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La Redazione

 

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Il mainstream contro i Prof. anti Green Pass: “Sono il fronte dei negazionisti”

La replica del Prof. Guido Cappelli a Ferdinando Pinto che si dice "arrabbiato" coi colleghi firmatari dell'appello "Il lasciapassare della discriminazione”
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A cura di Jacopo Brogi
Il 9 Settembre 2021
13126 Views

Di Jacopo Brogi, ComeDonChisciotte.org

Sono L. G. , docente di Torino. Sono vaccinata, ma contro la carta verde. Ritengo sia un dispositivo che obbliga e divide.
Tutti, vaccinati e non, dobbiamo essere uniti contro tale “lascia passare”.  Crea discriminazione e già questo tradisce la nostra Costituzione, appositamente voluta dai nostri Padri: lunga, con più diritti che doveri, rigida.
Ricordo i partigiani, ricordo chi ha perso la vita per la Libertà e per la democrazia rappresentativa di tutti, anche delle minoranze. Sono fiera di essere tra le firmatarie di questo appello.  Insegno in una scuola che è dedicata anche a Rosa Luxemburg, come si possono tradire le idee!!!
Resistenza sempre Resistenza

Questa lettera è una delle tantissime che ci sono arrivate. L’appello dei docenti universitari ospitato da ComeDonChisciotte.org a cui hanno aderito decine e decine di personalità e di comuni cittadini, è approdato pure alla redazione del Corriere del Mezzogiorno (emanazione del Corriere della Sera), che ha interpellato Ferdinando Pinto, professore di Diritto amministrativo alla Federico II, già docente di Diritto costituzionale:

Un manifesto così tranchant fa male anche a chi lo sottoscrive. Il tono poi è molto discutibile e lascia il tempo che trova. E non ultimo è pubblicato su un sito negazionista. (1)

Ringraziando il Prof. Pinto (così come abbiamo fatto a suo tempo nei riguardi di Milena Gabanelli), pubblichiamo la replica del Prof. Cappelli, docente di Letteratura Italiana presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale  (promotore assieme ai colleghi Giuseppe Germano e Antonietta Iacono dell’appello “Green pass, il lasciapassare della discriminazione”), una missiva che era stata indirizzata proprio al Corriere del Mezzogiorno, ma che è stata ignorata dalla redazione.

La libertà di espressione ed il libero dibattito sembrano ormai fortemente compromessi. Viene da chiedersi chi siano i negazionisti.

Secondo il Prof. Pinto:

C’è un equivoco di fondo nell’appello contro il green pass, i firmatari richiamano la Costituzione. Ebbene la nostra Costituzione parla di diritti sì, ma anche di doveri dei cittadini. La prima parte, a proposito di principi, parte proprio dai diritti e dai doveri. Il discorso della libertà dunque non ha senso se non si inquadra in questa logica. È alla base delle democrazie moderne (2).

E la giornalista gli chiede: Chi invoca la dittatura sanitaria, la deriva autoritaria dello stato emergenziale, dove sbaglia?

Perché è vero proprio il contrario. Il ragionamento di chi si dice contrario è intrinsecamente contradditorio perché l’esaltazione della libertà senza limiti comporterà proprio la limitazione della libertà stessa (3).

Il Corriere incalza il docente universitario senza giri di parole, e poi titola:

L’ amministrativista Ferdinando Pinto analizza il fronte dei negazionisti «La Costituzione parla di diritti, ma anche di doveri dei cittadini. L’obbligo va sancito, ma c’è la politica di mezzo»

Di seguito, la replica del Prof. Cappelli. Tutto ciò, non è soltanto uno scambio a distanza fra intellettuali, ma il confronto tra due visioni del mondo e della società, profondamente lacerata dalla complessa realtà che viviamo.

