L’Italia, l‘UE e la caduta dell’Impero Romano

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ALASTAIR CROOKE
strategic-culture.org

La leadership europea sta cercando di contenere una crisi che sta emergendo a velocità sempre più alta: questa sfida è rappresentata dal crescente numero degli stati ribelli (Gran Bretagna, Polonia, Ungheria e Italia) e dei gruppi storico-culturali indipendentisti (Catalogna), tutti ormai sinceramente contrari al concetto di convergenza obbligatoria verso un ‘ordine’ globale amministrato dall’UE e alla sua ‘disciplina’ di austerità monetaria. [Questi stati e questi gruppi] rigettano anche la pretesa dell’UE di far parte, in qualche modo, di un ordine di civiltà moralmente superiore.

Se, nell’immediato dopoguerra, l’UE aveva rappresentato un tentativo di sottrarsi all’egemonia anglo-americana, questi nuovi gruppi ribelli di ‘risorgimento culturale’, che cercano di posizionarsi come ‘spazi’ sovrani e interdipendenti, sono, a loro volta, il tentativo di sfuggire ad un nuovo genere di egemonia: quello dell’uniformità amministrativa dell’UE.

Per uscire da questo particolare ordine europeo (che, come si sperava all’inizio, avrebbe dovuto essere diverso da quello dell’Impero Anglo-Americano), l’Ue è stata in ogni caso costretta ad appoggiarsi al tipico concetto di ‘libertà’ (attualmente trasformatasi nelle ‘quattro libertà’ dell’UE) di quest’ultimo, come giustificazione di un impero su cui sono state ‘appese’ le rigorose ‘uniformità’ dell’UE (la parità di condizioni, la regolamentazione di tutti gli aspetti della vita, l’armonizzazione fiscale e economica). Il ‘progetto’ europeo è stato visto, per così dire, come qualcosa che porta alla luce distinti ed antichi ‘modi di essere’.

Infatti, proprio il fatto di essere stati messi in atto a diversi livelli e in distinte regioni geografiche e culturali, questi tentativi fanno capire come l’egemonia dell’UE si sia già indebolita, al punto che potrebbe non essere in grado di ostacolare completamente l’emergere di questa nuova ondata [di dissenso]. Quello che attualmente è in gioco per la stessa UE è se sarà in grado di rallentare e  frenare, in qualche modo, l’emergere di questo processo di ri-sovranizzazione culturale, che, ovviamente, minaccia di frammentare la tanto decantata ‘solidarietà’ dell’UE e di polverizzare la matrice di un’unione doganale perfettamente regolata e di un’area commerciale comunitaria.

Era stato Carl Schmitt, il filosofo politico, che aveva messo risolutamente in guardia sulla possibilità di quello che aveva definito un ‘acceleratore negativo della katechon’. Ciò sembrerebbe applicarsi, letteralmente, alla situazione in cui si trova ora l’UE. Questo era un concetto, sostenuto dagli antichi, secondo cui gli eventi storici hanno spesso, ’dietro le quinte’, una dimensione opposta, vale a dire che certi ‘intenti’ o azioni (per esempio, l’UE), possono avere come ultimo effetto l’accelerazione degli stessi processi che avrebbero dovuto rallentare o arrestare. Per Schmitt, questo spiegava il paradosso attraverso il quale una ‘azione frenante’ (come quella intrapresa dall’UE) potrebbe in realtà rovesciarsi, con un’accelerazione indesiderata degli stessi processi che l’UE vorrebbe contrastare. Schmitt lo aveva definito un effetto ‘involontario’, dal momento che produceva effetti contrari all’intenzione originale. Per gli antichi, era semplicemente un memento del fatto che noi umani spesso siamo solo gli oggetti della storia, e non i suoi soggetti causali.

È possibile che l ‘’azione frenante’ imposta alla Grecia, alla Gran Bretagna, all’Ungheria, e ora all’Italia, possa evolvere precisamente verso il katechon di Schmitt. L’Italia si è trascinata per decenni in un limbo economico: il suo nuovo governo si sente obbligato ad alleviare, in qualche modo, lo stress economico accumulato dagli anni passati, e a tentare di far ripartire la crescita. Ma lo stato ha un alto livello di indebitamento rispetto al PIL e l’UE insiste che l’Italia deve sopportarne le conseguenze: deve obbedire alle ‘regole’.

