Greg Miller
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I combattimenti per la conquista Aquisgrana erano stati violenti. L’artiglieria e gli aerei americani avevano martellato le difese naziste per giorni. I carri armati erano poi entrati nelle strette vie dell’antica città, la sede imperiale di Carlo Magno, che Hitler aveva ordinato di difendere a tutti i costi. Erano seguiti scontri sanguinosi casa per casa, fino a quando, alla fine, il 21 ottobre 1944, Aquisgrana era diventata la prima città tedesca a cadere nelle mani degli Alleati.
Le macerie intasavano ancora le strade all’arrivo, agli inizi di novembre, del maggiore dell’esercito americano Floyd W. Hough e di due dei suoi uomini. “La città sembra essere distrutta al 98%,” aveva scritto Hough in un messaggio inviato a Washington. Basso di statura e dall’aspetto serio, con radi capelli rossi e occhiali cerchiati, il quarantaseienne Hough aveva una laurea in ingegneria civile conseguita alla Cornell University e, prima della guerra, aveva condotto indagini di mappatura topografica nell’Ovest americano per il governo degli Stati Uniti e aveva mappato le foreste pluviali del Sud America per alcune compagnie petrolifere. Ora era a capo di una squadra dell’intelligence militare che disponeva di speciali lasciapassare, rilasciati dal Quartier Generale Supremo della Forza di Spedizione Alleata, che consentivano a Hough e ai suoi uomini di muoversi liberamente in zona di guerra. La loro missione era un segreto così strettamente custodito che un membro della squadra aveva poi riferito che gli era stato detto di aprire la busta contenente i suoi ordini solo due ore dopo il decollo del suo aereo per l’Europa.
Ad Aquisgrana, il loro obiettivo era una biblioteca.
L’HOUGHTEAM, il termine con cui era conosciuta l’unità, era composto da 19 membri accuratamente selezionati. Quattro erano civili altamente specializzati: un ingegnere, un geografo che aveva lavorato come curatore di mappe all’Università di Chicago, un linguista che parlava cinque lingue e l’azzimato rampollo di un’importante famiglia del Kentucky che era cresciuto sopratutto in Europa, essendo il figlio di un generale di brigata inviato in varie capitali come addetto militare. C’erano anche dieci uomini del personale militare. Uno era un interprete giapponese, preso in prestito dall’Office of Strategic Services, l’agenzia di spionaggio che sarebbe poi diventata la CIA. Altri erano passati attraverso il centro di addestramento segreto dell’intelligence militare di Camp Ritchie, nel Maryland. Tra i Ritchie Boys, come erano soprannominati, c’erano immigrati europei che si erano trasferiti negli Stati Uniti per sfuggire alla persecuzione nazista. A Camp Ritchie avevano ricevuto una formazione sulle tecniche di interrogatorio e su altre operazioni psicologiche. Il loro compito era quello di interrogare i civili europei sui movimenti delle truppe nemiche, tradurre i documenti catturati e interrogare i prigionieri di guerra. Per questi rifugiati, era l’occasione per sfruttare le loro abilità linguistiche e la loro familiarità culturale per sconfiggere quel nemico che aveva sconvolto le loro vite.
Oltre a 400 kg. tra fotocamere ed altre attrezzature per la microfilmatura di documenti, l’HOUGHTEAM trasportava anche 11.000 schede indicanti in dettaglio le sedi del Servizio Mappe dell’esercito [tedesco], insieme a parecchi elenchi di università, istituti governativi, biblioteche e altri luoghi dove avrebbero potuto trovarsi i materiali che il team aveva l’ordine di sequestrare. Gli elenchi indicavano anche i nomi degli scienziati tedeschi che avrebbero probabilmente cooperato e quelli di cui non ci si poteva fidare.
Ad Aquisgrana, la biblioteca di cui Hough era alla ricerca si trovava nella Technische Hochschule, o università tecnica. Sebbene fosse stata quasi tutta distrutta dalle bombe americane, erano rimasti migliaia di libri. Ma quello che aveva attirato l’attenzione di Hough erano stati i mucchi di cartelle impilate all’esterno [della biblioteca]. Sembrava che i Tedeschi “avessero lasciato un certo numero di cartelline già legate e pronte per essere caricate sui camion al momento della fuga,” aveva scritto Hough. I documenti abbandonati includevano tabelle con dati topografici eccezionalmente precisi riguardanti il territorio tedesco che gli Alleati non avevano ancora conquistato, proprio quello che Hough stava cercando. La sua squadra aveva rapidamente microfilmato il materiale e lo aveva inviato al fronte, dove le unità di artiglieria alleate avrebbero immediatamente potuto usarlo per migliorare la loro precisione di tiro.
