di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)
“Ritornerò in ginocchio da te”, cantava Bobby Solo. Oggi in ginocchio è tornato Mario Draghi da Vladimir Putin, implorandolo di sbloccare il grano fermo nei depositi in Ucraina.
Ma come, aspettate un attimo, fatemi capire: Draghi chiama Putin che è il presidente della Russia per chiedergli di sbloccare il grano fermo nei depositi in territorio ucraino.
Ma non avrebbe dovuto chiamare Zelensky?
Fermi tutti, allora, non sarà mica che Putin abbia già raggiunto i suoi obbiettivi bellici e di fatto controlli l’intero accesso dell’Ucraina sul Mar Nero.
Ma non ci dicevano tutti – Draghi in testa e stampa di regime al seguito – che la Russia stava perdendo la guerra, che era in netta difficoltà, che l’esercito ucraino stava per ricacciarli indietro ed addirittura c’erano ottime chance di gustarsi un invasione in terra russa con tanto di caduta dal trono del dittatore Putin ad opera del suo popolo.
Evidentemente anche a questo giro qualcuno ha fatto male i conti.
In poco più di un mese, dal non si paga il gas in rubli siamo passati ad aprire i conti in rubli presso Gazprombank, pena il blocco dell’intero sistema economico europeo – dal sostenere che la Russia sarebbe andata in default a breve, siamo passati ad una nazione che viaggia con surplus commerciali da record e bloccare le riserve russe in valuta presso la FED e la BCE, ha fatto sì che il rublo diventasse oggi la moneta più apprezzata al mondo.
E come se non bastasse, oggi Draghi si è reso conto che senza le esportazioni di grano provenienti dall’Ucraina e dalla Russia, siamo alle soglie di una devastante crisi alimentare, che sta per colpire i paesi più poveri ma che a ruota, è facile immaginare, possa colpire anche il continente europeo.
Putin, come era logico che sia, ha risposto a Draghi, che la colpa della crisi alimentare sia da addebitare esclusivamente alle sanzioni che i paesi occidentali hanno imposto alla Russia, perché senza le sanzioni la Russia potrebbe esportare il grano liberamente.
Draghi dalla sua, ha controbattuto: “ovviamente le sanzioni sono lì perché la Russia ha attaccato l’Ucraina”. [1]
Ma i paesi occidentali, Italia in primis, non hanno limitato il loro folle genio solo alle sanzioni, anzi si sono fatti in quattro per consegnare massicci quantitativi di armi agli eserciti ucraini, con la scusa di perseguire la pace, ma con il reale intento di arrivare a sconfiggere Putin.
Risultato finale di questa “geniale” strategia, per dirla “all’Orsini”: Putin ha sventrato l’Ucraina, provocando molte più morti di quelle previste ed altre morti sono previste a breve qualora non si risolva l’impellente problema della crisi alimentare.
In pratica una strage.
Complimenti davvero! qualcuno però (Mario Draghi), avrebbe dovuto avvertirlo prima di fare queste figure, che il “whatever it takes” funziona solo quando si tratta di creare numeri usando una tastiera di un computer di Francoforte; mentre quando si tratta di sfamare popoli affamati occorrono cose ben più concrete che tre parole pronunciate di fronte alla stampa. I soldi non sono merce scarsa, ma il grano sì, se lo distruggi oppure imponi a chi lo produce di non esportarlo.
Non solo, Draghi, nel riportate questa telefonata fatta a Putin, ha voluto anche ridipingere con vernice nuova la sua faccia di leader europeo più guerrafondaio.
In poche parole, ha voluto far apparire che la telefonata fosse un prodigarsi per la pace. Ma il dialogo da lui riportato, mostra chiaramente che il suo era solo un falso tentativo, finalizzato esclusivamente a riportare la sua immagine verso una posizione solo apparentemente più pacifista.
Dopo aver chiarito di non aver visto spiragli di pace nelle parole di Putin, ha aggiunto sottolineando che durante la telefonata avuta oggi con Putin “ha parlato quasi solo lui sul piano generale. Per me era importante vedere se si poteva sbloccare la questione del grano bloccato nei porti del mar Nero”.
Questo conferma che Draghi di pace non ha parlato minimamente, quello che a lui interessava oppure quello che aveva ordine di fare, era di risolvere il problema del grano. Punto.
La conferma che le intenzioni di Mario Draghi, sono quanto di più lontano da quella che si definisce una posizione pacifista, arriva direttamente dalle parole del ministro della difesa russo Lavrov, che risponde in merito al piano di pace che ha in testa l’uomo del Britannia. Un piano di pace che è bene precisare, non è stato inviato a Mosca.
Basta leggere per capire, che il nostro premier sta andando in contro all’ennesima figuraccia.
Certamente Draghi, in queste prese di posizioni alquanto azzardate e del tutto fuori dalla realtà, sta seguendo il presidente Biden ed i poteri di Davos, non certamente il volere e gli interessi della nazione e del suo popolo.
Farsi promotore di un piano di pace che ipotizza di riportare il Donbass e la Crimea sotto sovranità ucraina con uno status autonomo, quando tutto il mondo è a conoscenza che i due territori sono l’oggetto scatenante del conflitto e dopo che chiaramente sono già stati conquistati sul campo da Putin….. beh, mi sembra l’ennesima follia, per non dire la sconfinata arroganza di un “uomo solo al comando”.
Oserei dire che questo piano di pace confezionato da Draghi, offende più gli italiani che i russi, che a quanto pare non se lo filano per niente.
NOTE
[1] Conferenza stampa del Presidente Draghi | www.governo.it