DI KHALID JARRAR
Giornalista Freelance, Giordania
Una volta giunto al confine iracheno, sono stato colto dal panico vedendo quanti Iracheni se ne stiano andando, come se non ci fosse un domani – quantità enormi di persone che aspettano in code lunghe, senza fine. Potreste impiegare 48 ore al confine Iraq-Giordania per avere il vostro passaporto timbrato e la vostra auto controllata. E’ una scena che non avrei mai voluto vedere.
Mi sono trasferito in Iraq 15 anni fa. Ero giovanissimo e non ne sapevo molto, ma ero così desideroso di visitare quel paese che in seguito iniziai a chiamare “casa”.
Alcuni mesi fa, me ne sono dovuto andare – una decisione che pensavo non avrei mai preso – perché è diventato semplicemente troppo pericoloso rimanere ancora. A partire dal 2003 e dall’inizio dell’occupazione, le condizioni di sicurezza, tra le altre cose, hanno iniziato a deteriorasi.“Divide et impera” è forse il più vecchio dei trucchi e l’occupazione lo ha usato in ogni modo fin dall’inizio. La strategia dell’occupazione Usa era sostenere gli Sciiti e i Curdi e favorirli rispetto ai Sunniti nella formazione di un governo iracheno e, allo stesso tempo, applicare tutti i modi possibili di oppressione ed attacco contro i Sunniti. L’occupazione sperava, in questo modo, di creare dei conflitti interni tra sette differenti in modo da tenere chiunque troppo occupato per preoccuparsi dell’occupazione o della richiesta di ritiro.
Gli Iracheni non sono più Iracheni: sono diventati Sunniti, Sciiti o Curdi – nei media, nel processo politico, nelle notizie, ed ovunque. A partire dalla guerra, quando le persone mi chiedevano, “Da dove vieni?” e rispondevo dall’Iraq, seguiva automaticamente un’altra domanda: “Sei Sunnita, Sciita o Curdo?”.
Una tendenza che è stata totalmente adottata dai media mainstream, in Occidente, facendo sembrare un dato di fatto che non ci sia nulla come l’Iraq ma piuttosto molti gruppi che combattono sul suo suolo, un suolo a cui capita di contenere una delle maggiori riserve petrolifere del mondo, un suolo che aveva una della più antiche civiltà della storia.
Dunque ecco perché ho lascito l’Iraq: per il crimine di essere un sunnita, sono stato arrestato dal corpo di spionaggio del ministero degli interni e detenuto per un paio di settimane. Sono riuscito ad andarmene dopo che non poterono provare nulla contro di me e non riuscirono a farmi confessare crimini che non avevo commesso. Non sono stati in grado di farmi dire il nome della “mia cellula terroristica” o “da dove vengono i loro fondi”. Sono stato etichettato “terrorista” nel momento in cui sono entrato lì, persino prima che iniziassero ad interrogarmi. Ma come ho detto, poiché non sono stati in grado di torcermi alcuna informazione, mi hanno liberato per alcune migliaia di dollari.
[Poliziotti iracheni guardano i rottami di un veicolo dopo un attacco bombarolo a Baghdad. 1 marzo 2006 – L’Iraq è diventato troppo pericoloso per rimanerci (foto Reuters)]
Dopo aver pagato loro quello che volevano, ho lasciato la prigione, e sotto minacce loro e di altre milizie, anche l’Iraq.
Durante i giorni che ho passato nel settimo piano del ministero degli interni, dove vengono trattati tutti i casi di “terrore”, ho potuto vedere cosa significhi davvero il settarismo e come persone innocenti siano arrestate, torturate, picchiate, uccise e etichettate come “terroristi” – per nessun altro crimine che essere Sunniti. I raid nei quartieri sunniti si risolvono nell’arresto di molti uomini; praticamente ogni uomini tra i 18 e i 40 anni può essere arrestato: e di solito pochi giorni dopo alcuni di questi corpi sono trovati vicino a Baghdad o tra la spazzatura, torturati a morte o giustiziati.
Non c’è una grande banda bene organizzata che stia attualmente controllando l’Iraq – il ministero dell’interno, la polizia, e la cosiddetta guardia nazionale – sono tutti controllati da estremisti o affiliati di estremisti che vengono dall’Iran, dal partito Daawa, e dal Consiglio Supremo per la Rivoluzione Islamica in Iraq (Supreme Council for Islamic Revolution in Iraq, SCIRI). Questi sono i partiti ora al potere, e vogliono assicurasi che qualunque iracheno capisca questo messaggio. “Cooperando” con l’occupazione, ottengono di fare letteralmente quello che vogliono.
