Il Putin-Ferio: ma chi ha vinto la Seconda Guerra Mondiale?

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DI ALESSANDRO GUARDAMAGNA

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Da quando il Parlamento europeo il 19 settembre 2019 ha attribuito le responsabilità di aver scatenato il secondo conflitto mondiale all’URSS di Stalin e alla Germania nazista, Putin, che non ha apprezzato la risoluzione di Bruxelles per motivi fin troppo ovvi, non si è risparmiato per controbattere le accuse.

Non solo ha ripetutamente attaccato la Polonia, ma nel corso di una settimana ha puntato il dito 5 volte contro il governo Polacco per il ruolo avuto nel causare l’inizio delle ostilità, ed è arrivato al punto di definire l’allora ambasciatore Polacco presso la Germania hitleriana con termini come “feccia” e “maiale antisemita”. Questo si è accompagnato all’esaltazione sistematica del sacrificio sostenuto dai sovietici nella lotta al Nazismo. La prova? Gli oltre 20 milioni di morti, di cui 10 milioni di militari, che l’URSS ha avuto nel conflitto.

Pochi giorni fa, in occasione dell’anniversario della vittoria della Seconda Guerra Mondiale, Putin ha ufficialmente dichiarato che il 75% degli sforzi compiuti per distruggere le truppe nazifasciste è stato fatto dai Russi, e quindi il contributo degli Alleati, checché se ne dica, è marginale. Putin naturalmente ringrazia per gli aiuti di armi e munizioni ricevuti, pari al 7% del totale impiegato dai sovietici, ma finisce lì. Come dire, siccome “i ¾ degli sforzi li abbiamo fatti noi, e il 93% dei materiali delle armi e munizioni impiegate le abbiamo costruite noi, noi Russi siamo gli autentici vincitori della Seconda Guerra Mondiale, e gli altri non contano un accidente, indipendentemente da quanto cerchino di dimostrare o dalle responsabilità balorde che ci rifilano”.

Il che è vero, ma assolutamente incompleto nella misura in cui Putin dice solo parte della verità, forse per errore o forse perché è quella che più gli interessa, cosa che falsa inevitabilmente il quadro del conflitto.

Momento della parata sulla Piazza Rossa per il 75mo anniversario della Vittoria della Seconda Guerra Mondiale. Mosca, 24 Giugno 2020.

Quindi il punto, legato all’errore o all’inganno di Putin, rimane: chi è stato il vero vincitore della Seconda Guerra Mondiale?

In primis va considerato che le motivazioni che Putin da relativamente ai legami tra URSS e Germania Nazista, e che contrastano fortemente con la dichiarazione di Bruxelles, sono sostanzialmente corrette.

La Russia staliniana fu effettivamente isolata nel periodo fra le due guerre, e il patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop siglato nell’Agosto del 1939 fu per Mosca in parte una necessità. I reali motivi che portarono alla Seconda Guerra Mondiale affondano le radici nelle decisioni prese al termine del primo conflitto del 1914-1918, concluso con il Trattato di Versailles che divenne un simbolo di profonda ingiustizia per la Germania.

Che negli anni ’30 le potenze occidentali vedessero una guerra futura della Germania contro la Russia di buon occhio è plausibile, in quanto de facto il regime sovietico era considerato nemico degli imperi e delle nazioni ad economia capitalista, e tale volontà fu alla base della politica di isolamento portata avanti contro l’Unione Sovietica.

Il Patto Molotov-Ribbentrop nasceva quindi anche da esigenze pratiche tese a definire precise zone di influenza e ad evitare uno scontro aperto fra Germania ed Unione Sovietica, ed in tal senso Putin, va ribadito, ha ragione.

Non ha invece decisamente ragione quando afferma che furono esclusivamente le potenze occidentali responsabili del riarmo tedesco, in quanto ignora che la scuola per carristi di Kama fu allestita segretamente in Russia dal 1929 al 1933 per permettere agli ufficiali tedeschi di addestrarsi regolarmente, e lo stesso dicasi della scuola di aviazione di Lipetsk attiva nel periodo 1926-1933. Non risulta che Stalin, nel prendere iniziative in totale contrasto ai vincoli posti da Versailles sul riarmo della Germania, fosse obbligato ad addestrare i futuri ufficiali della Wermacht e della Luftwaffe.

