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La Redazione

 

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Stanno prendendosi tutto: il furto dei Beni Comuni Globali – Seconda parte

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A cura di Markus
Il 21 Novembre 2021
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Iain Davis
off-guardian.org

Nella Parte 1 abbiamo esplorato il processo di definizione dei beni comuni globali e la pretesa degli stakeholder capitalisti di essere i “fiduciari” sia dei beni comuni che dell’intera società. Ora analizzaremo più a fondo le metodiche con cui questi stakeholder pensano di impossessarsene.

Ormai dovremmo sapere cosa significhi il termine “beni comuni globali” per la Global Public Private Partnership (GPPP). Per loro significa possedere tutto: ogni risorsa del pianeta, tutta la terra, tutta l’acqua, l’aria che respiriamo e il mondo intero, noi compresi.

I principi dei beni comuni globali

La nozione di “beni comuni globali” deriva dalla fusione di due principi del diritto internazionale. La tragedia dei beni comuni (ToC) e il patrimonio comune dell’umanità (CHM).

Nel suo lavoro del 1968 sulla ToC, l’ecologista ed eugenista statunitense Garrett Hardin, basandosi sul precedente lavoro dell’economista del 19° secolo William Forster Lloyd, aveva espresso il suo punto di vista sui problemi riguardanti popolazione e risorse. Aveva detto che “un mondo finito può sostenere solo una popolazione finita, quindi, la crescita della popolazione, alla fine, deve essere uguale a zero.”

Anche se, da un punto di vista logico, questo è vero, se si accetta tutta una serie di ipotesi, il punto in cui è necessaria una crescita zero della popolazione è comunque ancora sconosciuto. L’evidenza suggerisce che non siamo affatto vicini a questo limite. Gli eugenetici, come Hardin, hanno sostenuto e continuano a sostenere che il pianeta si trova di fronte ad un problema di sovrappopolamento. Non ci sono prove a sostegno della loro tesi.

Hardin aveva teorizzato che, quando una risorsa, come, per esempio, il territorio, è messa in “comune,” le persone che agiscono con un interesse personale razionale tenderanno ad aumentare l’uso di quella risorsa perché i costi verranno distribuiti tra tutti. Aveva definito questo fenomeno una tragedia perché, secondo lui, se tutti avessero agito di conseguenza, quella determinata risorsa si sarebbe ridotta a zero e quindi tutti ne avrebbero sofferto.

Hardin era convinto che questa tragedia non avrebbe potuto essere evitata. Pertanto, poiché gli esseri umani erano, ai suoi occhi, incapaci di cogliere il quadro generale, le uniche soluzioni erano l’accesso “gestito” alle risorse e il “controllo della popolazione.”

Mentre la visione elitaria della ToC di Hardin suggeriva un accesso regolamentato e chiuso (privato) alle risorse “comuni,” il Common Heritage of Mankind (CHM) rifiutava l’idea della chiusura (privatizzazione).

Il CHM sosteneva che, tramite un trattato internazionale, avrebbe dovuto essere creato un gruppo speciale che fungesse da “fiduciario” dei beni comuni globali. Anche se considerato più “progressista,” questo concetto non era meno elitario di quello di Hardin.

La teoria filosofica del CHM era emersa sulla scena politica globale negli anni ’50, ma, nel 1967, era stato il discorso dell’ambasciatore maltese alle Nazioni Unite, Arvid Pardo, ad elevarlo allo status di principio per la governance globale. Questo, successivamente, aveva portato alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (LOSC) del 1982.

Citando il CHM, nell’articolo 137(2) della LOSC, l’ONU aveva dichiarato:

“Tutti i diritti sulle risorse dell’Area sono conferiti [vested] all’umanità nel suo insieme, per conto della quale l’Autorità potrà agire.”

L'”Area,” in questo caso, erano gli oceani della Terra, compreso tutto ciò che si trova dentro e sotto di essi. L'”autorità,” come definito nella sezione 4, era l’Autorità Internazionale dei Fondali Marini (ISA). L’articolo 137(2) della LOSC è però contraddittorio.

La definizione legale di “conferito” implica che tutta l’umanità, senza eccezioni, ha un diritto assoluto di accesso ai beni comuni globali. Nel caso in questione, questi beni comuni sono gli oceani. Anche se la definizione legale parla di proprietà, il termine “vested” sembra voler garantire che nessuno possa rivendicare individualmente la proprietà degli oceani o delle sue risorse. L’accesso è equamente condiviso da tutti.

In teoria, questo presunto diritto non potrebbe mai essere “scavalcato da una condizione preesistente.” Questo concetto viene interamente ribaltato da “per conto della quale l’Autorità potrà agire.”

Chi, tra i miliardi di abitanti della Terra, ha dato all’ISA questa presunta autorità? Quando ci è stato chiesto se volevamo cedere all’ISA la nostra responsabilità collettiva sugli oceani?

Questa autorità è stata assunta per diktat dell’ONU, tutto qui. Ora è l’ISA che, in base ad una condizione precedente, controlla, limita e autorizza il nostro accesso agli oceani.

