TAXI – 6 agosto 2020 – The UNZ Review
Ovunque vi sia un omicidio di massa in Medio Oriente, lì si troverà lo zampino israeliano. Ed è sempre stato così, da sempre.
Più e più volte, sin dal 1948, Israele ha dimostrato di risolvere tutti i suoi problemi regionali con soluzioni terroristiche violente che cambiano l’equazione politica e geostrategica a suo favore. Più e più volte, c’è sempre qualche grande governo occidentale che beneficia da questo terrorismo israeliano e lo sostiene e, nel caso della recente terribile esplosione al porto di Beirut, ora noto come ‘Beirutshima’, sono gli Stati Uniti che ne traggono grande beneficio, così come Tel Aviv.
Per lungo tempo sin dal 1948, il porto di Beirut è stato un bersaglio contrassegnato per la distruzione da parte di Israele. Distruggere questo porto affollato e laborioso, originariamente costruito dagli antichi Fenici è da sempre il “sogno bagnato” di Israele. Questo perché il porto di Beirut rappresenta il maggior concorrente commerciale per il porto israeliano di Haifa, cioè una costante minaccia per la redditizia economia marittima di Israele. Inoltre, il porto di Beirut è un’ancora di salvezza ben consolidata e cruciale per le necessità quotidiane di energia e di sostentamento del Libano. Conseguentemente, la sua distruzione rende il governo libanese vulnerabile e aperto, in pratica, ad un assedio a tutte le proprie decisioni economiche e politiche: una colonizzazione virtuale del Libano politico da parte del suo nemico più ricco, che è anche suo vicino. Senza dimenticare qui, inoltre, e che i gruppi di resistenza militarizzati del Libano sono la più grande minaccia immediata all’esistenza stessa dello Stato ebraico. Israele teme che il porto venga usato per trasferire senza controllo armi nelle mani della resistenza palestinese in Libano, così come nelle mani di vari altri gruppi di resistenza libanesi in guerra con Israele.
Inoltre, il porto di Beirut rappresenta anche la più grande minaccia geostrategica per la proiezione di forza verso degli Stati Uniti verso oriente, dove la Cina con la sua nuova iniziativa della Via della Seta sta compiendo una rapida avanzata verso ovest e sta tentando di approdare nella fascia costiera orientale del Mediterraneo, proprio verso il porto di Beirut. Gli Stati Uniti, avendo recentemente costretto Israele ad annullare il contatto di Haifa con la Cina, hanno in qualche modo rallentato l’avanzata cinese nel Mediterraneo orientale, e ciò che rimane ora sulla strada degli Stati Uniti è il porto di Beirut. Gli Stati Uniti devono invaderlo per bloccare la missione geostrategica cinese, oppure distruggerlo.
Evidentemente, gli Stati Uniti hanno scelto la seconda opzione – con Israele in carico di realizzare la distruzione del porto di Beirut. Dopo tutto, per motivi diversi, entrambi traggono grande beneficio da Beirutshima.
Ed è quindi molto opportuna questa distruzione del porto di Beirut, visto che il governo libanese ha recentemente avuto colloqui ufficiali con i cinesi sulla loro offerta di investire e svilupparlo: un porto e un ponte di accesso cinese all’Europa, che rappresenta però un’equazione assolutamente intollerabile per l’egemonia degli Stati Uniti in Europa. Ricostruire il porto di Beirut riportandolo al precedente standard di attività dipenderà dalle severe condizioni imposte da Stati Uniti e Israele al governo libanese, seppure sarà consentito ricostruirlo. Sicuramente gli Stati Uniti sono determinati a non permettere ai cinesi l’accesso ad esso da parte di dirigenti, investimenti o manager.
Inoltre, incapaci di superare sul campo di battaglia la forza della Resistenza libanese, come dimostrato ancora una volta di recente dall’isteria e dalla paura della rappresaglia di Hezbollah dopo che Israele ha ucciso uno dei suoi combattenti in Siria, l’attacco terroristico israeliano al porto di Beirut scuote, in una certa misura, il senso di vigliaccheria e di debolezza militare di Israele di fronte a Hezbollah; mentre allo stesso tempo infligge un duro colpo alla pancia economica, attualmente anoressica, del suo nemico libanese.
