Putin ha salvato Erdogan da se stesso

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Pepe Escobar
asiatimes.com

Giovedi scorso, all’inizio del colloquio-maratona di Mosca, il presidente russo Vladimir Putin si è rivolto al presidente turco Recep Tayyip Erdogan con quella che probabilmente è la più straordinaria mossa diplomatica di questo giovanissimo 21° secolo.

Putin ha detto: “All’inizio del nostro incontro, vorrei esprimere ancora una volta le mie sincere condoglianze per la morte dei vostri militari in Siria. Sfortunatamente, come vi avevo già riferito durante la nostra telefonata, nessuno, comprese le truppe siriane, conosceva i loro spostamenti.”

È così che un vero leader mondiale dice, di persona, ad un leader regionale di astenersi dal posizionare le sue forze a sostegno dello Jihadismo, in incognito, nel bel mezzo di un esplosivo teatro di guerra.

La discussione faccia a faccia fra Putin ed Erdogan, con solo gli interpreti presenti nella stanza, è durata tre ore, prima di un’altra ora con le rispettive delegazioni. Alla fine, tutto si è risolto con Putin che ha trovato un modo elegante di salvare la faccia ad Erdogan per mezzo di, avete indovinato, un ulteriore cessate il fuoco ad Idlib (iniziato giovedì a mezzanotte) scritto e firmato in turco, russo ed inglese, “tutti i testi con la stessa validità giuridica.”

Inoltre, il 15 marzo, comincerà il pattugliamento congiunto turco-russo lungo l’autostrada M4, il che significa che le infinite e mutevoli frange di al-Qaeda in Siria non potranno riconquistarla.

Se tutto questo sembra un déjà vu, è perché lo è. Molte foto ufficiali dell’incontro di Mosca mostrano in primo piano il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il Ministro della Difesa Sergey Shoigu, gli altri due pesi massimi presenti all’incontro, a parte i presidenti. Sulla scia di Putin, Lavrov e Shoigu devono aver aver dato, senza mezzi termini, una bella lavata di capo ad Erdogan. È abbastanza: adesso, per favore, comportati bene oppure pagane le dure conseguenze.

Il secondo Ataturk

Una caratteristica prevedibile del nuovo cessate il fuoco è che sia Mosca che Ankara, che fanno parte del processo di pace di Astana insieme a Teheran, rimangono impegnate a garantire l'”integrità territoriale e la sovranità” della Siria. Ancora una volta, non vi è alcuna garanzia che Erdogan la rispetterà.

È fondamentale ricapitolare le cose fondamentali. La Turchia è in una profonda crisi finanziaria. Ankara ha bisogno di soldi, molti soldi. La lira sta crollando. Il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) ha perso le elezioni. L’ex Primo Ministro e leader del partito, Ahmet Davutoglu, il teorico del neo-Ottomanesimo, ha lasciato il partito e si sta ritagliando la propria nicchia politica. L’AKP è impantanato in una crisi interna.

La risposta di Erdogan è stata quella di passare all’offensiva. È così che vorrebbe ripristinare il proprio carisma. Mettiamo insieme Idlib con le sue pretese marittime sulle acque intorno a Cipro e il ricatto all’Unione Europea attuato sommergendo di rifugiati l’isola greca di Lesbo e avremo il modus operandi tipico di Erdogan in pieno svolgimento.

In teoria, questo nuovo cessate il fuoco costringerà finalmente Erdogan ad abbandonare tutte quelle miriadi di metastasi di al-Nusra/ISIS, quelli che l’Occidente chiama i “ribelli moderati,” debitamente armati da Ankara. Questa è la linea rossa definitiva di Mosca e anche di Damasco. Non sarà lasciato alcun territorio a disposizione degli Jihadisti. L’Iraq è un’altra storia: l’ISIS è ancora presente tra Kirkuk e Mosul.

Nessun fanatico della NATO lo ammetterà mai, ma, ancora una volta, è stata la Russia a prevenire la minaccia dell’”invasione musulmana” dell’Europa pubblicizzata da Erdogan. Anche se, in primo luogo, non si è mai trattato di una vera e propria invasione, solo poche migliaia di migranti economici dall’Afghanistan, dal Pakistan e dal Sahel, non di Siriani. Non esiste “un milione” di rifugiati siriani in procinto di entrare nell’UE.

L’UE, come sempre, continuerà a blaterare. Bruxelles e la maggior parte delle capitali europee non hanno ancora capito che è stato Bashar al-Assad ad aver sempre combattuto al-Nusra/ISIS. Semplicemente, non comprendono la correlazione delle forze sul terreno. La loro posizione di ripiego è sempre stato il disco rotto dei “valori europei.” Nessuna meraviglia che l’UE sia un attore secondario nell’intera tragedia siriana.

Mentre cercavo di collegare le motivazioni di Erdogan-Khan alla storia della Turchia e agli imperi delle steppe avevo ricevuto un eccellente feedback da alcuni analisti turchi progressisti.

La loro posizione, in sostanza, è che Erdogan è un internazionalista, ma solo in termini islamici. Dal 2000 in poi è riuscito a creare un clima di negazione delle antiche motivazioni nazionaliste turche. Usa l’identità turca, ma, come sottolinea un analista, “questo non ha nulla a che fare con i Turchi antichi. È un Ikhwan. Neanche a lui importa dei Curdi, finché rimangono i suoi ‘islamisti buoni’.”

Un altro analista sottolinea che “nella Turchia moderna, l’essere ‘turco’ non è legato alla razza, perché la maggior parte dei Turchi sono anatolici, una popolazione mista.”

Quindi, in breve, ciò che interessa ad Erdogan è Idlib, Aleppo, Damasco, La Mecca e non l’Asia sud-occidentale o l’Asia centrale. Vuole essere il “secondo Ataturk.” Eppure nessuno, tranne gli Islamisti, lo vede in questo modo e “talvolta lui mostra la sua rabbia proprio per questo motivo. Il suo unico obiettivo è quello di battere Ataturk e creare un opposto islamico di Ataturk.” E la creazione di quell’anti-Ataturk passerebbe attraverso il neo-Ottomanesimo.

L’eccellente storico indipendente Dr. Can Erimtan, che avevo avuto il piacere di incontrare quando viveva ancora ad Istanbul (ora si è auto-esiliato), offre un ampio background eurasiatico dei sogni di Erdogan. Bene, Vladimir Putin ha appena dato un po’ di respiro al secondo Ataturk. Nessuno però scommette più sul fatto che questo nuovo cessate il fuoco non si trasformi in una pira funeraria.

Pepe Escobar

Fonte: asiatimes.com
Link: https://asiatimes.com/2020/03/putin-saves-erdogan-from-himself/
06.03.2020

 

 

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