Questa è l’essenza dell’inganno al centro del paradigma dei “beni comuni globali” del GPPP. Spacciano il loro furto come una gestione di risorse che spetterebbero a tutta l’umanità, mentre, allo stesso tempo, sequestrano la totalità di quelle risorse per loro stessi.

Il furto dei  dei beni comuni globali: gli oceani

In base all’interpretazione del diritto internazionale, il CHM sembrerebbe mettere la proprietà privata dei beni comuni globali, suggerita dal ToC, al di là della portata degli stakeholder associati ai governi. Non dovrebbero avere su queste ricchezze più diritti di chiunque altro. La sfida legale a qualsiasi esproprio dovrebbe essere un processo relativamente semplice per qualsiasi individuo o gruppo interessato al procedimento.

Una cosa del genere non è nemmeno lontanamente possibile. Il diritto internazionale, per quanto riguarda i beni comuni globali, è un’accozzaglia senza senso di incoerenze e contraddizioni che, alla fine, equivale a “il potere fa la forza.” Chiunque volesse sfidare le pretese del GPPP dovrebbe avere un team legale in grado di sconfiggere quello dell’ONU ed una magistratura disposta a deliberare in suo favore.

La “legge” sembrerebbe appositamente progettata per lasciarci immaginare di avere diritti e responsabilità “garantite” su queste risorse condivise, anche se, appena lo si analizza un po’ più a fondo, l’aspetto legale dei beni comuni globali sembra piuttosto un diversivo per facilitarne la rapina.

Se guardiamo alla documentazione dell’ISA sul coinvolgimento degli stakeholder, troviamo subito loro piano strategico per il 2019 – 2020.

Questo delinea succintamente come opera la truffa:

“In un mondo in continuo cambiamento, e nel suo ruolo di custode del patrimonio comune dell’umanità, l’ISA affronta molte sfide … Le Nazioni Unite hanno adottato una nuova agenda di sviluppo, intitolata “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. […] Di grande rilevanza per l’ISA è il punto 14 degli SDG [Sustainable Development Goals], Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine.”

Le risorse condivise – global commons – costituite dagli oceani terrestri non sono più liberamente accessibili a tutta l’umanità. Al contrario, è l’ISA a determinare chi potrà avere accesso alle risorse oceaniche in base agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Il pratica, hanno trasformato l’accesso ai beni comuni globali in un nuovo mercato.

La domanda più importante che dobbiamo porci è come vengono prese queste decisioni di assegnazione e da chi. Questo ci dirà chi controlla questi nuovi mercati iper-regolamentati. L’ISA dichiara:

“Stati firmatari, Stati sponsor, Stati di bandiera, Stati costieri, imprese statali, investitori privati, altri utenti dell’ambiente marino e organizzazioni intergovernative globali e regionali interessate. Tutti avranno un ruolo nello sviluppo, nell’implementazione e nell’applicazione di regole e standard per le attività nell’Area.”

Inoltre, l’ISA:

“Rafforzerà la cooperazione e il coordinamento con altre organizzazioni internazionali pertinenti e con le parti interessate al fine di … salvaguardare efficacemente gli interessi legittimi dei membri dell’ISA e dei contraenti … Le norme, i regolamenti e le procedure che disciplinano lo sfruttamento dei minerali … sono sostenute da solidi principi commerciali al fine di promuovere gli investimenti … tenendo conto delle tendenze e degli sviluppi relativi alle attività minerarie in fondali profondi, compresa l’analisi obiettiva delle condizioni del mercato mondiale dei metalli e dei prezzi dei metalli, delle tendenze e delle prospettive … sulla base del consenso … che permette alle parti interessate di contribuire nei modi appropriati.”

La Global Public Private Partnership (GPPP) dei governi, delle corporazioni globali (gli altri utenti dell’ambiente marino), dei loro maggiori azionisti (gli investitori privati) e delle fondazioni filantropiche (gli investitori privati) sono gli stakeholder. Loro, non noi, avranno voce in capitolo per far sì che le normative, i regolamenti e le procedure promuovano investimenti che salvaguardino i loro stessi interessi.

Nel giro di pochi decenni, i concetti generali si sono evoluti in principi di diritto internazionale che sono stati poi applicati per creare un quadro normativo per l’accesso controllato a tutte le risorse degli oceani. Ciò che una volta era una vera risorsa globale ora è unicamente di competenza del GPPP e della sua rete di stakeholder capitalisti.

I beni comuni globali sono… globali

Dovremmo stare molto attenti a non cadere nella trappola e pensare che il GPPP riguardi solo l’egemonia occidentale. Le storie che ci vengono propinate sul confronto globale tra superpotenze sono spesso solo di facciata.

Anche se, indubbiamente, esistono tensioni all’interno del GPPP, visto che ogni giocatore compete per una fetta più grande dei nuovi mercati, l’infrastruttura stessa del GPPP è una collaborazione veramente globale.

Questo non significa che un conflitto tra stati nazionali sia impossibile, ma, come sempre, qualsiasi conflitto sarà combattuto per una ragione assente dalle motivazioni ufficiali.

