DI GIULIANO SANTORO
jacobinitalia.it
London Calling quarant’anni dopo continua a ispirarci perché è un disco globale, che provincializza l’Europa e porta il rock’n’roll dove non era mai arrivato
Secondo la nota definizione di Italo Calvino, un classico si riconosce dal fatto che «non ha mai finito di dire quello che ha da dire». Più precisamente, argomenta Calvino passando in rassegna alcune delle caratteristiche dei classici, ci troviamo di fronte a un classico quando ci accorgiamo che tende a relegare l’attualità a rumore di fondo ma al tempo stesso continua a sprigionare una potenza tale che con quel rumore di fondo non può fare a meno di interagire. London Calling, il terzo disco dei Clash che oggi compie quarant’anni, può definirsi un classico esattamente per questo: si staglia come pietra miliare ma offre continuamente chiavi di lettura, punti di vista, sguardi sul contemporaneo. È un disco che continua a risuonare nelle nostre esistenze quotidiane.
È l’inizio dell’estate del 1979, siamo a Londra. Lungo Causton Street, non lontano da Westminster, c’è un terreno adibito a campo da calcio. Ogni giorno si presenta un gruppetto di ventenni a giocare a pallone. Sono i Clash con la loro crew. Joe Strummer, voce e chitarra ritmica, non è dotatissimo tecnicamente ma per compensare corre come un pazzo ed è molto generoso. Mick Jones, chitarra solista e spesso cantante, ha buoni numeri ma tende a strafare quando ha la palla al piede. Il bassista rude boy Paul Simonon è poco attrezzato dal punto di vista tecnico oltre che fallosissimo. Topper Headon, il batterista, è un virtuoso, uno di quelli che fanno la differenza. I quattro giocano assieme ai ragazzi del loro entourage. Ogni giorno, dopo un’ora di sgroppate polverose, ritornano sudatissimi in sala di registrazione al Vanilla Studios, un magazzino di un palazzo che oggi non esiste più, è stato demolito. Stanno lavorando a London Calling, il primo disco di rock’n’roll globale della storia della musica, un album che non si limita a tracciare nessi tra luoghi diversi, linguaggi plurimi e sonorità differenti ma che ricombina i rapporti tra centro e periferia, tra sud e nord.
In quell’estate del 1979 il punk sembra davvero morto. Sono apparsi due album d’esordio che travalicano il genere e battezzano la cosiddetta new wave: Unknown Pleasure dei Joy Division e Y del Pop Group. È uscito Metal Box dei Pil, il gruppo con il quale John Lydon si libera del personaggio marcio di Johnny Rotten che gli aveva cucito addosso Malcom McLaren e decostruisce il rock prima che il punk, chiudendo la parentesi fugace e fondativa dei Sex Pistols di Never Mind the Bollocks.
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