Le terribili condizioni di sicurezza portano alla comparsa di queste BNG, il nome che ho dato alle Bande Non Governative, che sono nei loro giorni d’oro, rapendo innocenti, manomettendo auto, e rubando proprietà pubbliche e private.
Moltissime persone sono disoccupate a causa degli errori amministrativi commessi dall’Occupazione, e se vuoi ottenere un lavoro nel settore pubblico, è meglio che tu abbia una buona raccomandazione dal Partito Dawwa, lo SCIRI, o dagli uffici di Sadr; altrimenti, non contare sul tuo diploma o curriculum – raramente hanno importanza.
Un gran casino – ecco com’è la situazione in Iraq. Scappare è rimasta l’unica opzione moltissimi Iracheni.
A seguito il resoconto di R, una ragazza irachena di 24 anni che mi ha chiesto di non pubblicare il suo nome. E’ ancora a Baghdad, ma ci sentiamo via mail.
Durante lo scorso anno, i Sunniti non erano sicuri se fosse una buona idea lasciare l’Iraq perché chiunque credeva che l’attuale governo SCIRI/Daawa fosse provvisorio e che sarebbero stati coinvolti nelle prossime elezioni. Ora i Sunniti sentono che questo governo è permanente, pensano di lasciare il paese.
Questo è il caso della mia famiglia. Non ci consideriamo Sunniti o Sciiti; ci consideriamo Iracheni Musulmani istruiti. Per degli Iracheni istruiti, la situazione è insopportabile – non perché gli Sciiti siano al potere, ma perché le persone attualmente al potere vogliono diffondere le differenze settarie e gli Iracheni non vi sono abituati.
I Sunniti sentono che non sia sicuro per loro rimanere nel paese – specialmente a Baghdad – perché sono perseguitati dalle milizie Badr e da quelle di Sadr semplicemente per essere Sunniti. Con l’aiuto delle forze di occupazione Usa, i Sunniti sono stati catturati molte volte a centinaia e gettati in cella e qualche volta assassinati – i loro corpi sono stati trovati in seguito in aree fuori Baghdad.
Ora che gli Iracheni istruiti – Sunniti, Sciiti e Cristiani – sanno che l’attuale governo sarà qui per almeno altri quattro anni, stanno cercando di trovare un modo di andarsene. Per i cristiani, i gruppi della Chiesa stanno provvedendo per la loro migrazione in paesi come l’Australia, l’Olanda etc. Ma i musulmani stanno cercando rifugio in paese come la Giordania, gli Emirati Arabi Uniti, la Siria ed altri paesi arabi.
Lee persone secondo cui lasciare il paese non è la soluzione… i loro bambini sono stati rapiti ed essi vengono terrorizzati da persone del ministero degli interni. Molti Iracheni istruiti sono minacciati quando decidono che vorrebbero rimanere nel paese e sono effettivamente costretti a lasciare le loro case e il proprio lavoro per la situazione più sicura di un paese confinante.
[Miliziani delle Brigate Badr]
Inoltre sono ancora in contatto con AnaRki13, un blogger iracheno di 23 anni che mi ha parlato della fuga di cervelli, o “migrazione di cervelli”, come la chiamano i giornali iracheni in arabo. Ecco un estratto di una mail che mi ha mandato:
Non tanto una migrazione quanto un esodo forzato. Scienziati, ingegneri, dottori, architetti, scrittori, poeti, l’hai detto – chiunque sta lasciando la città.
Perché? Semplice: 1. Non c’è un vero mercato del lavoro in Iraq. 2. Anche se hai un buon lavoro, ci sono altrettanto buone possibilità che tu venga rapito o ucciso. Semplicemente non vale la pena stare qui. Sunniti, Sciiti o Cristiani – chiunque, ce ne stiamo andando tutti, o ce ne siamo già andati.
Uno dei miei amici continua a rimproverarmi poiché dovrei amare questo paese, la terra dei miei antenati, dove sono nato e cresciuto; di come dovrei essere grato e ritornare al luogo che mi ha dato tutto. Gli dico sempre la stessa cosa: “l’Iraq, come io e te lo conoscevamo una volta, è perduto. Quel che ne rimane, non lo voglio”.
