DI EMANUELA LORENZI
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L’ultimo neurone (assalto epigenetico)
Il nostro Zeitgeist è dominato dalla perdita dei contorni. C’è una miopia che annebbia e liquefa i perimetri di tutte le cose che si guardano (senza vederle), che si sentono (senza ascoltarle), che si fanno (senza agirle) e che si comprendono (nella morfosintassi ma non nella semantica, figuriamoci la pragmatica, e si torna sempre all’analfabetismo funzionale di De Mauro). La nebulizzazione è voluta dai nuovi ordini (uno e trino, visto che sono quelle due o tre massonerie, progressiste e non, che giocano a dadi col mondo) e perseguito in modo scientifico, sia attraverso la via biochimica (dall’intossicazione cronica causata dai metalli pesanti, passando per modifiche genetiche con OGM, pesticidi, coloranti, lucidanti, conservanti in grado di slatentizzare malattie infiammatorie croniche neurodegenerative ed autoimmuni, nanoparticelle non biocompatibili ma biopersistenti, interferenti neuroendocrini e neurotossine, batteri, virus e retrovirus, sostanze amabilmente ingerite e spalmate e respirate e bevute e inoculate come ammesso da quel “pozzo di corruzione” – CDC edifice of fraud, RFK jr – che sono i CDC di Atlanta e infine spruzzateci in testa come confermato dalla stessa Nasa giusto per essere certi che ci penetrino davvero) che elettromagnetica[1]. Queste sostanze non stanno solo creando un nuovo paradigma epidemiologico. Stanno modificando l’uomo, non solo nel corpo, ma nel pensiero. L’uomo nuovo. Ben oltre ciò che l’Huxley saggista denunciava nel suo Brave new world rivisited del 58 con la persuasione subliminale.
La capacità stessa di elaborare pensiero e di fruire di quello altrui è già compromessa.
Dare uno smartphone a ciascuno è stata la strategia finale dell’esperimento psicosociale per atomizzare ulteriormente queste soggettività già poco o mal pensanti trasformandole in gregge, da manipolare con sempre minor sforzo, di generazione in generazione (fintanto che ftalati e radiazioni citotossiche consentiranno ancora di ‘generare’ qualcosa) da parte delle oligarchie planetarie.
Fra le vie utilizzate dal globalismo imperante per obnubilare le ultime sinapsi fra gli ultimi neuroni non ancora demielinizzati dal mercurio e creare utili (o inutili, a seconda del punto di vista) idioti anelanti al pensiero unico, schiavi in perenne ricerca delle proprie catene con le quali si fanno selfie e amuleti da ‘condividere’ in senso zuckerberghiano (sulla piattaforma del nulla, contenitore che si invagina cosmicamente ad invadere di sé anche il contenuto, cioè nullificandolo), il colpo di grazia, o meglio la via “maestra” (ironico ossimoro), è quello della (non)educazione.
La scuola non educa
La scuola, quella tradizionale, è semplicemente un colossale impianto industriale per mezzo del quale si distribuiscono, a chi vuole e a chi non vuole, dosi massicce di anestetico intellettuale, culturale, politico e morale. Il suo prodotto finito è quel cittadino-modello desolante, amorfo e malleabile che è disperatamente incapace di critica, di ribellione e di autoaffermazione.
Marcello Bernardi, da Educazione e Libertà (sulla figura di Bernardi e la sua antipedagogia leggete qui )
La scuola pubblica è vittima di un annoso e sistematico smantellamento di cui siamo tutti testimoni e i cui artefici hanno fini molto diversi dai nostri, che sono (o dovrebbero essere) quelli di crescere pensatori, comunicatori, ricercatori interessati al mondo e in grado di affrontarne la complessità e al contempo la minaccia perenne di un bi-pensiero orwelliano.
