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La Redazione

 

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I due lati oscuri del COVID-19

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A cura di Bosque Primario
Il 26 Marzo 2020
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Vendita di pollame vivo al wet market di Kowloon City. 09JUN16 SCMP/ Foto David Wong/South China Morning Post

DI PETER SINGER E PAOLA CAVALIERI

Project-syndicate.org  

Nella storia, tragedie come l’epidemia di COVID-19, che stiamo vivendo oggi, certe volte hanno portato a importanti cambiamenti. La probabile fonte del nuovo coronaviru – uno dei cosiddetti wet markets, dove si macellano e si vendono animali vivi sotto gli occhi dei clienti – dovrebbe essere vietata non solo in Cina, ma in tutto il mondo.

PRINCETON – Abbiamo visto tutti le immagini apocalittiche di Wuhan,  completamente bloccata. Il mondo sta trattenendo il respiro per la diffusione del nuovo coronavirus, COVID-19, e i governi stanno adottando o preparando misure drastiche che, per il bene di tutti, sacrificheranno necessariamente diritti e libertà individuali .

C’è chi sta focalizzando la sua rabbia sulla iniziale mancanza di trasparenza della Cina nel comunicare lo scoppio dell’epidemia. Il filosofo Slavoj Žižek ha parlato di una “paranoia razzista” che ha colpito il mondo in questa ossessione del COVID-19, mentre molte altre malattie infettive più gravi stanno provocando la morte di migliaia di persone ogni giorno. Chi è incline alle teorie della cospirazione crede che il virus sia un’arma biologica indirizzata contro l’economia cinese. Sono pochi quelli che si sono chiesti quali siano i veri motivi alla base di questa epidemia.

Sia la SARS (Sindrome respiratoria acuta grave) del 2003 sia l’epidemia di oggi possono essere ricondotte ai “wet markets” della Cina – mercati all’aperto dove i clienti comprano animali vivi che si macellano sul posto – fino agli ultimi giorni del 2019, tutti i soggetti colpiti dal virus hanno avuto qualche contatto con il Wuhan’s Huanan Market.

Nei wet markets della Cina, si vendono vari animali che vengono uccisi per essere mangiati: cuccioli di lupo, serpenti, tartarughe, cavie, ratti, lontre, tassi e zibetti, come accade anche in altri mercati di tanti paesi asiatici, tra cui Giappone, Vietnam e Filippine.

Nelle aree tropicali e subtropicali del pianeta, nei wet markets si vendono mammiferi vivi, pollame, pesci e rettili, tutti stipati in spazi angusti dove condividono la stessa aria, il sangue e gli escrementi. Come ha detto recentemente Jason Beaubien, della USA National Public Radio : “I pesci vivi sono in ​​vasche aperte e spruzzano acqua per terra, le bancarelle sono rosse di sangue mentre, davanti agli occhi dei clienti, i pesci vengono sventrati e sfilettati. Dentro le stesse scatole tartarughe vive e crostacei si arrampicano l’una sull’altra, mentre il ghiaccio che si scioglie fa aumentare la melma su cui si cammina. Ovunque c’è acqua, sangue, squame di pesce e fegati di pollo”. Ecco perché questi posti si chiamano Wet Markets.

Gli scienziati ci dicono che tenere insieme animali di razze differenti in stretta e prolungata vicinanza tra loro e con l’uomo crea un ambiente malsano che può portare a quella mutazione dei virus che ha permesso al COVID-19 di infettare l’uomo. Più precisamente, in un ambiente di questo genere, un coronavirus presente già da tempo in alcuni animali ha subito una rapida mutazione quando è migrato da ospite non umano a un altro ospite non umano e alla fine ha acquisito la capacità di legarsi ai recettori delle cellule umane, adattandosi così all’ospite umano.

Questa prova ha spinto la Cina, il 26 gennaio scorso, a imporre un divieto temporaneo al commercio di animali selvatici. Non è la prima volta che tale misura viene presa come risposta a un’epidemia. In seguito allo scoppio della SARS, la Cina proibì l’allevamento, il trasporto e la vendita di zibetti e di altri animali selvatici ma, sei mesi dopo, il divieto fu revocato.

