Scott Ritter
rt.com
I timori che il conflitto ucraino sia ora impantanato in una sorta di stallo che rischia di escalare pericolosamente sono fuori luogo. C’è un solo vincitore nel conflitto ucraino, ed è la Russia. Niente può cambiare questa realtà.
Il famoso intellettuale americano John Mearsheimer ha scritto un importante articolo sul conflitto, intitolato: “Playing with Fire in Ukraine: The Underappreciated Risks of Catastrophic Escalation.” L’articolo dipinge un quadro a tinte fosche sia sulla natura della guerra in Ucraina (stallo prolungato) sia sul suo probabile esito (escalation decisiva delle parti coinvolte per evitare la sconfitta).
Le premesse di Mearsheimer, tuttavia, sono fondamentalmente errate. La Russia, per quel che riguarda la guerra in Ucraina e il più ampio scontro per procura con la NATO, possiede l’iniziativa strategica – militare, politica ed economica. Inoltre, né gli Stati Uniti né la NATO sono in grado di intensificare il conflitto, in modo decisivo o meno, per impedire una vittoria russa, e la Russia, da parte sua, non ha bisogno di un’escalation del genere.
In breve, il conflitto in Ucraina è finito e la Russia ha vinto. Tutto ciò che rimane è un lungo e sanguinoso lavoro di pulizia.
La chiave per capire come Mearsheimer si sia sbagliato è analizzare ciò che per lui sono le ambizioni degli Stati Uniti e della Russia in merito alla questione. Secondo Mearsheimer, “dall’inizio della guerra, sia Mosca che Washington hanno approfondito notevolmente le loro ambizioni, ed entrambe sono ora profondamente impegnate a vincere la guerra e a raggiungere formidabili obiettivi politici.”
Questo passaggio è particolarmente difficile da analizzare. In primo luogo, è estremamente difficile identificare una chiara linea di base quando si tratta di valutare le “ambizioni” degli Stati Uniti nei confronti dell’Ucraina e della Russia. L’amministrazione del presidente Joe Biden ha ereditato una politica concepita nell’era di George W. Bush e parzialmente attuata sotto la squadra di Barack Obama (dove Biden aveva svolto un ruolo fondamentale). Si trattava di una politica molto aggressiva orientata a minare la Russia con l’obiettivo di indebolire il presidente russo, Vladimir Putin, fino al punto di sostituirlo con una figura più disponibile ad aderire ad una linea politica dettata dagli Stati Uniti.
Ma non si può far finta che non ci siano stati i quattro anni di politica dell’amministrazione Trump, che hanno messo a soqquadro la narrativa anti-Putin – e, per estensione, anti-Russia – portata avanti dall’amministrazione Obama. Se da un lato Trump non è mai riuscito a far digerire alla diplomazia russo-statunitense il suo approccio “perché non possiamo essere amici,” dall’altro è stato in grado di minare seriamente i due importanti pilastri politici che avevano sostenuto la politica dell’era Obama, ovvero l’unità della NATO e la solidarietà all’Ucraina.
L’amministrazione Biden non è mai stata in grado di resuscitare la direzione politica dell’era Obama nei confronti della Russia, compresi gli obiettivi e le finalità anti-Putin. L’indebolimento dell’unità e degli obiettivi della NATO da parte di Trump, combinato con l’umiliante ritiro dall’Afghanistan, ha messo l’Alleanza in difficoltà quando si è trattato di affrontare la sfida di uno Stato russo determinato ad essere maggiormente assertivo su quelli che considera i suoi legittimi interessi di sicurezza nazionale, compreso un nuovo quadro di sicurezza europeo rispettoso della nozione di “sfera di influenza” russa.
Invece, il mondo ha assistito allo spettacolo di Joe Biden che insultava la sua controparte russa con commenti da cartone animato “è un assassino,” mentre faceva promesse su iniziative diplomatiche (fare pressione sull’Ucraina affinché accettasse Minsk II, avviare colloqui “significativi” sul controllo degli armamenti) che la sua amministrazione si è dimostrata incapace e/o non disposta a portare avanti.
Di fronte alla realtà di un rafforzamento militare russo intorno all’Ucraina, il meglio che l’amministrazione Biden ha saputo fare è stato quello di formulare vuote minacce militari e promesse ancora più vuote di sanzioni economiche “significative e senza precedenti” in caso di intervento militare della Russia.
Il fatto è che, mentre i funzionari governativi statunitensi possono fare dichiarazioni audaci sulla necessità di infliggere danni (per procura) alle forze armate russe attraverso la fornitura di armi all’Ucraina per un valore di miliardi di dollari, sono gli Stati Uniti ad aver subito una sconfitta in termini di perdite continue delle loro forze armate mercenarie ucraine e di distruzione delle attrezzature fornite a sostegno. Gli Stati Uniti, come i loro alleati della NATO, hanno dimostrato di essere molto bravi a fare dichiarazioni audaci su obiettivi e intenzioni, ma molto scarsi nel metterli in pratica.
