Come Lo “Shale” sta rimodellando il mondo: Tre nuove guerre

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DI TYLER DURDEN

zerohedge.com

Di recente abbiamo incontrato lo stratega geopolitico Peter Zeihan per discutere con lui gli eventi mondiali dopo l’elezione presidenziale Americana e il suo nuovo libro: La Superpotenza Imprevista: la rivoluzione dello shale ed il mondo senza l’America”. Nel suo libro Peter ci parla di come le innovazioni nel campo dell’energia e delle risorse stiano rimodellando il contesto geopolitico globale.

 Sono stati talmente tanti gli argomenti trattati con Peter che abbiamo deciso di dividerli in due parti: il mese scorso la prima parte che ha coperto il grande impatto della rivoluzione dello ‘shale’, che Peter definisce “la più grande evoluzione dello spazio industriale Americano dal 1970″ e che secondo lui accelererà la rottura del ordine globale come lo conosciamo. Oggi, nella seconda parte, esaminiamo i principali cambiamenti geopolitici globali a mano a mano che gli Stati Uniti procedono nel loro percorso di autonomia energetica. Peter crede che sarà questo a rimodellare la geopolitica globale, conducendo a tre conflitti: Russia contro Europa, Iran contro Arabia Saudita e una guerra delle petroliere in Asia. E’ di questi tre conflitti che abbiamo discusso con lui in modo più approfondito. Ci auguriamo sia di vostro gradimento.

GAVEKAL CAPITAL: abbiamo discusso di come le limitazioni alle esportazioni di petrolio potrebbero essere revocate qualora divampassero questioni geopolitiche. Cosa vede all’orizzonte?

 PETER ZEIHAN: vedo all’orizzonte tre grandi conflitti che potrebbero causare un grave scisma tra quello che pagano gli Stati Uniti per il petrolio e quello che paga il resto del mondo. Parlo di un potenziale prezzo del petrolio globale di circa $ 150 al barile, mentre gli Stati Uniti pagherebbero solo 50 $ al barile, grazie al petrolio da scisti e alla revoca delle limitazioni alle esportazioni di petrolio. Il costo di pareggio negli Stati Uniti è di circa $ 40. Se si reintroduce l’embargo, si avrebbe un tetto funzionale del prezzo a livello nazionale. Se aumenta la produzione da scisti e non è più possibile esportare il greggio, allora la questione si sposta sulle capacità di raffinazione, che non possono essere realizzate così di punto in bianco.

La guerra numero uno è Russia contro Europa. La situazione demografica Russa è già insostenibile, a livelli quasi catastrofici. Nel 2020-2022, la dimensione dell’esercito Russo sarà meno della metà di quella dell’anno scorso. La riduzione demografica post-Unione Sovietica è stata fortissima, quindi se i Russi hanno intenzione di utilizzare il loro esercito nel tentativo di rimodellare il loro mondo, devono farlo ora. E per molti versi lo fanno già. A seconda di quale scenario si verificherà – nel mio libro ne elenco diversi – si avrà sul mercato una riduzione da due a sette milioni di barili al giorno. Sono a rischio le vecchie esportazioni di petrolio ex-Unione Sovietica verso Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia orientale, BieloRussia, Moldova, Ucraina, Nord-Est della Romania, Azerbaijan, Armenia e Georgia. Queste rappresentano l’insieme delle esportazioni di energia della Russia verso l’occidente. O i Russi utilizzeranno il petrolio come strumento politico, oppure la gente dirà: “Scordati di continuare a vendere il tuo petrolio attraverso di noi mentre ci stai conquistando”. In entrambi i casi, quella parte di petrolio sarebbe fuori gioco. E poiché la produzione di energia Russa è nel permafrost, non può essere interrotta facilmente. Se si chiudono i pozzi, questi ghiacciano e vanno riperforati da capo. Nel senso che se i Russi interrompessero la produzione in uno di quei campi, gli ci vorranno dieci anni per renderlo nuovamente operativo.

