Moon of Alabama
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Domenica scorsa, Ilham Aliyev, il dittatore di lunga data dell’Azerbaigian, ha lanciato un attacco contro il territorio del Nagorno-Karabakh controllato dagli Armeni. Il fatto che abbia osato farlo ora, 27 anni dopo che un cessate il fuoco aveva posto fine ai combattimenti nella zona, è il segno che il quadro strategico generale è cambiato.
Quando l’Unione Sovietica era crollata, l’area del Nagorno-Karabakh aveva una popolazione mista di Musulmani sciiti azeri (chiamati anche Azeri) e Cristiani armeni. Come in altre ex repubbliche sovietiche, alla nascita dei nuovi stati, la diversità etnica si era rivelata problematica. Le zone miste erano state oggetto di un’aspra contesa e l’Armenia si era assicurata l’area del Nagorno-Karabakh. Da allora, tra i due avversari si sono verificate diverse scaramucce di confine e piccoli scontri, ma l’intensità dei combattimenti è ora molto più alta di prima.
Nel 2006, Yasha Levine aveva scritto per The Exile un articolo sulla sua visita in Nagorno-Karabakh. Aveva così descritto gli avversari, assai diversi tra loro:
Nel 1994 gli Armeni erano stati vittoriosi e avevano costretto l’Azerbaigian ad accettare un cessate il fuoco. Negli anni successivi, il Nagorno-Karabakh si era organizzato in un paese sovrano [chiamato Artsakh] con un proprio esercito, funzionari eletti e parlamento. Ma non è ancora stato riconosciuto da nessun’altro paese oltre l’Armenia e questa situazione è tuttora classificata come uno dei “conflitti congelati” della regione, insieme al problema delle aree separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia Meridionale, in Georgia.
Ma questo “conflitto congelato” potrebbe presto surriscaldarsi, se c’è da credere a ciò che dice Ilham Aliyev, il playboy/tossicodipendente/presidente dell’Azerbaigian. Non che gli Azeri dovrebbero essere troppo entusiasti di un’altra guerra: se gli Armeni sono ancora i combattenti di dieci anni fa, statisticamente, saranno gli Azeri a subire il grosso delle perdite. Nonostante fossero in parità con la fanteria, gli Azeri avevano il doppio dell’artiglieria pesante, dei veicoli corazzati e dei carri armati rispetto agli Armeni, ma, alla fine della guerra, il numero dei morti fra gli Azeri era stato tre volte superiore a quello degli Armeni. Le vittime azere erano state 17.000. Gli Armeni avevano perso solo 6.000 uomini. E questo senza contare i civili azeri sottoposti a pulizia etnica dagli Armeni.
Prima ancora dell’apertura dell’importante oleodotto Baku-Ceyhan, che trasporta il petrolio del Mar Caspio in Occidente attraverso la Turchia, il presidente azero aveva minacciato apertamente di prendersi il Nagorno-Karabakh con la forza. I dieci miliardi di dollari all’anno di entrate petrolifere che prevede di incamerare una volta che l’oleodotto sarà pienamente operativo gli stanno dando alla testa. Dieci miliardi di dollari potrebbero non sembrare così tanti, ma per l’Azerbaigian rappresentano un incremento del 30% del PIL. In ogni sua intervista, Aliyev non riesce a menzionare il progetto dell’oleodotto senza tirare in ballo l’argomento della “risoluzione” del conflitto del Nagorno-Karabakh.
Aliyev aveva iniziato a spendere i soldi del petrolio ancor prima che il petrolio iniziasse a fluire e aveva annunciato un immediato raddoppio delle spese militari. Poco dopo, aveva detto che avrebbe raddoppiato anche tutti gli stipendi dei militari. I generali di Aliyev non riescono a trattenersi dal vantarsi che, entro il prossimo anno, il loro budget militare sarà di 1,2 miliardi di dollari, pari all’intero bilancio federale dell’Armenia.
Nei successivi 14 anni, la guerra che Yasha Levine aveva previsto nel 2006 non si è mai verificata. Il fatto che sia scoppiata ora è indice di un cambiamento importante. A luglio era scoppiata un’altra scaramuccia di confine per ragioni ancora sconosciute. Poi era intervenuta la Turchia:
Dopo gli scontri di luglio, il coinvolgimento della Turchia si è fatto molto più profondo di quanto non fosse in precedenza, con una retorica bellicosa senza precedenti proveniente da Ankara e ripetute visite ad alto livello tra le due parti. Ankara sembra abbia visto il conflitto Armenia-Azerbaigian come l’ennesima arena in cui esercitare le proprie crescenti ambizioni di politica estera, mentre, in politica interna, lanciava un appello per un blocco nazionalista e anti-armeno.
