Kharkov e la mobilitazione

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Jacques Baud
thepostil.com

La riconquista della regione di Kharkov all’inizio di settembre sembrerebbe essere un successo per le forze ucraine. I nostri media hanno esultato e trasmesso la propaganda ucraina allo scopo darci un quadro non del tutto accurato. Uno sguardo più attento alle operazioni avrebbe potuto indurre l’Ucraina ad essere più cauta.

Da un punto di vista militare, questa operazione è una vittoria tattica per gli Ucraini e una vittoria operativa/strategica per la coalizione russa.

Da parte ucraina, Kiev era sotto pressione per ottenere qualche successo sul campo di battaglia. Volodymyr Zelensky temeva che l’Occidente si sarebbe stancato, riducendo quindi gli aiuti militari all’Ucraina. Per questo motivo, gli Americani e gli Inglesi avevano fatto pressioni affinché portasse a termine alcune offensive nel settore di Kherson. Queste offensive, intraprese in modo disorganizzato, con perdite sproporzionate e senza successo, hanno creato tensioni tra Zelensky e il suo staff militare.

Per diverse settimane gli esperti occidentali hanno messo in dubbio la presenza dei Russi nell’area di Kharkov, dato che chiaramente non avevano intenzione di combattere per la città. In realtà, la loro presenza in quest’area aveva solo lo scopo di bloccare le truppe ucraine e impedire il loro trasferimento nel Donbass, che è il vero obiettivo operativo dei Russi.

Ad agosto, alcuni indizi avevano suggerito che i Russi avevano pianificato di lasciare l’area ben prima dell’inizio dell’offensiva ucraina. Si erano quindi ritirati in buon ordine, insieme ad alcuni civili che avrebbero potuto essere oggetto di rappresaglie. A riprova di ciò, l’enorme deposito di munizioni di Balaklaya era vuoto quando era stato occupato dagli Ucraini, a dimostrazione del fatto che i Russi avevano evacuato in buon ordine tutto il personale e le attrezzature sensibili diversi giorni prima. I Russi avevano persino lasciato le aree che l’Ucraina non aveva attaccato. Quando gli Ucraini erano arrivati in zona, erano presenti solo poche truppe della Guardia Nazionale russa e della milizia del Donbass.

A quel punto, gli Ucraini erano impegnati a sferrare molteplici attacchi nella regione di Kherson, attacchi che, da agosto, avevano provocato ripetute battute d’arresto e ingenti perdite per il loro esercito. Quando l’intelligence statunitense aveva rilevato il ripiegamento dei Russi dalla regione di Kharkov, aveva intravisto l’opportunità per gli Ucraini di ottenere un successo operativo e aveva trasmesso l’informazione. L’Ucraina aveva così deciso di attaccare l’area di Kharkov, già virtualmente abbandonata dalle truppe russe.

A quanto pare, i Russi hanno anticipato l’organizzazione dei referendum negli oblast di Lugansk, Donetsk, Zaporozhe e Kherson. Si sono resi conto che il territorio di Kharkov non era direttamente rilevante per i loro obiettivi e che si trovavano nella stessa situazione dell’Isola dei Serpenti a giugno: l’impegno per difendere questo territorio sarebbe stato maggiore della sua importanza strategica.

Ritirandosi da Kharkov, la coalizione russa ha potuto consolidare la sua linea di difesa dietro il fiume Oskoll e rafforzare la sua presenza nel nord del Donbass. È stata così in grado di compiere un’avanzata significativa nell’area di Bakhmut, un punto chiave nel settore di Slavyansk-Kramatorsk, che è il vero obiettivo operativo della coalizione russa.

Non essendoci più truppe a Kharkov per “bloccare” l’esercito ucraino, i Russi hanno dovuto attaccare le infrastrutture elettriche per impedire il trasferimento per ferrovia dei rinforzi ucraini verso il Donbass.
Di conseguenza, oggi tutte le forze della coalizione russa si trovano all’interno di quelli che potrebbero diventare i nuovi confini della Russia dopo i referendum nei quattro oblast’ dell’Ucraina meridionale.