Il professor Michael Hudson (in un nuovo libro) spiega come l”azione frenante’ dell’UE nei confronti del debito italiano rappresenti un certo filone europeo di rigidità psichica che ignora completamente l’esperienza storica e può condurre proprio al katechon: però opposto a come viene normalmente inteso. Intervistato da John Siman, Hudson afferma:

“Nelle antiche società mesopotamiche, si sapeva che la libertà si conserva proteggendo i debitori. Un modello correttivo era realmente esistito e aveva prosperato nella gestione economica delle società mesopotamiche durante il terzo e il secondo millennio A.C. Si potrebbe definirla un’amnistia “a tabula rasa” … consisteva nella necessaria e periodica cancellazione dei debiti dei piccoli agricoltori, necessaria perché tali agricoltori, in qualsiasi società in cui si calcolano gli interessi sui prestiti, sono inevitabilmente destinati ad essere impoveriti, privati delle loro proprietà e infine ridotti in schiavitù… dai loro creditori.

[Ed era anche necessario, dal momento che] una dinamica costante della storia è la spinta da parte delle élite finanziarie per assicurarsi la centralizzazione dei poteri e gestire l’economia in modo predatorio ed estrattivo. La loro apparente libertà [è ottenuta] a scapito dell’autorità governativa e dell’economia in generale. In quanto tale, essa [è esattamente] l’opposto della libertà, come era concepita in epoca sumera …

Era stato perciò inevitabile [nei secoli successivi] che, nella storia greca e romana, un numero sempre crescente di piccoli agricoltori si indebitassero in modo irreparabile e perdessero la loro terra. Allo stesso modo, era stato inevitabile che i loro creditori accumulassero enormi latifondi e assumessero il ruolo di oligarchie parassitarie. Questa tendenza innata alla polarizzazione sociale, derivante dall’imperdonabilità del debito, è la maledizione originale e incurabile della nostra Civiltà Occidentale posteriore all’VIII sec. DC, il lurido marchio che non può essere lavato o abraso.

Hudson sostiene che il lungo declino e la caduta di Roma abbiano avuto inizio, non come vorrebbe Gibbon, con la morte di Marco Aurelio, ma quattro secoli prima, in seguito alla devastazione di Annibale delle campagne italiane durante la Seconda Guerra Punica (218-201 a.C.). Dopo quella guerra, i piccoli agricoltori italiani non erano più riusciti a recuperare la propria terra, che era stata sistematicamente inghiottita dalle ‘prædia’, i grandi latifondi oligarchici, come aveva osservato Plinio il Vecchio. [Certo, oggi sono le piccole e medie imprese italiane che vengono inghiottite dalle corporations oligarchiche e pan-europee.]

Ma, tra gli studiosi moderni, come sottolinea Hudson, “Arnold Toynbee è quasi il solo ad enfatizzare il ruolo del debito nella concentrazione della ricchezza e della proprietà nella Roma [antica] (p.xviii) – e perciò a spiegare il declino dell’Impero Romano …

“Le società mesopotamiche non erano interessate all’uguaglianza“, aveva detto al suo intervistatore, “ma erano civilizzate. E possedevano la sofisticazione finanziaria per capire che, dal momento che gli interessi sui prestiti aumentano in modo esponenziale, mentre la crescita economica, nel migliore dei casi, segue una curva ad S, ciò significa che i debitori, se non vengono protetti da un’autorità centrale, finiscono per diventare schiavi a vita dei loro creditori. Perciò, i re mesopotamici venivano regolarmente in soccorso ai debitori schiacciati dai propri debiti. Sapevano che dovevano farlo. Più e più volte, secolo dopo secolo, avevano ordinato amnistie “a tabula rasa”.

L’UE ha punito la Grecia per la sua dissolutezza e ora si accinge a punire l’Italia, se dovesse mancare di rispetto alle regole fiscali dell’UE. L’UE sta tentando quella che Schmitt ha definito una ‘azione di rottura’, per mantenere la sua egemonia.