Mal-educazione
Da quando si strappano i bambini alle famiglie e ai cortili per metterli per 8 ore al giorno (una giornata lavorativa) dentro edifici che sembrano caserme e il cui denominatore comune scelto è la cosa che meno hanno in comune cioè l’età, il tempo è uno per tutti e scandito da anonime campanelle, gli educandi sono teste vuote da riempire nello stesso modo degli stessi contenuti monodirezionali basati su curricula standardizzati i cui obiettivi sono misurabili e quantificabili in voti che definiscono la qualità di individui (laddove ogni individuo è invece unico e irripetibile), mirano a creare competizione e non cooperazione (educazione alla guerra anziché alla pace, violenza emotiva e individualismo), senza alcun riguardo per le emozioni, e chi non si uniforma viene etichettato e magari medicalizzato a forza[2]?
Nell’illuminante documentario del 2012 La Educación Prohibida (oltre 90 interviste a educatori, studiosi, autori, madri e padri attraverso 8 paesi e 45 esperienze educative non convenzionali), dove si parla del paradigma frammentario e immobile dell’educazione attuale, più simile a un parcheggio custodito o a un carcere dove avviene un addestramento che a un luogo di formazione e crescita, il professore cileno Rafael González Heck ricorda che l’attuale modello scolastico, quello di una educazione pubblica, gratuita e obbligatoria, è preso in prestito da quello prussiano, molto lontano dalla educazione classica di Atene, dove le accademie di Platone erano forum aperti e spazi di riflessione, conversazione e libera sperimentazione mentre l’istruzione obbligatoria era roba da schiavi, e più vicino al modello spartano dove l’educazione era simile ad un addestramento militare che eliminava chi non raggiungeva i livelli stabiliti e si basava su lezioni obbligatorie e punizioni forti per “modulare” il comportamento attraverso il dolore. I monarchi prussiani del dispotismo illuminato della fine del XVIII secolo, per evitare rivoluzioni come quella francese e mantenere il regime assolutista, introdussero quel concetto di educazione improntato a una forte suddivisione in classi e al contempo all’eredità spartana di disciplina e obbedienza sotto il miraggio dell’uguaglianza illuminista per preparare il popolo ad essere docile, obbediente e pronto alle guerre: un popolo di sudditi più che di cittadini. Questo sistema si diffuse rapidamente in tutto il mondo sotto il bandiera dell’uguaglianza che celava la perpetuazione di modelli elitari e non egualitari. Napoleone stesso dichiarò di voler formare un corpo docente per tenere sotto controllo l’opinione dei francesi. E questo è ciò che opera dietro e dentro la scuola di oggi, nata in un mondo positivista retto da un’economia industriale il cui obiettivo è maggiori risultati col minimo sforzo applicando leggi scientifiche e regole generali. La scuola era la risposta ideale alle necessità dei lavoratori e gli stessi imprenditori industriali del XIX secolo, Andrew Carnegie, JP Morgan, John Rockfeller, Henry Ford, finanziarono la scolarizzazione obbligatoria attraverso proprie fondazioni.
We don’t need no thought control
Il modello di produzione industriale con catena di montaggio era perfetto per la scuola: l’educazione di un bambino come la fabbricazione di un prodotto, attraverso passaggi determinati in ordine prestabilito, separando i bambini per età in diversi gradi scolastici ciascuno focalizzato su specifici contenuti che devono assicurare il risultato desiderato. Contenuti e curricula standardizzati elaborati non da insegnanti, bensì da amministrativi, da gente che non fa lezione e un processo in cui ogni persona ha in carico solo una parte, senza conoscere il meccanismo nella sua totalità né le persone in profondità (un docente per anno, per materia, ogni 30-40 alunni, che parla a un gruppo senza curarsi del singolo: come possono 30 bambini volere la stessa cosa nello stesso momento?). Puro meccanicismo. Catena di montaggio taylorista applicata nei paesi occidentali all’industria, alla scuola e agli eserciti (scuola caserma, scuola fabbrica) dove disumanizzare gli individui che diventano numeri ed esercitare il controllo sociale.