Per gli Ucraini si tratta di una vittoria di Pirro. Sono avanzati verso Kharkov senza incontrare alcuna resistenza e non c’è stato quasi nessun combattimento. Invece, l’area è diventata un’enorme “zona di morte” (“зона поражения”), dove l’artiglieria russa ha distrutto un numero stimato tra 4.000-5.000 Ucraini (circa 2 brigate), mentre la coalizione russa ha subito solo perdite marginali in quanto non ci sono stati combattimenti.

Queste perdite si aggiungono a quelle dell’offensiva di Kherson. Secondo Sergei Shoigu, Ministro della Difesa russo, gli Ucraini hanno perso circa 7.000 uomini nelle prime tre settimane di settembre. Sebbene queste cifre non possano essere verificate, il loro ordine di grandezza corrisponde alle stime di alcuni esperti occidentali. In altre parole, sembra che gli Ucraini abbiano perso circa il 25% delle 10 brigate create ed equipaggiate negli ultimi mesi con l’aiuto occidentale. Si tratta di una cifra ben lontana dal milione di uomini di cui parlano i leader ucraini.

Da un punto di vista politico, si tratta di una vittoria strategica per gli Ucraini e di una sconfitta tattica per i Russi. È la prima volta che gli Ucraini riconquistano così tanto territorio dal 2014, mentre i Russi sembrano perdere. Gli Ucraini hanno potuto sfruttare questa opportunità per cantare alla vittoria finale, innescando indubbiamente speranze esagerate, diventando ancora meno disposti ad impegnarsi in negoziati.

Per questo motivo Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha dichiarato che il momento “non è favorevole all’acquiescenza.” Questa vittoria di Pirro è quindi un regalo avvelenato per l’Ucraina. Ha portato l’Occidente a sopravvalutare le capacità delle forze ucraine e le ha spinte ad impegnarsi in ulteriori offensive, invece di negoziare.

Le parole “vittoria” e “sconfitta” devono essere usate con attenzione. Gli obiettivi dichiarati da Vladimir Putin di “smilitarizzazione” e “denazificazione” non riguardano il guadagno di territorio, ma la distruzione della minaccia nel Donbass. In altre parole, gli Ucraini combattono per il territorio, mentre i Russi cercano di distruggere le capacità belliche degli avversari. In un certo senso, intestardendosi sul controllo del territorio, gli Ucraini facilitano il lavoro dei Russi. Un territorio si può sempre riconquistare, ma non si possono riconquistare le vite umane.

Nella convinzione di indebolire la Russia, i nostri media promuovono la graduale scomparsa della società ucraina. Sembra un paradosso, ma è coerente con il modo in cui i nostri leader vedono l’Ucraina.

Non avevano reagito ai massacri dei civili ucraini di lingua russa nel Donbass tra il 2014 e il 2022, né menzionano le perdite dell’Ucraina di oggi. In realtà, per i nostri media e le nostre autorità, gli Ucraini sono una sorta di “Untermenschen,” la cui esistenza serve solo a soddisfare gli obiettivi dei nostri politici.

Tra il 23 e il 27 settembre si sono svolti quattro referendum e le popolazioni locali hanno dovuto rispondere a domande diverse a seconda della regione. Nelle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk, che sono ufficialmente indipendenti, la domanda era se la popolazione vuole unirsi alla Russia. Negli oblast di Kherson e Zaporozhe, che fanno ancora ufficialmente parte dell’Ucraina, la domanda è se la popolazione vuole rimanere all’interno dell’Ucraina, se vuole essere indipendente o se vuole far parte della Russia.

Tuttavia, in questa fase ci sono ancora alcune incognite, come ad esempio quali saranno i confini delle entità che saranno annesse alla Russia. Saranno i confini delle aree occupate oggi dalla coalizione russa o i confini delle regioni ucraine? Se si tratta della seconda soluzione, allora potrebbero esserci ancora offensive russe per conquistare il resto delle regioni (oblast).

È difficile stimare l’esito di questi referendum, anche se si può presumere che gli Ucraini di lingua russa vorranno molto probabilmente lasciare l’Ucraina. I sondaggi, la cui affidabilità non può essere valutata, suggeriscono che l’80-90% è favorevole all’adesione alla Russia. Questo dato sembra realistico a causa di diversi fattori.