L’abbraccio più stretto della Turchia ha, a sua volta, dato a Baku la fiducia necessaria per assumere una linea di condotta più dura nei confronti della Russia, il più stretto alleato dell’Armenia nel conflitto, ma che mantiene stretti legami con entrambi i paesi. L’Azerbaigian ha dato un grosso risalto alle voci (ancora non confermate) di grosse forniture di armi russe all’Armenia, che sarebbero avvenute subito dopo i combattimenti, e il presidente Ilham Aliyev si è personalmente lamentato con la sua controparte russa, Vladimir Putin.
Il presidente della Turchia Erdogan è intervenuto con ancora più retorica:
Ad agosto, Turchia e Azerbaigian hanno completato due settimane di esercitazioni militari congiunte aeree e terrestri, anche nell’enclave azera di Naxcivan. Alcuni osservatori si sono chiesti se la Turchia abbia lasciato sul posto attrezzature militari o addirittura un contingente di truppe.
La possibilità di un forte coinvolgimento turco nel conflitto è monitorato da vicino dalla Russia, che è già su fronti opposti con il membro della NATO nei conflitti in Libia e in Siria.
La Russia vende armi sia all’Azerbaigian che all’Armenia, ma ha una base militare in Armenia e favorisce questa partnership strategica.
L’Azerbaigian ha acquistato droni dalla Turchia e da Israele e si vocifera che siano pilotati da personale turco e israeliano. La Turchia ha anche ingaggiato da 2.000 a 4.000 Jihadisti sunniti provenienti dalla Siria affinché combattano per l’Azerbaigian sciita. Una dozzina di loro sono già stati uccisi il primo giorno di guerra. Ci si chiede per quanto tempo saranno disposti a essere usati come carne da cannone dagli Sciiti, che peraltro odiano.
Ci sono state altre voci, secondo cui ci sarebbero aerei da combattimento turchi in Azerbaigian, mentre aerei spia turchi sorvegliano lo spazio aereo sopra l’Armenia dal suo confine occidentale.
L’obiettivo immediato della guerra azerbaigiana è quello di conquistare i distretti di Fizuli e Jabrayil, nell’angolo sud-orientale del territorio armeno:
Mentre il nucleo del conflitto tra le due parti è il territorio del Nagorno-Karabakh, Fuzuli e Jabrayil sono due dei sette distretti che circondano il Karabakh occupati dalle forze armene. Quei distretti, che prima della guerra erano quasi interamente popolati da Azeri etnici, sono la patria degli oltre 600.000 Azerbaigiani sfollati nel corso del conflitto.
Sebbene ci sia stato qualche modesto insediamento da parte degli Armeni in alcuni dei territori occupati, Fuzuli e Jabrayil rimangono quasi completamente spopolati.
I due distretti hanno terreni agricoli di buona qualità e l’Armenia, già povera, vorrà mantenerli. Certamente sta combattendo duramente per essi.
La guerra non è partita bene per l’Azerbaigian. Ha già perso decine di carri armati (video) e centinaia di soldati.
L’accesso a Internet nel paese è stato completamente bloccato per nascondere le perdite.
Le sconfitte non impediscono però agli scribacchini di Erdogan di parlare già di vittoria:
Difendere l’Azerbaigian è difendere la patria. Questa è la nostra consapevole identità politica. La nostra mente geopolitica e le strategie di difesa non sono differenti. Ricordate sempre, “patria” per noi è un concetto molto ampio!
Non stiamo semplicemente esagerando quando diciamo “La storia è stata ripristinata.” Ci aspettiamo una vittoria anche nel Caucaso!
Beh …
Un’ora fa il governo armeno ha dichiarato che la Turchia ha abbattuto uno dei suoi aerei:
L’Armenia afferma che uno dei suoi aerei da combattimento è stato abbattuto da un jet turco, in una grave escalation nel conflitto nella regione contesa del Nagorno-Karabakh.
Il ministero degli esteri armeno ha detto che il pilota del SU-25 di fabbricazione sovietica è morto dopo essere stato colpito dall’F-16 turco nello spazio aereo armeno.