La posta in gioco

Di Guido Cappelli (*)

Il nostro appello contro il green pass dello scorso 27 agosto (che mi piace battezzare l’“appello dei filologi”) ha avuto una certa ripercussione, al punto da suscitare qualche preoccupazione in mainstream, preoccupazione che si riflette nella pronta (forse talmente pronta da sconfinare nell’avventato) replica di un professore napoletano, apparsa sollecita sul Corriere del Mezzogiorno del 2 settembre, a stretto giro da un articolo dello stesso quotidiano dove si dava notizia dell’appello e si raccoglievano alcune mie dichiarazioni al riguardo. Credo sia giusto e onesto dare una controreplica, anche per onorare un dibattito intellettuale a mio parere cruciale in questo momento storico.

Il nostro critico è anche lui un professore, un illustre giurista per giunta: egli ci invita, fin dal titolo della sua intervista, a non banalizzare temi seri e profondi come quello della libertà individuale. Invito giustissimo, sacrosanto, da accogliere senz’altro. Potrebbe cominciare lui stesso a dare l’esempio: evitando, magari, di ricorrere, per puntellare la sue evidentemente non solidissime argomentazioni critiche, al trito, banale e truffaldino paragone tra l’obbligo vaccinale e… il codice della strada (!), in una similitudine tanto frivola quanto imbarazzante: “mi domando perché non si scandalizzino allora per i limiti di velocità o per il divieto di sosta”.

E allora, visto che il professore si domanda, glielo spieghiamo noi perché si tratta di una pericolosa, fallace banalità: semplicemente perché non risulta che per un divieto di sosta ti tolgano la macchina e tanto meno il lavoro, né che un’infrazione di traffico derivi nella perdita di diritti di cittadinanza come quelli che nega il green pass. Chiunque può vedere da sé la vuotezza di simili paragoni. Ma sì, lo sappiamo: non è una fallacia nuova; sta passando sulle bocche di tanti, troppi presunti “intellettuali organici”. Forse è meglio argomentare in modo meno superficiale: pena la caduta nella banalizzazione.

Né sembra troppo incisivo l’altro argomento del nostro professore giurista: il classico argumentum auctoritatis, in questo caso con aroma di agenzia di rating: l’argomento di autorità che evita di entrare nel merito, quando definisce il sito che ha ospitato il nostro appello come “negazionista”. Eccolo! Non poteva mancare il vecchio jolly utile a degradare qualsiasi dibattito, sterilizzare qualsiasi confronto di idee leale e razionale. “Negazionistaaaa”! Basta profferire la parolina magica, e l’interlocutore è annichilito, sprofondato nell’inferno del tabù, dell’indicibile, del Male con maiuscola. Ma che cosa intende, illustre collega, con “negazionista”? Intende chi dà voce a tutte le voci? Chi ospita i dibattiti in tutta la loro complessa dimensione? Chi non esclude a priori punti di vista e opinioni anche scomode?

Chi non ha “linee editoriali” draconiane in nome delle quali ogni giorno, lo sappiamo tutti e lo sa anche Lei (il re è sconciamente nudo anche in questo!), capi e capetti dettano le linee ideologiche ai sottoposti e sanzionano duramente chi non si allinea? Il collega-giurista ignora forse il clima delle redazioni dei giornali mainstream? Allora gli sveliamo un piccolo retroscena: questo stesso articolo era stato inviato allo stesso giornale che aveva ospitato i nostri rispettivi interventi, ma, come si vede, non è stato pubblicato. Lui questa come la chiama? Il collega-giurista non sa nulla delle mostruose concentrazioni oligopolistiche che hanno snaturato da almeno un quarto di secolo in qua il senso stesso del fare informazione? “Non sia mai!”, per dirla con l’Apostolo.

E noi, poveri illusi, generazione allevata nei valori costituzionali di pluralismo e democrazia, convinti che informazione fosse proprio dar voce a tutte le opzioni in campo! Che vuol dire “negazionista”, caro collega? Non sarà che è l’ennesima vile etichetta appiccicata sulla bocca di chi dissente, pone questioni, solleva dubbi? Ma nell’intervista è stato, invero, tutto un banalizzare: come quando evoca lo Stato come garante di una privacy che dovremmo consegnargli ad occhi chiusi: forse sarebbe bene interrogarsi su che cosa è diventato lo Stato negli ultimi 30-40 anni, su come è stato colonizzato, infiltrato, snaturato da lobby e poteri privati che hanno annullato l’idea stessa di rappresentanza popolare.