Questo è comunque veramente un caso in cui l’Unione Europea vede il “bruscolino” nell’occhio dell’Italia, e ignora la “trave” nel suo. Lakshman Achuthan, dell’Istituto di Ricerca sul Ciclo Economico scrive:

“Il debito combinato degli Stati Uniti, dell’Eurozona, del Giappone e della Cina è aumentato, nell’ultimo anno, di oltre dieci volte il loro PIL combinato. È straordinario come l’economia globale, che, nonostante l’aumento del debito rallenta in sincrono, si trovi in ​​una situazione che ci ricorda la figura della Regina Rossa. Come dice la Regina Rossa ad Alice in ‘Attraverso lo specchio’, di Lewis Carroll, “Ora, qui, vedi, per quanto si corra, si rimane sempre nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche altra parte, devi correre almeno al doppio della velocità! “

Ma ciò – correre più veloce, fare più debito – può solo, alla fine, essere risolto con un grosso default (o comunque gonfiando il debito). Guardate gli Stati Uniti: il suo PIL cresce del 2,5%; il debito federale statunitense è al 105% del PIL; il Tesoro degli Stati Uniti spende, ogni giorno, 1,5 miliardi di dollari in interessi e il debito cresce del 5-6% rispetto al PIL. Non è sostenibile.

Le richieste della Grecia e dell’Italia per l’alleggerimento del debito possono essere considerate da alcuni come una supplica speciale, sulla scia della passata cattiva gestione economica; quelle sumere e babilonesi non erano basate su richieste del genere, ma piuttosto su una tradizione conservatrice, fondata sui rituali del rinnovamento cosmico e delle sue periodicità, come ci dice Hudson. L’idea mesopotamica di riforma non aveva ‘la nozione’ di quello che noi chiameremmo ‘progresso sociale’. Al contrario, le misure che il re metteva in atto con i suoi ‘giubilei’ del debito erano provvedimenti intesi a ripristinare un ordine apparentemente invisibile, di retroscena, nella società, il ‘maat’. “Le regole del gioco non erano state cambiate, ma a tutti era stata data una nuova mano di carte”.

Hudson fa notare che “Greci e Romani avevano sostituito l’idea ciclica del tempo e del rinnovamento della società, con quella del tempo lineare” [convergente verso una “Fine del Tempo”]: “La polarizzazione economica era diventata irreversibile, non solo temporanea, insieme alla perdita dell’idea di rinnovamento”. Hudson avrebbe potuto aggiungere che il tempo lineare e la perdita dell’imperativo per la disgregazione e il rinnovamento hanno svolto un ruolo importante nel sostenere tutti i progetti universalisti dell’Europa riguardanti un itinerario lineare della trasformazione umana (l’Utopia).

Ecco la contraddizione essenziale: questa ineluttabile divaricazione economica e questa polarizzazione stanno trasformando l’Europa in un continente lacerato da una irrisolta contraddizione interna. Da un lato, essa castiga l’Italia per i suoi debiti e dall’altro è stata la stessa BCE che ha perseguito la “contrazione” dei tassi di interesse fino ad arrivare in territorio negativo, e ha monetizzato il debito con l’equivalente di un terzo della produzione globale europea. Poteva l’UE non aspettarsi che le banche e le imprese non si caricassero di debito positivo? Come poteva aspettarsi che le banche non gonfiassero i loro bilanci con il ‘debito gratuito’ fino al al punto di diventare “troppo grandi per fallire”?

L’esplosione globale del debito è un macro problema che trascende enormemente il microcosmo Italia. Come l’antico Impero Romano, l’UE si è atrofizzata nella sua ‘missione’ di essere d’ostacolo al cambiamento, e tutto questo senza avere alternative, ma solo per tener duro su un’azione frenante, che alla fine produrrà effetti assolutamente discordanti con l’intento originale (un katechon non voluto e negativo).

Alastair Crooke

Fonte: strategic-culture.org
Link: https://www.strategic-culture.org/news/2018/12/03/italy-eu-and-fall-of-roman-empire.html
03.12.2018
Tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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