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Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) hanno portato alle politiche delle zero emissioni di carbonio e stabiliscono, tra una serie di cambiamenti forzati, la fine del trasporto con veicoli a benzina e diesel. Abbiamo tutti l’ordine di passare ai veicoli elettrici (EV,) che la stragrande maggioranza non potrà permettersi. A sua volta, questa trasformazione comporterà un enorme aumento della domanda di batterie agli ioni di litio.

La produzione di queste batterie richiederà grandi quantitativi di cobalto, che è universalmente considerato l’elemento critico della catena di approvvigionamento per la produzione di veicoli elettrici. La Banca Mondiale stima che, nel periodo 2018 – 2050, la crescita della domanda di cobalto potrebbe aumentare anche del 450%. Dire che questa è una “opportunità di mercato” è un grosso eufemismo.

L’ISA ha concesso 5 contratti esplorativi per l’estrazione del cobalto a JOGMEC (Giappone), COMRA (Cina), Russia, Repubblica di Corea e CPRM (Brasile). Quando i depositi localizzati diventeranno commercialmente redditizi, come indubbiamente accadrà, si scatenerà anche la frenesia di guadagno delle aziende.

Le grandi multinazionali, come il produttore di armi Lockheed Martin, con la sua filiale UK Seabed Resources (UKSR), sono tra le molte parti interessate dell’ISA. Nel 2013, UKSR aveva ricevuto una licenza di esplorazione per il Sud Pacifico. Come contraenti ISA per l’esplorazione [dei fondali marini], gli stakeholders dell’UKSR hanno la possibilità di presentare suggerimenti per eventuali modifiche alle normative ISA che regolano le loro operazioni minerarie.

Per esempio, l’ISA aveva dichiarato che le società minerarie avrebbero dovuto fornire una garanzia finanziaria a copertura di “costi, spese e responsabilità impreviste.” A Lockheed Martin questo non era piaciuto e così aveva suggerito un piccolo cambiamento, raccomandando l’aggiunta di quanto segue:

“La garanzia non dovrà coprire i costi, le spese e le responsabilità sostenute come risultato della responsabilità civile per danni ambientali.”

Presumibilmente perché, nella sua opera di “protezione” del pianeta in ottemperanza agli SDG, Lockheed Martin non vuole essere ritenuta responsabile per i danni ambientali che causerà in corso d’opera. Questo rischio è alto perché il metodo proposto per “raschiare il fondale marino” quasi certamente lo distruggerà.

Fortunatamente per l’UKSR e le altre parti interessate, come COMRA, quelli dell’ISA sono regolamenti che promuovono sani principi commerciali a salvaguardia del business delle multinazionali. Distruggere il fondale marino è un rischio che vale la pena correre, ma non se si devono rimborsare i danni.

Quando si tratta di combattere il cambiamento climatico, la vita umana vale ancora meno. Quasi tutto il cobalto attualmente proviene dall’Africa, dalla cosiddetta cintura di rame, e più del 60% della fornitura mondiale dalla Repubblica Democratica del Congo. Viene estratto dalla terra da decine di migliaia di schiavi bambini.

Questa velenosa tortura abbrevia drasticamente l’abietta miseria delle loro sofferenze terrene. Tuttavia, il loro lavoro permette che altri giovani, come Greta Thunberg, possano ispirare bambini più fortunati di loro a mobilitarsi sui social media per salvare il pianeta, usando i loro smartphone con le batterie debitamente caricate.

Solo la redditività commerciale delle riserve di cobalto d’alto mare sembra in grado di salvare gli schiavi delle miniere africane. Ahimè, è però difficile prevedere quando i giacimenti sui fondali marini potranno diventare redditizi, probabilmente fino a quando le riserve terrestri non saranno prossime all’esaurimento.

Questo abuso infantile, che avviene sotto gli occhi di tutti, va avanti da anni. Un fatto che i media mondiali ammettono ma non menzionano mai quando fanno l’elogio della rivoluzione verde.

Le 94.000 tonnellate stimate di cobalto nella Clarion Clipperton Zone (CCZ) del Pacifico Orientale rappresentano, da sole, 6 volte le riserve terrestri conosciute. Con le riserve totali marine stimate ad un valore tra gli 8 e i 16 trilioni di dollari, man mano che progrediremo verso un’economia a zero emissioni carbonio, l’estrazione in alto mare diventerà inevitabile. Indipendentemente dai costi ambientali.

Tutti i veri problemi ambientali sono destinati ad essere ignorati, mentre il mondo si imbarca in una transizione verso una nuova economia globale basata su una teoria altamente discutibile: il riscaldamento globale antropogenico (AGW).

Il nuovo mercato del beni comuni

Questa transizione verso l’economia verde vedrà una miriade di nuovi mercati, che si creeranno man mano che le risorse “comuni” della Terra saranno convertite nelle proverbiali miniere d’oro da investimento. Il cobalto raschiato dai fondali marini è solo un esempio, ce ne sono migliaia di altri.

Il GPPP avrà l’accesso esclusivo, e quindi il controllo, a queste nuove risorse essenziali. Le opportunità di investimento sono infinite. È questa prospettiva, non le preoccupazioni per la Terra o l’umanità, che sta portando avanti il sequestro dei beni comuni globali.