Ma tutto questo è assente nella riflessione del nostro censore, che invece invoca disinvoltamente democrazia e costituzione, salvo poi insistere sul fatto che noi saremmo “una minoranza” (sarà poi vero?) cui è concesso uno spazio “eccessivo”, cosa che non sembra deporre a favore della sua credibilità democratica, se è vero che in democrazia è proprio il diritto delle minoranze il primo ad essere tutelato.

Del resto, ci si può riempire la bocca di quante solenni dichiarazioni e sottili interpretazioni si vogliano, ma l’articolo 32 della Costituzione parla chiarissimo: l’obbligo vaccinale nei termini in cui lo si sta proponendo è vietato. Vietato. E per una ragione storica ben presente ai nostri padri: la sperimentazione su corpi operata dal totalitarismo nazista. Mai più, si disse. Poi, che in questo tempo postmoderno tutte le vacche siano grigie e sia la forza a stabilire l’interpretazione del diritto, è altra questione, purtroppo tragica: ormai, padroni dei media e in larga parte anche delle istituzioni di garanzia, possono far dire alla nostra Carta costituzionale (come del resto a qualunque principio giuridico fino a ieri comunemente accettato) tutto quello che vogliono e anche di più: non c’è testo che, adeguatamente torturato, non confessi quello che il potente vuol fargli dire. A volte, questi “intellettuali organici”, con le loro valigette, con le loro cravatte, sembrano degli hooligans incendiari che mettono allegramente le mani su Dichiarazioni dei diritti secolari, Costituzioni costate lacrime e sangue, princìpi di civiltà dati per acquisiti da decenni se non da secoli.

Ha ragione il collega: non bisogna banalizzare. Banalizzare ed etichettare sono forme di violenza simbolica e lui, come noi, certo detesterà la violenza simbolica. Sappiamo benissimo che quello della libertà è tema complesso e delicato: sappiamo bene che esiste una libertà degli antichi e una dei moderni, una libertà “prima del liberalismo”, una libertà positiva (partecipazione alla vita civica) e una negativa (assenza di interferenza da parte del potere). Abbiamo letto Finley, Stuart Mill, Berlin e Skinner, ricordiamo il Diritto romano e Cicerone, e abbiamo perfino l’aspirazione, la fiducia visionaria, “eretica”, a farli uscire dall’accademia e farli diventare patrimonio comune delle coscienze, armi da suonare in testa ai corifei dell’autoritarismo dalle sinistre tinte distopiche che ci stanno ammannendo da troppo tempo. Proprio per questo – in mezzo a questo gigantesco falò della razionalità giuridica e filosofica, in questa cancel culture della ragione, della ragionevolezza e del buon senso che covava da tempo ma si è scatenata da un anno e mezzo “causa covid” – alcuni di noi ancora ricordano che tra le conquiste decisive della seconda modernità c’è proprio la sovranità sul e del proprio corpo, l’autodeterminazione individuale, la distinzione tra attività della vita, regolabili per legge, e vita stessa, indisponibile, in linea di principio, per qualunque potere politico o economico che sia. Non sono argomenti da “stato d’emergenza”, ma da dibattito riposato e profondo, non certo appannaggio di questa o quella disciplina, ma bisognosi dell’apporto di tutti, dal filosofo al giurista al biologo, magari costituendo dei comitati di bioetica degni di questo nome.

È questa la posta in gioco, egregio collega, non inganniamoci: la sovranità sul proprio corpo, il diritto alla libera scelta su ciò che riguarda l’intimo, il sé irriducibile alla manipolazione biopolitica: il diritto, insomma, al libero arbitrio, questa meravigliosa scoperta millenaria, per cui la nostra Civiltà lotta dalla notte dei tempi. È l’ultima frontiera della dignità; è una battaglia di civiltà, il limes su cui attendiamo i barbari. Decisi, ne stia certo, a resistere, con la testa alta, la mente lucida, il cuore pieno di fiducia nell’umano.