Questo è oggi lo stato delle “ambizioni” americane nei confronti dell’Ucraina: tutta retorica e nessuna azione significativa. Qualsiasi timore di un intervento militare degli Stati Uniti e/o della NATO in Ucraina deve essere soppesato con la realtà che l’aria calda non produce il freddo acciaio; i politici statunitensi possono essere abili nel riempire le pagine dei media mainstream compiacenti con paroloni ad effetto, ma né l’esercito statunitense né i suoi alleati della NATO sono in grado di generare il tipo di capacità militare significativa necessaria per sfidare efficacemente la Russia sul campo in Ucraina.
Questa realtà limita fortemente la portata e l’entità di tutte le possibili ambizioni degli Stati Uniti nei confronti dell’Ucraina. In fin dei conti, Washington ha una sola strada percorribile: continuare a sprecare miliardi di dollari di denaro dei contribuenti inviandoin Ucraina equipaggiamenti militari (che non hanno alcuna possibilità di cambiare l’esito sul campo di battaglia) per convincere il pubblico interno americano che il suo governo sta “facendo la cosa giusta” in uno sforzo perdente.
Non esiste una “opzione militare” in Ucraina né per gli Stati Uniti né per la NATO perché, in parole povere, non ci sono forze armate in grado di eseguire in modo significativo tale opzione.
Questa conclusione è fondamentale per comprendere le “ambizioni” della Russia. A differenza degli Stati Uniti, la Russia ha articolato obiettivi chiari e concisi riguardo alla sua decisione di inviare forze militari in Ucraina. Questi possono essere descritti come segue: La neutralità permanente dell’Ucraina (vale a dire, nessuna adesione alla NATO), la de-nazificazione dell’Ucraina (l’eliminazione permanente dell’odiosa ideologia nazionalista di Stepan Bandera) e la de-militarizzazione dello Stato – la distruzione e l’eliminazione di ogni traccia di coinvolgimento della NATO nella politica di sicurezza dell’Ucraina.
Questi tre obiettivi riflettono solo gli scopi immediati dell’Operazione Militare Speciale in Ucraina. L’obiettivo finale – un quadro di sicurezza europeo ristrutturato, con il ritiro di tutte le infrastrutture della NATO entro i confini dell’alleanza del 1997 – rimane un requisito non negoziabile che dovrà essere affrontato dopo che la Russia avrà ottenuto la sua vittoria finale, militare e politica, in Ucraina.
In breve, in Ucraina la Russia sta vincendo sul campo e non c’è nulla che gli Stati Uniti o la NATO possano fare per rovesciare questo risultato. Una volta ottenuta la vittoria, la Russia sarà in una posizione molto più forte per insistere sul rispetto e sull’attuazione dei suoi intendimenti nell’ambito di un quadro di sicurezza europeo sostenibile.
Mearsheimer ritiene che la situazione sul campo in Ucraina fornisca sia agli Stati Uniti che alla Russia “potenti incentivi per trovare modi per prevalere e, cosa più importante, per evitare di perdere.”
In fin dei conti, il conflitto ucraino non è un conflitto esistenziale né per gli Stati Uniti né per la NATO; una sconfitta in Ucraina sarebbe un’altra battuta d’arresto – un Afghanistan sotto steroidi. Ma una sconfitta dell’Ucraina di per sé non minaccia il collasso della NATO o la fine della Repubblica americana.
In parole povere, il timore di Mearsheimer che una sconfitta in Ucraina “significhi che gli Stati Uniti potrebbero unirsi ai combattimenti, sia nel caso in cui vogliano disperatamente vincere, sia per evitare che l’Ucraina perda” è infondato.
Così come è infondata la sua affermazione che “la Russia potrebbe usare le armi nucleari se fosse alla disperata ricerca di una vittoria o se rischiasse una sconfitta imminente, cosa che sarebbe probabile se le forze statunitensi venissero coinvolte nei combattimenti.” La Russia non “rischia la sconfitta” né ha nulla da temere, dal punto di vista esistenziale, da un intervento militare statunitense che, da tutti i punti di vista pratici, non potrebbe concretizzarsi nemmeno se gli Stati Uniti volessero essere così audaci.
Mearsheimer conclude il suo articolo osservando che “questa situazione pericolosa crea un potente incentivo a trovare una soluzione diplomatica alla guerra.”
Niente potrebbe essere più lontano dalla verità. Proprio come gli Stati Uniti sarebbero stati restii a cercare una “soluzione diplomatica” ai conflitti condotti contro la Germania nazista e il Giappone imperiale, la Russia sarebbe altrettanto poco propensa ad impegnarsi in una diplomazia che le neghi la piena realizzazione dei suoi obiettivi principali.
A marzo, in risposta ad un tweet di Joe Biden che dichiarava: “Non c’è dubbio che questa guerra sia già stata un fallimento strategico per la Russia,” avevo risposto con un altro tweet: “Questa guerra passerà alla storia come una vittoria strategica russa. La Russia avrà fermato l’espansione della NATO, distrutto un pericoloso covo di ideologia nazista in Ucraina, ridefinito la sicurezza europea minando la NATO e dimostrato l’abilità militare russa, un importante deterrente.”
Queste parole erano giuste allora e lo sono ancora oggi.
Scott Ritter
Fonte: rt.com
Link: https://www.rt.com/russia/561376-ukraine-russia-conflict-us/
23.08.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org