Caro lettore, questo articolo non si occupa dell’aspetto “chi-è-stato” del bombardamento del porto di Beirut: è un dato di fatto che è stata opera di un nemico del Libano e dei suoi agenti del caos. Sì, c’è stata una grave negligenza da parte delle autorità portuali libanesi e di alcuni politici, ma non sono state delle autorità portuali o dei politici le dita che hanno innescato la gigantesca esplosione portuale: è stato Israele ad approfittare di questa negligenza e corruzione ed a sfruttarla per un attentato sotto falsa bandiera contro gli stessi cittadini libanesi disarmati. Un tipico comportamento israeliano: colpire i civili disarmati quando non sono in grado di colpire l’esercito di un nemico o la sua resistenza armata. E no, Hezbollah non aveva un deposito d’armi nel porto: questa è un’affermazione ridicola che dovrebbe essere immediatamente respinta perché discredita l’intelligenza di Hezbollah e riduce i suoi ottimi strateghi militari al livello di gangster portuali di bassa lega. Non c’è motivo per Hezbollah di usare la trafficata ed esposta via del porto di Beirut come deposito segreto di armi quando ne ha a sufficienza ed altamente sicuri nelle montagne e nelle innumerevoli colline più o meno vicine. Certo, Hezbollah è presente al porto di Beirut, ma solo per la raccolta di informazioni, non per lo stoccaggio delle armi.
Questo articolo non si occupa di stabilire chi sia il colpevole e quali evidenze emergano dalle analisi al rallentatore. È già chiaro a tutte le menti perspicaci chi beneficia esattamente dell’attacco sotto falsa bandiera sul porto di Beirut. Questo articolo si occupa dei perché geo-strategici dell’attacco terroristico contro il Libano, e si preoccupa soprattutto dell’obiettivo stesso e della tempistica. Le domande pertinenti sono: perché il porto di Beirut e perché ora? Guardiamo quindi al significato geo-strategico più ampio di questo attacco terroristico a Beirut. Dopo tutto, un evento così gigantesco non si materializza all’improvviso. Un evento così gigantesco e consequenziale non è mai inutile. Non è uno sfortunato incidente che si è verificato per caso a causa dell’incuria e di una grave incompetenza. Anzi, è un innesco per un progetto regionale e globale più ampio, così come l’attacco dell’11 settembre è stato un innesco per un progetto più ampio i cui beneficiari finali rimangono Israele ed il complesso militar-industriale degli Stati Uniti.
E questo più ampio progetto statunitense ha tutto a che fare con l’attuale guerra degli Stati Uniti contro la Cina, anche se attualmente è una guerra non militare, ma una guerra comunque, una guerra per la quale il Pentagono si sta preparando militarmente; da qui il sempre maggiore e altissimo budget per la difesa che il Congresso ha stanziato per le forze armate statunitense durante i mandati degli ultimi tre presidenti.
Gli Stati Uniti, avendo perso il Pakistan a causa della sfera d’influenza cinese, perdendo così un mastino da attacco al confine con la Cina, e avendo recentemente assegnato alla Turchia il ruolo di nuovo esecutore in Medio Oriente, devono adesso utilizzare tali alleati in Medio Oriente, due infami Stati terroristici che violano regolarmente e impunemente il diritto internazionale: usarli come guastatori e sabotatori contro una Cina che avanza e contro qualsiasi alleato regionale di Pechino in Medio Oriente. Beirutshima è un evidente tentativo degli Stati Uniti di respingere l’avanzata cinese nel Mediterraneo orientale, altamente strategico, mentre essi stessi tentano contemporaneamente di fare perno verso est attraverso territori sicuri, ovunque la Cina sia stata respinta con successo dagli Stati Uniti e dai suoi scagnozzi regionali.
Ma, questo grande piano geo-strategico può davvero funzionare a beneficio degli Stati Uniti? Gli Stati Uniti possono davvero riuscire a rimanere l’unica superpotenza al mondo continuando incessantemente a gambizzare il progetto cinese della Via della seta?