(*) = L’intervento è stato concordato con Giuseppe Germano e Antonietta Iacono anch’essi promotori dell’appello “Green pass, il lasciapassare della discriminazione”, riportato di seguito.

Ecco l’intera platea dei sottoscrittori provenienti dai più svariati ambienti: università, scuola, pubblica amministrazione, musica e spettacolo, libera professione. Non solo: moltissimi cittadini preoccupati dagli eventi in corso, ma allo stesso tempo disposti all’impegno.

Promotori

Guido Cappelli (docente universitario) Giuseppe Germano (docente universitario) Antonietta Iacono (docente universitario)

Firmatari – Ultime adesioni (aggiornate al 08.09.2021 ore 22.30)

Franco Ghelfi (docente universitario), Maria Giovanna Bosco (docente universitaria), Giovanna Campani  (docente universitaria), Mikaela Cordisco (docente universitaria), Giovanni Antonio Nigro (docente universitario), P. Davide Cozzoli (ricercatore e docente universitario), Stefano Scarcella Prandstraller (ricercatore universitario), Rosaria Crupi (ricercatrice universitaria), Elisabetta Della Corte (ricercatrice universitaria), Claudia Munno (avvocato e dottore di ricerca), Vittorino Talamini (ricercatore confermato), Carmelo Buscema (ricercatore), Anton Thumiger (docente), Paolo Asta (docente di lettere e dottore di ricerca), Grazia Sarnataro (docente), Vittoria Maniglio (insegnante), Maria Barbato (docente), Modesto Caruso (insegnante), Antonella De Cupis (docente), Elena Villani (docente), Anna Chiara Ferlinghetti (insegnante), Cinzia Largo (docente), Antonella Giordanelli (pianista e docente), Lorenzo Sarno (docente), Simona Masillo (insegnante), Pina Paone (docente), Antonio Parascandolo (docente), Stefania Del Gaudio (docente), Mauro Vallone (docente), Loredana Gugliotta (docente), Ersilia Esposito (docente), Concetta Rauso (docente), Maria Parascandolo (docente), Alessandra Buonajuto (docente), 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Esposito, Silvana Rossato.