Qualunque educazione che non si preoccupi dell’essere umano come individuo dovrebbe essere proibita. Rafael Gonzalez Heck
La scuola prussiana è ancora la nostra scuola: i test standardizzati, la suddivisione per età, le lezioni obbligatorie, i programmi svincolati dalla realtà, il sistema di valutazione, le pressioni su maestri e bambini, il sistema di premi e castighi, gli orari inflessibili, la chiusura e l’isolamento dalla comunità, la struttura verticalista. Questa non è educazione. La scuola è come una vecchia mappa della sapienza, mentre l’educazione è il territorio in cui accade tutto l’apprendimento.
HOW DO YOU HUG A CHILD LIKE THIS?
Buona educazione: tirare fuori o mettere dentro?
Il nostro problema nel comprendere la scolarizzazione obbligatoria deriva da un atto inopportuno: il fatto che un danno compiuto in una prospettiva umana è in realtà un bene in una prospettiva di sistema[3].
John Taylor Gatto The Underground History of American Education (2001)
In che cosa consiste la buona educazione?
Ciascuno è unico e irripetibile e compito della buona scuola dovrebbe essere la (buona) educazione di ciascuno. L’equazione educare=istruire è l’equivoco (voluto) che caratterizza il nostro paradigma scolastico.
Educare significa ex-ducere, “tirare fuori” da ciascuno ciò che è nascosto e di cui ciascuno è ricco.
Istruire significa in-struere, “portare dentro” materiali (nozioni, contenuti) in un contenitore (non già ricco ma vuoto, da riempire)
Il bambino ha un innato desiderio di apprendimento, un luce perenne nello sguardo che la scuola il più delle volte riesce a spegnere, privandolo della umana empatia e dell’amore di cui ha bisogno (Come abbracciare un bambino così? – Trevor Eissler, How do you hug a child like this?) e negandogli così il suo daimon[4].
Buona educazione: buona scuola?
Figli della libertà, documentario recentemente proiettato in varie sale italiane, è il seguito di Unlearning e propone il percorso di Gaia e dei suoi genitori attraverso le varie sfaccettature dell’homeschooling, passando per Summerhill e per le parole di Silvano Agosti, Arno Stern e molti altri pensatori della pedagogia libertaria. Imparare a disimparare per tornare all’essenza dell’apprendimento non è un tema nuovo e il documentario si propone come delle tante visioni possibili ( “La verità è uno specchio caduto dalle mani di Dio e andato in frantumi. Ognuno ne raccoglie un frammento e sostiene che lì è racchiusa tutta la verità”, scrisse l’antico poeta persiano sufi Jalāl al-Dīn Rūmī) e come tutti i frammenti significativi del nostro esperire si conclude con una ulteriore domanda:
Chi cresce libero, morirà schiavo come noi?
Les élites non vogliono il pensiero divergente[5]. Non vogliono pensiero critico. Non vogliono pensiero.
È possibile cambiare i paradigmi di un’educazione che deteriora il pensiero? È possibile lottare contro la cattiva scuola dall’interno? È possibile essere antisistema intrasistema? È possibile lottare per la scuola dentro la scuola stessa senza regalarla al sistema stesso, senza rinunciarvi per creare la propria isola, più o meno idilliaca, dalla quale prima o poi Odisseo dovrà partire?
Un’altra scuola è possibile? Una scuola che non spenga la luce negli occhi dei bambini? Io credo di sì.
