COVID: LE INFEFFICIENZE DELLE CURE TERRITORIALI E LE RESPONSABILITA’ DELLA POLITICA

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di Raffaele Varvara, ComeDonChisciotte.org

Nell’ambito delle scienze infermieristiche si sta sviluppando un filone di studio riguardo il fenomeno delle cure mancate o missed care che vengono definite come qualsiasi cura infermieristica necessaria al paziente che viene però omessa (completamente o parzialmente) o rimandata, per carenza di personale. Esse sono classificate come errori di omissione che si contrappongono agli errori di commissione, molto più conosciuti (1).

L’AHRQ (Agency for Healthcare Research and Quality) afferma che tali errori omissivi sono più difficili da riconoscere ma rappresentano ugualmente un grosso problema(2) . Gli errori di omissione (derivanti dal non fare qualcosa, come non far deambulare il paziente) sono un argomento meno trattato rispetto a quelli commissivi (errori derivanti dal compimento di una qualche azione, come ad esempio la somministrazione del farmaco sbagliato) ma le conseguenze sono atroci in entrambe le tipologie di errore.

Applicando questo concetto alla politica degli ultimi 30 anni in materia di sanità, possiamo scorgere quindi non solo gli errori di Commissione, ovvero tagli e privatizzazioni selvagge ma anche gli errori di Omissione, le “cure mancate” della politica al paziente SSN. La politica non ha MAI fatto nulla per ammodernare un carrozzone vecchio e inadeguato come il SSN. Dalla L. 833/78 ad oggi la colpa persistente della politica è che si è limitata ad amministrare malamente ciò che avrebbe dovuto essere rovesciato totalmente: il modello macro-organizzativo attuale di cura risale alla legge Mariotti del ‘68 e prevede l’ erogazione della cura prevalentemente in ospedale, mentre al territorio sono affidate le cure accessorie… sarebbe dovuto essere l’ esatto opposto: cure principali (prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione, palliazione e soprattutto assistenza all’ evoluzione della pluripatologia cronica negli anziani, nel continuum autosufficienza/non autosufficienza) sul territorio e le cure “accessorie”, ovvero per le acuzie, in ospedale.

Il modello ospedalocentrico delle cure è anacronistico rispetto all’ evoluzione dei bisogni di salute della popolazione. Per decenni si sono accumulati studi, conferenze, congressi, audizioni parlamentari, esperienze, buone pratiche, che indicavano la necessità di un cambio di paradigma ospedale-territorio ma la politica è sempre rimasta cinica e refrattaria rispetto a questi stimoli. Stiamo pagando le conseguenze di questi errori di omissione della politica che avrebbe dovuto non solo tagliare i posti letto ma riconfigurare totalmente il modello ospedale/territorio; una strutturata risposta assistenziale sul territorio, assieme ad una comunicazione NON terroristica, oggi avrebbe contenuto l’invasione degli ospedali ed avrebbe fatto la differenza nella gestione della pandemia.

Le forze politiche che distruggeranno l’impero europeo, avranno l’onère di ricostruire il Paese, a partire da un Servizio Socio-Sanitario Territoriale Nazionale, ricontestualizzando, così, l’art. 32 della Costituzione.

Bisogna dotarsi di nuovi principi ispiratori e di una nuova visione politica, qui abbozzati.

PRINCIPI ISPIRATORI:

Proattività: i professionisti della salute in contro al cittadino e non viceversa per consigliarlo e guidarlo all’ interno della selva burocratica del SSN, come agente esperto. L’ approccio proattivo consente di favorire la prevenzione, monitorare l’evoluzione clinica della malattia cronica, aumentare la compliance alle terapie così da ridurre ricoveri impropri, re-ricoveri, accessi in PS inadeguati. Per essere proattivi è necessario che i professionisti trasferiscano le loro risposte dall’ ospedale, al domicilio degli assistiti, cosa non facile perchè abituati a ricevere una formazione ancora molto fortemente ospedalocentrica. Per costruire professionisti proattivi della salute sarà necessario un cambio epistemologico radicale dei paradigmi delle discipline che si tramandano.

Interdipendenza multidisciplinare: il modello prevalente di risposta ai bisogni di salute della popolazione è ancora fortemente medico-ospedalocentrico. Il modello paternalistico per cui è il medico a decidere per il paziente è ormai superato. Il paziente contemporaneo ha bisogno di una corretta informazione per arrivare a scegliere autonomamente e consapevolmente il trattamento sanitario più consono ai suoi valori, alle sue credenze ed alle sue aspettative di vita. È dunque superata un’organizzazione nella quale il medico, sia considerato l’unico depositario di tutto il sapere scientifico riguardo lo stato di salute del paziente. Alle soglie del 2021 il modello più funzionale per una presa in carico ottimale, si realizza tramite una risposta multidisciplinare ai nuovi e complessi bisogni di salute della popolazione. Al goal del raggiungimento dello “stato di completo benessere psico/fisico”, si arriva grazie al lavoro sinergico di una squadra capace di valorizzare il contributo di ogni singola professionalità, consapevole della propria interdipendenza, abile a confrontarsi e a co-evolversi. Inoltre per una squadra vincente serve abolire il vecchio modulo di gioco ovvero serve la capacità di superare l’organizzazione tayloristica (divisa e frammentata) del lavoro in sanità perché è assai regressivo se si considera che le teorie di Taylor sono state ampiamente superate.

