il mio nome e per chi lavorassi. Felice risposi prontamente: “Agenzia Olympia” (una delle più importanti agenzie fotogiornalistiche dell’epoca).
Saltò subito in aria, conosceva bene la mia agenzia. Famosa per foto scandalistiche internazionali.
Non voleva scandali o equivoci fotografici.
Quindi non se ne parla.
Intanto che parlavo con Lui, si era avvicinato un suo assistente, penso Pippo (oggi suo figlio adottivo), al che mi defilai.
Dopo un po’, seduto sconfitto in un divano nella hall, come per incanto, si avvicina Zeffirelli: “Come hai detto che ti chiami?”
Rispondo: “Franco Neri”.
Lui sorride. “Domani gireremo la scena più importante del film. Tu fotograferai per Me”
Chiama un altro assistente, di nome credo Dorino: “Domani mattina fai portare sul set questo fotografo, avvisa che fotograferà per me”.
Non ho capito più nulla!
Tutta la notte mi girai e rigirai sul letto, avevo portato due macchine fotografiche: una Leica, dallo scatto morbido silenzioso e una Nikon con il motore che scattava anche foto in sequenza, che usavo generalmente nello sport (tipo fotofinish), e tante pellicole, ektachrome (diapositive).
Ogni tanto, durante la notte, controllavo il tutto. Mi rassicuravo che non mi fossi scordato nulla.
La mattina seguente, prontissimo, nella hall dell’hotel vedo un signore con una lista in mano, indaffaratissimo, che assegnava le auto in fila indiana ad attori e tecnici per andare sul set.
Mi presento, gli dico che anch’io devo raggiungere il set. Mi guarda e, con indifferenza, mi fa un cenno di spostarmi.
Rimango in attesa, fra una macchina e l’altra, speravo mi chiamasse (intanto la fila delle macchine quasi finiva) e per un puro caso vedo Dorino, che si aggirava nella hall. Aveva tardato a partire. Mi chiese perché fossi ancora in hotel, spiego che non ero stato preso in considerazione dal signore che assegnava le auto.
Interviene lui, spiega ch’ero stato autorizzato da Zeffirelli, così in una delle ultime macchine rimaste, mi infila quasi a spingermi dentro con altre persone che mi fecero subito spazio.
Non ricordo quanto abbiamo impiegato ad arrivare a Sousse. Il tempo per me si era fermato.
Il set era su un monte, intuisco che rappresentava il Golgota.
Vedo un cielo scuro, basso, e tantissimi copertoni di gomma d’auto, presi sicuramente da rottamare, che bruciavano per far fumo e rendere il cielo intensamente grigio. Vigili del fuoco posizionati su varie impalcature con le pompe d’acqua spianate accanto le macchine da presa, ce n’erano più di una.
Il Maestro Zeffirelli (attento a tutto, molto tranquillo) mi vede arrivare, da lontano mi accenna un sorriso.
Intanto io, con le mie tracolle di macchine fotografiche in bella vista, ho la sensazione che da molti venga guardato con diffidenza da estraneo.
Mi si avvicina una Signora e mi invita a lasciare il set.
Io forte di essere stato autorizzato dal Maestro, nemmeno la sento, saprò poi che si chiamava Bianca Bevacqua (segretaria di Franco Zeffirelli), sempre più arrogante mi stava addosso, incalzandomi sempre di più.
Le spiego che il regista sapeva tutto e lei continuava a ripetermi che c’era un ufficio stampa diretto da Elena Martini e che a Lei avrei dovuto rivolgermi, non a Zeffirelli che era il regista.
Qualcuno della produzione mi dice di prendere la postazione per fotografare (vedendomi attrezzato), che fra pochi minuti si girava.
Mi piazzo vicino la macchina da presa principale, accucciato sotto un’impalcatura di un vigile del fuoco.
L’operatore mi guarda, mi fa segno OK. Mi accetta e mi spiega la scena che si sarebbe girata da lì a poco, che non si sarebbe ripetuta l’azione una seconda volta, quindi massima concentrazione.
Intanto guardo il pompiere “sopra di me”, penso un tunisino, che a cenni mi spiega che deve gettare acqua su Gesù, che aspetta l’ordine della regia (di non preoccuparmi, perché l’acqua è calda).
Capisco l’atmosfera che Zeffirelli avrebbe creato con il vapore dell’acqua calda diffuso nell’aria.
Il fotografo di scena, Paul Ronald, si piazza sopra l’impalcatura accanto il pompiere.
Tutto è pronto, gli aiuti di Zeffirelli invitano tutti a fare silenzio.