Inoltre va osservato che Stalin aveva mire precise che non si limitavano ad evitare uno scontro diretto con la Germania. Infatti quando la Polonia fu attaccata dalle truppe naziste nel Settembre 1939, la Russia prese possesso della parte orientale del paese. L’idea di russificare la Polonia e farne parte dei domini sovietici è confermata dagli eccidi di Katyn del Marzo 1940, voluti da Stalin per eliminare una componente consistente degli ufficiali dell’esercito, tutti laureati e quindi parte della classe dirigente nazionale della Polonia appena asservita. Analogamente l’invasione della Finlandia nel Novembre 1939, azione per la quale l’URSS fu espulsa dalla Società delle Nazioni, ubbidisce alla logica di estendere le proprie zone di influenza a scapito delle popolazioni confinanti.

Katyn: il genocidio negato – i fascicoli segreti che la Polonia voleva a tutti i costi

Quindi se il Patto Molotov-Ribbentrop non è sicuramente l’unico elemento che sta alla base della Seconda Guerra Mondiale, come osserva correttamente Putin, è tuttavia uno dei fattori che in qualche misura favorirono l’escalation verso la guerra, cosa del resto testimoniata dalla semplice cronologia. Il patto fu siglato il 25 Agosto 1939, e una settimana dopo la Polonia veniva invasa.

Passando ora alle operazioni belliche, vediamo in cosa consistette lo sforzo sostenuto dalle forze sovietiche nella guerra definita “Mondiale” perché coinvolse tutte le maggiori potenze e si combatté in tutto il globo. Fra i teatri principali in cui si svolse vi furono quello europeo, che vide tre fronti, quello occidentale in Francia, Belgio, Paesi Bassi e Germania (1939-1940 e 1944-1945), quello Italiano-Mediterraneo (dal 1943 al 1945) e quello Orientale in URSS, nei paesi dell’est e in Germania (dal 1941 al 1945). Al teatro europeo vanno aggiunti quello Nord-africano (dal 1940 al 1943) e quello del Pacifico (1941-1945). L’URSS, che fornì ingenti quantità di metalli e minerali necessari allo sforzo bellico alleato su scala mondiale, si impegnò militarmente solo sul fronte Orientale in Europa dove combatté i Tedeschi ed i loro alleati, e non diede alcun contributo né di uomini né di mezzi alle operazioni che si svolsero altrove. La sua dichiarazione di guerra al Giappone tre settimane prima che questo capitolasse portò ad un’offensiva di successo in Manciuria e Corea, ma arrivò troppo tardi per avere un impatto determinante nella conclusione delle ostilità con l’Impero Giapponese, già colpito dall’arma atomica ad Hiroshima il 2 Agosto. In compenso servì a garantire alla Russia un posto al tavolo dei vincitori.

Qualcuno potrebbe obiettare che gli altri teatri fossero marginali, rispetto a quello Europeo, ma si tratta di osservazioni non corrette. Infatti se i nazifascisti non fossero stati costretti ad abbandonare prima il Nord Africa e poi ridotti sulla difensiva in Europa occidentale con lo sbarco in Sicilia nel Luglio 1943, e successivamente in Normandia nel 1944, le cose per i Russi avrebbero avuto un esito non scontato, nonostante i grandi numeri di uomini e mezzi messi in campo dall’Armata Rossa. Infatti una Germania vincitrice in Africa avrebbe significato la successiva conquista dei campi petroliferi in Egitto e nel vicino medio oriente, e questo, oltre a garantire oli combustibili praticamente inesauribili alle forze dell’Asse, avrebbe paralizzato una delle vie di rifornimento che dal Golfo Persico permetteva di far giungere rifornimenti USA all’URSS; l’altra era attraverso il nord pacifico, il porto di Vladivostok e la Siberia.

