I Macellai della comunicazione – reloaded

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DI TRUMAN

Comedonchisciotte

Un vecchio articolo scritto nel 2005, pochi mesi dopo gli attentati alla metro ed ai bus di Londra. All’epoca mi sembrò più speculativo che informativo e fu pubblicato su Indymedia invece che su comedonchisciotte. Eppure esso individuava  correttamente l’emergere del terrorismo come mass medium del terzo millennio, come pure il suo stretto legame con i mass media più convenzionali.

Ciò che presumibilmente mancava era l’integrazione realizzata in questi anni tra tutti i mass media, quella che alcuni chiamano “re-mediation” (vedere anche qui), cioè la capacità di inviare un messaggio ad ampio spettro su tutti i media disponibili, ciascuno con le sue peculiarità. Questo effetto non era all’epoca percettibile e pure oggi si riesce a notarlo solo quando ci si allontana dal martellamento continuo dei media.

Certamente in questi anni c’è stata anche la crescita vorticosa dei social media, anche questi pesantemente infiltrati dal potere.

Va aggiunta la saldatura che si è completata di recente tra il sistema medico (Big Pharma) e il sistema mediatico, portando alla distopia realizzata in cui ci troviamo immersi.

La strategia di fondo mi ricorda la “Full spectrum dominance” dei vertici militari USA. Sempre ricordando che una tale strategia, se le cose non vanno come previsto, può diventare una “full spectrum failure”.

I Macellai della comunicazione

(Un parere non convenzionale sui media)

Nonostante quello che dicevano alcuni “guru” (forse troppo rivolti a guardare le élite più che le masse) le comunicazioni di massa non sono tramontate, sostituite dall’approccio paritario di internet e delle nuove tecnologie, anzi la tradizionale comunicazione “one way” da uno a molti ha ripreso vigore grazie alla nuova (o meglio, rinnovata) tecnologia mediatica, caratteristica del nuovo millennio: il terrorismo. Gli specialisti di questa forma di comunicazione, adeguata ai tempi foschi attuali, sono i macellai della comunicazione.

Non mi sembra che tale aspetto sia stato molto capito: leggo l’articolo “Neuropsichiatria del terrore” di Genna, orientato al linguaggio psichiatrico invece che a quello dei media, e mi appare poco produttivo ed inutilmente approfondito.

Egli afferma che il terrorismo non funziona e non può funzionare, anche se evidentemente i terroristi – che la pensano diversamente da lui – continuano a crescere.

Eppure il terrorismo è, da molti punti di vista, una riapplicazione pratica delle teorie (a volte recepite dalla psicologia sociale) dei mass-media della prima metà del secolo scorso (prevalentemente teorie statunitensi), basate sul modello stimolo-risposta e sulla “bullet theory”, in base alla quale il messaggio viene sparato (iniettato) nella mente dello spettatore (Lund, Lasswell).

Fondamentale è inoltre il discorso di McLuhan e de Kerckhove, secondo i quali il messaggio inviato dai mass-media unidirezionali, per avere l’effetto voluto, deve avere una sua velocità, tale da non poter essere elaborato in tempo reale dalla mente del ricevente.

In questo quadro si inserisce il messaggio terroristico, il quale ha lo scopo di devastare e spianare l’immaginario collettivo, facendolo regredire ai livelli primordiali dell’età della pietra o delle prime società umane (tipicamente tribali). All’immaginario terrorizzato resta poco più dei riflessi condizionati.
A questo punto può aver presa una strategia mediatica concertata con il terrorismo, che amplifica le fobie e le necessità di protezione dell’individuo, canalizzandole in direzioni prestabilite (tipicamente a favore del potere costituito o di personaggi televisivi rassicuranti). Il meccanismo è rozzo, ma efficace: all’attentato terroristico segue immediatamente una campagna che indica qual è il mostro che ha compiuto l’attentato. (Preferibilmente l’attentato va preceduto con messaggi che polarizzino il sospetto in direzioni prestabilite). La massa smarrita sente la necessità di avere un nemico (reazione primordiale) ed esso viene mostrato, preferibilmente con un filmato. Dopo di che basta ripetere a sufficienza il messaggio.

Insomma il terrorismo può essere visto come un allargamento al livello sociale del riflesso condizionato di Pavlov.

In questa fase è utile avere qualche metrica (cioè una misura degli effetti raggiunti), perché al primo attentato terroristico ne possono seguire altri, presumibilmente tarati sulle reazioni raccolte. Comunque la ripetizione dell’evento è indispensabile per fissare gli effetti del sistema mediatico terrorismo-TV-giornali nella mente collettiva.

Sempre nell’ambito della stessa strategia, sui fianchi lavorano gli incaricati di annientare le sacche di resistenza (“colpiscine uno per educarne cento”). Quando il Papa parla, dicendo che non esiste uno scontro di civiltà, è probabile che ricompaiano in massa preti pedofili, sbattuti sulle prime pagine dei giornali ed all’inizio dei notiziari TV.

Allo stesso modo se Blair minimizza l’effetto del primo round di attentati a Londra, è il caso di ripetere, sia per fissare meglio il concetto, sia per far capire a Blair che non deve minimizzare.

Nota: In pratica il terrorismo ripristina il concetto di comunicazione di massa che nei media cominciava a diminuire con il passaggio degli utenti dalla televisione ad internet.

Riferimenti bibliografici

G. Genna “Neuropsichiatria del terrore” su Carmilla

Bruno Ballardini – Sequestro e uccisione di Enzo Baldoni: strategia del terrore o “strategia di comunicazione”? – 30 Aug 2004 su Reporter Associati

Luca Tateo – La lotteria a Babilonia
Il rapporto media-utenti-realtà nell’evoluzione delle teorie della comunicazione http://www.noemalab.org/sections/ideas/ideas_articles/tateo_lotteria_babilonia.html

 

dicembre 2005 (Indymedia)

Truman

Agosto 2020 (Comedonchisciotte)

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