In primo luogo, dal 2014 le minoranze linguistiche in Ucraina sono soggette a restrizioni che le hanno rese cittadini di seconda classe. Di conseguenza, la politica ucraina ha fatto sì che i cittadini di lingua russa non si sentissero più ucraini. Ciò è stato addirittura enfatizzato dalla legge sui diritti dei popoli indigeni del luglio 2021, che è in qualche modo equivalente alle leggi di Norimberga del 1935, che davano diritti diversi ai cittadini a seconda della loro origine etnica. Per questo motivo, il 12 luglio 2021 Vladimir Putin aveva scritto un articolo in cui invitava l’Ucraina a considerare i cittadini di lingua russa come parte della nazione ucraina e a non discriminarli come proposto dalla nuova legge.

Naturalmente, nessun Paese occidentale aveva protestato contro questa legge, che è una continuazione dell’abolizione della legge sulle lingue ufficiali del febbraio 2014, che era stata la ragione della secessione della Crimea e del Donbass.

In secondo luogo, nella loro lotta contro la secessione del Donbass, gli Ucraini non hanno mai cercato di conquistare i “cuori e le menti” degli insorti. Al contrario, hanno fatto di tutto per allontanarli, bombardandoli, minando le loro strade, tagliando l’acqua potabile, interrompendo il pagamento di pensioni e stipendi e bloccando tutti i servizi bancari. Questo è l’esatto contrario di un’efficace strategia di controinsurrezione.

Infine, gli attacchi di artiglieria e di missili contro la popolazione di Donetsk e di altre città delle regioni di Zaporozhe e Kherson per intimidire la popolazione e impedirle di recarsi alle urne, allontanano ulteriormente la popolazione locale da Kiev. Oggi la popolazione russofona teme le rappresaglie ucraine in caso di mancata accettazione dei referendum.

Quindi, abbiamo una situazione in cui i Paesi occidentali annunciano che non riconosceranno questi referendum, ma d’altra parte non hanno fatto assolutamente nulla per incoraggiare l’Ucraina ad avere una politica più inclusiva nei confronti delle minoranze. In definitiva, ciò che questi referendum potrebbero rivelare è che non è mai esistita una nazione ucraina inclusiva.

Inoltre, questi referendum congeleranno la situazione e renderanno irreversibili le conquiste della Russia. È interessante notare che se l’Occidente avesse lasciato che Zelensky fosse andato avanti con la proposta fatta alla Russia alla fine di marzo 2022, l’Ucraina avrebbe più o meno mantenuto la configurazione precedente al febbraio 2022. Dobbiamo ricordare che Zelensky aveva avanzato una prima richiesta di negoziazione il 25 febbraio, che i Russi avevano accettato, ma che l’Unione Europea aveva rifiutato, fornendo un primo pacchetto di armi per 450 milioni di euro. A marzo, Zelensky aveva fatto un’altra offerta che la Russia aveva accolto con favore, dicendosi pronta a discuterla, ma l’Unione Europea era tornata a impedirlo con un secondo pacchetto di 500 milioni di euro in armi.

Come spiegato da Ukraïnskaya Pravda, il 2 aprile Boris Johnson aveva chiamato Zelensky e gli aveva chiesto di ritirare la sua proposta, altrimenti l’Occidente avrebbe interrotto il suo sostegno. Poi, il 9 aprile, durante la sua visita a Kiev, “BoJo” aveva ripetuto la stessa cosa al presidente ucraino. L’Ucraina era quindi pronta a negoziare con la Russia, ma l’Occidente non vuole i negoziati, come ha chiarito ancora una volta “BoJo” nella sua ultima visita in Ucraina ad agosto.

È certamente la prospettiva che non ci saranno negoziati che ha spinto la Russia ad indire i referendum. Va ricordato che finora Vladimir Putin aveva sempre respinto l’idea di integrare i territori dell’Ucraina meridionale nella Russia.