Quello che era stato trovato ad Aquisgrana era stato il primo di una serie di notevoli successi per l’HOUGHTEAM, successi che avrebbero permesso non solo di accelerare la fine della guerra, ma anche di plasmare l’ordine mondiale per i decenni a venire. Il pubblico conosce assai poco della vera portata dei dati di cui Hough e il suo team si erano impossessati, o dell’inventiva che avevano dimostrato nel metterli al sicuro, perché la loro missione era stata condotta in segreto e il materiale tecnico che avevano sequestrato era circolato solo tra gli esperti di intelligence militare e gli accademici. Ma si trattava di un enorme tesoro scientifico, probabilmente la più grande quantità di dati geografici che gli Stati Uniti avessero mai ottenuto da una potenza nemica in tempo di guerra. Basandomi sui memo di Hough inviati ai suoi superiori a Washington e su altri documenti declassificati della missione attualmente conservati negli Archivi nazionali, oltre che sulle lettere private e su altro materiale fornito dalle famiglie di diversi membri del team, ho messo insieme i contorni di questa storica impresa militare. L’operazione sembra ancora più sorprendente perché era stata portata a termine da una improvvisata banda di accademici, rifugiati, impiegati e soldati, tutti guidati da Hough, un ingegnere proveniente da una prestigiosa università con la passione per la geodesia, la secolare scienza della misurazione della Terra con la massima precisione matematica.
Nella guerra del 20° secolo, uomini e macchine possono arrivare solo fino ad un certo punto se non dispongono di dati esatti sulla posizione geografica. Gli Americani sapevano che i Tedeschi di questi dati ne avevano tanti e, molto probabilmente, ne avevano ottenuti ancora di più dai paesi che avevano invaso, compresa l’Unione Sovietica. Se Hough e la sua squadra avessero potuto sfruttare il caos della guerra per impadronirsi di quel bottino, non solo avrebbero dato una mano alla sconfitta dei nazisti, ma avrebbero fornito agli Americani un vantaggio incalcolabile in qualsiasi conflitto globale del futuro.
Gli ordini di Hough, quindi, erano quelli di seguire il fronte ed entrare a Berlino con il primo carro armato.
Al giorno d’oggi, quando il telefono che avete in tasca individua la vostra posizione in pochi secondi, è facile dimenticare quanto sia nuova questa tecnologia (l’esercito americano ha lanciato il suo primo satellite GPS solo nel 1978) e quanto [un tempo] fosse laborioso raccogliere e analizzare i dati geografici globali. A differenza di un rilevamento tradizionale, utilizzato per determinare i confini delle proprietà o contrassegnare il percorso di una nuova strada, un rilevamento geodetico di un’intera regione deve tenere conto della curvatura della Terra e persino delle variazioni di questa curvatura. Questa maggior precisione diventa ancor più critica sulle lunghe distanze. La natura dei combattimenti nella Seconda Guerra Mondiale aveva dato una nuova e notevole importanza alla geodesia, poiché richiedeva il coordinamento delle forze aeree, terrestri e navali su aree molto più estese che in passato.
I dati catturati [come preda bellica] avrebbero potuto offrire agli Americani un vantaggio fondamentale nel realizzare quello che sarebbe poi diventato uno degli obiettivi finali della geodesia: la creazione di una rete geodetica unificata che coprisse l’intero globo. In un tale sistema, qualsiasi punto sulla superficie terrestre potrebbe essere definito da coordinate numeriche e la sua distanza e il suo orientamento rispetto ad un qualsiasi altro punto calcolati con precisione. Questa capacità si rivelerebbe incredibilmente utile per qualsiasi attività umana a lunga distanza, incluso l’indirizzare missili verso un obiettivo situato in un altro continente, come la Guerra Fredda avrebbe presto richiesto.