Guardando il film sull’avventura della famiglia Basadonne, pur condividendo il punto di partenza, cioè una scuola che non educa ma spesso reprime per uni-formare (dare una forma, una struttura comune, unica, al prodotto finale), ho sentito da un lato un fastidio, minuscolo, come un sassolino nella scarpa, per una scelta a suo modo elitista, non solo perché non tutti possono permettersi l’homeschooling, ma per il rischioso portato di auto-esclusione dal mondo creando la propria “scuolina” rinunciando di fatto al mondo (un dubbio questo sollevato proprio nel film). Tuttavia vi è un motivo più pratico in quel sassolino, ed è la tristezza che mi pervade ogni volta nel constatare, da un lato, il depauperamento della scuola pubblica proprio nel paese che ha esportato e poi scordato la Montessori, dall’altro, quanto poco sia noto che la scuola buona che coltiva la libertà esiste già da oltre un secolo (e senza bisogno di andare in Finlandia [6]) nella teoria ma soprattutto nella pratica geniale di una donna medico, scienziata, filosofa e pedagogista il cui approccio era talmente rivoluzionario da doverne rimuovere ogni traccia e da far paura alle élites. I materiali che ho visto nel film sono materiali montessoriani, come lo è la luce viva negli occhi dei bambini e lo sono i principi soggiacenti alla scelta “libertaria”. Tuttavia libertà per Maria Montessori non significa caos, ma l’esatto contrario: kosmos.
LA SCUOLA CHE NON SPEGNE LA LUCE NEGLI OCCHI DEI BAMBINI.
Il bambino-maestro, padre dell’umanità
Non seguite me seguite il bambino. Maria Montessori
Il maestro è il bambino [7]. Questo è il denominatore comune di tanti sguardi educativi da Waldorf a Munari al closlieu di Arno Stern, dall’educazione libertaria di Marcello Bernardi alla Scuola di Barbiana… tutti tesi a liberare il bambino ma soprattutto agli antipodi della macchina omologante che è la scuola nella testa di troppi maestri e persino genitori, una scuola nozionistica e piena di muri (“troppo piccolo per” o “troppo grande per”) anziché di finestre, che sembra dover sedare le domande della mente assorbente ma soprattutto inquirente, la quale invece si nutre di educazione cosmica fatta di cose piccole e al contempo di vastità.
La pedagogia montessoriana è un’educazione alla libertà con amore, una educazione che non spegne la luce negli occhi di bambini [8], dove il loro daimon non è frustrato per finire nel tritacarne di Another Brick in the Wall funzionale alla creazione di servi, e che tuttavia, proprio per queste sue potenzialità, pur essendo diffusa in tutto il mondo è ancora appannaggio di pochi nel paese della Dottoressa, come acutamente evidenziò Don Sturzo :
“Mi sono domandato più volte perché, da quarantacinque anni a oggi, il Metodo Montessori non sia stato diffuso nelle scuole italiane. Allora come oggi debbo dare la stessa risposta: si tratta di un vizio organico del nostro insegnamento: manca la libertà; si vuole l’uniformità, quella imposta dai burocrati e sanzionata da politici. Ma forse c’è di più: diffidenza verso lo spirito di libertà e di autonomia della persona umana che è alla base del Metodo Montessori.”
Devo molto a un libro che consiglio ad ogni adulto, genitore o educatore in senso più ampio, che si intitola non a caso Libertà e amore di Elena Balsamo, etnopediatra e profonda conoscitrice del pensiero montessoriano (che nel suo disarmante libro rende così incredibilmente attuale, esaltandone i legami sia con il mondo orientale, dove la Dottoressa rimase a lungo, sia con le culture tradizionali con le quali condivideva l’arte del maternage del portage nonché con le più recenti scoperte neurofisiologiche), che comprende in sé quasi interamente gli altri sguardi di cui mi sono nutrita come genitore in cerca di risposte, dal Linguaggio Giraffa di Rosenberg (fondatore della Comunicazione Non Violenta) alla psicologia umanistica rogersiana di Thomas Gordon, dal danese Jesper Juul a Mary Sheedy Kurchinka alle varie scuole “esperienziali” , “libertarie”, “scuole nel bosco” etc.
Come ebbe a scrivere Freud, “Se i bambini fossero allevati in tutto il mondo secondo i suoi principi, la maggior parte degli psicoanalisti non avrebbe più niente da fare” .
Libertà e disciplina. Aiutami a fare da solo!