Questo è ancora da determinare. Ma a giudicare dalla profonda crisi economica e sociale che sta travolgendo il territorio nazionale degli Stati Uniti, senza alcun segno che i suoi problemi si stiano attenuando, gli analisti dubitano che gli Stati Uniti abbiano fiato a sufficienza per completare tutta la gara con la Cina. Aggiungo che la lotta USA-Cina per il porto di Beirut non è ancora finita. Ci si chiede cosa sia passato per la mente dell’astuto ambasciatore cinese in Libano assistendo all’esplosione del porto di Beirut, come è avvenuto in maniera scioccante sotto i suoi occhi: assistere alla distruzione del suo progetto e del suo incarico proprio sotto i suoi occhi e prima di aver firmato un accordo con il governo libanese di Diab. Probabilmente, conoscendo i cinesi, vedranno questa come un’opportunità per consolidare ulteriormente la loro posizione in Libano, offrendo sia la ricostruzione del porto di Beirut che un accordo di sicurezza, laddove l’accordo sul tavolo prima di Beirutshima era più piccolo e solo per l’espansione e la ristrutturazione. E qui sta il punto cruciale: il governo di Diab è abbastanza coraggioso da affrontare ulteriormente il terrorismo americano e israeliano per allinearsi con la Cina che si offre di salvare il Libano dalla sua attuale, intrattabile doppia crisi finanziaria? Credo che prima o poi il coraggio di Diab sarà messo alla prova in questo senso.
Qui, ricordo ai lettori che, a memoria nostra, il piccolo Libano ha in realtà umiliato e sfrattato sia le forze militari statunitensi che quelle israeliane dal suo territorio. Ma può farlo anche politicamente? Dico di sì, purché le sofisticate armi di Hezbollah rimangano intatte, insieme a una società unita che dia al suo Primo Ministro un chiaro mandato per portare avanti un accordo con la Cina. La prima condizione è garantita, nessuno può toccare le armi di Hezbollah. Ma gli Stati Uniti e Israele riusciranno a creare un’altra guerra settaria in Libano dopo i numerosi fallimenti degli ultimi 30 anni? Il 7 agosto (domani) è la data del verdetto ufficiale per il caso di Rafic Hariri assassinato, una risposta che il popolo libanese aspetta con ansia da 15 anni. Gli analisti locali prevedono un dito falsamente puntato contro Hezbollah. Se questo fosse il caso, potrebbe accendere la miccia di un barile di polvere di conflitto settario. O forse no, dato che il Libano, dalla notte dell’esplosione del porto, è stato posto sotto legge marziale, con la sicurezza delle strade nelle mani dei militari invece che degli apparati di sicurezza governativi e delle loro alleanze settarie. E anche se gli Stati Uniti hanno i loro agenti all’interno dell’esercito libanese, sono una minoranza che rischierebbe la disgregazione e la distruzione dello stesso esercito libanese: un risultato poco desiderabile per gli Stati Uniti perché, se questa disgregazione dell’esercito dovesse verificarsi, allora Hezbollah sarebbe costretto a intervenire per assumere il compito di mettere in sicurezza le strade del Libano. E nessuno vuole questo scenario, nemmeno Hezbollah.
A Hezbollah importa solo di spendere le proprie energie per affrontare e sconfiggere Israele.
E nonostante il riuscito attacco terroristico di Israele al porto di Beirut, tutto ciò che importa a Israele è trovare qualcun altro che affronti Hezbollah sul campo di battaglia al suo posto.
Così, dopo Beirutshima, Israele rimane ostaggio dei missili di Hezbollah. E la Cina vede ulteriori opportunità per aumentare la propria presenza e la propria valuta in un Libano devastato.
N.d.T. Lo pseudonimo TAXI sembrerebbe celare una giornalista residente a Beirut
Link: https://www.unz.com/article/the-us-israel-and-beirutshima/
Scelto e tradotto da Arrigo de Angeli per ComeDonChisciotte