Non molto tempo dopo la caduta di Aquisgrana, la situazione militare degli Alleati era peggiorata. Nel dicembre del 1944, i Tedeschi avevano realizzato una controffensiva, sfondando il fronte degli Alleati nel Belgio meridionale e in Lussemburgo, in quella che sarebbe poi stata conosciuta come l’Offensiva delle Ardenne. Il cattivo tempo aveva inizialmente costretto a terra la superiore potenza aerea degli Alleati e i combattimenti si erano prolungati fino a gennaio.
Hough aveva aspettato a Parigi. Il tempo era pessimo. L’elettricità andava e veniva. I suoi uomini si scaldavano con i caminetti, quando riuscivano trovare carbone o legna da ardere. Sembrava che tutti avessero un raffreddore che non riuscivano a far passare. L’HOUGHTEAM aveva fatto tutte le ricerche possibili in Francia e negli altri paesi alleati o neutrali. Lavoravano sei giorni alla settimana ai particolari meno importanti della missione vera e propria, ma cercando di utilizzare al meglio il periodo di arresto forzato.
Raymond Johnson, un operaio di 24 anni di una compagnia telefonica di Chicago, aveva esplorato le sale cinematografiche e i cabaret di Parigi e aveva fatto pratica di francese con alcune signore del posto, come aveva poi scritto in un diario inedito che le sue figlie hanno condiviso con lo Smithsonian per questo articolo. Berthold Friedl, un linguista di 46 anni che faticava a socializzare con i colleghi dell’esercito quando il gruppo si radunava la sera a bere vino, aveva scritto un libro in francese sulla strategia militare e sulla filosofia di guerra sovietica che era stato pubblicato nel 1945. “Il Dr. Friedl era incapace di parlare del più o del meno,” aveva ricordato Johnson.
Martin Shallenberger, 32 anni, il rampollo di sangue blu del Kentucky, parlava fluentemente tedesco e francese e, sebbene potesse essere affascinante, i soldati di leva lo trovavano arrogante, secondo Johnson. Andavano su tutte le furie quando li faceva aspettare mentre si fermava per immortalare qualche scena con la sua Leica o [peggio ancora] con il set di acquerelli che si portava dietro.
David Mills, un ingegnere geodetico dai modi gentili, ed Edward Espenshade, il geografo, erano più a loro agio con gli uomini di leva. Espenshade raccoglieva libri rari, in particolare quelli pornografici, che poi abbandonava in giro, in modo che tutti potessero valutarli, anche Mildred Smith, uno dei due membri del Women’s Army Corps [l’unità femminile dell’esercito degli Stati Uniti] aggregati alla squadra. Smith, insegnante di geografia dell’Illinois, era stata assegnata al gruppo con l’incarico di segretaria, ma Hough, che aveva notato la sua iniziativa e la sua intelligenza l’aveva incaricata delle ricerche nei negozi di mappe di Parigi e, in seguito, l’aveva inviata in un viaggio di ricerca a Londra. Il personale militare l’aveva soprannominata Smitty. Alcuni, come Johnson, non avevano mai incontrato una donna simile. “Fino a quel punto della mia vita avevo avuto pochi contatti personali con il tipo di donna liberata che poteva leggere i nostri libri ‘sotterranei’ e discuterne con gli uomini in perfetta compostezza,” aveva scritto.
Hough si era tenuto impegnato. Quando i Belgi gli avevano chiesto aiuto per microfilmare dati topografici ed elenchi segreti delle coordinate di artiglieria, era stato felice di accontentarli e aveva fatto in modo che una copia supplementare fosse inviata a Washington, all’insaputa dei Belgi. Quando la città francese di Strasburgo era stata riconquistata dagli Alleati, i suoi uomini si erano impadroniti di un carico di attrezzature tedesche per rilievi topografici di alta qualità, prima che i Francesi avessero la possibilità di rivendicare il materiale rinvenuto.
Se si fosse presentato un ostacolo, Hough era anche capace diventare creativo. Dopo che diversi paesi neutrali avevano negato a Espenshade e Shallenberger l’autorizzazione a far ricerche nei loro istituti e nelle loro biblioteche, Hough si era fatto inviare dalla Biblioteca del Congresso lettere di presentazione che li qualificavano come suoi rappresentanti addetti alle ricerche bibliografiche. Uno stratagemma del genere aveva fatto arrivare Shallenberger fin dentro la biblioteca privata del Papa in Vaticano, rigorosamente vietata ai membri di qualsiasi esercito, essendo il Vaticano uno stato neutrale.