Il GPPP si è reso conto che qualsiasi cosa verrà fatta confluire nei “beni comuni globali” potrà poi essere controllata. Di conseguenza, la lista dei presunti “beni comuni” continua a crescere, mentre il GPPP cerca di controllare sempre di più il pianeta e tutto ciò che contiene.

Nel 1996 il defunto John Perry Barlow, della Electronic Freedom Foundation, aveva presentato una Dichiarazione per l’Indipendenza del Cyberspazio alla conferenza annuale del Davos World Economic Forum (WEF). Sembra strano che il GPPP avesse voluto ascoltare questo appello radicale e libertario rivolto ai governi di tutto il mondo a favore di un cyberspazio non regolamentato.

Tuttavia, come avevo sottolineato nel mio libro Pseudopandemic, l’intento delle idee, delle filosofie politiche ed economiche o delle dottrine sociali non è ciò che interessa al GPPP, quello che ha veramente a cuore è come quelle ideologie possano essere sfruttate per raggiungere determinati obiettivi.

Nel fare il suo discorso Barlow stava, forse inavvertitamente, ponendo le basi per includere il cyberspazio nei “beni comuni globali.

Come vedremo tra poco, il GPPP aveva già un piano in atto per appropriarsi di tutto ciò che viene definito come un bene comune globale. Era stata questa prospettiva ad entusiasmare la folla riunita a Davos.

Nella sua analisi riassuntiva del Forum di Davos del 2015, il WEF aveva descritto come il GPPP avesse manipolato la narrativa per rimodellare il contesto della nostra vita quotidiana.

In questo caso, l’obiettivo era quello di istituire i precetti per la loro pretesa giurisdizione sul cyberspazio.

Ciò che è chiaro è che ci troviamo di fronte a profonde trasformazioni politiche, economiche, sociali e, soprattutto, tecnologiche… con il risultato di un “contesto globale completamente nuovo” per il futuro processo decisionale… L’incontro annuale del World Economic Forum fornisce una ineguagliabile piattaforma per i leader che vogliano sviluppare le intuizioni, le idee e le partnership necessarie per rispondere a questo nuovo contesto…

Sulla base del principio che un approccio multistakeholder, sistemico e orientato al futuro è essenziale in questo nuovo contesto, le questioni da affrontare attraverso sessioni, task force e incontri privati al Meeting annuale 2015 includono…L’incapacità di migliorare significativamente la gestione e la governance di beni comuni globali critici, in particolare le risorse naturali e il cyberspazio.

Abbiamo fatto l’esempio degli oceani e delle loro risorse, ma il processo per creare un mercato regolato di tutti gli altri i beni comuni è lo stesso. Per prima cosa, il bene in questione deve essere inserito nella categoria dei beni comuni globali. Una volta ammesso tra le “risorse condivise indispensabili per la vita” viene nominata una  autorità amministrativa del GPPP con il compito di supervisionare l’accesso al nuovo mercato regolamentato.

Questo organismo avrà il compito di operare in favore dei capitalisti interessati, che avranno poi l’accesso esclusivo e il controllo di quella particolare risorsa.

Secondo la definizione delle Nazioni Unite, “la gestione dei beni comuni globali non può essere effettuata senza una governance globale.” La governance globale viene formalmente attuata attraverso il furto dei beni comuni globali. L’intera operazione si basa sullo sviluppo sostenibile.

L’agenda per i beni comuni globali sostenibili

Come accennato in precedenza, questo piano è in atto da decenni. Gli obiettivi dello sviluppo sostenibile (SDGs) sono definiti nell’Agenda 2030 come punti di passaggio lungo un percorso che prevede il completamento del piano entro il 21° secolo: Agenda 21.

Quando gli attori del GPPP dicono di essere impegnati con gli SDG, si riferiscono all’Agenda 2030, a breve termine, e, come obiettivo finale, all’Agenda 21. L’Agenda 21 ha molto da dire su quelli che definisce gli “insediamenti umani.” Stabilisce come saranno pianificati, costruiti e gestiti da un partenariato pubblico-privato. Tuttavia, nella costruzione degli insediamenti umani, gli esseri umani non sembrano essere molto in alto nella lista delle priorità.

L’obiettivo 5.29 afferma:

“Nel formulare le politiche degli insediamenti umani, si dovrebbe tener conto del fabbisogno di risorse, della produzione di rifiuti e della salute dell’ecosistema.”

L’allocazione delle risorse, la gestione dei rifiuti e la protezione dell’ambiente sono i prerequisiti per gli “insediamenti umani.” Non il benessere dell’umanità.

Il GPPP supervisionerà la costruzione e l’assegnazione dei nostri insediamenti. L’obiettivo 7.30. d. afferma:

“Incoraggiare le partnership tra i settori pubblico, privato e comunitario nella gestione delle risorse della Terra per lo sviluppo degli insediamenti umani.”

Tutta la Terra, non solo i beni comuni, sarà gestita dal GPPP. I punti successivi dell’SDG dell’Agenda 2030 forniscono la giustificazione per il furto del territorio.