Adesioni al 01.09.2021

Salvatore D’Acunto (docente universitario), Marina de Chiara (docente universitaria), Giovanni De Vita (docente, ricercatore), Marco Di Mauro (scrittore), Francesco Furlan (ricercatore), Simona Padula (docente liceo musicale), Giampaolo Papari (ricercatore), Giovanni Rotiroti (docente universitario), Giuseppe Russo (scrittore), Ciro Silvestri (docente, giornalista), Paolo Bellavite (medico e docente universitario), Lorenzo Maria Pacini (docente universitario), Carmela Cappelli (docente universitario), Stefano Isola (docente universitario), Don Leonardo Pelonara (docente universitario), Prof. Vincenzo Vecchione (docente universitario), Marta Cialdea (docente universitario), Salvatore Valiante (docente universitario), Carlo Belli (docente universitario), Alessandra Salvati (compositrice e docente), Michele Maggino (docente di scuola primaria), Marcello Floris (musicista), Debora Mura (avvocato), Cristiano Schiavi (avvocato), Paola Slaviero (insegnante), Maurizio Rossi  (arista del Coro del Teatro dell’Opera di Roma), Luigi De Caro (scrittore), Angela Verso (docente), Francesco Bellotti (PA, Diten, Università di Genova), Cinzia Farina (ex insegnante ed ex giornalista), Nicola Schiavone  (RTI Università di Firenze. Settore MED/04), Renata Sieni (insegnante), Marta Valenti (insegnante), Alessandra Pagnutti (docente), Davide Falsino (docente), Massimo Gianangeli  (docente), Ciro Riccardo (docente), Pierpaolo Buzzi (artista, investitore), Onofrio Barbaria (avvocato), Stefano Balladore (PTA Università di Genova), Pinoli Marinella (insegnante scuola primaria), Beatrice Bonfiglio (docente),  Serafina Zangari (docente), Patrizia Bertozzi (giornalista), Marianna Solari (docente), Caminiti Lucia (docente), Lorenza Abati (docente), Gozzi Matteo (docente), Maria Stella Vannini (docente), Sergio Lamberto (docente), Silvia Di Cataldo (docente), Manola Toniato (docente scuola primaria), Esposito Catello (docente), Claudio Innaro (docente), Miroddi Luana (docente), Silvia Massarelli (docente), Franco Giura (Ufficio Tecnico Teatro Regio Torino), Piero Cavina (docente), Giannoni Luigi (docente), Alfano Maria Gabriella (docente), Serena Riviera (docente), Vincenzo Adamo (docente in pensione), Giuseppe Costanzo (docente e counselor pedagogico relazionale), Julia Geller (violinista), Sabina Loi (psicologa), Marco Pacini (assistente tecnico scolastico), Lorella Congiu (assistente amministrativo scolastico), Rosaria Lazzarini (funzionario pubblico), Marco Mennini (ingegnere elettronico), Vincenzo Adamo, Elisabetta Alberini, Mario Paganini, Katia Curcio, Roberto Perin, Marino Zanette, Domenico Cescon, Barbara Damiani Rigazzi, Biagio Russo, Daniela Pulacchini, Giovanni Rallo, Emanuele Silvestri, Giovanni Corriga, Stefania Tenderini , Viviana Veronese, Marina Caravella, Marco Bacci, Roberto Concu, Agnese Mazzarello, Laura Lupini, Marco Ravicini, Davide Zanoncelli, Eva Fabbri, Nicola Ranocchini, Alessandra Albertengo, Ivan Randazzo, Marco Pizzi, Salvatore Palumbo, Gionni Garofolo, Andrea Mennella, Sarno Antonio, Lorenza Foschi, Diana Paolozza, Simona Profeta, Enrica Apparuti, Puccetti Riccardo, Daniele di Bonaventura, Antonio Raspini, Elisa Politti, Francesca Sico, Giuseppe Tutino, Ivana Modano, Rosa Biagi, Paola Chiaravalle, Carlo Coppola, Maria Luigia Casalin, Rino Amedoro, Alfredo Di Giulio, Gabriella Olivieri, Maria Delia Di Donato, Marinella Calabrese, Marina Piscopo, Lorenzo D’Attoma, Paolo Lehnus, Grazia Lettieri, Cristiana Bramanti, Francesc Xavier Pons Roca, Moira Arguto, Mariella Serra, Kaiser Tünde Monika, Michela Brindisi, Michele Zabeo, Michele Ferrandino, Ornella Caselli, Muriel Grifò, Silvia Missio, Luigi Pignalosa, Silvia Massarelli, Guido Maldina.

Il documento promosso da Guido Cappelli, Giuseppe Germano e Antonietta Iacono sta arrivando in ogni dove.

Seguiranno ulteriori iniziative legate a questo patrimonio di idee e di valori comuni.

Chi volesse sottoscrivere il documento, può inviare un messaggio all’indirizzo 

[email protected]

IL TESTO INTEGRALE DELL’APPELLO

L’Università e la Scuola sono, per definizione, il luogo dello scambio, dell’inclusione, della riduzione delle barriere sociali, della crescita personale attraverso i legami di amicizia e di interessi culturali.

Vedere oggi queste istituzioni diventare uno dei luoghi privilegiati di esclusione e separazione, dove la ragione della legge è calpestata e mistificata, è uno spettacolo non solo inquietante ma desolante.

Senza dubbio, agli occhi di molti la crisi provocata dal Covid-19 – comunque la si voglia considerare sotto il profilo strettamente scientifico-sanitario – ha funzionato come fattore di accelerazione e catalizzazione di tendenze autoritarie sul piano politico, sociale e antropologico, che già serpeggiavano nelle società occidentali da tempo, almeno dalla cosiddetta “controriforma” neo liberista iniziatasi negli anni ’80 dello scorso secolo e proposta ai popoli con l’edulcorante oppio del “glamour”.

Una deriva che, per essere in atto da tempo e in una modalità finora poco percepibile e quasi invisibile per la maggioranza delle persone, non risulta meno angosciosamente preoccupante, tanto più che è quasi del tutto mancata una classe intellettuale capace di metterla veramente a nudo in modo incisivo.