Finalmente, all’inizio di marzo, le forze alleate avevano ripreso la loro avanzata verso est ed erano pronte ad attraversare il Reno, nel cuore della Germania. La finestra di opportunità dell’HOUGHTEAM si stava aprendo.
Il 4 marzo, Hough aveva lasciato Parigi con Mills, il suo collega ingegnere e tre degli uomini del personale militare. Erano arrivati a Colonia il 7 marzo e, il giorno successivo, avevano visitato la massiccia cattedrale gotica della città appena catturata, a quanto pare l’unico edificio ad essere sfuggito ai bombardamenti degli Alleati. Il 9 marzo avevano ricevuto la notizia che Bonn era stata conquistata e vi erano arrivati al calar della notte. Lì avevano interrogato il direttore dell’istituto geodetico locale, che li aveva condotti in un’alcova nascosta dove era contenuta una cassa di preziosi volumi. L’uomo aveva affermato di aver nascosto lì quei materiali, nonostante l’ordine di trasportarli al di là del Reno. “È sorprendente come questi Tedeschi collaborino,” aveva scritto Hough nella sua nota quotidiana ai suoi superiori di Washington. Se lo scienziato fosse anti-nazista o avesse semplicemente paura di ciò che gli Americani avrebbero potuto fargli, Hough non era stato in grado di dirlo.
Hough e i suoi uomini erano entrati a Francoforte alla fine di marzo, il giorno dopo la presa della città, rifugiandosi in una delle poche strutture ancora in piedi nel quartiere degli affari. Gli edifici stavano ancora bruciando. L’acqua era scarsa. Ne avevano trovata un po’ in due vasche da bagno che i Tedeschi non avevano svuotato prima di fuggire. Ma le istituzioni target dell’HOUGHTEAM a Francoforte erano state ridotte in macerie. Nel seminterrato di un edificio, gli uomini avevano rinvenuto quelli che sembravano libri, ma si erano disintregrati in cenere finissima una volta raccolti.
A Wiesbaden, una città appena ad ovest, la loro fortuna aveva iniziato a migliorare. Nel seminterrato di un edificio, avevano rinvenuto 18 pacchi di dati topografici nascosti dietro un mucchio di immondizia. Contrassegnati in tedesco come “segreto” o “riservato,” i documenti riguardavano migliaia di punti di rilevamento nella Germania Sud-Occidentale. I dati avevano un valore operativo immediato per la Settima Armata degli Stati Uniti, che stava cominciando a farsi strada in quella zona dopo aver attraversato il Reno. Hough aveva deciso di abbreviare la catena di comando e di far arrivare le informazioni direttamente alle unità di artiglieria in grado di usarle.
Hough e il suo team avevano ricevuto una soffiata da un ufficiale prigioniero del Reichsamt für Landesaufnahme, o RfL, l’agenzia nazionale tedesca per i rilievi topografici; aveva rivelato i nomi di due piccole città, a circa 140 miglia ad est, nella Turingia, una regione collinosa e boscosa costellata di villaggi medievali, che non erano incluse in nessuno degli elenchi di Hough.
La Terza Armata degli Stati Uniti era appena arrivata nella zona, famosa per le sue bambole artigianali biscuit, chiamate così per il tipo di porcellana non smaltata utilizzata, che conferisce loro un aspetto assai realistico. Il 10 aprile, Hough si era diretto ad est con quattro uomini del personale militare. Nelle piccole città di Friedrichroda e Waltershausen, disperso in tre fabbriche di bambole, case private, una fattoria e una stalla, il team aveva recuperato l’intero archivio della RfL, che conteneva i migliori dati topografici del governo tedesco riguardanti il proprio territorio. I documenti erano stati spediti da Berlino e nascosti. Si trattava certamente del più grande bottino della squadra fino ad allora. “Non posso ancora fare una stima di quello che c’è qui, ma è parecchia roba,” aveva scritto Hough.
Il 12 aprile, Hough ed alcuni dei suoi uomini avevano visitato Ohrdruf, un sottocampo del famigerato complesso di Buchenwald, il primo campo di concentramento nazista, liberato dalle forze americane appena otto giorni prima. I generali Dwight Eisenhower e George Patton avevano visitato Ohrdruf lo stesso giorno di Hough. “Non ci sono parole in grado di esprimere le scene orribili tutto intorno,” aveva scritto Hough. “È stato orribile e siamo rimasti quasi senza parole.”