L’obiettivo 10 dell’Agenda 21 afferma:

“L’obiettivo generale è quello di facilitare l’assegnazione del territorio agli usi che forniranno i maggiori benefici sostenibili e promuovere la transizione verso una gestione sostenibile e integrata delle risorse terrestri.”

Chiaramente questo solleva questioni sulla proprietà e sull’uso privato del territorio. Non solo per quanto riguarda i locatari di immobili, ma per l’industria, l’agricoltura, le compagnie ferroviarie e qualsiasi altro proprietario di terreni privati. Il trucco per assicurarsi la proprietà dei terreni sarà quello di assicurarsi che siano classificati tra quelli aventi uno scopo “sostenibile.” Questa assegnazione dovrà essere concordata dal GPPP, quindi avere amici nelle alte sfere sarà fondamentale.

L’Agenda 21 richiede, sotto “Attività” nella sezione 7.29, che tutte le nazioni dovranno sviluppare:

“Un inventario nazionale completo delle proprie risorse terrestri al fine di stabilire un sistema di informazione riguardante il territorio in cui le risorse terrestri saranno classificate secondo i loro usi più appropriati e le aree fragili dal punto di vista ambientale o soggette a disastri saranno identificate per speciali misure di protezione.”

Se il luogo in cui si vive è considerato fragile dal punto di vista ambientale, e ci viene detto che l’intero pianeta lo è, allora il GPPP seguirà la sezione 7.30. h e implementerà:

“Pratiche che si occupano in modo globale di requisiti territoriali potenzialmente concorrenti per l’agricoltura, l’industria, i trasporti, lo sviluppo urbano, gli spazi verdi, le riserve ed altre necessità vitali.”

Questo comporterà la creazione di “aree protette.” Questo significa che il GPPP, insieme agli altri suoi poteri autoritari, avrà il controllo di tutta l’acqua potabile. Le fonti d’acqua diventeranno automaticamente “aree protette” secondo l’Agenda 21, ovviamente per il nostro “bene.”

L’attività al punto 18.50 afferma:

“Tutti gli Stati, secondo la loro capacità e le risorse disponibili, e attraverso la cooperazione bilaterale o multilaterale, comprese le Nazioni Unite ed altre organizzazioni pertinenti, come appropriato, potrebbero attuare le seguenti attività:… creazione di aree protette per le fonti di approvvigionamento di acqua potabile.”

Sfruttando l’inganno dello “sviluppo sostenibile” si sta creando un sistema planetario di governance globale, sotto l’egida del GPPP. Questo è il “Ricostrure Meglio,” il “Grande Reset”, il “Green New Deal” o come diavolo il GPPP sceglierà di chiamarlo.

Questo significa che il GPPP controllerà ogni cosa. Non possederemo più nulla, anche se sembra improbabile che molti di noi ne saranno felici.

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Coloro che non capiscono, o non vogliono ammettere la realtà di questo colpo di stato globale, sottolineano che l’Agenda 21 – e quella 2030 – non sono leggi. Gli stati-nazione non sono obbligati a seguirla.

Chi fa questa osservazione non ha capito cos’è la “governance globale.” La governance globale non è la definizione di una politica o di una legislazione. È la creazione di programmi politici che i singoli stati nazionali possono o meno implementare con la politica o con successivi atti legislativi. Può funzionare solo se gli stati nazionali si adeguano.

Il problema che ci troviamo di fronte è che gli stati nazionali sono “organizzazioni partner,” alcuni direbbero partner minori, all’interno del GPPP. Pur rimanendo entità sovrane, non agiscono come tali. Basta guardare come i mercati globali sono creati dall’Agenda 21 per rendersi conto di come tutti gli stati nazionali abbiano volenterosamente collaborato alla truffa dello sviluppo sostenibile.

Nell’Agenda 21, la “Base d’azione” dichiarata alla sezione 8.41 afferma:

“Un primo passo verso l’integrazione della sostenibilità nella gestione economica è l’istituzione di un miglior sistema di valutazione del ruolo cruciale dell’ambiente come fonte di capitale naturale. È necessario sviluppare un quadro comune che includa i contributi di tutti i settori e le attività della società non incluse nei dati nazionali convenzionali. Si propone un programma per lo sviluppo dei sistemi nazionali di contabilità ambientale ed economica integrata in tutti i Paesi.”

Il piano, scritto a chiare lettere nel 1992, era quello di creare un “capitale naturale” per spostare “la sostenibilità nella gestione economica.” Tutti i settori e tutta la società saranno coinvolti in questo sforzo per trasformare la natura in capitale economico.

Questo includerà la supervisione delle “attività della società,” come il nostro uso del cyberspazio, che “non sono incluse nei dati nazionali convenzionali.” I beni comuni globali, in altre parole.

Non importa se l’Agenda 21 (2030) ha autorità legislativa o meno. Ciò che conta è la complicità delle autorità legislative. Sono tutte d’accordo.

L’Agenda 21 proponeva lo sviluppo di “sistemi nazionali di contabilità ambientale ed economica integrata in tutti i Paesi.” Questo era stato previsto per completare la trasformazione della Terra e di tutte le sue risorse naturali in un sistema centralizzato di controllo economico.