I bambini amano apprendere, dalla mente assorbente fino alla nascita dell’adolescente (“neonato sociale”) attraverso i periodi sensitivi che sono delle “delicate costruzioni psichiche”, “chiamate”, “fari che illuminano”, diceva la Montessori, “finestre aperte sul cervello” dicono oggi i neuroscienziati (finestre nelle quali l’apprendimento avviene senza sforzo). Lo sviluppo umano non avviene in modo lineare ma “è una successione di nascite, in un certo periodo della vita, un’individualità psichica cessa e ne nasce un’altra”[9] e se tutti i bambini presentano gli stessi periodi sensitivi non è obbligatoriamente alla stessa età né con la stessa intensità. L’interesse nasce sempre dall’attraversamento di un periodo sensitivo (se un bambino a 4-5 anni mostra interesse per lettere e numeri significa che è pronto per le lettere smerigliate ed è bene assecondarlo e non rinviare ai 6 anni perché “troppo piccolo”), di qui il principio guida dell’adulto: l’osservazione, “andare dietro al bambino”, di qui anche l’umiltà del passo indietro del maestro, dell’adulto come osservatore, come custode del bosco che cresce da sé, come mentore e non sostituto, “Il più grande segno di successo dell’insegnante è poter dire: ” I bambini stanno lavorando come se io non esistessi”.
I bambini amano apprendere in modo indipendente e la scuola Montessori è la scuola che prepara all’indipendenza attraverso l’esercizio della volontà, basata a sua volta sulla libertà di scelta, in un ambiente adeguato e “rivelatore”, cioè accogliente e ordinato (il “cosmo” è ordine, ordine fuori equivale a ordine dentro, la mente del bambino classifica per fare ordine), nel rispetto dello sviluppo secondo natura, facendo uso di materiali sensoriali che sono “astrazioni materializzate” (geniali opere d’arte scientifiche che contengono in sé l’autocorrezione), dove il corpo è libero di apprendere attraverso il movimento (in alcune scuole americane sono stati introdotti dei banchi a pedali , una modalità un po’ miope e grossolana di riscoprire l’importanza dell’attività nella costruzione stessa della personalità):
“Il movimento è fattore essenziale per la costruzione dell’intelligenza [..] Le idee più astratte, come quelle dello spazio e del tempo, sono concepite attraverso il movimento. Questo è dunque il fattore che lega lo spirito al mondo“[10]
e dove la mano è organo psichico, organo dell’intelligenza (che, secondo Raniero Regni ne “Il bambino padre dell’uomo“, “dipende dallo sviluppo della psiche ma la psiche dipende anche dall’uso della mano“): come dice Maria Montessori, “La mia esperienza mi ha dimostrato che se, per condizioni particolari di ambiente, il bambino non può far uso della mano, il suo carattere rimane a un livello molto basso, resta incapace di ubbidienza, di iniziativa, pigro e triste; mentre il bambino che ha potuto lavorare con le proprie mani rivela uno sviluppo spiccato e forza di carattere” [11]. Questa intuizione è in linea con le più recenti scoperte scientifiche sull’importanza della scrittura manuale per l’attivazione di determinate aree del cervello e in particolare del corsivo, la cui perdita potrebbe essere alla base di molti disturbi dell’apprendimento ( “Scrivere in corsivo vuol dire tradurre il pensiero in parole, scrivere in stampatello vuol dire invece sezionarlo in lettere, spezzettarlo, negare il tempo e il respiro della frase. E il corsivo così come lega le lettere lega i pensieri“[12]).
Non è “la scuola che contorce il corpo, quella che indebolisce l’anima” la scuola dove “i bambini sono obbligati in massa ad un lavoro forzato di molti anni, ove il corpo sarà sottoposto alla tortura“[13], luogo spoglio e grigio con le tende per lo più abbassate affinché l’attenzione immobile del bambino sia condotta sul maestro.
