Di Alberto Conti per ComeDonChisciotte.org
Il 24 dicembre 1925 una legge cambia le caratteristiche dello stato liberale: Benito Mussolini cessa di essere presidente del Consiglio, cioè primus inter pares tra i ministri e diventa primo ministro segretario di Stato, nominato dal re e responsabile di fronte a lui e non più al Parlamento.
Qualcosa di analogo è stato scimiottato, neanche un secolo dopo, con la nomina di Mario Draghi fortemente voluta da Sergio Mattarella.
Eppure nel 1925 Eugenio Montale compose questi versi:
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Qualcosa di simile va accadendo nel mondo intero, un mondo straziato dalle procurate emergenze e dalle false certezze che ne conseguono. La risposta è ancora: codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Ovvero la parte più sensibile e avanzata della popolazione protesta, comunica il proprio diniego al corso autoritario e sconsiderato degli eventi.
Lasciamo stare per un attimo i molti distinguo che potrebbero inficiare tali supposte similitudini, da prendersi comunque a puro titolo esemplificativo. Potremo così abbandonarci alla suggestione che la storia si ripeta, magari “la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”, come è assai probabile che stia avvenendo per l’ennesima volta. Ad esempio al meeting di Rimini di CL al posto del pregiudicato Formigoni troviamo a pontificare l’osannato e onnipresente Mario Draghi, così, senza la minima vergogna da parte dei partecipanti cattolici che si sono bevuti per tanti anni la leadership anche morale di un Formigoni, tutto sommato meno pericoloso del banchiere. Ma lasciamo perdere, questa è materia da psichiatri.
Quanto invece emerso culturalmente a cavallo delle due guerre mondiali, poi maturato negli anni successivi al tragico epilogo dell’infausta esperienza nazifascista, rappresenta un brusco risveglio dal sonno dell’illusione illuministica e sua successiva controreazione romantica, questa però già tesa a rivalutare gli aspetti emozionali e spirituali dell’esistenza umana precedentemente compressi.
Se oggi noi occidentali riscopriamo e attualizziamo molti argomenti presenti nelle nostre filosofie passate, a cominciare da Eraclito fino quasi ai giorni nostri, qualcosa vorrà pur dire, quantomeno nel senso di una continuità e di una riproposizione evolutiva di tematiche fondative, buone anche per difenderci dalle derive distopiche che i progressi tecnologici sembrano alimentare, anziché limitarsi al miglioramento materiale delle nostre vite, come pomposamente promesso e in parte anche mantenuto.
Se è vero che “L’ESISTENZA PRECEDE L’ESSENZA” , la precarietà imposta oggi alle nostre esistenze individuali ci allontana dalla meta di scoprire e valorizzare la nostra stessa essenza, come siamo stati spronati a fare fin dagli albori della nostra cultura identitaria, in armonia non scontata con altre culture, tradizionali almeno quanto la nostra, se non di più. Di fatto ora è un po’ tutto il pianeta che sta soffrendo della perdita di valori e tradizioni millenarie, sradicate dall’adattamento ai moderni stili di vita standardizzati, ora minacciati a loro volta di estinzione da oscure forze sedicenti progressiste, che prospettano un futuro di scarsità e miseria morale e materiale a dir poco inquietante.
Ma allora è proprio da qui che si deve ripartire, dalle nostre esistenze martoriate, per comprendere il corso degli eventi e contrapporre al grande reset distopico il nostro autentico reset di questo terrificante “nuovo corso”, che in realtà non ha niente di nuovo dal momento che non sa concepire altro che guerre, morte e distruzione, sofferenze e privazioni, impoverimento di massa e annichilimento nel nulla dei falsi valori consumistici, emergenza dopo emergenza per uccidere nella culla il germe della democrazia. E’ solo guardandoci dentro, come in uno specchio, che potremo trovare la forza non solo di resistere agli attacchi di un sistema ormai totalmente infiltrato dai nostri subdoli nemici, e perciò corrotto e impazzito, ma di proporre al contrario l’unica alternativa salvifica, fatta di empatia, compassione, collaborazione reciproca, amore per il prossimo come di se stessi, non più antitetici ma armonicamente fusi in una visione moderna dell’esistenza, depurata dagli stupidi egoismi di sempre, potendo così finalmente coniugare giustizia e libertà.
Sembrano banalità trite e ritrite, ma attenzione a non confonderle con un buonismo di facciata ottuso e ipocrita, stimolato dalle stesse forze sistemiche a fini di copertura della malvagità dei loro piani diabolici, eversivi dell’ordine costituito vigente, mai sufficientemente corrotto e deviato per poter soddisfare appieno i loro insaziabili appetiti di potenza dominatrice e distruttrice di ogni valore autentico, mirato al completo dissolvimento delle nostre anime.
Un esempio tra i tanti, di premonizione di quanto sopra accennato, lo possiamo anche cogliere in questa poesia di Margherita Guidacci (1921 – 1992):
Da Morte del ricco
Una voce ( dalla casa di Epulone)
Il vento che odora di morte
mi ha passato sul viso la sua viscida mano.
Ha toccato i viticci marciti,
I muri sbavati di lumache,
Lo zolfo e il muschio giallo tra le scaglie di pietra,
I bassi scogli rivomitati dalla marea
Quando la notte emerge dalle acque
Come il dorso di un pesce immenso.
Quale stagione viene ad annunciarmi?
Il mio cuore l’ignora,
Pure ne trema.
Trent’anni dopo la morte dell’autrice di questi versi apparentemente ingenui, quel vento assume forme ben più delineate e maligne. I suoi macabri annunci diventano espliciti, non sono più ignorabili da chi li sa e li vuole ascoltare, e ne trema consapevolmente. Tuttavia in queste immagini poetiche c’è già tutto quanto occorre per rivivere una suggestione rivelatrice e assai convincente, che tocca il cuore ben più di tanti TG anestetizzanti.
Il grande risveglio così lungamente annunciato si va finalmente compiendo, attraverso i contenuti e le dinamiche esistenziali di ciascuno di noi, attori o comparse che siamo. Ognuno è responsabile per la sua parte di come finirà questo film da incubo. Basta la sensibilità che nasce nel cuore, e si completa con la mente liberata dai condizionamenti e dal relativo conformismo di comodo, per cambiare il mondo in cui viviamo, per autodeterminarci come popolo coeso, a dispetto di chi ci vuole divisi per dominarci. Questo si chiama vivere la propria esistenza come persone libere e responsabili, e sempre in modo nuovo, da inventare e sperimentare sulla base del nostro passato, nel rispetto compassionevole e amorevole di noi stessi e dei nostri antenati, umane glorie ed errori compresi. Ed è bellissimo quando ci si riesce.
P.S. chi ha (fra)inteso che tali riflessioni pratiche non portino a nulla, o peggio ad accettare passivamente soprusi e angherie, è pregato di rileggere più attentamente, se ce la fa a posare per un attimo l’inutile bastone di cui è stato armato con scaltrezza dal suo stesso nemico. Contemporaneamente mi scuso anche per l’eventuale insufficiente chiarezza da parte mia.
Di Alberto Conti per ComeDonChisciotte.org
29/08/2022