Tutto è andato proprio come Whitney Webb aveva previsto nel suo eccellente articolo, Wall Street’s Takeover of Nature Advances with Launch of New Asset Class. Abusando ancora una volta del concetto di beni comuni globali, il GPPP ha creato le Natural Asset Companies (NACs). Queste, in teoria:

“Dovranno preservare e ripristinare i beni naturali che, in ultima analisi, sono alla base della possibilità che ci sia vita sulla Terra.”

Questa allusione alla cura dei beni comuni globali sembra meravigliosa, ma, se prendiamo in considerazione il suo impatto sul fondo oceanico, in realtà riguarda solo la creazione di nuovi mercati. La preoccupazione per la distruzione ambientale si intravvede a malapena.

Le metriche dei beni comuni globali

Chiaramente, l’obiettivo delle CNA è quello di assicurare l’accesso esclusivo degli stakeholder del GPPP a risorse che, fino ad ora, non erano “di proprietà” di nessuno.

Michael Blaugrund, il direttore operativo della Borsa di New York, ha ammesso quanto segue:

“La nostra speranza è che possedere una società di beni naturali sia un modo in cui una gamma sempre più ampia di azionisti abbia la possibilità di investire in qualcosa di intrinsecamente prezioso, ma che, fino ad oggi, era completamente escluso dai mercati finanziari.”

Per mettere tutto in prospettiva, il PIL totale dell’intero pianeta è attualmente di circa 94 trilioni di dollari. Convertendo la Terra in un portafoglio beni, si prevede che la natura potrà valere 4000 trilioni di dollari. Più di 40 volte il PIL mondiale. Inutile dire che questa è una straordinaria opportunità di investimento.

La trasformazione dell’economia globale è già ben avviata. L’intero GPPP è, comprensibilmente, impegnato nel progetto. I disaccordi che esistono riguardano solo chi otterrà cosa. Non c’è opposizione al nuovo modello economico globale. Come ha sottolineato la Webb:

“L’obiettivo finale delle CNA non è la sostenibilità o la conservazione – è la finanziarizzazione della natura, cioè la trasformazione della natura in una merce, che potrà essere utilizzata per continuare ad espandere l’attuale e corrotta economia di Wall Street, però fingendo di proteggere l’ambiente e prevenirne l’ulteriore degrado.”

Le CNA permetteranno agli investitori di acquisire beni principalmente nei Paesi in via di sviluppo, mentre le multinazionali e i fondi finanziari requisiranno gli ex beni comuni globali ed altre risorse. Tuttavia, la finanziarizzazione della natura sarà globale e trasformerà l’intero pianeta in un mercato rialzista.

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Questo verrà realizzato utilizzando le metriche del capitalismo azionario. Le attività saranno valutate usando parametri di riferimento ambientali, sociali e di governance (ESG) per una performance aziendale sostenibile. Per le aziende europee, qualsiasi attività che richieda un finanziamento da parte del mercato, magari attraverso l’emissione di obbligazioni climatiche o anche di obbligazioni verdi, avrà bisogno che queste obbligazioni abbiano un buon rating ESG.

Un basso rating ESG scoraggerà gli investitori e il progetto o l’impresa non decollerà. Con un rating ESG alto gli investitori faranno a gara a mettere i loro soldi in progetti che sono sostenuti da accordi internazionali. In perfetta sincronia, iniziative finanziarie come le NAC e gli ESG stanno convertendo gli SDG in regolamenti di mercato.

Questa concentrazione di poteri metterà l’economia globale nelle mani del GPPP. Nel luglio 2019, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra (BoE) e presto inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione sul clima, Mark Carney, aveva semplicemente dichiarato:

“Le aziende che ignoreranno il cambiamento climatico e non si adatteranno andranno senza dubbio in bancarotta.”

Più tardi, nel novembre 2020, parlando al Green Horizons Summit, ospitato congiuntamente da The City of London Corporation, il Green Finance Institute e il World Economic Forum, Carney, questa volta nel ruolo di consigliere finanziario del primo ministro britannico per la COP26, aveva detto:

“I piani di transizione riveleranno i leader e i ritardatari sulla strada per Glasgow. Non arriveremo a zero emissioni con lavori di nicchia, è necessaria una transizione dell’intera economia.”

I leader della nuova economia globale saranno quelli selezionati dal GPPP attraverso il rating appropriato dei titoli da loro emessi. I ritardatari saranno eliminati attraverso lo stesso meccanismo. Andranno senza alcun dubbio in bancarotta.

Tutto il mondo degli affari, non solo le corporazioni globali, sarà tenuto ad “adattarsi” al nuovo sistema economico basato sugli SDG. Questa non è una proiezione di come sarà la futura economia globale, è una trasformazione in atto. Mentre il mondo era ossessionato dalla pseudopandemia, il GPPP aveva iniziato una rivoluzione globale.