Uno dei più grandi errori che la gente fa quando analizza la Russia è quello di non rendersi conto che i Russi in questo momento non sono preoccupati per il denaro. E’ opinione diffusa che i Russi non faranno niente per interrompere i flussi di petrolio perché hanno bisogno di quelle entrate. Ma questo non è quello che pensano tutti i Russi. I loro confini attuali sono del tutto insostenibili e gli resta una sola finestra per fare qualcosa al riguardo. I Russi vedono all’orizzonte la fine del loro paese e di certo preferiscono che avvenga tra sessant’anni, non tra cinque. Per loro il ritiro non è un’opzione: devono poter raggiungere i Carpazi, il Caucaso, la Polonia e il Mar Baltico. Credo che le azioni Russe per estendere i propri confini sono destinate a fallire; e se io fossi Putin, non avrei certo un piano migliore. E questo piano metterà fuori gioco – in base a quale scenario si verificherà – tra i due e i nove milioni di barili di greggio, e tra i cinque e i dodici BCF di gas naturale.

GC: Che ne pensa dei rapporti tra Trump e Putin?

PZ: per due uomini dall’ego così grande e fragile allo stesso tempo come Trump e Putin, non riesco a immaginare che possano andare d’accordo a lungo. Tuttavia, per il 2017 entrambi hanno un sacco di motivi per concentrarsi su altre questioni; seppellire per il momento l’ascia di guerra pare avere molto senso per entrambi. Inoltre, non è affatto logico per gli Stati Uniti impegnarsi a lungo termine in una guerra terrestre con una potenza nucleare che è il fantasma di quella che era prima, con niente da perdere e pronta ad invadere paesi che neanche si difendono. Credo che in futuro la retorica tornerà, ma per il 2017 prevedo un periodo piuttosto calmo nelle relazioni bilaterali. Questo consentirà alla Russia di agire in modo più aggressivo a livello regionale. Questo significa che in gioco c’è l’Ucraina; significa rottura con l’Unione Europea; significa consolidare l’ex-spazio sovietico. Credo che dobbiamo aspettarci questo per l’anno in corso e quello prossimo.

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GC: Che interesse ha la Russia a rompere con l’Unione Europea?

PZ:   Se gli Europei continuano ad azzuffarsi – cosa non molto difficile per gli Europei – non rappresentano un fronte comune contro i Russi, a meno che a guidarli non ci siano gli Stati Uniti. Quindi, se gli Americani hanno fatto un passo indietro per loro ragioni, e lasciano che gli Europei continuino a litigare, la Russia ne trarrà certamente un vantaggio.

GC: Quale sarà il campanello d’allarme dei movimenti della Russia?

PZ: I nazionalisti francesi dicono che i Russi si stanno intromettendo nelle elezioni nazionali francesi, proprio come hanno fatto in quelle degli Stati Uniti. E così di campanelli d’allarme ne suonano da sinistra, da destra e dal centro. Sta succedendo già. Abbiamo già assistito ai malcontenti in Lettonia e in Estonia provocati dai Russi.

GC:Chi si batterà per quei paesi?

PZ: Beh, se non sono gli Stati Uniti, se si tratta dei paesi baltici allora sarà la Svezia. E penso che lo farà. Ma la Svezia non può tener testa alla Russia da sola. La Russia può fare molto male. Per la Polonia, sarà la Germania. I Polacchi hanno sempre avuto la peggio in ogni scontro della storia, e la cosa potrebbe ripetersi. Per la Romania e il Caucaso potrebbe essere la Turchia. Anche se i Russi stanno facendo di tutto per tenere la Turchia fuori da ogni gioco, e finora ha funzionato. Polonia, Germania, Scandinavi, Inglesi: possono bastare per tenere a bada i Russi.

GC: Ha per caso notato movimenti di personale e materiale militare in vista di questo scenario?

PZ: Tutti e tre i paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) hanno rinunciato a una guerra convenzionale. In gran parte, a tutti gli effetti, hanno dismesso le loro forze armate convenzionali e hanno addestrato l’intera popolazione a tattiche di guerriglia. Sanno quello che potrebbe accadere. E la prima nazione che li aiuterà sarà la Svezia. I finlandesi si stanno liberando degli armamenti dei loro nonni e si preparano a una nuova Guerra d’Inverno.

CC:Geograficamente, è facile muoversi nei Paesi Baltici e in Polonia?