Complessivamente il 7% dei rifornimenti alleati avrebbero preso la via dell’URSS. La cifra è un po’ inferiore alle stime americane, ma il punto non è questo. La verità ancora una volta sta in quello che Putin non dice. Che il totale dei rifornimenti sia stato del 7, dell’8 o del 12% è comunque vero che la Russia produsse da sé la stragrande maggioranza delle dotazioni belliche impiegate nel periodo 1941-1945. Ma, questo è il punto essenziale, se il totale è del 7% tale percentuale deve essere messa in relazione alle varie fasi della guerra QUANDO gli aiuti arrivarono alla Russia, e allora il quadro cambia totalmente. Ad esempio all’indomani dell’operazione Barbarossa mentre le armate naziste travolsero i sovietici che non si aspettavano un attacco nonostante gli avvertimenti ricevuti, il fronte russo in più punti cessò di esistere. Intere divisioni si arrendevano o venivano tagliate fuori per poi essere annientate e migliaia di mezzi furono catturati. La sorpresa fu tale che per giorni lo stesso Stalin non seppe come reagire e quali ordini impartire ai suoi generali. Oltre a milioni di prigionieri i Tedeschi catturarono ingenti quantità di mezzi, materiali e privarono i Russi di enormi centri di produzione. Produrre quanto andò perduto non fu semplice, come non lo fu riorganizzare gli stabilimenti lontano dal fronte, oltre gli Urali e al raggio di azione dei bombardieri tedeschi. In quel mentre, la ridotta produzione sovietica non riusciva neppure a garantire di ripianare le perdite subite, e fu in questo frangente che gli aiuti degli alleati si rivelarono essenziali. Essi infatti diedero a Mosca il tempo necessario per riorganizzarsi mentre le truppe continuavano a essere rifornite laddove la produzione interna non sarebbe stata in grado di provvedere autonomamente. Quindi è vero, come afferma Putin, che complessivamente gli aiuti alleati furono inferiori alla produzione sovietica, ma in certi momenti fecero la differenza perché permisero comunque ai Russi di combattere, e senza il loro contributo tempestivo non vi sarebbe stata neppure la resistenza dell’Armata Rossa.

Un esempio è dato dai primi aiuti provenienti dalla Gran Bretagna che ebbero un ruolo di non poco conto nella difesa di Mosca, come dimostrano alcuni documenti resi disponibili negli archivi sovietici dopo la caduta del Muro di Berlino. Una gran parte delle prove documentali rimane classificata come “segreta” nell’Archivio centrale del Ministero della Difesa e nell’Archivio di Stato dell’Economia, ma ricercatori sia occidentali che russi sono stati in grado di accedere a fonti di prima mano, fra cui i diari di guerra di N. I. Biriukov, ufficiale dell’Armata Rossa responsabile dall’Agosto 1941 in poi per la distribuzione di carri armati recentemente portati in prima linea. Le pagine di Biriukov (vedi Hill, The Great Patriotic War of the Soviet Union, 1941-45: A Documentary Reader, p. 82-85) danno un quadro molto diverso da quello dipinto da Putin. In particolare, esse evidenziano che gli aiuti britannici all’Unione Sovietica a cavallo fra il 1941 e il 1942 ebbero un ruolo molto più significativo nella difesa di Mosca e nel rilancio delle sorti della guerra di quanto non sia stato riconosciuto.

Particolarmente importanti per i sovietici alla fine del 1941 furono i carri armati e gli aerei forniti dagli inglesi. Gli aiuti americani in quei mesi erano ancora limitati, poiché la Russia era entrata a far parte del piano Lend-Lease di aiuti e prestiti solo il 7 Novembre. Nel Dicembre di quell’anno la quantità degli aiuti britannici aumentò ben oltre i livelli previsti dagli Alleati e ciò avvenne in un momento in cui l’industria sovietica era allo sbando – molti impianti industriali erano stati distrutti o catturati dalle truppe naziste in fase di avanzata o durante la ritirata sovietica – e le perdite di attrezzature specifiche si avvicinarono o addirittura superarono il ritmo con cui la produzione interna poteva sostituirle. Fu allora evidente che anche gli aiuti che potrebbero apparire minimi nel contesto più ampio della produzione bellica sovietica, giocarono un ruolo fondamentale nel colmare le perdite in momenti cruciali del conflitto sul fronte orientale.