Quella notte, Johnson e pochi altri arruolati dell’HOUGHTEAM avevano pernottato in una casa privata nella vicina città di Gotha. In quella fase della guerra era consuetudine per l’esercito acquartierare le truppe in case civili requisite. Johnson era rimasto colpito da quanto sembrassero familiari. “Erano affascinanti e confortevoli,” aveva ricordato nel suo diario. “Piante alle finestre, armadi pieni di vestiti, camerette dei bambini con i giocattoli, articoli da cucito, credenze piene di bella porcellana e posate d’argento.” Sembrava impossibile conciliare queste scene accoglienti della vita domestica tedesca con gli orrori a cui avevano assistito. Uno degli uomini si era seduto e con aria assente si era messo a fare dei buchi nel bracciolo imbottito di una sedia. “Nulla di quello che avremmo potuto fare avrebbe eguagliato l’enormità di ciò che vedevamo,” aveva scritto Johnson.
Alcuni giorni dopo, Hough e i suoi uomini avevano interrogato diversi funzionari della RfL che erano stati catturati, tra cui il presidente dell’istituto, Wilhelm Vollmar, che aveva messo a dura prova la pazienza degli Americani e, come conseguenza, aveva passato una notte in prigione. Erwin Gigas, il geodeta capo, si era dimostrato più collaborativo. Un terzo tedesco, che Hough aveva identificato solo come “il vero uomo a cui eravamo interessati,” si era rivelato molto più importante. Lo stavano cercando fin da Wiesbaden.
Uno dei Ritchie Boys, Hans Jacob Meier, il miglior interrogatore di lingua tedesca della squadra, aveva condotto l’interrogatorio. Meier era un immigrato di carattere socievole di quasi quarant’anni che gestiva un negozio di gastronomia a New York. Ma, nella squadra, si era anche fatto la reputazione di essere una persona tenebrosa, che scompariva per giorni interi in misteriose peregrinazioni, solo per presentarsi esattamente nel momento e nel luogo concordati. Per un Ritchie Boy tedesco, il ritorno in patria comportava il rischio di imbattersi in qualcuno conosciuto nella vita precedente, quindi Hough e gli altri uomini, per nascondere la sua vera identità, lo chiamavano “Caporale Liford.”
Il prigioniero era riluttante a collaborare. Quando l’interrogatorio era entrato nel vivo, il soggetto “aveva cambiato colore e si era rifiutato di rispondere,” aveva scritto Hough. Avevano aspettato in silenzio. Meier aveva minacciato di far arrestare l’uomo sul posto. Se ci fossero state minacce più esplicite o tattiche più persuasive, Hough non ne fa menzione.
Alla fine, il prigioniero aveva fatto un nome: Saalfeld.
Saalfeld era una cittadina a circa 50 miglia a sud-est della posizione dell’HOUGHTEAM. Hough, Mills e cinque uomini del personale militare vi erano arrivati il 17 aprile, quattro giorni dopo la conquista della città da parte della 87° Divisione di Fanteria degli Stati Uniti. La stazione ferroviaria e le fabbriche vicine erano state bombardate e diversi vagoni merci ancora carichi stavano venendo saccheggiati. Alcuni morti dovevano ancora essere sepolti. L’87° aveva continuato ad avanzare verso est senza fermarsi ad istituire un governo militare.
Hough e i suoi uomini avevano preso il controllo della città e si erano incontrati con il sindaco e con altri tre leader locali, che, come aveva scritto Hough, “sembravano ben felici di vedere alcune uniformi alleate in giro.” Hough non aveva perso tempo a trovare la conferma delle informazioni raccolte dalla sua squadra su un possibile deposito di materiale cartografico. Erano stati accompagnati in un vicolo e poi in un magazzino. All’interno c’era una stanza di 3 x 15 m. Gli scaffali, che arrivavano quasi al soffitto, erano pieni di fascicoli cartacei.
Quello che avevano trovato era niente di meno che il deposito dei dati geodetici di mappatura dell’esercito tedesco: una miniera d’oro. I registri delle forze armate tedesche, a differenza di quelli del RfL per lo più civili, si estendevano ben oltre i confini tedeschi prebellici, fin nell’Europa orientale e nell’Unione Sovietica. Il materiale era stato spostato da Berlino per metterlo al sicuro dalle bombe degli Alleati.