La Turchia, che sta appoggiando l’Azerbaigian nel conflitto, ha negato il proprio coinvolgimento.
…
L’Azerbaigian ha ripetutamente affermato che la sua forza aerea non dispone di caccia F-16. Tuttavia, la Turchia li ha.
Un attacco turco all’interno dei confini armeni farebbe scattare il Trattato di Sicurezza Collettiva, che obbliga la Russia e gli altri paesi a difendere l’Armenia.
Un ingresso russo in guerra darebbe ad Erdogan un serio mal di testa.
Ma potrebbe non essere nemmeno il suo peggior problema. L’economia turca sta collassando, le scorte di valuta estera della banca centrale sono ai minimi termini, l’inflazione è alle stelle e la lira turca continua a scendere. Oggi ha toccato un nuovo minimo storico.
L’Azerbaigian ha notevoli entrate derivanti petrolio e potrebbe essere in grado di aiutare Erdogan. Il denaro può davvero essere una delle motivazioni di Erdogan a prendere parte a questa guerra.
La Russia non si tufferà certamente nel conflitto. Starà molto attenta a non estendersi eccessivamente e cadere quindi in una trappola tesa dagli Stati Uniti.
L’anno scorso, la RAND Corporation, finanziata dal Pentagono, aveva pubblicato un rapporto che delineava i suoi piani contro la Russia:
Attingendo a dati quantitativi e qualitativi da fonti occidentali e russe, questo rapporto esamina le vulnerabilità e le ansie economiche, politiche e militari della Russia. Analizza poi le potenziali opzioni politiche per sfruttarle, ideologicamente, economicamente, geopoliticamente e militarmente (comprese le opzioni aeree e spaziali, marittime, terrestri e multidominio).
Come possibilità, il rapporto prendeva in considerazione l’opzione di far sovraestendere la Russia (pdf) nel Caucaso:
Gli Stati Uniti potrebbero impegnare la Russia nel Caucaso in due modi. In primo luogo, gli Stati Uniti potrebbero spingere per una relazione NATO più stretta con la Georgia e l’Azerbaigian, probabilmente costringendo la Russia a rafforzare la sua presenza militare in Ossezia meridionale, Abkhazia, Armenia e Russia meridionale.
In alternativa, gli Stati Uniti potrebbero tentare di indurre l’Armenia a rompere con la Russia. Sebbene sia un partner russo di lunga data, l’Armenia ha anche sviluppato legami con l’Occidente: fornisce truppe alle operazioni a guida NATO in Afghanistan ed è un membro del Partenariato per la Pace della NATO, recentemente ha anche deciso di rafforzare i suoi legami politici con l’UE. Gli Stati Uniti potrebbero cercare di incoraggiare l’Armenia ad entrare completamente nell’orbita della NATO. Se gli Stati Uniti dovessero avere successo in questa politica, la Russia potrebbe essere costretta a ritirarsi dalla sua base militare di Gyumri e da una base militare e aerea vicino a Yerevan (attualmente affittata fino al 2044), e a dirottare ancora più risorse verso il suo Distretto Militare Meridionale.
Il rapporto della RAND dà a queste opzioni solo scarse possibilità di successo. Ma ciò non significa che gli Stati Uniti non cercheranno di creare ulteriori problemi nel sud della Russia, vicino al suo confine. Potrebbero anche aver aver fatto capire al loro alleato NATO, la Turchia, che non sarebbero affatto dispiaciuti se Erdogan desse una mano ad Aliyev e si tuffasse in un’altra guerra contro la Russia.
A meno che il territorio centrale dell’Armenia non venga seriamente attaccato, la Russia probabilmente se ne starà da parte. Aiuterà l’Armenia con intelligence e attrezzature fatte arrivare attraverso l’Iran. Continuerà a dialogare con entrambe le parti e cercherà di organizzare un cessate il fuoco.
Farne accettare uno all’Azerbaigian richiederà prima alcuni significativi successi armeni contro le forze d’invasione. Trent’anni fa, gli Armeni si erano dimostrati combattenti di gran lunga migliori degli Azeri. Da quanto si riesce a capire dai social media, sembra essere ancora così. Sarà l’elemento decisivo per l’esito di questo conflitto.
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Fonte: moonofalabama.org
Link: https://www.moonofalabama.org/2020/09/strategic-aims-behind-the-war-on-armenia.html#more
29.09.2020
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org