E’ stato calcolato che l’Unione Sovietica perse 20.500 carri armati dal 22 Giugno al 31 Dicembre 1941. Alla fine di Novembre erano disponibili solo 670 carri armati sovietici per difendere Mosca, lungo il fronte di Kalinin. Solo 205 di questi carri armati erano di tipo pesante o medio e la maggior parte era concentrata nella parte occidentale del fronte. Nello specifico il fronte di Kalinin disponeva di 67 carri armati in prima linea, e altri 30 tenevano la zona sud-occidentale delle difese attorno a Mosca.

Date le necessità della produzione sovietica e le perdite subite dell’Armata Rossa, i comandi sovietici volevano comprensibilmente mettere in azione i carri britannici al più presto. Secondo il diario di servizio di Biriukov, i primi 20 carri armati britannici arrivarono alla scuola di addestramento a Kazan il 28 Ottobre. mentre altri 120 carri armati furono scaricati nel porto dell’Archangel nella Russia settentrionale. I carristi furono addestrati all’impiego dei nuovi carri a partire da Novembre, mentre i primi carri armati, con l’assistenza britannica, venivano sottoposti a test da specialisti dell’Armata Rossa.

I carri armati raggiunsero la prima linea ad una velocità straordinaria e gli addetti militari dell’ambasciata britannica osservarono che circa 90 carri avevano già ricevuto il battesimo del fuoco con l’Armata Rossa in data 9 Dicembre 1941. Estrapolando dalle statistiche disponibili, i ricercatori hanno stimato che i carri inglesi Matilda e Valentine rappresentarono dal 30 al 40% dell’intera forza di carri armati pesanti e medi che l’Armata Rossa schierò per la difesa di Mosca all’inizio di Dicembre 1941, ed ebbero un ruolo significativo nel fermare i Panzer tedeschi.

Carro armato Matilda di fabbricazione britannica impiegato dall’Armata Rossa sul fronte di Kalinin, Russia, Dicembre 1941

Un flusso costante di carri di fabbricazione britannica continuò a arrivare all’Armata Rossa durante la primavera e l’estate del 1942. Il Canada alla fine avrebbe prodotto 1.420 carri Valentines, quasi esclusivamente per la guerra in Unione Sovietica. Nel luglio 1942 dei 13.500 carri armati in servizio nell’Armata Rossa, il 16% erano stati inviati dagli Alleati. Oltre la metà di questi era di fabbricazione britannica.

I primi invii di materiali alle nazioni alleate impegnate nel conflitto consistevano principalmente in cibo e beni industriali, e arrivarono dagli USA in Inghilterra nel momento in cui il blocco degli U-Boot stava progressivamente riducendo le scorte alimentari della nazione. I primi carri armati e aerei americani raggiunsero l’Egitto in tempo per essere impiegati nella seconda offensiva in Libia che iniziò nel Novembre 1941.

La Russia fu inclusa ufficialmente nel piano nel Novembre di quell’anno, ma già in precedenza Washington aveva inviato ingenti quantità di rifornimenti ai Russi insieme a concessioni creditizie per 50 milioni di dollari.

Il primo convoglio Anglo-americano attraccò nel porto di Murmansk proprio quando le unità della Wermacht erano arrivate alle porte di Mosca.

Nei vari teatri di guerra del 1942, le forze alleate combatterono grazie alle attrezzature fornite dal piano di aiuti e, in una certa misura, questo interessò anche le forze sovietiche impegnate a Stalingrado nell’inverno 1942-1943. Beni e servizi venivano forniti dagli USA ai propri Alleati al ritmo di circa 1 miliardo di dollari al mese, che aumentò ad oltre 1,5 nei primi sei mesi del 1944.

Gli eserciti britannici, che, insieme alle forze americane e francesi, ricacciarono l’Asse fuori dal Nord Africa, dalla Sicilia, dall’Italia meridionale e dalla Francia, usarono enormi quantità di armi prodotte e distribuite nel piano di aiuti di guerra. L’offensiva russa che scacciò i tedeschi dalla Russia bianca e da gran parte dell’Ucraina fu supportata da migliaia di armi leggere, aerei, carri armati, camion e altri beni forniti dagli USA.