Hough aveva scritto una lettera urgente al Capo di Stato Maggiore dell’esercito. “Esiste una situazione di pericolo nella città di Saalfeld,” aveva esordito. “Sono stati rinvenuti una dozzina o più di camion carichi di documenti, in gran parte insostituibili, di estremo valore per il Dipartimento della Guerra.” Aveva chiesto l’invio immediato di almeno 150 uomini per mettere in sicurezza la città, non solo per proteggere i suoi uomini e il materiale sequestrato, ma anche a protezione dei cittadini.
C’era stato a malapena il tempo per fare l’inventario di tutto il materiale. Hough e i suoi uomini avevano trascorso la notte nel magazzino per salvaguardare la loro scoperta. La preoccupazione immediata erano le bande vaganti di rifugiati sovietici e polacchi, liberati di recente dai vicini campi di lavoro forzato e che ora si vendicavano saccheggiando e incendiando case ed edifici. Hough aveva stimato che ce ne fossero almeno 4.000, molti ubriachi, alcuni armati. Se fossero arrivati al magazzino, Hough e i suoi uomini non sarebbero stati in grado di difenderlo.
Ormai l’Armata Rossa stava attaccando Berlino. La guerra sarebbe presto finita e un altro problema per Hough era che Saalfeld era ben all’interno della futura zona di occupazione sovietica, com’era stato precedentemente concordato dalle nazioni alleate. In altre parole, la città avrebbe dovuto essere consegnata ai Sovietici alla fine della guerra. Se Hough non fosse riuscito a portar via rapidamente le mappe e i dati, gli Americani non li avrebbero mai più rivisti.
Nei giorni seguenti, Hough, insieme ai suoi uomini, aveva allestito un’imponente operazione di trasporto. Aveva requisito camion, alcuni piccoli aerei e uomini delle unità dell’esercito americano nella zona, e precettato decine di civili tedeschi affinché aiutassero a caricare il materiale. Entro l’8 maggio, il giorno in cui la Germania si era ufficialmente arresa, aveva già spedito 35 autocarri da due tonnellate e mezzo di mappe, dati e strumenti a Bamberg, 120 km. a sud, una città saldamente all’interno della zona di occupazione americana. Al 1° giugno, aveva fatto arrivare con successo in Turingia, da Saalfeld e da altre località, 250 tonnellate di materiale catturato.
Nel municipio di Bamberg, Hough aveva istituito un nuovo quartier generale per la squadra e aveva confiscato un magazzino di quasi 4000 metri quadri per l’inventario del materiale catturato. Il team aveva fatto la cernita e il risultato erano state 90 tonnellate di mappe, fotografie aeree, strumenti di rilevamento geodetico di alta qualità e risme intere di dati stampati, che erano stati impacchettati in 1.200 casse destinate al Servizio Mappe dell’esercito, a Washington.
Il bottino includeva la copertura geodetica completa di oltre una dozzina di paesi e di stati europei, tra cui la Russia, e molti altri in Nord Africa e in Medio Oriente. Hough aveva poi stimato stimato che il 95% di questi dati era sconosciuto alle forze armate statunitensi. C’erano anche circa 100.000 mappe che coprivano tutta l’Europa, la Russia asiatica, parti del Nord Africa e, in modo parziale, altre regioni del mondo.
I Sovietici avevano occupato Saalfeld il 2 luglio. Il 1° luglio l’HOUGHTEAM stava ancora spostando materiale fuori dalla regione.
Il team si era anche impossessato di sette gigantesche apparecchiature chiamate stereoplanigrafi, una tecnologia all’avanguardia utilizzata per creare mappe topografiche dalle foto aeree. Irta di manopole e bracci regolabili, ogni macchina era abbastanza grande da riempire una stanza e richiedeva due persone per poter funzionare. Un complesso sistema interno di obiettivi e filtri combinava immagini di foto aeree sovrapposte per effettuare misurazioni ad alta precisione delle differenze di elevazione tra valli, colline ed altre caratteristiche del terreno. I modelli catturati a Saalfeld erano stati realizzati dalla Zeiss, la rinomata azienda tedesca di ottiche; Hough aveva stimato che il loro valore combinato fosse di circa 500.000 dollari (quasi 7 milioni di oggi). Aveva ordinato ad una fabbrica di mobili di Saalfeld di costruire casse per la spedizione e aveva inviato uno dei suoi ufficiali nella sede centrale della Zeiss per cercare un ingegnere che supervisionasse lo smontaggio e l’imballaggio delle preziose apparecchiature ottiche.