PZ: Sia in Estonia che in Lettonia è facile come in Polonia. Forse è un pò più difficile per la Lituania. Ci sono più foreste, é un po’ più aspra. Ma se si dovesse far indietreggiare i Russi, servirà la guida della Germania, e la Germania in questo momento non dispone di un esercito adeguato. La Germania é l’unica con il potenziale demografico per una forza militare adatta a questa evenienza.

GC: Cosa potrebbe fare l’Europa per indurre Trump ad intervenire?

PZ: Se raddoppiasse le loro spese militari nei prossimi 12 mesi, allora si potrebbe iniziare a parlarne. Ma se è finita l’era del libero scambio, se Bretton Woods è finita, perché dovrebbero intervenire gli Stati Uniti? E la cosa non fa ridere per niente, anche se Trump a volte la fa apparire come tale.

GC:Gli Stati Uniti stanno ancora vendendo armi a destra e a manca?

PZ: Certamente! Mica sono stupidi! Gli Stati Uniti continueranno a prendere posizioni, a fornire intelligence e persino a dare in leasing un bel po’ di droni. Non intendo dire che l’America non abbia più un ruolo, ma l’idea dell’Esercito Americano che prende e parte in missioni di salvataggio, è proprio da escludere. Come abbiamo visto in Crimea, le truppe di rapido intervento della NATO erano solo di 500 uomini per paese. Dopo la Crimea, sono stati inviati solo tre reggimenti da 500 uomini ciascuno. Uno dagli Stati Uniti, uno dalla Polonia e uno da tutti gli altri Paesi della NATO messi insieme.

GC: Quanti militari Russi ci sono oggi in Crimea(Ucraina)?

PZ: Difficile da dire con certezza, ma direi che oggi in Crimea ci sono circa 15.000 militari Russi. Sulla carta, l’esercito Russo conta un milione di uomini. Presi uno ad uno non sono bravi quanto quelli Americani, ma sono di certo meglio di quelli Spagnoli, Italiani e Polacchi. Per risolvere la questione ai Russi occorrerebbero 100,000 uomini. Parliamo di due milioni di metri quadrati di paese e di 70 milioni di persone. Non ce la possono fare con soli 10.000 uomini.

GC: Ci vorrà quindi una massiccia mobilitazione da parte della Russia, giusto?

PZ: Beh, non ci vorrà tutta questa mobilitazione, poiché ci sono già almeno 25.000 soldati Russi sul confine Ucraino, senza contare quelli che sono già in Ucraina, anche se non ufficialmente.

Il processo è già in corso. L’esercito Ucraino si ritrova già decapitato. Di recente non si è sentito molto parlare di Ucraina perché i Russi hanno inviato sul posto forze speciali per stanare le truppe Ucraine migliori – le truppe guidate ed armate dagli Stati Uniti. Dopo questo, i Russi hanno utilizzato il loro esercito regolare per eliminare tutti i capi delle truppe migliori Ucraine. Oggi, in Ucraina, restano solo i riservisti. Quando ci sarà da combattere, a meno che gli Ucraini riescano a resistere fino all’ultimo uomo, la normale resistenza organizzata sarà già fuori gioco. La questione è solo quanto velocemente i Russi intendano espugnare Kiev.

Ora, una volta presa Kiev e i monti sul fiume Dnieper, inizierà un diverso tipo di guerra, perché ci si sposterà in Ucraina occidentale, quella non ‘Russificata’. In Ucraina occidentale si incontrerà più facilmente la resistenza civile. Ma per quanto riguarda l’azione militare in sé, sarei sorpreso se durerà più di un mese. La Bielorussia aprirà le porte ai Russi, e Estonia, Lettonia e Lituania messe insieme non arriveranno a sei milioni di persone. La Moldavia non è in grado di gestire l’opposizione politica in Russia, mentre i Russi hanno già sul posto una base militare attiva con 10.000 soldati. Resta quindi la Romania. Se Romania e Polonia sono le uniche speranze di difesa per l’Occidente in questa possibile guerra, allora le cose si mettono male.

GC: Crede che questa guerra possa iniziare entro l’anno in corso?