Ciò non significa che le principali forze Alleate – eccezion fatta per il nuovo esercito francese quasi completamente equipaggiato dagli USA – dipendessero esclusivamente dalle forniture americane. È stato stimato che il prestito fornì complessivamente solo il 10% dell’equipaggiamento bellico della Gran Bretagna, e una percentuale analoga finì all’URSS. Ma i mezzi e materiali che furono inviati insieme ai servizi di approvvigionamento furono fattori importantissimi per il successo dell’Armata Rossa, come del resto fu riconosciuto dallo stesso Stalin durante un brindisi che si tenne durante la conferenza di Teheran nell’Ottobre del 1943. In tale occasione egli dichiarò che senza gli equipaggiamenti forniti dagli americani l’URSS e “le nazioni alleate non avrebbero mai potuto vincere la guerra”.

Il valore di tali aiuti è considerevole e ammontava al 30 Giugno 1944 a circa 28 miliardi e 270 milioni di dollari a cui si aggiungono altri 680 milioni di dollari in attrezzature e mezzi trasferiti dai generali americani direttamente alle forze Alleate combattenti.

Cosa rappresenta nel dettaglio il volume espresso in dollari del prestito di guerra? Circa il 54% di tutti gli aiuti militari USA consistette in attrezzature da combattimento, comprese navi militari e mercantili.

Circa il 21% comprendeva materiali e prodotti industriali, come benzina per l’aviazione, metalli e macchine utensili per la fabbricazione di munizioni, tessuti e pelli per produrre uniformi e scarpe negli stabilimenti di Gran Bretagna e Russia. A queste voci poi si aggiungono forniture chirurgiche e mediche per ospedali e basi militari, materiale rotabile per ferrovie e legname per banchine.

Un’autostrada fu costruita attraverso l’Iran e la ferrovia trans-iraniana venne trasformata in una grande arteria per lo spostamento dei rifornimenti dal Golfo Persico alla Russia. 

Se poi si analizzano le cifre in singole voci è possibile vedere in cosa si compose specificamente l’aiuto di mezzi militari e materiali all’Unione Sovietica. 

Alla fine di Giugno del 1944 gli Stati Uniti avevano inviato ai sovietici più di 11.000 aerei; oltre 6.000 carri armati e caccia carri; 300.000 camion e altri veicoli militari; 35.000 motocicli.
Molti degli aerei furono fatti volare direttamente dagli Stati Uniti verso l’Unione Sovietica sulla rotta settentrionale attraverso l’Alaska e la Siberia; altri furono caricati e spediti nel Golfo Persico, dove vennero poi assemblati e fatti volare in Russia.

Gli USA inviarono in Russia 350 locomotive, 1.640 automobili e quasi mezzo milione di tonnellate di binari e accessori, il tutto a sostegno dell’apparato logistico ferroviario che alimentava le divisioni russe sul fronte orientale. Per le unità combattenti furono inviate miglia di filo telefonico da campo, migliaia di telefoni e migliaia di tonnellate di esplosivo. Insieme a questi furono mandati in Russia macchine utensili e attrezzature per aiutare i russi a fabbricare i propri aerei, pistole, proiettili e bombe. Ingenti furono anche le quantità di cibo. La sola Unione Sovietica ne ricevette circa 3 milioni di tonnellate.

Il programma Lend-Lease è sicuramente un argomento controverso nella storia della Seconda Guerra Mondiale. Le fonti sovietiche e americane hanno fornito informazioni divergenti a riguardo, e la divisione dovuta alla Guerra Fredda non ha favorito una visione condivisa per lungo tempo. Per decenni dopo il 1945 le autorità di Mosca hanno sottolineato come la vittoria del popolo sovietico fu ottenuta con l’assistenza degli alleati ridotta al minimo.

Tuttavia, l’aiuto alleato, ed in particolare quello americano, si rivelò sostanziale. Secondo il ministro delle forniture sovietico Anastas Mikoyan, nel 1941 l’Armata Rossa perse enormi quantità di materiali, e nessuno si faceva illusioni su come sarebbero andate le cose senza i rifornimenti garantiti dagli alleati, come abiti invernali per i soldati, armi e cibo, e la sua affermazione rispecchia le parole pronunciate da Stalin nel 1943.