Al vertice COP26 a Glasgow, Mark Carney, presumibilmente parlando come inviato dell’ONU – o forse come fiduciario del Consiglio del Forum Economico Mondiale, difficile a dirsi, ha lanciato un nuovo acronimo, GFANZ, che sta per Glasgow Financial Alliance for Net Zero:

“L’architettura del sistema finanziario globale è stata trasformata per arrivare a emissioni zero. Ora abbiamo già in atto l’impianto essenziale per spostare il cambiamento climatico dalla periferia alla prima linea della finanza, in modo che ogni decisione finanziaria tenga conto del cambiamento climatico … Questo rapido e su larga scala aumento dell’impegno di capitale per le zero emissioni, tramite il GFANZ, renderà possibile la transizione verso un mondo con 1,5C° in meno.”

Il cancelliere dello Scacchiere britannico, Rishi Sunak, ha fatto seguito alla dichiarazione di Carney illustrando il progetto della Glasgow Financial Alliance for Net Zero. Il piano è di “allineare” inizialmente (costringere) il 40% delle attuali attività finanziarie mondiali, pari a 130 trilioni di dollari, in modo che si impegnino nella transizione verso un’economia globale decarbonizzata. Il comunicato stampa del governo britannico aveva riportato:

“Il Regno Unito ha convocato oltre 30 Paesi avanzati e in via di sviluppo provenienti da 6 continenti e che rappresentano oltre il 70% del PIL globale per sostenere la creazione di un nuovo standard mondiale di reporting sul clima da parte della Fondazione IFRS, questo per dare agli investitori le informazioni necessarie per finanziare il Net Zero.”

Tutto ciò è necessario, secondo Carney, Sunak e tutti gli altri leader del GPPP, per controllare il clima terrestre. Immaginano davvero o, piuttosto, vogliono farvi credere, che saranno in grado di modificare la temperatura della Terra centralizzando la loro autorità sull’economia mondiale.

Come Whitney Webb ha giustamente fatto notare su Twitter:

La governance globale di tutto

La GFANZ è in gran parte basata su una doppia contabilità e su un gioco di prestigio finanziario. Non c’è nessun impegno a ridurre realmente le emissioni di gas serra. Le grandi banche saranno ancora libere di investire nei combustibili fossili, finché rimarranno redditizi.

Ancora una volta i critici mainstream, o almeno quelli riportati dai media mainstream finanziari, non riescono assolutamente a capire ciò che stanno vedendo. Fantasticano che si tratta di “salvare il pianeta” o di creare un’economia più verde per il bene di tutti.

Non è così, e non lo è mai stato. Si tratta di centralizzare il potere finanziario ed economico.

Non importa se i conti non tornano. Il reale impatto ambientale è totalmente irrilevante. L’importante è che si crei un meccanismo con cui le alte sfere della gerarchia del GPPP possano prima salvare e poi estendere la loro autorità e il loro controllo. Questo è l’obiettivo primario e, finché gli economisti e i commentatori dei media non lo avranno capito, non saranno mai in grado di vedere quello che hanno letteralmente davanti al naso.

Presumibilmente, credono ancora che sia solo una per un’incredibile coincidenza che questa trasformazione sia avvenuta giusto in tempo per salvare il fallito IMFS (il sistema monetario e finanziario internazionale).

Salvare il pianeta richiede esattamente la stessa ristrutturazione economica e finanziaria necessaria per prevenire l’implosione della loro precedente struttura di controllo.

Nel 2019, al simposio annuale dei banchieri del G7 a Jackson Hole, Wyoming, solo quattro mesi prima che venissero scoperti i primi casi di COVID 19, la seconda più grande società mondiale per la gestione dei fondi d’investimento, BlackRock, aveva presentato ai banchieri centrali del G7 il suo rapporto, Dealing With The Next Downturn. Vi era scritto che:

“Saranno necessarie politiche senza precedenti per rispondere alla prossima crisi economica. La politica monetaria è quasi esaurita, mentre i tassi d’interesse globali precipitano verso lo zero o addirittura in territorio negativo. La politica fiscale, da sola, farà fatica a fornire stimoli importanti in modo tempestivo, dati gli alti livelli di debito e i tipici ritardi nell’attuazione. La politica monetaria convenzionale e non convenzionale funziona principalmente attraverso l’impatto stimolante di tassi di interesse a breve e lungo termine più bassi. Questo canale si è quasi esaurito.”

BlackRock aveva ammesso che, per il GPPP, l’attuale IMFS, incapace di spendere o tassare per togliersi dai guai, era finito. Quella era la fonte del loro potere e quindi, se volevano mantenere la loro “autorità,” era necessario un nuovo sistema.

Mark Carney, parlando in questa occasione come governatore della BoE, aveva confermato la valutazione di BlackRock:

“Fondamentalmente, sta crescendo un’asimmetria destabilizzante nel cuore dell’IMFS… un’economia globale multipolare richiede un nuovo IMFS per realizzare il suo pieno potenziale. Non sarà facile… le carenze dell’IMFS sono diventate sempre più gravi. Anche una conoscenza minima della storia monetaria suggerisce che questo centro non reggerà… chiuderò sottolineando l’urgenza… mettiamo fine alla negligenza maligna dell’IMFS e costruiamo un sistema degno dell’economia globale diversificata e multipolare che sta emergendo.”