Conosco così tante famiglie che (al completo o in parte) se ne sono andate, si preparano per andarsene, o vogliono andarsene. Stare equivale al pericolo: rapimenti, minaccia e, per alcuni, persecuzioni.
Ora in Iraq non puoi essere iracheno. Puoi essere Sunnita o Sciita. E questo sventra in due il mio cuore.
I dottori e i professori universitari più famosi hanno già lasciato il paese perché molti di loro, compresi alcuni che conosco personalmente, sono stati assassinati o uccisi, e il resto ha capito l’antifona – e si sono trovati dei lavori in occidente, dove sono stati accolti calorosamente e sono stati dati loro alti incarichi. Altri milioni di Iracheni, semplicemente Iracheni comuni, se ne sono andati o se ne stanno andando – senza piani e con molta speranza.
In Giordania, per esempio, il governo rifiuta di fornire i numeri ufficiali degli Iracheni nel paese. Secondo stime non ufficiali, ci sono circa un milione di Iracheni in Giordania e un altro milione in Syria. E nonostante per essere un residente legale in Giordania si chieda agli Iracheni di tenere 150.000 $ in una banca del paese per un anno senza usarli, le cifre stimate di appartamenti acquistati dagli Iracheni a partire dalla guerra superano i 50.000, per non parlare dell’enorme numero di Iracheni che non può permettersi di compare una casa e deve stare nel paese illegalmente, come Marwan, un farmacista iracheno che ho incontrato in Giordania.
Sta lavorando part-time in una farmacia ad Amman. Quando gli ho parlato, ha ripetuto quello che avevo sentito prima: minacce da milizie sciite, le pessime condizioni di sicurezza, la mancanza di opportunità lavorative, etc. Tutti gli Iracheni con cui ho parlato in Giordania dicevano la stessa cosa e ora speravano di ottenere un visto per qualsiasi paese che gli accolga, sperando di integrarsi ed essere in grado di vivere le loro vite normalmente, qualcosa che hanno perso la speranza di avere, in Iraq.
Najma, un’altra giovane blogger irachena che vive nella città di Mosul, nel nord dell’Iraq, mi ha raccontato di due dei suoi zii che hanno lasciato l’Iraq, uno quest’anno, l’altro più di 10 anni fa: “Entrambi non vogliono tornare. Non li biasimo, e allo stesso modo in cui vorrei che tornassero a lavorare per l’Iraq anziché per chiunque altro stiano lavorando ora, voglio anche che stiano lì, e fuggirei non appena possibile, semplicemente perché odio stare qui”.
Molte voci ragionevoli da entrambe le parti, Sunniti e Sciiti, si stanno appellando per la co-esistenza pacifica in Iraq, come hanno vissuto gli Iracheni per centinaia di anni. Ci sono appelli per l’unità tra gli Iracheni in modo da accelerare il processo che ponga fine all’occupazione, ripristini la stabilità e migliori la situazione economica, così che gli Iracheni smettano di lasciare l’Iraq, e in modo che quelli andati via tornino. Un recente sondaggio condotto in Iraq mostra che il 70 % degli Iracheni è favorevole a stabilire dei tempi per il ritiro delle forze Usa, il che indica come gli Iracheni siano consapevoli che la vera fonte di pericolo che minaccia il loro presente e futuro è l’occupazione illegale straniera.
Gli Iracheni che hanno lasciato l’Iraq a milioni potrebbero avere mete e piani differenti, diversi livelli di istruzione e capacità finanziarie, ma di certo hanno tutti una cosa in comune: stanno aspettando il giorno in cui il loro paese sarà libero in modo che possano tornare dai loro amati, alle loro case, al Tigri e all’Eufrate.
** Khalid Jarrar è uno studente iracheno-palestinese che ha vissuto in Iraq dal luglio 1991 fino a luglio 2005 e si è recentemente trasferito in Giordania. Khalid gestisce anche un blog, Secrets in Baghdad, dove scrive di Iracheni comuni e della vita quotidiana nel dopo-guerra.
Khalid Jarrar
Fonte: http://www.islam-online.net/
Link: http://www.islam-online.net/english/In_Depth/Iraq_Aftermath/2006/03/article01.shtml
15.03.2005
Traduzione a cura di CARLO MARTINI per www.comedonchisciotte.org