Furono appunto i rifornimenti alleati che permisero ai Russi di superare la crisi dell’inverno del 1941 e di riarmarsi poi adeguatamente nel primo anno, cruciale per la guerra, dopo che molti armamenti e centri di produzione andarono distrutti o passarono sotto il controllo dei nazisti.

Un altro esempio indicativo dell’aiuto è dato dai camion Studebaker usati come piattaforme per il sistema dei lanciarazzi Katyusha, una delle armi più micidiali impiegate dai Russi sul fronte orientale

A partire dal 1942 l’Unione Sovietica iniziò a ricevere sistematicamente veicoli costruiti dagli alleati, molti dei quali erano stati adattati per montare piattaforme di lancio per razzi. I BM-13, questo il nome dato ai sistemi lanciarazzi, vennero montati sui veicoli costruiti da International, Studebaker, General Motors e Ford. Il fatto che i lanciarazzi Katyusha fossero installati su camion significava che potevano essere ritirati velocemente dopo l’impiego, rendendo difficile per i tedeschi individuarli e distruggerli durante il lungo tempo necessario alla ricarica.

Studebaker produsse nello stabilimento di South Bend nell’Indiana più di una dozzina di versioni del veicolo denominato US6 “Deuce and a Half”, da cui derivava la forma finale del BM-13. Nel periodo 1941-1945 Studebaker costruì 105.917 esemplari a sei ruote motrici e 87.742 a quattro ruote motrici dello US6. Reo Motors ne realizzò altre 22.204 del tipo 6 × 6. Di quel totale gli USA inviarono in Unione Sovietica 152.000 veicoli, principalmente attraverso il corridoio persiano. I russi trovarono gli Studebaker veicoli robusti e affidabili e arrivarono a proporre ai progettisti americani modifiche per renderli perfettamente compatibili alle esigenze che si presentavano sui campi di battaglia del fronte orientale, il che la dice lunga sulla portata e il livello di integrazione esistente fra gli aiuti USA e gli utilizzatori finali nell’Armata Rossa.

Oltre all’apporto materiale, gli aiuti erano una concreta dimostrazione della solidarietà verso il popolo sovietico e ne rafforzavano la convinzione nella lotta contro l’invasone nazista.

Il quadro che emerge, che va a completamento e non a detrimento di quanto sostenuto recentemente da Putin, permette quindi di comprendere come gli aiuti alleati giocarono un ruolo importassimo nel permettere alla macchina bellica Sovietica di opporsi efficacemente e poi contrattaccare l’invasore nazista. Il contributo del Lend-Lease, indipendente dagli interventi di valenza politica che hanno spesso portano a presentarlo in modo fuorviante, fu quindi fondamentale nel determinare la vittoria sulle forze dell’Asse nella Seconda Guerra Mondiale.

Dopo il 1945 le autorità di Mosca proposero la versione della Grande Guerra Patriottica ottenuta con vittorie della loro nazione conseguite grazie esclusivamente a forze e mezzi messi in campo dall’Armata Rossa.

Qualsiasi menzione del ruolo svolto dagli Alleati nello sforzo bellico sovietico era rigorosamente vietata. A cavallo fra la fine degli anni ’50 e gli anni ’60, all’epoca di Krusciov, vi fu una maggiore onestà nell’ammettere l’entità degli aiuti forniti dagli Alleati, ma era ancora severamente proibito suggerire che tali aiuti avessero fatto davvero la differenza sul campo di battaglia. I riferimenti al Lend-Lease nelle rievocazioni erano invariabilmente accompagnati da una svalutazione della qualità delle armi fornite, con carri armati e aerei alleati rappresentati invariabilmente come inferiori ai loro corrispettivi sovietici.

