Un primo bilancio dell’”operazione militare speciale” della Russia in Ucraina

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Gilbert Doctorow
gilbertdoctorow.com

Non sono un esperto militare e non commenterò tutti i giorni gli avvenimenti sul terreno durante questa operazione militare. Tuttavia, le possibilità analitiche, anche dei professionisti militari, sono fortemente limitate dall’intenzionale occultamento di informazioni da parte russa per quanto riguarda tutte le attività al di fuori dell’area del Donbass, che invece gode di un’ampia e minuziosa copertura per motivi che esporrò qui di seguito. Per quanto riguarda le “notizie” rilasciate dalle autorità ucraine, la loro natura propagandistica è evidente sia nei rapporti gonfiati e falsi e nei video delle devastazioni causate dalla Russia, che negli articoli sullo straordinario coraggio e sui successi delle loro stesse forze.

Nonostante quanto sopra, alcune cose cominciano a diventare chiare su questa operazione, sia a livello strategico che tattico.

In primo luogo, ciò che all’inizio avevamo ricevuto dalla parte russa erano solo gli obiettivi bellici e il percorso verso la vittoria. Gli obiettivi erano due:

1) denazificare l’Ucraina eliminando in battaglia o arrestando e mandando sotto processo gli elementi nazionalisti radicali che avevano promosso il colpo di stato del febbraio 2014 e che avevano collaborato con gli Americani per stabilire un governo ferocemente anti-russo che aveva oppresso la popolazione russofona in tutta l’Ucraina e condotto una guerra incessante contro le repubbliche secessioniste del Donbass

2) smilitarizzare l’Ucraina e stabilire il suo futuro sviluppo come Paese neutrale al di fuori di qualsiasi alleanza

Negli ultimi giorni, a questi sue punti il Cremlino ne ha aggiunto un terzo: il riconoscimento formale da parte dell’Ucraina della perdita della Crimea e della sua incorporazione nella Federazione Russa.

In secondo luogo, a livello strategico, i Russi avevano chiarito fin dall’inizio la loro intenzione di fare distinzione tra l’esercito ucraino vero e proprio e i battaglioni nazionalisti radicali, i principali protagonisti nel conflitto divampato sulla linea di demarcazione tra le repubbliche secessioniste del Donbass e l’Ucraina vera e propria, e che a Kiev, dal 2014, sono la “forza dietro al trono,” quella che decide veramente, mentre i vari presidenti dell’Ucraina vanno e vengono. In effetti, l’ambizione dichiarata del Cremlino era di fare un accordo con l’alto comando dell’esercito ucraino, stabilendo un periodo di legge marziale durante il quale potesse procedere la denazificazione.

I primi giorni di questa campagna militare hanno messo in serio dubbio la validità dei presupposti alla base di quella strategia. Ora sta diventando abbastanza evidente che gli ultimi otto anni di riorganizzazione militare in Ucraina sotto il tutoraggio degli Stati Uniti e di altre potenze della NATO ha ristabilito la disciplina all’interno delle forze armate, mentre l’indottrinamento politico da parte dei nazionalisti radicali incorporati all’interno dei vari reparti assicura che la defezione, l’alzare la bandiera bianca, non è più così facile.

Facendo arrivare rinforzi agli 80.000 uomini che la Russia aveva inizialmente impegnato nelle operazioni in Ucraina, il Cremlino ha fatto capire che sta per cambiare tattica. Oggi sappiamo che il “calderone” è stato chiuso intorno alla città di Mariupol, il porto e la base navale ucraina sul Mar d’Azov, che ha nei dintorni una consistente forza nazionalista radicale che la difende, il famigerato battaglione Azov. Vedremo nei prossimi giorni come il comando russo affronterà questi elementi ucraini della peggior specie e se le forze ordinarie dell’esercito ucraino in mezzo a loro saranno trattate diversamente. Come andranno le cose ci aiuterà a capire la futura condotta delle truppe russe in tutta l’Ucraina.

In terzo luogo, vorrei condividere un’osservazione che riguarda la mia precedente descrizione di quello che avevo definito “il modo russo di fare la guerra” [qui su CDC]. C’è una considerazione molto specifica nel modo in cui i Russi stanno portando avanti l’incursione, l’invasione o comunque si voglia chiamare la loro operazione in Ucraina. Questa considerazione nasce dal rapporto speciale tra i due popoli, ucraino e russo. In un certo senso, l’attuale conflitto è fratricida o una forma di guerra civile. Tra Ucraini e i Russi esiste uno stretto legame di sangue. Moltissimi Russi hanno parenti in Ucraina e viceversa. Inoltre, durante gli ultimi otto anni diversi milioni di Ucraini sono fuggiti dal loro Paese non verso ovest ma verso est e si sono stabiliti temporaneamente o permanentemente nella Federazione Russa. Stando così le cose, il Cremlino voleva evitare qualsiasi assalto brutale all’Ucraina che avrebbe generato enormi perdite, sia di combattenti che di civili. Una tale eventualità, molto più grave della reazione degli oligarchi finiti nel mirino delle sanzioni occidentali, potrebbe rappresentare una minaccia alla stabilità del governo russo.

In quarto luogo, e per concludere, richiamo l’attenzione sul fatto che quasi tutta la copertura giornalistica russa fin dai primi giorni della campagna in Ucraina si è concentrata sull’avanzata delle forze militari della Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, effettuata con solo un piccolo sostegno da parte della Federazione Russa. Questo è un punto chiave sia per la popolazione di quelle repubbliche che per la Federazione Russa nel suo complesso. Queste repubbliche devono riconquistare il proprio territorio con i loro sforzi, non vederselo consegnare su un piatto d’argento dalle forze della RF. Il risultato netto di questo approccio sarà quello di rafforzare la sovranità e l’orgoglio nazionale all’interno di queste repubbliche e ovviare alla necessità di annetterle alla Russia, cosa che Mosca, chiaramente, non vuole fare.

Invece, le repubbliche del Donbass, indipendenti e amiche della Russia, saranno un modello per quella che potrebbe essere la divisione dell’Ucraina in diversi stati separati, tra i quali il più occidentale, con sede a Leopoli, sarà la patria dei nazionalisti radicali. Sarà senza sbocchi sul mare e sufficientemente lontano dai confini russi così che, quando entrerà nella NATO e nell’UE, non costituirà per la Russia una minaccia maggiore di quella rappresentata dalla Slovacchia o dalla Polonia.

Nel centro di quella che oggi è ancora l’Ucraina, i Russi potrebbero supervisionare la formazione di un Paese, con capitale Kiev e con popolazioni di etnia russa e ucraina veramente miste, tollerante verso le minoranze e libero da tutti i nazionalisti radicali e neonazisti. Non sto dicendo che questa soluzione finale sia già prefissata, ma esiste come possibile epilogo.

Il tempo ce lo dirà.

Gilbert Doctorow

Fonte: gilbertdoctorow.com
Link: https://gilbertdoctorow.com/2022/03/01/day-five-of-russias-special-military-operation-in-ukraine/
01.03.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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