La scuola montessoriana è basata sulla libera scelta all’interno di un ambiente preparato, dove il bambino sceglie l’attività da svolgere. La libera scelta, accende nei bambini (e non solo) la lampadina dell’interesse aprendo “le porte di un mondo incantato che continuerà ad affascinarli per il resto della loro esistenza”[14]
I bambini che oggi molti si precipitano a definire iperattivi o ipercinetici o difficili esistevano anche ai tempi della Montessori che già si esprimeva così contro questa patologizzazione del bambino : “I bambini sono tutti feriti, psicologicamente parlando...” parlando dei turbolenti ma anche dei timidi o ansiosi “Tutte queste deviazioni non sono malattie ma il risultato di repressioni“[15]
ll bambino che si concentra è immensamente felice
Tutte le energie umane dovrebbero andare lungo il cammino verso il quale l’interesse dell’anima conduce
Questa l’intuizione di Maria Montessori: l’interesse come spinta per l’apprendimento, cui devono essere attratti con dolcezza.
“Questi bambini hanno libertà di scelta tutto il giorno. La vita è basata sulla scelta, perciò essi imparano a prendere le loro decisioni. Devono decidere e scegliere per se stessi tutto il tempo e quindi essi sviluppano queste qualità” [16]
Ed ecco che l’interesse porta al lavoro come meditazione, in quel processo che abbiamo tutti visto nei bambini ma anche in noi stessi e che la Balsamo ben definisce il ciclo interesse-lavoro-concentrazione-meditazione-trasformazione. L’interesse è una forza magnetica che porta alla completa concentrazione e di qui ad una dimensione meditativa (“Si direbbe che i bambini fanno esercizi di vita spirituale“[ 17]) lo vediamo nei bambini che “lavorano in modo quasi ossessivo con un materiale ripetendo l’esercizio un’infinità di volte, finché non hanno acquisito una determinata abilità”, sottolinea la Balsamo, solo a quel punto cambiano attività. “Un lavoro interessante, scelto liberamente, che abbia virtù di concentrare, anziché di stancare, aumenta le energie e le capacità mentali e dà padronanza di se stessi“, è il nutrimento dello spirito, il quale “riposa” non nell’assenza o riduzione di lavoro bensì “con l’attività spontanea, in condizioni molto favorevoli e in regime di libertà” [18]. Un ciclo che viene spezzato sia all’inizio dove è l’adulto che sceglie per il bambino (come vestirlo, nutrirlo, cosa fargli fare, colorare etc) che in seguito intervenendo mentre è concentrato (dai fammi vedere, cosa stai facendo?) spesso sostituendosi al bambino anziché aiutarlo a fare da solo. “Mai interferire quando un bambino sta lavorando da solo” .
Hillman ne “Il codice dell’anima“ scrive “E quando un bambino sta seduto per terra tutto sporco e bagnato con tre bambole in braccio, oppure, in giardino, corre come un forsennato dentro e fuori dai cespugli, è intento al suo lavoro tanto quanto lo siamo noi. ..Il gioco è il lavoro dei bambini. Prendere in braccio il piccolo lavoratore toglierlo dal bagnato, chiamarlo in casa perché si vesta prima che abbia finito quello che stava facendo, è un’illecita interruzione. Ci vuole rispetto. Per favore, bussate prima di entrare.”
Attenzione a non confondere libertà con anarchia e disciplina con obbedienza a ciò che viene imposto dall’esterno. Come ricorda Osho, tutte le vere discipline sono autodiscipline, sono obbedienza alla propria voce interiore, obbedienza che rende liberi. “Libertà e disciplina sono due facce della stessa medaglia perché la libertà porta alla disciplina” [19], poiché obbedienza non equivale a sottomissione (“ob -audire” vuol dire “andare verso ciò che si sente” [20]) perciò l’unica vera obbedienza è quella nei confronti di se stessi. Questa autodisciplina portata dalla libertà è ciò che caratterizza le Case dei Bambini montessoriane come luoghi di sorprendente calma (“Nessuno l’aveva provocata, anzi mai nessuno avrebbe potuto ottenerle dall’esterno” [21]) e laboriosità, dove i bambini cooperano in un clima di pacata tranquillità “come piccoli monaci in un convento” [22].