Riassumendo nessuno nega il grande contributo di sacrifici fatto dai russi nello sconfiggere il nazismo, e che ciò avvenne in gran parte grazie ad armi sovietiche. Ma questo fu reso possibile anche perché nei momenti critici della guerra i mezzi per combattere i nazisti furono forniti dagli alleati proprio quando i russi si trovarono alle strette, sulla difensiva e impossibilitati a rifornire le proprie truppe in modo adeguato. E se carri, aerei e mezzi dell’Asse si ritrovarono drasticamente a corto di carburante non fu solo, e non principalmente, per l’indubbia bravura dei piloti russi nel distruggere i mezzi nemici, come sostiene Eric Margolis, visto che la distruzione non esaurisce la fonte del carburante, MA perché la Germania nazista fu confinata ad una guerra europea e le sue offensive strategiche per raggiungere le grandi riserve petrolifere furono stroncate dagli Angloamericani e non dall’Armata Rossa.

Se il presidente Putin avesse letto tutti i dati senza fare cherry picking, ossia prendendo solo quelli che più gli piacciono, il quadro che ne esce sarebbe assai diverso da quello che ha presentato affermando che il 75% dello sforzo bellico per sconfiggere i Nazisti fu compiuto dall’Armata Rossa con aiuti alleati di poca o punta importanza.

Per dirla con le parole di Paul Fussell, la Seconda Guerra Mondiale fu vinta dagli Alleati e questo avvenne non perché i loro soldati fossero supportati da valori ideali migliori rispetto ai tedeschi, pur essendo il nazismo un’ideologia aberrante, e neppure perché avessero schierato combattenti con un morale migliore rispetto ai propri avversari. Infatti studi condotti sui prigionieri e sui reduci dimostrano che sul fronte Europeo i combattenti più motivati erano proprio i soldati Tedeschi, animati da un profondo senso di convinzione nella causa della vittoria fino al 1944, poi trasformatosi nell’idea di difesa della patria. I soldati angloamericani invece, pur avendo l’idea di combattere una crociata per liberare il mondo dall’oppressione nazifascista, avevano un background eccessivamente anarchico che non favoriva particolarmente la coesione e lo spirito combattivo.

Ma, fa osservare Fussell, i migliori combattenti furono sconfitti perché alla lunga per ogni pallottola che produceva Krupp e sparata dalle motivate truppe tedesche, la General Motors ne produceva 5 sparate dalla meno motivate truppe alleate in tutto il mondo, Russia compresa, e con effetti più letali.

Fu la General Motors a riempire i fucili ed i serbatoi dei veicoli degli Alleati in tutto il mondo e non le Officine Kirov, e questo, anche se non da nessun primato morale alla corporation americana, serve a mettere tutti i fatti nella giusta posizione.

Gli aiuti alleati all’URSS, sebbene inizialmente di portata ridotta nel 1941, aumentarono costantemente e furono una fonte di speranza per il popolo russo, che fu aiutato concretamente nella lotta e che comprese di non essere stato lasciato da solo in uno dei momenti più bui e terribili della propria storia. Fra coloro che non sembrano disposti ad accettare questo fatto vi è Putin, e lo fa riprendendo la linea delle autorità comuniste che, a conflitto finito, tacevano o screditavano il ruolo degli aiuti alleati, mostrandosi così più interessato ad utilizzare la Seconda Guerra Mondiale per giustificare la propria agenda politica – che combina autoritarismo personale in patria e attacchi al passato della Polonia – che non al significato del conflitto. Non solo la sua presa di posizione è dovuta a motivi che non hanno a che fare con la storia finora conosciuta, ma, paradossalmente, finisce col far nascere dubbi sulla reputazione di storico che gli viene attribuita.

 

Alessandro Guardamagna

30/06/2020

Alessandro Guardamagna lavora come insegnante d’inglese e auditor qualità a Parma. In precedenza ha ottenuto un PhD in Storia e un Master in American Studies presso University College Dublin, in Irlanda, dove ha lavorato e vissuto per 10 anni. Da sempre sovranista, scrive articoli di politica e storia su ComeDonChisciotte dal 2017.

BIBLIOGRAFIA

Hill, Alexander. The Great Patriotic War of the Soviet Union, 1941-45: A Documentary Reader. London and New York, 2009.

Fussell, Paul. Wartime: Understanding and Behavior in the Second World War. Oxford University Press, 1989.

 

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