Il calo del numero di insetti ‘minaccia il collasso della natura

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DI DAMIAN CARRINGTON

theguardian.com

Gli insetti nel mondo stanno precipitando verso l’estinzione, minacciando un “catastrofico collasso degli ecosistemi della natura”. Questo è quanto scrive la prima rivista scientifica globale.

Più del 40% delle specie di insetti è in declino, ed un terzo è in pericolo, ha rilevato l’analisi. La loro velocità di estinzione è otto volte superiore a quella di mammiferi, rettili ed uccelli. La massa totale di insetti sta calando di un precipitoso 2,5% l’anno, secondo i migliori dati disponibili, facendo intuire che potrebbero svanire entro un secolo.

Il pianeta è sull’orlo di una sesta estinzione di massa. Negli animali più grandi, più facili da studiare, enormi perdite sono già state segnalate. Gli insetti sono però di gran lunga più numerosi, superando gli esseri umani di 17 volte. Sono “essenziali” per il corretto funzionamento di tutti gli ecosistemi, dicono i ricercatori, in quanto cibo per altre creature, nonché impollinatori e riciclatori di nutrienti.

Recentemente, sono stati segnalati reclutamenti di popolazioni di insetti in Germania e Porto Rico. La crisi è però globale. I ricercatori hanno tirato le proprie conclusioni in termini insolitamente forti per un documento scientifico sottoposto a peer review: “Le tendenze [degli insetti] confermano che il sesto evento di estinzione di massa sta influenzando profondamente le forme di vita sul nostro pianeta”.

“Se non cambiamo i nostri modi di produrre cibo, gli insetti nel loro insieme si estingueranno in pochi decenni”, scrivono. “Le ripercussioni che questo avrà per gli ecosistemi del pianeta sono a dir poco catastrofiche”.

L’analisi, pubblicata sulla rivista Biological Conservation, afferma che l’agricoltura intensiva, in particolare l’uso massiccio di pesticidi, è la principale causa del declino. Il cambiamento climatico e l’urbanizzazione sono altri due fattori importanti.

“Se non si ferma la perdita di specie di insetti, si avranno conseguenze catastrofiche sia per gli ecosistemi del pianeta che per la sopravvivenza dell’umanità”, ha detto Francisco Sánchez-Bayo, dell’Università di Sydney, che ha scritto l’articolo con Kris Wyckhuys dell’Accademia Cinese delle Scienze Agrarie.

Il tasso di perdita annuale del 2,5% negli ultimi 25-30 anni è “scioccante”, ha dichiarato Sánchez-Bayo al Guardian: “È rapidissimo. Tra 10 anni saranno un quarto in meno, tra 50 anni ne sarà rimasta una metà e tra 100 anni nessuno”.

La perdita di insetti impatterà la vita di molti anfibi, pesci, rettili ed uccelli che si nutrono insetti. “Se tale fonte di cibo venisse meno, tutti questi animali morirebbero di fame”, ha detto. Effetti a cascata del genere sono già stati osservati in Porto Rico, dove un recente studio ha rivelato un calo del 98% degli insetti terrestri nell’arco di 35 anni.

La nuova analisi ha selezionato i 73 migliori studi fatti fino ad oggi per valutare il declino degli insetti. Falene e farfalle sono tra le più colpite. Il numero di specie di farfalle diffuse è diminuito del 58% sui terreni coltivati ​​in Inghilterra tra il 2000 e il 2009. Il Regno Unito ha subìto le maggiori perdite di insetti registrate, anche se questo è probabilmente il risultato di essere il campione più ampio dello studio.

 

Topografia di farfalle nel Maine, negli Stati Uniti.

 

Anche le api sono state seriamente colpite. Le specie di bombi trovate in Oklahoma si sono dimezzate dal 1949 al 2013. Il numero di colonie di api negli Stati Uniti era di 6 milioni nel 1947: da allora ne sono andate perse 3,5 milioni.

Ci sono più di 350.000 specie di coleotteri, molte delle quali si pensa però stiano scomparendo, specialmente gli scarabei stercorari. Si sa ancora poco di molte afidi, formiche, grilli, mosche e scudi. Gli esperti dicono che non c’è motivo di pensare che stiano meglio delle specie studiate.

Sta sì aumentando il numero di specie adattabili, ma non abbastanza da superare le grandi perdite. “Ci sono sempre alcune specie che sfruttano il vuoto lasciato dall’estinzione di altre”, ha detto Sanchez-Bayo. Negli Stati Uniti, il comune bombo orientale sta aumentando grazie alla propria tolleranza ai pesticidi.