Cooperazione e armoniosa disciplina come conseguenza di una vita libera.
Diamo il mondo al bambino
Dall’ecologismo ante-litteram contenuto nell’idea di orto-giardino e di cura degli altri esseri viventi e dell’alimentazione [23], all’educazione alla pace e alla mondialità sino alla formulazione della geniale proposta dell’Erdkinder, il progetto di Laren, dei figli della Terra (la scuola-villaggio per adolescenti su cui si sono create le schools-farm americane o le écoles-ferme francesi), le intuizioni di Maria Montessori coltivano il rispetto e la cooperazione a partire da una visione olistica che è contenuta nella sua educazione cosmica:
“Non restringete la natura del bambino, dategli tutto. Non date cose piccole e materiali…L’anima del bambino si nutre di grandezza” [24] “Ciò che prende deve essere interessante, deve affascinarlo: bisogna offrirgli cose grandiose: per cominciare offriamogli il Mondo” [25]
Questa visione di grandezza e verità (che significa ad esempio dare arte vera ai bambini) e di interdipendenza è il nucleo dell’educazione cosmica, che si traduce in una ecologia attiva, nell’essere attivamente parte del cosmo, in cui l’uomo è immerso armoniosamente in modo profondo e misterioso, è il kosmos dei greci l’interrelazione fra tutto ciò che esiste:
“L’uomo di oggi – scriveva Maria Montessori circa settant’anni fa – è il cittadino della grande nazione dell’umanità. Egli è il nuovo cittadino del nuovo mondo. il cittadino dell’universo” [26]
E per chi avesse da obiettare che l’approccio Montessori è inadatto ai “nativi digitali”, oltre a sottolineare ancora una volta quanto l’uso di tablet e smartphone possa rivelarsi nocivo per i bambini non solo dal punto di vista biologico, ma anche cognitivo e soprattutto emotivo (basti ricordare che i guru della Silicon Valley vietano ipad e smartphone ai figli..), oltre a quanto sopra detto sulla importanza della scrittura manuale per lo sviluppo neuronale, ecco un interessante articolo del pedagogista Daniele Novara che cita recenti ricerche a conferma che la scuola Montessori batte quella digitale [27]
Credo che ciascuno possa fare la differenza, che sia nostro dovere di cittadini e genitori essere cittadini e genitori consapevoli, smettendo di affidare le nostre vite ad altri (che si tratti di salute, di alimentazione, di ecologia, di educazione). Come ho ribadito altrove, chi non crede ai complotti ne fa parte in primis perché annebbiato (verosimilmente dal mercurio o dalle nanoparticelle o del cibo modificato in base al nuovo Codex Alimentarius, al TTIP o a tutti i trattati fatti all’oscuro della popolazione) e aprire gli occhi fa sembrare pazzi, i mulini a vento sono enormi e il camouflage attuale più sofisticato. Remare sempre contro, restar desti, è faticoso, sfiancante.
Tuttavia i nostri figli (parlo di genitorialità diffusa, in questo senso siamo tutti genitori di tutti i bambini, che sono il futuro di tutti) meritano questo ed altro. Non basta lottare contro Big Pharma, Big Food e Big Medicine se poi si danno in pasto i bambini di oggi, gli adulti di domani, a Big Thought, a un imprinting che forma ologrammi eterodiretti e militanti che influiranno a loro volta sulle generazioni future. Le prime agenzie educative siamo noi, ciascuno di noi, con la nostra consapevolezza ed il desiderio di condividere e cooperare, ciascuno come può, per decifrare la complessità e creare adesso uno Zeitgeist migliore, che onori il bimbo (microcosmo) come un tempio e il mondo (macrocosmo) come suo tempio più grande (nonché l’unico di cui, per ora, disponiamo).
