La Corrida: Celebrazione di una mattanza

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DI JAVIER RODRIGUEZ MARCOS

John Maxwell Coetzee, premio Nobel  per la Letteratura nel 2003, è uno dei massimi scrittori viventi, ma anche uno dei più schivi. Nato a Città del Capo (Sudafrica), ha 76 anni e vive in Australia. Da quando nel 1974 pubblicò il suo primo romanzo Dusklands (Terre al crepuscolo)  non ha mai smesso di pubblicare fiction e saggi, ma odia le interviste e si  rifiuta di parlare delle sue opere. Lo scorso giugno – nell’ambito di  Capital Animal, una iniziativa di arte, cultura e pensiero nata per difendere i diritti degli animali – ha tenuto una conferenza al Museo Reina Sofía di Madrid, durante la quale ha parlato del suo impegno personale su “vari temi etici universali”. In questa occasione Coetzee ha accettato di rispondere, via e.mail, ad alcune domande di EL PAÍS.

 

Domanda. Quando ha preso coscienza della necessità di difendere i diritti degli animali?  E’ stato dopo aver visto o letto qualcosa di specifico ?

Risposta. Ho i miei dubbi sul concetto che definisce i “diritti degli animali”. Il diritto più importante è il diritto alla vita. Dato che è estremamente improbabile che possa accadere che questo diritto venga concesso agli animali, preferisco difendere l’ idea che sono gli esseri umani che dovrebbero sentire essi stessi dei doveri verso gli animali.

D. Quali doveri?

R. I diritti appartengono alla sfera della legge; i doveri alla sfera dell’ etica. Quando qualcuno non fa il proprio dovere, prova vergogna per se stesso. Ossia,  quando si prova un sentimento di vergogna è un buon segnale che indica che si è consapevoli di non aver fatto quello che doveva essere fatto. Mi vergognerei di me stesso se volessi deliberatamente fare del male a un animale, anche se la faccenda è sicuramente molto più complicata. Prima di tutto perché esiste della gente che, onestamente, non prova la mia stessa vergogna e poi perché io stesso non la provo quando, per esempio, ammazzo una zanzara.  Non mi faccio illusioni e non credo che sia facile costruire un codice etico basato sui doveri.

D. Come Lei sa, c’è gente che considera le corride dei tori  come una parte della propria cultura, Lei cosa pensa di questo “alibi-culturale”?

R. Se la competizione tra l’uomo e il toro fosse alla pari, avrei un maggior rispetto verso la corrida. Il fatto è che la lotta è talmente manipolata che il toro non potrà mai riuscire a  vincere. Quindi penso che la corrida non sia altro che una forma ritualizzata di “mattanza”.

D. Quando Lei parla di corrida nel suo romanzo  Elizabeth Costello , la mette in relazione con uno spirito primordiale e mascolino. Lei crede che esista una relazione tra machismo e maltrattamento degli animali?

R. Varie donne sposate mi hanno confessato che, a casa loro, si consumerebbe molto meno carne se i loro mariti non volessero mangiarne ad ogni pasto.

D. La prossima settimana ( Ndt: Articolo datato giugno 2016) sarà in Spagna per parlare in una conferenza sugli animali, il mese scorso è stato in Palestina. Come sudafricano, potrebbe dire che i palestinesi soffrono di una specie di apartheid?

R. Nel corso di una conferenza che ho tenuto a Ramallah, in Cisgiordania, il 26 maggio ho fatto la seguente dichiarazione: Non ho mai pensato che l’uso  della parola  apartheid, per descrivere il sistema creato dal regime israeliano in Palestina, possa portare da qualche parte. La stessa cosa accade quando si usa la parola genocidio per descrivere quanto accadde in Turchia con gli armeni 100 anni fa, queste definizioni portano ad un abbassamento del livello di analisi e a una deviazione dell’attenzione dai fatti reali verso una disputa semantica infetta. L‘apartheid era un sistema che costrinse alla segregazione basata sulla razza e sull’origine etnica e messa in atto da un gruppo esclusivo e auto-proclamato di persone per consolidare una conquista coloniale e, in particolare, per mantenere ed estendere il loro controllo sul territorio e sulle risorse naturali. A Gerusalemme e in Cisgiordania, se vogliamo parlare solo di Gerusalemme e della Cisgiordania, quello che vediamo è un sistema di segregazione forzata basata sulla religione e sull’origine etnica messa in atto da un gruppo esclusivo e auto-proclamatosi per consolidare una conquista coloniale e, in particolare, per mantenere e per estendere il loro controllo de facto sul territorio e sulle risorse naturali. Ognuno tragga le proprie conclusioni.

D. Lei ha scritto un libro intero contro la censura nel quale ha detto che la censura è un segnale di debolezza e non di forza. Cosa pensò quando lesse le recensioni dei censori sudafricani sui suoi romanzi?

R. Non ho conosciuto l’identità dei censori che giudicarono i miei libri fino a quando, negli anni ’90, furono aperti al pubblico gli archivi del Governo dell’ apartheid e  quindi fu solo allora che venni a sapere che tra quei censori c’erano anche dei miei colleghi dell’Università  di Città del Capo. In altre parole, mi resi conto di aver vissuto fianco a fianco, tutti i giorni, con gente che in segreto –  almeno in segreto per me – stava giudicando se mi sarebbe stato permesso di essere pubblicato e letto nel mio proprio paese. Ci sono rimasto veramente male che, per loro, sembrasse un comportamento normale voler mantenere relazioni cordiali con certi scrittori – compreso me – mentre stavano facendo un processo segreto contro di loro.

D. Lei ha scritto su tanti altri scrittori. A chi le piacerebbe fosse assegnato il Premio Nobel?

R. Credo che uno dei candidati più accreditati dovrebbe essere  Javier Marías .

L’ULTIMO ROMANZO

Tre anni fa J.M. Coetzee ha pubblicato il suo ultimo romanzo, L’infanzia di Gesù, una sorta di distopia in cui un uomo e un ragazzo, senza nome e senza età, arrivano in un paese sconosciuto. Quella ricerca di una nuova vita ora ha avuto una continuazione  – The Schooldays of Jesus /  Quando Gesù andava a scuola –  che, come dice Coetzee, sarà pubblicato in Olanda e nel Regno Unito da Literatura Random House, la stessa casa editrice che ha pubblicato tutti i suoi libri in spagnolo …..

In quel paese dove arrivano i protagonisti del romanzo si parla solo spagnolo e, benché in genere Coetzee sia refrattario ad analizzare le sue opere, spiega che ha scelto la lingua spagnola perché i suoi personaggi “danno per scontato che anche nel nuovo mondo si dovrà parlare inglese”. Perché?  Perché “c’è una certa arroganza in tanti anglofoni che credono che la loro lingua meriti di essere la lingua dominante in tutto il mondo”. Lo scrittore non risponde alla domanda se Elizabeth Costello, la scrittrice di origine vulcanica e vegetariana protagonista suo libro omonimo, sia una sua alter ego. Ma questo potrebbe essere vero, dato che parla degli animali, della Palestina o dei propri lettori, Coetzee potrebbe mettere la sua firma sotto le parole della sua protagonista: “Io sono vecchia e non ho tempo per dire cose in cui non credo “.

 

Fonte: http://cultura.elpais.com/

Link :  http://cultura.elpais.com/cultura/2016/06/25/actualidad/1466868572_827141.html

25.06.2016

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario

 

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