Una domenica di fine maggio, con la maggior parte del materiale proveniente da Saalfeld trasferito al sicuro nella zona americana, Hough aveva finalmente concesso ai suoi uomini un giorno di libertà. Era il loro primo [giorno di riposo] da marzo. Dopo la folle corsa delle ultime settimane, anche Hough deve aver avuto bisogno di riposare. Nei suoi appunti, aveva scritto che c’era un piacevole clima primaverile e che la campagna della Germania meridionale sembrava bellissima. Nelle strade si vedevano i soldati tedeschi che camminavano verso casa, con ancora indosso le divise e con gli zaini in spalla.
La fine della guerra non aveva rallentato il lavoro di Hough. Sapeva già cosa fare con il materiale catturato e, a Bamberg, si era subito messo all’opera. Da poco i geodeti avevano iniziato a lavorare ad un nuovo, ambizioso progetto: creare una rete geodetica, o “datum,” che coprisse il mondo intero. Nel 1945, questo era ancora un sogno lontano. La sola Europa era un mosaico di circa 20 data diversi. Ogni paese, a volte anche singole regioni all’interno di uno stesso paese, aveva le proprie mappature, spesso realizzate utilizzando metodi matematici diversi.
Tuttavia esistevano i dati grezzi necessari per creare un datum su scala europea e Hough ora possedeva gran parte di essi. Per poterli usare sarebbe stata necessaria un’enorme capacità di calcolo. Perciò, a metà maggio, Hough aveva fatto trasferire a Bamberg il geodeta della RfL, Erwin Gigas, insieme a diversi membri del suo ex gruppo di lavoro. Lì i Tedeschi avevano eseguito le migliaia di calcoli necessari per integrare le cartografie di una vasta fascia dell’Europa centrale in un unico datum geodetico. Hough aveva fatto in modo che i geodeti ricevessero vitto e alloggio nelle case tedesche e aveva pagato loro lo stipendio che avrebbero ricevuto dal governo tedesco. Man mano che il gruppo cresceva, gli ufficiali alleati del controspionaggio controllavano ogni nuovo membro, escludendo chiunque fosse sospettato di simpatie naziste.
Il resto dell’HOUGHTEAM aveva continuato a fare il proprio lavoro. Shallenberger ed Espenshade avevano scoperto mappe e dati nascosti in miniere di sale, castelli e persino seppelliti tra le ossa umane nel cimitero di un monastero. Avevano trovato la raccolta di mappe del Dipartimento di Stato tedesco, gli archivi aerofotografici della Luftwaffe e vari dispositivi e processi tedeschi innovativi attinenti la realizzazione delle mappe.
Shallenberger aveva anche catturato il generale tedesco responsabile della cartografia e delle prospezioni per l’esercito, Gerlach Hemmerich. L’esercito degli Stati Uniti aveva sequestrato la casa di Hemmerich a Berlino e, come per un presentimento, Shallenberger era passato di lì. Aveva notato che la cuoca tedesca usava la versione formale della lingua, di solito parlata solo da persone con un alto grado di istruzione. Interrogata, la donna aveva ammesso di essere la moglie di Hemmerich e aveva detto che lei e suo marito avevano sempre vissuto nella casa. Il generale aveva recentemente trovato lavoro come fuochista in un’installazione dell’esercito degli Stati Uniti; quando era tornato a casa dal lavoro, Shallenberger e una scorta armata lo avevano preso in custodia.
Mentre la missione si avviava al termine, Hough aveva trovato il tempo di scrivere alcune lettere per raccomandare i membri del suo team a promozioni e a nuovi posti di lavoro. Aveva raccomandato Meier, l’interrogatore di origine tedesca, per due scatti di promozione e, in seguito, per una Bronze Star, accreditandolo della scoperta di informazioni che avevano portato direttamente a molti dei più importanti ritrovamenti della squadra. “Si sa da fonti tedesche che gran parte di questo lavoro è stato svolto a rischio considerevole della sua vita, sia attuale che futura,” aveva scritto Hough.