Gettiamo allora i sassi nello stagno liquefatto della postmodernità, verso cerchi sempre più vistosi che partono dal centro e da dentro, siamo l’arco delle nostre frecce vive che pure non sono nostre (Gibran) e di cui noi genitori siamo i custodi più che i costruttori, siamo i “rianimatori” che usano l’ars maieutica dell’educazione per “chiamare con vigore per svegliare l’anima” del bambino [28] aiutandolo ad essere chi è già in potenza e a scrivere la vita da una pagina che non è bianca. Siamo gli artisti che svelano al mondo l’opera d’arte che è il bambino, ogni bambino!
Emanuela Lorenzi
Fonte: www.comedonchisciotte.org
11.05.2017
NOTE
[1] Le radiazioni citotossiche a bassa frequenza del wifi diffuso nelle scuole sono potenti cancerogeni e teratogeni, aumentano la pervietà della barriera emato-encefalica permettendo il passaggio ed accumulo nel sistema nervoso centrale di mercurio, organoclorine ed altri agenti tossici, ed espongono i gameti in formazione dei bambini a danni genetici trasmissibili alle generazioni successive, con effetti deleteri sulla riproduttività (sia nei follicoli delle bambine irradiati che nella frammentazione del DNA spermatico) e sull’insorgenza di leucemie, motivo per il quale in molti paesi “sviluppati” (dagli USA alla Francia) si è tornati a cablare le reti nelle scuole e nelle strutture educative mentre in Italia vantiamo una assurda corsa in direzione opposta, nonostante qualche debole protesta
[2] I servizi sociali sequestrano bimbo dopo che i genitori rifiutano diagnosi di ADHD
[3] “Our problem in understanding forced schooling stems from an inconvenient fact: that what wrong it does from a human perspective is right from a systems perspective”
[4] J. Hillman , Il codice dell’anima “…tutti noi ci nutriamo del nostro nocciolo interiore. La vocazione è il primo nutrimento della nostra psiche.”
[5] “Il pensiero divergente non è sinonimo di creatività”, afferma Ken Robinson in questo video molto illuminante, CAMBIARE I PARADIGMI DELL’EDUCAZIONE. Pensiero divergente
[6] Where to invade next, documentario di Michael Moore del 2015, che illustra i motivi del successo della suola finlandese basata sull’autonomia e sulla gioia dell’apprendimento.
[7] Trailer del film documentario www.montessorimovie.org
[8] Montessori Madness, Trevor Eissler
[9] La mente del bambino, M. Montessori
[10] Il segreto dell’infanzia, M. Montessori
[11] La mente del bambino, M. Montessori
[12] http://www.nostrofiglio.it/bambino/bambino-6-14-anni/scuola-primaria/perche-secondo-la-scienza-e-importante-saper-scrivere-in-corsivo
[13] The child, society and the world, M.Montessori
[14] Libertà e amore, Elena Balsamo
[15] The child, society and the world, M.Montessori
[16] ibidem
[17] La mente del bambino, M. Montessori
[18] A. M. Maccheroni citata in Libertà e amore di E. Balsamo
[19] La mente del bambino, M. Montessori
[20] Libertà e amore, E.Balsamo
[21] Il segreto dell’infanzia, M. Montessori
[22] Libertà e amore, E.Balsamo
[23] Il che mi ricorda da un lato il coraggioso documentario di Jean-Paul Jaud I nostri figli di accuseranno, dall’altro che le biomense come diritto per tutti i bambini e la lotta all’attuale paradigma epidemiologico cui i bambini di oggi sedentari, tecnologizzati ed inurbati sono sottoposti sarebbero battaglia da lei condivisa oggigiorno, come lo furono nel 1909 le sue idee sull’alimentazione in senso medico, sociale e ambientale
[24] The child, society and the world, M. Montessori
[25] Dall’infanzia all’adolescenza, M. Montessori
[26] Libertà e amore, E. Balsamo
[27] https://www.uppa.it/educazione/montessori/la-scuola-montessori/ Daniele Novara
[28] La mente del bambino (Maria Montessori)