Oggi molte voci chiedono la chiusura definitiva dei “mercati di fauna selvatica”. Zhou Jinfeng, capo della China’s Biodiversity Conservation and Green Development Foundation, ha invitato a vietare a tempo indeterminato il “traffico illegale di animali selvatici”  e si è rivolto al Congresso Nazionale del Popolo, che sta discutendo un disegno di legge per vietare il commercio delle specie protette. Comunque il concentrarsi solo sulle specie protette, è uno stratagemma per distrarre l’attenzione pubblica dal modo spaventoso in cui sono costretti a vivere e morire gli animali che arrivano nei mercati bagnati.

Quello che serve davvero al mondo è la chiusura definitiva dei wet markets. Per gli animali, i wet markets sono un inferno in terra. Migliaia di esseri senzienti e palpitanti soffrono lunghe ore di angoscia prima di essere brutalmente massacrati, ma questa è solo una piccola parte della sofferenza che gli umani infliggono sistematicamente agli animali in ogni paese, negli allevamenti intensivi, in laboratorio e nell’industria del divertimento.

Se non vogliamo pensare a quello che stiamo facendo – e per lo più non lo facciamo – siamo inclini a giustificare i nostri comportamenti grazie alla presunta superiorità della nostra specie, più o meno allo stesso modo in cui i bianchi facevano appello alla presunta superiorità della razza per giustificare la loro supremazia su esseri umani “inferiori”. Ma in questo momento specifico, in cui gli interessi vitali dell’uomo corrono così chiaramente in parallelo con gli interessi degli animali non umani, questa piccola parte di sofferenza che infliggiamo agli animali ci offre l’opportunità di cambiare il nostro atteggiamento verso gli esseri di specie non umane.

Per dichiarare la chiusura dei wet markets, dovremo superare alcune specifiche preferenze culturali, oltre alla resistenza dovuta al fatto che questa chiusura causerebbe difficoltà economiche a chi si guadagna la vita in questi mercati. Ma, anche senza voler dare agli animali non umani la giusta considerazione morale che meriterebbero, questi problemi locali sono da considerare decisamente minori rispetto all’impatto disastroso che avranno sull’uomo queste sempre più frequenti epidemie globali (e forse pandemie).

Martin Williams, uno scrittore che vive a Hong Kong specializzato nella tutela e nella conservazione dell’ambiente, dice bene: “Finché esisteranno questi mercatini, ci sarà sempre la probabilità che si manifestino altre nuove malattie. Sicuramente, è ora che la Cina chiuda questi mercati. In un sol colpo si farebbero progressi per i diritti degli animali e per la tutela della natura, riducendo al contempo il rischio di malattie “made in China” che danneggerebbero gli uomini e le donne di tutto il mondo “.

Ma noi andremmo oltre. Qualche volta nella storia, le tragedie hanno portato cambiamenti importanti. I mercati in cui vengono venduti e macellati animali vivi dovrebbero essere vietati non solo in Cina, ma in tutto il mondo.

 

VIDEO :  https://youtu.be/v0Eg8JLsWeQ/

 

PETER SINGER  – Professor of Bioethics alla Princeton University e fondatore della ONG  The Life You Can Save.  Tra i suoi libri  Animal LiberationPractical EthicsThe Ethics of What We Eat (con Jim Mason), Rethinking Life and DeathThe Point of View of the Universe, scritto con Katarzyna de Lazari-Radek, The Most Good You Can DoFamine, Affluence, and MoralityOne World NowEthics in the Real World, and Utilitarianism: A Very Short Introduction, ancora scritto con Katarzyna de Lazari-Radek. Nel 2013, il Gottlieb Duttweiler Institute ho ha nominato come terzo “most influential contemporary thinker” del mondo.

PAOLA CAVALIERI –  Ricercatrice indipendente di base in Italia, è autrice del recente  Philosophy and the Politics of Animal Liberation.

***

Fonte : https://www.project-syndicate.org/

Link : https://www.project-syndicate.org/commentary/wet-markets-breeding-ground-for-new-coronavirus-by-peter-singer-and-paola-cavalieri-2020-03?fbclid=IwAR1T-FtXvqgjk41W372HRvZWUCZyCE6M8_lQu3UAeyY5J0DNKWchrnKL_eI

2.03.2020

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte  comedonchisciotte.org  e l’autore della traduzione Bosque Primario

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