Riceviamo e pubblichiamo in esclusiva questo accorato appello levatosi dal mondo accademico a cui, nelle ultime ore, si stanno unendo altre personalità afferenti al sistema educativo e culturale del Paese.
Unire le forze per gridare più forte e provare a sollevare le coscienze, questo il primo passo.
Chi volesse sottoscrivere il documento, può inviare un messaggio all’indirizzo
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L’Università e la Scuola sono, per definizione, il luogo dello scambio, dell’inclusione, della riduzione delle barriere sociali, della crescita personale attraverso i legami di amicizia e di interessi culturali.
Vedere oggi queste istituzioni diventare uno dei luoghi privilegiati di esclusione e separazione, dove la ragione della legge è calpestata e mistificata, è uno spettacolo non solo inquietante ma desolante.
Senza dubbio, agli occhi di molti la crisi provocata dal Covid-19 – comunque la si voglia considerare sotto il profilo strettamente scientifico-sanitario – ha funzionato come fattore di accelerazione e catalizzazione di tendenze autoritarie sul piano politico, sociale e antropologico, che già serpeggiavano nelle società occidentali da tempo, almeno dalla cosiddetta “controriforma” neo liberista iniziatasi negli anni ’80 dello scorso secolo e proposta ai popoli con l’edulcorante oppio del “glamour”.
Una deriva che, per essere in atto da tempo e in una modalità finora poco percepibile e quasi invisibile per la maggioranza delle persone, non risulta meno angosciosamente preoccupante, tanto più che è quasi del tutto mancata una classe intellettuale capace di metterla veramente a nudo in modo incisivo.
Ma con la crisi provocata dal Covid-19, appunto, dopo i primi mesi di shock, finalmente a molti è apparso sempre più chiaro come la risposta alla crisi assumesse sempre di più un carattere politico più che strettamente sanitario, investendo le libertà e i diritti individuali in modo scarsamente giustificabile non solo dal punto di vista razionale, ma anche da quello scientifico.
L’introduzione della “certificazione verde”, il cosiddetto “green pass” (anglicismo che, come spesso accade vuole coprire la natura problematica e divisiva del documento), non fa che condurre al culmine questo processo involutivo che si sta compiendo sul piano dei diritti civili e sociali sotto gli occhi di un pubblico intimorito e distratto ad arte dalla propaganda mediatica.
Il “green pass” trascina l’Italia, come era già accaduto in epoche passate, nel baratro della discriminazione tra cittadini.
Un settore sempre più numeroso della popolazione assiste, tra l’angoscia e la stupefazione, a una deriva autoritaria e transumanista delle nostre società, a livello nazionale e globale, di cui era difficile prevedere l’intensità e la rapidità, nel disprezzo di leggi e carte costituzionali costate ai nostri padri sacrifici e lotte, spesso al prezzo della vita.
Un’aggressività del potere del tutto inedita, estranea perfino ai periodi più oscuri e imbarazzanti della nostra storia, una violenza sistemica finora sconosciuta, apparati di propaganda senza freni e senza scrupoli, pervasi da una mentalità bellica, segnalano una sorta di mutazione genetica delle classi dirigenti e del loro rapporto con le popolazioni.
Questa pressione estrema corrisponde all’importanza della posta in gioco, ora svelata completamente dal meccanismo discriminatorio del “green pass”, che alla luce di sempre più stringenti evidenze scientifiche si capisce che non ha nulla a che fare con la protezione della salute degli individui: si tratta, invece, di modulare la ristrutturazione in profondità delle relazioni umane a tutti i livelli, verticale e orizzontale; di trovare una giustificazione per un sistema ricattatorio che trascende i fascismi storici e punta su una società della disciplina totale, tagliata sugli interessi di pochi e coniugata a un individualismo estremo alimentato dalla paura, in cui l’altro rappresenta sempre e soltanto una potenziale minaccia: competitore, aggressore razzista o machista, e ora anche potenziale killer biologico.
Le relazioni umane vengono “sterilizzate” e precostituite dall’alto attraverso regole di “distanziamento” che mirano a diventare permanenti e dettate da un Potere autoreferenziale, con la sua folla di “esperti” che a vario titolo pretendono di riscrivere le regole delle relazioni interpersonali, anche le più intime, innescando un processo di sottrazione di autodeterminazione senza precedenti noti.
Il risultato è una frammentazione estrema che capovolge l’identità stessa dell’individuo, trasformandolo da “animale sociale”, qual è per natura, in “homo oeconomicus”, mentre la socialità umana viene fagocitata dai “social media”. Ma dal “sociale” ai “social” si perde qualcosa in più di una lettera: si perde l’umanità, la sovranità su se stessi e sui propri comportamenti più spontanei: questa è la posta in gioco definitiva del cosiddetto “green pass”.
Per questo, da intellettuali impegnati a vario titolo nei campi delle scienze umane e sociali, facciamo appello a una presa di coscienza collettiva che si traduca in azione, razionale, pacifica, ma energica, di risposta a questa sfida che rischia di trasformare per sempre, in senso distopico, le nostre società.
Promotori
Guido Cappelli (docente universitario)
Giuseppe Germano (docente universitario)
Antonietta Iacono (docente universitario)
Firmatari
Salvatore D’Acunto (docente universitario)
Marina de Chiara (docente universitaria)
Giovanni De Vita (docente, ricercatore)
Marco Di Mauro (scrittore)
Francesco Furlan (ricercatore)
Simona Padula (docente liceo musicale)
Giampaolo Papari (ricercatore)
Giovanni Rotiroti (docente universitario)
Giuseppe Russo (scrittore)
Ciro Silvestri (docente, giornalista)
[SEGUE]
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Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org