Governo della complessità: il dogmatismo delle linee guida è ormai falsificato; è dimostrato come esse siano necessarie ma inadeguate a governare la complessità e la singolarità del rapporto di cura. I professionisti devono poter disporre di tutti gli elementi per poter prendere decisioni che considerino tutte le variabili possibili, determinate dalla complessità nella singolarità del rapporto di cura. Un esempio per spiegare questo principio ispiratore: il paziente contemporaneo arriva al PS con già la diagnosi fatta e pretende gli esami diagnostici che “ha visto su internet”…gli esercenti la professione sanitaria per paura del contenzioso legale sono disposti ad accontentarli mentre pochi temerari riescono, con una efficace comunicazione, a correggere le informazioni di google e a stabilire con il paziente il migliore percorso diagnostico e terapeutico per lui. Insomma tutta questa complessità non viene gestita perché ai professionisti sanitari nessuno ha insegnato come gestirla e con cosa (oltre che con le linee guida); come scoria di questa incuria abbiamo il fenomeno aberrante della medicina difensiva.

NUOVA VISIONE POLITICA PER LA RICONFIGURAZIONE DEL BINOMIO OSPEDALE-TERRITORIO

Nel contesto territoriale: strutturare un’assistenza in funzione dei bisogni di continuità dei cittadini promuovendo lo sviluppo di percorsi di presa in carico e di nuovi modelli organizzativi nell’ambito della cronicità. Nei presidi territoriali devono operare in sintonia una squadra multidisciplinare composta da: infermieri, medici, operatori socio-sanitari, fisioterapisti, ostetriche, psicologi, per dare una risposta completa ai nuovi bisogni dei cittadini, anche da remoto con le possibilità offerte dalla telemedicina.

Nel contesto ospedaliero: la risposta assistenziale ospedaliera deve limitarsi alla fase acuta di malattia mentre la fase sub-acuta deve essere presa in carico mediante la riorganizzazione della rete ospedaliera e il potenziamento di strutture di degenza post-acuta e di residenzialità, per agevolare la dimissione al fine di minimizzare la degenza non necessaria, favorendo contemporaneamente il reinserimento nell’ambiente di vita e il miglioramento della qualità dell’assistenza. Una mancata attivazione in questo senso spinge le persone non autosufficienti a chiedere assistenza negli ospedali e nelle strutture sanitarie, affollando i PS e scaricando sulla sanità pubblica oneri consistenti che potrebbero essere evitati o comunque ridimensionati con l’assistenza domiciliare, semiresidenziale e residenziale socio-sanitaria. Gli ospedali dovranno riorganizzarsi per intensità di cure. Si supera l’anacronistica divisione degli ospedali per specialità mediche e si inserisce un criterio su due assi: l’intensità clinica e la complessità assistenziale. I professionisti che gestiscono i flussi dei ricoveri, sanno quanta fatica si fa a classificare i pazienti contemporanei, sempre più pluripatologici ovvero portatori di più co-morbilità, in una divisione monospecialistica. La divisione per specialità mediche di fatto costituisce oggi una mappa che traccia un territorio ormai cambiato. A chi, giustamente si oppone ad una rivoluzione copernicana ospedaliera, vorrei rilanciare dicendo che già oggi la classificazione per specialità mediche è saltata poiché si trovano degenti con problemi chirurgici ricoverati in unità operative di medicina interna e viceversa. Il sistema sta andando in quella direzione in maniera improvvisata e spontanea perché i bisogni di salute della popolazione vanno in quella direzione.

Per accompagnare e strutturare questo cambiamento è necessario dotare la politica di un pensiero rivoluzionario nonchè recuperare, liberando l’Italia dai vincoli europei, le leve economiche e fiscali al fine di rendere nuovamente possibile una sanità universale, eguale, globale (3).

  1. Kalisch BJ, et all. Missed nursing care: a concept analysis. J Adv Nurs. 2009 (May 12); Vol. 65. Issue 7: 1509–1517.
  2. Potter P. et al. An Analysis of Nurses’ Cognitive Work: A New Perspective for Understanding Medical Errors. Agency for Healthcare Research and Quality. 2005.
  3. Finanziamento e struttura del Servizio Sanitario Nazionale – documento programmatico di RI – Riconquistare l’Italia, consultabile al sito http://frontesovranista.it/finanziamento-e-struttura-del-servizio-sanitario-nazionale-documento-per-lassemblea-nazionale-del-fsi-9-giugno-2019/
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