PZ: Non so quando inizierà ufficialmente, ma visto come stanno evolvendo attualmente le relazioni politiche e visto quello che penso stia per accadere in Europa, il momento attuale è un’occasione d’oro. I Russi non possono andare molto avanti con la loro attuale situazione demografica, quindi…per loro prima è e meglio è. Se inizia prima che gli Europei riescano finalmente a funzionare come stati-nazione e prima che gli Stati Uniti escano dalla scena, per loro questa situazione sarà un’opportunità unica. Una volta che la macchina si metterà in funzione, ci vorranno anni prima di riuscire a fermarla. Credo che un punto focale per i Russi è quello di indurre la Germania a dire: “Va bene, prenditi pure l’Ucraina, ma la Polonia non si tocca. Ok, prenditi anche la Bielorussia, ma la Polonia non si tocca. D’accordo, puoi prenderti anche l’Estonia, ma la Polonia non si tocca. Cosa? Ti sei presa la Polonia? E va bene, però non toccare la Romania”. Fondamentalmente, questo è quello in cui sperano i Russi. Non è un piano stupido. Sarebbe il loro percorso preferito. E in passato ha già funzionato. “Va bene, puoi avere la Polonia Orientale, ma non puoi oltrepassare il confine della Polonia Occidentale”. Parliamo della Seconda Guerra Mondiale.

GC: Quale sarebbe la seconda di queste nuove guerre?

PZ: Dunque, Russia contro Europa parte da sola, e non sul tema della sicurezza energetica. L’energia qui ne sarà solo una vittima. ll conflitto numero 2 che intravedo è tra Iran e Arabia Saudita nel Golfo Persico. Se gli Americani smetteranno di tenere separate queste due parti opposte – perché all’America non interesserà più tenere i flussi petroliferi lontani dal Golfo Persico – allora i due paesi entreranno in scontro diretto. E un tale conflitto sfocerà naturalmente nel tentativo da parte dell’Iran di invadere l’Arabia Saudita.

GC: Come si potrebbe svolgere?

PZ: Tra il Kuwait e i campi petroliferi Sauditi c’è una striscia desertica di 300 miglia, e non certo che gli Iraniani riescano ad attraversarla. Quello che fanno oggi i Sauditi nello Yemen è un allenamento nel tiro al bersaglio. Si stanno preparando, si stanno addestrando ad utilizzare le attrezzature militari, in particolare le loro forze aeree, per poter un giorno trasformare quel cuscinetto sabbioso in un campo di morte. In questo momento, stanno facendo piuttosto bene. Basterà? Non saprei. I Sauditi probabilmente preferirebbero evitare di entrare in una guerra, ma nel mondo di oggi post-Bretton Woods, senza la protezione Americana, a lungo andare gli Iraniani finIranno con il seppellirli tutti. Così come i Russi oggi pensano che bisognerà agire in fretta per assicurarsi dei confini sostenibili, la stessa cosa pensano i Sauditi per poter schiacciare l’Iran. La guerra dei prezzi del petrolio 2015-2016 quindi non era la guerra agli ‘scisti’: era la Persia. E ad essere sinceri, non ha funzionato come speravano i Sauditi.

GC: I Sauditi cercheranno di costruirsi armi nucleari?

PZ: No, se proprio devono, al massimo le compreranno. Le possono comprare dal Pakistan e già ne stanno discutendo. Il Pakistan ha 150 armi nucleari e se le riuscirà a vendere a $1 miliardo al pezzo…ne sarà più che felice. I Sauditi stanno già fornendo al Pakistan petrolio sovvenzionato in modo da tenere sempre vive le comunicazioni con il paese.   Assumendo che nessun altro si ritroverà in mezzo al fuoco incrociato, quando i due paesi arriveranno allo scontro, altri 11 milioni di barili di petrolio al giorno andranno fuori dal mercato. Se invece altri paesi si ritroveranno coinvolti, allora il mercato potrebbe perdere fino a venti milioni di barili al giorno. La seconda nuova guerra quindi sarà il Golfo Persico.

GC: E’ collegata o meno a quella di Russia vs. Europa?