Ma con la crisi provocata dal Covid-19, appunto, dopo i primi mesi di shock, finalmente a molti è apparso sempre più chiaro come la risposta alla crisi assumesse sempre di più un carattere politico più che strettamente sanitario, investendo le libertà e i diritti individuali in modo scarsamente giustificabile non solo dal punto di vista razionale, ma anche da quello scientifico.

L’introduzione della “certificazione verde”, il cosiddetto “green pass” (anglicismo che, come spesso accade vuole coprire la natura problematica e divisiva del documento), non fa che condurre al culmine questo processo involutivo che si sta compiendo sul piano dei diritti civili e sociali sotto gli occhi di un pubblico intimorito e distratto ad arte dalla propaganda mediatica.

Il “green pass” trascina l’Italia, come era già accaduto in epoche passate, nel baratro della discriminazione tra cittadini.

Un settore sempre più numeroso della popolazione assiste, tra l’angoscia e la stupefazione, a una deriva autoritaria e transumanista delle nostre società, a livello nazionale e globale, di cui era difficile prevedere l’intensità e la rapidità, nel disprezzo di leggi e carte costituzionali costate ai nostri padri sacrifici e lotte, spesso al prezzo della vita.

Un’aggressività del potere del tutto inedita, estranea perfino ai periodi più oscuri e imbarazzanti della nostra storia, una violenza sistemica finora sconosciuta, apparati di propaganda senza freni e senza scrupoli, pervasi da una mentalità bellica, segnalano una sorta di mutazione genetica delle classi dirigenti e del loro rapporto con le popolazioni.

Questa pressione estrema corrisponde all’importanza della posta in gioco, ora svelata completamente dal meccanismo discriminatorio del “green pass”, che alla luce di sempre più stringenti evidenze scientifiche si capisce che non ha nulla a che fare con la protezione della salute degli individui: si tratta, invece, di modulare la ristrutturazione in profondità delle relazioni umane a tutti i livelli, verticale e orizzontale; di trovare una giustificazione per un sistema ricattatorio che trascende i fascismi storici e punta su una società della disciplina totale, tagliata sugli interessi di pochi e coniugata a un individualismo estremo alimentato dalla paura, in cui l’altro rappresenta sempre e soltanto una potenziale minaccia: competitore, aggressore razzista o machista, e ora anche potenziale killer biologico.

Le relazioni umane vengono “sterilizzate” e precostituite dall’alto attraverso regole di “distanziamento” che mirano a diventare permanenti e dettate da un Potere autoreferenziale, con la sua folla di “esperti” che a vario titolo pretendono di riscrivere le regole delle relazioni interpersonali, anche le più intime, innescando un processo di sottrazione di autodeterminazione senza precedenti noti.

Il risultato è una frammentazione estrema che capovolge l’identità stessa dell’individuo, trasformandolo da “animale sociale”, qual è per natura, in “homo oeconomicus”, mentre la socialità umana viene fagocitata dai “social media”. Ma dal “sociale” ai “social” si perde qualcosa in più di una lettera: si perde l’umanità, la sovranità su se stessi e sui propri comportamenti più spontanei: questa è la posta in gioco definitiva del cosiddetto “green pass”.

Per questo, da intellettuali impegnati a vario titolo nei campi delle scienze umane e sociali, facciamo appello a una presa di coscienza collettiva che si traduca in azione, razionale, pacifica, ma energica, di risposta a questa sfida che rischia di trasformare per sempre, in senso distopico, le nostre società.

NOTE

(1) = https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/cronaca/21_settembre_02/green-pass-pinto-una-battaglia-minoritaria-che-banalizza-tema-liberta-5cfb08f2-0bb8-11ec-b525-475b23ced2ef.shtml

(2) = Ibidem

(3) = Ibidem

08.09.2021

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Giornalista pubblicista e documentarista; freelance United Photo Press. “La realtà ha bisogno di più testimoni. Per mostrarla e per cambiarla.”
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