 

La maggior parte degli studi sono stati condotti nell’Europa occidentale e negli USA, con alcuni che vanno dall’Australia alla Cina e dal Brasile al Sudafrica. Pochissimi però ne sono stati effettuati altrove.

“La causa principale del declino è l’agricoltura intensiva”, ha detto Sánchez-Bayo. “Questa implica l’eliminazione di tutti gli alberi ed arbusti che normalmente circondano i campi. Vi sono quindi terreni nudi che vengono trattati con fertilizzanti sintetici e pesticidi”. Ha detto che la scomparsa degli insetti sembra sia iniziata all’alba del 20° secolo, accelerando negli anni ’50 e ’60, e raggiungendo “proporzioni allarmanti” negli ultimi due decenni.

Ritiene che le nuove classi di insetticidi introdotte negli ultimi 20 anni, compresi fipronil e neonicotinoidi, siano state particolarmente dannose, in quanto vengono usate abitualmente e persistono nell’ambiente: “Sterilizzano il suolo, uccidendo tutte le larve”. Le conseguenze si riversano anche in riserve naturali vicine; la perdita di insetti del 75% registrata in Germania riguarda aree protette.

 

Ambientalisti tedeschi ispezionano un giardino urbano per gli insetti.

 

Il mondo deve cambiare il modo in cui produce cibo, ha detto Sánchez-Bayo. Le fattorie organiche avevano più insetti, e l’uso occasionale di pesticidi in passato non provocava i danni osservati negli ultimi decenni. “L’agricoltura intensiva su scala industriale è quella che sta uccidendo gli ecosistemi”.

Ai tropici, dove l’agricoltura industriale non ha ancòra attecchito, l’aumento delle temperature, dovuto al cambiamento climatico, è considerato un fattore significativo del declino. Le specie lì si sono adattate a condizioni molto stabili ed hanno poche possibilità di cambiare, come si è visto in Porto Rico.

Sánchez-Bayo ha detto che il linguaggio insolitamente forte utilizzato nell’articolo non è esagerato. “Volevamo davvero svegliare i lettori, e l’editore ed i redattori hanno concordato”, ha affermato. “Considerando che l’80% della biomassa degli insetti è scomparso in 25-30 anni, il problema è grande”.

Anche altri scienziati concordano sul fatto che la perdita di insetti sia ora un serio problema globale. “Le prove puntano tutte nella stessa direzione”, ha affermato il prof. Dave Goulson dell’Università del Sussex, nel Regno Unito. “Dovrebbe essere di enorme preoccupazione per tutti noi. Gli insetti sono il cuore di ogni rete alimentare: controllano i parassiti, impollinano la grande maggioranza delle specie vegetali, mantengono il suolo sano, riciclano i nutrienti, e molto altro ancora. Senza insetti, noi umani non possiamo sopravvivere”.

Matt Shardlow, dell’ente benefico per la conservazione Buglife, ha dichiarato: “È preoccupante vedere queste prove, che dimostrano lo stato pietoso delle popolazioni di insetti del mondo. È sempre più evidente che l’ecologia del pianeta si stia rompendo e che ci sia bisogno di uno sforzo concertato e globale per fermare ed invertire questa terribile tendenza”. A suo parere, lo studio sovrastima leggermente il ruolo dei pesticidi e sottostima quello del riscaldamento globale; altri fattori non considerati, come l’inquinamento luminoso, potrebbero anch’essi rivelarsi significativi.

 

I volontari cercano il coleottero delle nebbie in Suffolk, nel Regno Unito.

 

Il professor Paul Ehrlich di Stanford ha visto di persona svanire gli insetti, attraverso il suo lavoro sulle farfalle a scacchiera nella riserva di Jasper Ridge. Le studiò per la prima volta nel 1960, e già nel 2000 erano tutte scomparse, in gran parte a causa dei cambiamenti climatici.

Ehrlich ha elogiato lo studio: “È straordinario aver messo assieme a questo modo tutti questi studi”. Ha detto che il declino particolarmente grande negli insetti acquatici è impressionante. “Non viene però detto che sono il consumo eccessivo e la sovrappopolazione umana che stanno guidando il tutto [cambiamenti climatici e scomparsa degli insetti]”, ha detto.

Sánchez-Bayo ha dichiarato che, in occasione di una recente vacanza in famiglia, viaggiando per 400 miglia (700 km) nell’Australia rurale, non ha mai dovuto pulire il parabrezza. “Anni fa lo dovevo fare continuamente”.

 

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