Hough era finalmente ritornato a Washington nel settembre del 1945 e aveva ripreso la sua posizione di capo della divisione geodetica dell’Esercito. Quando Gigas e il suo gruppo avevano completato il loro lavoro sul datum dell’Europa centrale, nel 1947, Hough, che intanto aveva continuato a recarsi alle conferenze internazionali per incontrare i geodeti stranieri, aveva gettato le basi diplomatiche per collegare il resto dell’Europa alla rete geodetica. Dal momento che diversi paesi che erano stati invasi dai nazisti si rifiutavano, comprensibilmente, di consegnare ai geodeti tedeschi i dati cartografici nazionali, Hough aveva convinto il servizio mappe dell’esercito a subentrare nel progetto. Il lavoro era terminato nel 1951, con il completamento del Datum Europeo, o ED50, che, per la prima volta, aveva unificato il continente in una rete geodetica comune.
L’ED50, a sua volta, sarebbe poi diventato parte della fondazione di un nuovo sistema di coordinate globale, noto come proiezione universale trasversa di Mercatore (UTM), il sistema di coordinate standard utilizzato dalle forze armate statunitensi e dalla NATO. Ben presto, questo sistema si era rivelato ugualmente utile per le operazioni civili ed era stato adottato in diversi campi, come i progetti di sviluppo economico, la ricerca ecologica e la prospezione petrolifera. William Rankin, storico della scienza a Yale e autore del libro del 2016 After the Map: Cartography, Navigation, and the Transformation of Territory in the 20th Century, afferma che la proiezione universale trasversa di Mercatore è stata un passo cruciale lungo il percorso dalle mappe vecchio stile, che rappresentavano il territorio in modo intuitivamente visivo, ai sistemi basati sulle coordinate, come il GPS, che determinano la posizione con una precisione matematica assai maggiore. L’UTM aveva mostrato “come immaginare in modo diverso lo spazio e la posizione usando la matematica,” afferma Rankin. “Era come il GPS, prima del GPS.”
Nonostante tutti i loro successi, gli exploit dell’HOUGHTEAM erano stati sommariamente notati solo da uno sparuto gruppo di storici e la sua storia è stata quasi completamente dimenticata, anche all’interno della comunità geospaziale militare. “Siamo abituati a lavorare in segreto e non siamo riconosciuti per i nostri contributi alla sicurezza nazionale,” afferma Thom Kaye, un cartografo militare che aveva conosciuto la storia di Hough solo pochi anni fa, dopo essersi imbattuto in un riferimento in una storia della cartografia durante la Guerra Fredda. Kaye aveva iniziato a fare pressioni affinché Hough fosse inserito nell’Albo d’Oro della National Geospatial-Intelligence Agency. Hough, morto nel 1976 all’età di 77 anni, ha ricevuto lo scorso anno questo onore postumo.
Secondo Gary Weir, lo storico ufficiale dell’agenzia, i dati acquisiti dall’HOUGHTEAM si erano rivelati un enorme vantaggio per gli Stati Uniti nel periodo della Guerra Fredda. La capacità di colpire la Piazza Rossa con un missile balistico intercontinentale lanciato da un silo nel Montana richiede un livello di precisione che può provenire solo dalla geodesia. Guarda caso, il bottino di Saalfeld includeva i dati della prospezione geodetica russa che i Tedeschi avevano in loro possesso, dati che l’HOUGHTEAM aveva trasferito negli Stati Uniti. “Se volessimo far arrivare i missili sul bersaglio, questi sono esattamente i dati necessari per farlo,” afferma Weir. Forse, non a caso, Hough aveva avuto un ruolo iniziale nello sviluppo del programma di ricerca dell’esercito per i sistemi missilistici guidati.
Nei giorni paranoici della distruzione reciproca, non solo importava che noi avessimo quei dati, afferma Weir, ma anche che i Sovietici sapessero che noi li avevamo. E lo sapevano. Nel 1957, secondo un articolo pubblicato l’anno dopo sulla rivista Life, Hough aveva incontrato in una conferenza a Toronto alcuni famosi geodeti sovietici. Dopo essere stato presentato dai colleghi, uno dei delegati russi aveva guardato Hough con freddezza e gli aveva detto: “Abbiamo sentito molto parlare di lei, signor Hough.”
Greg Miller
Fonte: smithsonianmag.com
Link: https://www.smithsonianmag.com/history/untold-story-secret-mission-seize-nazi-map-data-180973317/#W1IOU43WUEJ94Yrk.99
novembre 2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org