Al grido di comando “Action” di Zeffirelli si scatena l’inferno (i copertoni di auto continuavano a bruciare, mentre gli idranti dei vigili del fuoco cominciavano a gettare acqua sulla scena della deposizione).
Anch’io vengo inzuppato d’acqua dal vigile del fuoco, che non c’eravamo capiti bene sul gettito dell’acqua, bagnandosi anche l’obbiettivo della Nikon.
La scena durò qualche minuto.
Mentre mi sorprende di nuovo di spalle la Sig.ra Bianca Bevacqua, fortunatamente, quasi a fine scena, che strattonandomi cercava di togliermi dal set.
Quasi tutte Le foto sono riuscito a farle con la Nikon motorizzata, mi rimanevano gli ultimi fotogrammi.
Finita la scena della Deposizione, asciugandomi i vestiti, si preparava la scena dei dettagli con Anne Bancroft e Maria Carta.
Decido di non fotografare, non volevo avere più discussioni con la Sig.ra Bevacqua che mi faceva sentire un abusivo, anche agli occhi dei presenti, non era per niente discreta.
Quindi decido di non fotografare più, fine. E di non coinvolgere più il Maestro Zeffirelli.
Ho deciso così e sono rimasto sul set, deponendo le macchine fotografiche in borsa.
La sera, finite le riprese, si torna in hotel con gli stessi automezzi che eravamo arrivati.
Ritornati a Monastir, prima di ripartire, il Maestro Zeffirelli mi chiede se avessi fatto delle belle immagini, rispondo: “penso di sì” e mi propone di cenare con loro in hotel.
Accetto volentieri, dicendo a Dorino di far aggiungere un altro posto al loro tavolo.
Tornati in hotel, fatta una doccia calda, sprofondai dalla stanchezza. Mi addormentai, non capisco come e non me lo perdonerò mai, mi svegliai l’indomani.
Nella hall trovai Dorino tutto incavolato. Mi spiegava che non avrei dovuto lasciare in asso Zeffirelli, che non è stata una cosa carina, che mi avevano aspettato per cenare.
Nel frattempo, arriva Zeffirelli. Gli spiegai di essermi addormentato. Parlammo delle foto. Mi disse che le avrebbe gestite Lui personalmente, di portarle a Roma, per lo sviluppo, allo studio (credo Martucci) dove veniva mandata la pellicola girata quotidianamente e di consegnare il materiale ad Elena Martini (mi dà il numero di telefono e l’indirizzo di casa ai Parioli) e mi dice che il mio conto in hotel era stato pagato.
Ringrazio. E mi fa accompagnare da un autista.
In aeroporto, giunto a Roma, contatto la Sig.ra Martini, la quale mi aspettava, per conto di Zeffirelli.
Molto dinamica, disponibile, mi indirizza subito per sviluppare le diapositive. Chiama lo studio e, non appena vede il materiale, esulta, perché l’obbiettivo che si era bagnato aveva dato effetto flou ad alcune immagini rendendole più “mistiche”.
Mi dice che il materiale è ottimo, ne parlerà con il maestro.
Riparto per la mia città, Palermo.
Non sono più corrispondente dell’agenzia Olimpya, perché avevano saputo che ho fatto le foto della Deposizione e aspettavano il materiale per la distribuzione alle testate giornalistiche, mentre io mi ero accordato con Franco Zeffirelli a loro insaputa.
Ho visto la mia prima foto su Epoca a doppia pagina. Sul lato sinistro nella didascalia c’è scritto che le foto sono state scelte personalmente da Franco Zeffirelli, ed è vero e, se siete in possesso della rivista, ci sono pure i nomi di chi ha realizzato il servizio fotografico: Francesco Neri, Paul Ronald e Angelo Frontoni.
Nei giorni a venire mi contatta, a Palermo, la Sig.ra Elena Martini e mi dice di emettere delle fatture: a Epoca, Stern (tedesco), Famiglia Cristiana, Anna Bella ecc.ecc.
Ho dato le foto a Franco Zeffirelli, non tanto per i soldi, che non sapevo di prendere, ma per un atto di lealtà.
Ho sempre avuto negli anni il rammarico della mancata cena, avrei voluto scusarmi, dirgli che lo stimavo, per come l’ho conosciuto, per la Sua umanità, attento anche al mio problema di esser arrivato sul set il giorno dopo e di essere stato ammonito a fotografare e che, con i Suoi mille impegni, aveva attenzionato il mio problema.
Maestro R.I.P.
Rimarrai sempre nel mio cuore.
Grazie per l’opportunità.
Franco Neri
FONTE: https://www.facebook.com/share/p/uUSsHCUUpSSXuZAT/
___