Va inoltre ricordato che, se l’Occidente fosse così impegnato nei confronti dell’Ucraina e della sua integrità territoriale, Francia e Germania avrebbero certamente adempiuto agli obblighi previsti dagli accordi di Minsk prima del febbraio 2022. Inoltre, avrebbero lasciato che Zelensky procedesse con la sua proposta di accordo con la Russia nel marzo 2022. Il problema è che l’Occidente non cerca l’interesse dell’Ucraina, ma di indebolire la Russia.

La mobilitazione parziale

Per quanto riguarda l’annuncio di Vladimir Putin di una mobilitazione parziale, va ricordato che la Russia è intervenuta in Ucraina con un numero di truppe notevolmente inferiore a quello che l’Occidente ritiene necessario per condurre una campagna offensiva. Le ragioni sono due. In primo luogo, i Russi fanno affidamento sulla loro padronanza dell'”arte operativa” e giocano con i loro moduli operativi sul teatro delle operazioni come un giocatore di scacchi. Questo è ciò che permette loro di essere efficaci con una forza offensiva ridotta. In altre parole, sanno come condurre le operazioni in modo efficiente.

La seconda ragione che i nostri media ignorano deliberatamente è che la stragrande maggioranza delle azioni di combattimento in Ucraina è condotta dalle milizie del Donbass. Invece di dire “i Russi,” dovrebbero (se fossero onesti) dire “la coalizione russa” o “la coalizione russofona.” In altre parole, il numero di truppe russe in Ucraina è relativamente basso. Inoltre, la prassi russa è quella di mantenere le truppe solo per un periodo limitato nell’area delle operazioni. Ciò significa che tendono a ruotare le truppe più frequentemente rispetto all’Occidente.

A queste considerazioni generali si aggiungono le possibili conseguenze dei referendum nell’Ucraina meridionale, che probabilmente estenderanno il confine russo di quasi 1000 chilometri. Ciò richiederà capacità aggiuntive per costruire un sistema di difesa più robusto, per costruire strutture per le truppe, ecc. In questo senso, questa mobilitazione parziale è una buona idea. In questo senso, questa mobilitazione parziale è una conseguenza logica di quanto abbiamo visto sopra.

In Occidente si è parlato molto di coloro che hanno cercato di lasciare la Russia per evitare la mobilitazione. Certamente queste persone esistono, come le migliaia di Ucraini che hanno cercato di sfuggire al servizio di leva e che si possono vedere per le strade di Bruxelles alla guida di potenti e costose auto sportive tedesche! Molto meno pubblicità è stata data alle lunghe code di giovani fuori dagli uffici di reclutamento militare e alle manifestazioni popolari a favore della decisione di mobilitarsi!

Minacce nucleari

Per quanto riguarda le minacce nucleari, nel suo discorso del 21 settembre, Vladimir Putin ha menzionato il rischio di escalation nucleare. Naturalmente, i media cospiratori (cioè quelli che costruiscono narrazioni a partire da informazioni non correlate) hanno immediatamente parlato di “minacce nucleari.”

In realtà, questo non è vero. Se leggiamo il testo del discorso di Putin, possiamo vedere che non ha minacciato di usare armi nucleari. In realtà, non lo ha mai fatto dall’inizio del conflitto, nel 2014. Tuttavia, ha messo in guardia l’Occidente dall’uso di tali armi. Vi ricordo che il 24 agosto Liz Truss ha dichiarato che era accettabile colpire la Russia con armi nucleari e che era pronta a farlo, anche se ciò avrebbe portato a un “annientamento globale!” Non è la prima volta che l’attuale Primo Ministro britannico fa una dichiarazione del genere, che già a febbraio aveva scatenato la condanna del Cremlino. Inoltre, vorrei ricordare che, nell’aprile di quest’anno, Joe Biden aveva deciso di abbandonare la politica statunitense del “no-first use,” riservandosi così il diritto di usare per primo le armi nucleari.