PZ: Scollegata. Potrebbe iniziare anche domani. Quando gli Iraniani si renderanno conto di quello che i Sauditi stanno combinando e che quella cosa li potrà distruggere, in quel momento preciso inizierà la guerra. La guerra siriana di recente ha preso una piega relativamente filo-Iraniana, quindi l’Iran oggi non si sente particolarmente stressato. Un anno fa le cose erano ben diverse. I guerriglieri di ISIS probabilmente si riveleranno più calmi e gentili di quello che i Sauditi potranno essere nei prossimi anni, poiché le loro azioni non sono state sufficienti. Ora, io non intendo dire che sono i Sauditi a tirare le corde di ISIS; sì, i Sauditi li hanno generati ma poi li hanno lasciati andare per conto loro. E finché ISIS continuerà ad uccidere i persiani e gli alleati dei persiani, ai Sauditi andrà benissimo. I Sauditi creeranno altri gruppi in futuro; negli ultimi sei anni hanno già formato un centinaio di gruppi. La gran parte di questi sta combattendo in Siria, ma non solo: alcuni di questi, come Jundallah, sono già presenti in Iran.

GC: Quale sarebbe invece la terza nuova guerra?

PZ: La terza guerra dipenderà da una delle prime due: non importa quale delle due avverrà prima, una delle due scatenerà questa terza. Se nel mondo scarseggerà il petrolio – perché la Russia è in conflitto con l’Europa o perché l’Iran invade l’’Arabia Saudita – il problema della sicurezza e dell’approvvigionamento energetico per il resto del mondo sarà legato alle vie di trasporto. Le vie di trasporto più lunghe e più vulnerabili del mondo sono quelle che vanno dal Golfo Persico al Nord-Est Asiatico. E qui, qualunque sia il paese di destinazione, parliamo sempre di 5000-7500 miglia. Se nel mondo si verificasse una carenza generale di petrolio, quelli che ne soffriranno di più saranno i paesi del Nord-Est Asiatico, i più lontani dai pozzi. La cosa peggiore è che c’e’ poco da scherzare quando si tratta di Corea, Taiwan, Cina e Giappone. Qualcuno dovrà rinunciare al petrolio e quel qualcuno sarà un paese che non potrà materialmente difendere le sue importazioni di petrolio provenienti dal Golfo Persico. Quindi la Guerra n. 3 sarà una Guerra di Petroliere. Che porterà a tutta una serie di possibili conseguenze.

GC: Chi saranno i vincitori e i vinti di questa battaglia navale?

PZ: I paesi più forti in questo senso, come il Giappone, saranno probabilmente in grado di proteggere le proprie vie di comunicazione del petrolio. Il Giappone rappresenta in quell’area la marina militare di gran lunga più potente. I paesi con una lunghissima e provata esperienza nel corrompere la gente, come Corea e Taiwan, probabilmente pagheranno l’India perché difenda i loro approvvigionamenti per la prima parte del viaggio attraverso l’Oceano Indiano. La cosa potrebbe funzionare, ma ci sono moltissimi rischi. I Cinesi hanno seri problemi di potenza navale e dovranno stabilire basi navali più vicine alle fonti petrolifere. Ciò significa che dovranno probabilmente invadere zone del Vietnam e delle Filippine in modo da trasformare il Mar Cinese Meridionale in un lago chiuso. Se ci riusciranno, vorrà dire 1.000 miglia in meno da percorrere e da proteggere per assicurarsi il loro approvvigionamento energetico.

In definitiva, però, immagino che a perdere nella guerra delle petroliere sarà la Cina, a causa del suo enorme fabbisogno di petrolio e della sua debolezza navale. Sarà la più breve tra le tre guerre che immagino, ma anche la più ‘colorita’, perché porterà uno sconvolgimento del quadro economico che ha sostenuto lo sviluppo del Nord-Est Asiatico negli ultimi 60 anni.

Al termine di queste tre guerre mi aspetto che il petrolio in USA sarà intorno ai 50 dollari al barile, 150 a Parigi e più di 200 a Pechino (sempre che a Pechino arrivi il petrolio). L’intera struttura economica che ha motivato il successo dell’Est Asiatico negli ultimi 50 anni sarà stravolta. Le filiere produttive esistenti dovranno essere rilocate; e per via della conseguente contrazione demografica e della crisi energetica, il sistema produttivo crollerà per mancanza di domanda.

 

Peter Zeihanis è autore del best-seller: “The Accidental Superpower.”

Fonte: www.zerohedge.com

Link: http://www.zerohedge.com/news/2017-03-13/how-shale-reshaping-world-three-new-wars

14.03.2017

Via The Gavekal USA Team,

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

 

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