È chiaro quindi che Vladimir Putin non si fida del comportamento occidentale, totalmente irrazionale e irresponsabile, pronto a sacrificare i propri cittadini per raggiungere obiettivi guidati dal dogmatismo e dall’ideologia. Questo è ciò che sta accadendo in questo momento nel campo dell’energia e delle sanzioni, ed è ciò che Liz Truss è pronta a fare con le armi nucleari. Putin è certamente preoccupato per le reazioni dei nostri leader che si trovano in situazioni sempre più scomode a causa della catastrofica situazione economica e sociale che hanno creato con la loro stessa incompetenza. Questa pressione sui nostri leader potrebbe portarli a inasprire il conflitto solo per non perdere la faccia.

Nel suo discorso, Vladimir Putin non minaccia di usare armi nucleari, ma altri tipi di armi. Sta ovviamente pensando alle armi ipersoniche, che non hanno bisogno di essere nucleari per essere efficaci e che possono ostacolare le difese occidentali. Inoltre, contrariamente a quanto dicono i nostri media, l’uso di armi nucleari tattiche non rientra più nella dottrina d’impiego russa da molti anni. Inoltre, a differenza degli Stati Uniti, la Russia ha una politica di non primo utilizzo.

In altre parole, sono gli occidentali e il loro comportamento erratico i veri fattori di insicurezza.

Non sono sicuro che i nostri politici abbiano una visione chiara e obiettiva della situazione. I recenti tweet di Ignazio Cassis dimostrano che il suo livello di informazione è basso. Innanzitutto, quando cita il ruolo e la neutralità della Svizzera nell’offrire i suoi buoni uffici, dimostra di non essere molto aggiornato. Secondo la Russia, la Svizzera ha ormai abbandonato il suo status di neutralità e, se vuole giocare un ruolo costruttivo in questo conflitto, dovrà dimostrare la sua neutralità. Siamo molto, molto lontani da questo.

In secondo luogo, quando Cassis aveva espresso a Lavrov la sua preoccupazione per l’uso delle armi nucleari, evidentemente non aveva compreso il messaggio di Vladimir Putin. Il problema dei leader occidentali di oggi è che nessuno di loro ha attualmente la capacità intellettuale per affrontare le sfide che essi stessi hanno creato con la loro follia. Probabilmente Cassis avrebbe fatto meglio ad esprimere le sue preoccupazioni alla Truss e a Biden!

I Russi, e Vladimir Putin in particolare, sono sempre stati molto chiari nelle loro dichiarazioni e hanno sempre fatto coerentemente e metodicamente ciò che hanno detto che avrebbero fatto. Né più né meno. Si può ovviamente non essere d’accordo con ciò che [Putin] dice, ma è un errore grave e probabilmente anche criminale non ascoltare ciò che dice. Se avessimo ascoltato, infatti, avremmo potuto evitare che la situazione diventasse quella che è.

È interessante anche confrontare l’attuale situazione generale con quanto descritto nei rapporti della RAND Corporation pubblicati nel 2019 come progetto per cercare di destabilizzare la Russia.

Figura 1-Dal documento della RAND Corporation del 2019 su come destabilizzare la Russia. Questo documento dimostra che gli Stati Uniti miravano ad una campagna di sovversione contro la Russia, di cui l’Ucraina era solo uno sfortunato strumento. [Per saperne di più su questo documento della RAND leggete qui]
Come possiamo vedere, quello a cui stiamo assistendo è il risultato di uno scenario accuratamente pianificato. È molto probabile che i Russi siano stati in grado di anticipare ciò che l’Occidente stava pianificando contro di loro. La Russia ha così potuto prepararsi politicamente e diplomaticamente alla crisi che si sarebbe creata. Questa capacità di anticipazione strategica dimostra che la Russia è più stabile, più efficace e più efficiente dell’Occidente. Ecco perché penso che se il conflitto si aggraverà, sarà più per l’incompetenza dell’Occidente che per un calcolo russo.

Jacques Baud

Fonte: thepostil.com
Link: https://www.thepostil.com/kharkov-and-mobilization/
01.10.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Jacques Baud è un esperto di geopolitica molto stimato, le cui pubblicazioni comprendono numerosi articoli e libri, tra cui Poutine: Maître du jeu? Gouverner avec les fake news e L’Affaire Navalny. Il suo libro più recente è sulla guerra in Ucraina, intitolato “Operazione Z.

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