Tutti si erano detti d’accordo sulla urgente necesità di un nuovo IMFS. Non c’era più tempo da perdere. Nel suo documento, BlackRock aveva suggerito che il nuovo ordine finanziario avrebbe potuto essere creato “in modo diretto”:

“In modo diretto significa che la banca centrale troverà il modo di mettere il suo denaro direttamente nelle mani di chi spende nel settore pubblico e privato… imponendo il coordinamento delle politiche, in modo che l’espansione fiscale non porti ad un aumento compensativo dei tassi di interesse.”

Questo era un concetto rivoluzionario. Le banche centrali, teoricamente, dovrebbero operare solo come banca per le banche commerciali e i governi. Il loro ruolo ufficiale è quello di investire in titoli di stato e gestire le transazioni tra le banche commerciali utilizzando le riserve delle banche centrali, chiamate “base monetaria. Il denaro che tutti noi usiamo ogni giorno è un “aggregato monetario ampio.” Nell’economia ha sempre circolato in modo separato dalla base monetaria.

Prima d’ora, la base monetaria non era mai stata usata per stimolare o manipolare direttamente i mercati degli aggregati monetari ampi (in teoria). Con il suo piano di ‘andare diretti’, BlackRock stava suggerendo un meccanismo attraverso il quale era possibile farlo: mettendo di fatto le banche centrali a capo della politica fiscale governativa, tassazione e spesa.

Andare diretti rappresenta un cambiamento fondamentale nella natura dei nostri sistemi politici. Fa capire che i governi eletti non sono più i responsabili della spesa. Sembra piuttosto l’istituzionalizzazione del concetto di tassazione senza rappresentanza: la fine del concetto stesso di democrazia.

BlackRock aveva aggiunto che ‘l’andare diretti’ sarebbe stato necessario se si fosse verificata una “condizione insolita.” Il centro non poteva reggere, era necessario un catalizzatore straordinario per provocare la trasformazione.

Appena un mese dopo, con un’altra notevole e, per il GPPP, incredibilmente fortuita coincidenza, il mercato statunitense dei pronti contro termine era crollato.

Questo aveva fornito la condizione insolita e necessaria, innescando il piano di BlackRock.

Solo pochi mesi dopo, la situazione era diventata ancora più critica, con il mondo sprofondato in una pseudopandemia globale. Come tutta risposta, nel marzo 2020, l’andare diretti era schizzato alle stelle.

BlackRock aveva affermato che l’andare diretti sarebbe stato necessario solo durante il persistere della “condizione insolita,” anche se la natura dell’accordo avrebbe richiesto un “assetto permanente.” Una volta raggiunti gli obiettivi di politica fiscale, che erano anche obiettivi di politica monetaria, il temporaneo assetto permanente avrebbe poi potuto cedere il posto alla “strategia di uscita” posta sull'”orizzonte politico.”

Ora sappiamo qual è questo orizzonte politico. È la trasformazione dell’IMFS, il sequestro dei beni comuni globali, la monetizzazione della natura e l’istituzione di un organismo finanziario centrale che governerà il tutto. Questo processo è più comunemente chiamato “sviluppo sostenibile,” la costruzione di un’economia verde.

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Mark Carney – ex Goldman Sachs e Banca d’Inghilterra

Un anello per governarli tutti

Prima della GFANZ, nel novembre 2020, Rishi Sunak aveva dichiarato che il Regno Unito aveva intenzione di emettere la prima obbligazione verde sovrana del mondo. Il governo britannico aveva stabilito che, entro il 2025, avrebbe reso obbligatorio il reportig alla Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TFCD) per tutte le imprese britanniche. Sunak aveva aggiunto che questo avrebbe incoraggiato gli investimenti in nuove tecnologie, “come gli stablecoin e le valute digitali delle banche centrali.”

Il governo britannico aveva aggiunto:

“Entro il 2025, il Regno Unito diventerà il primo Paese al mondo a rendere le informazioni integrative alla Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) inderogabilmente obbligatorie per tutte le attività economiche… Il Regno Unito implementerà anche una tassonomia verde – un quadro comune per determinare quali attività potranno essere definite come ambientalmente sostenibili.”

La pretesa del governo britannico di controllare questa iniziativa è veramente comica. Le metriche del capitalismo degli stakeholder che determinano le valutazioni delle attività ESG e lo sviluppo delle CNA, non sono gestite dal Regno Unito, dagli Stati Uniti o da qualsiasi altro governo eletto. Queste leve finanziarie sono saldamente radicate nel settore privato.

Sono i leader del GPPP, come la Banca dei Regolamenti Internazionali, le banche centrali nazionali, BlackRock, Vanguard e i partner del WEF come Deloitte, PwC, McKinsey e KPMG che controllano queste strategie di investimento. I governi sono solo degli apripista, partner minori nella partnership globale pubblico-privato.

Le TCFD vengono valutate in base al “rapporto di sostenibilità” di un’azienda. Secondo il Financial Stability Board (FSB), il rapporto di sostenibilità “descrive l’impatto sulla società di un’azienda o di un’organizzazione, solitamente analizzando problematiche ambientali, sociali e di governance.”

La valutazione del TDFD determina il rating ESG dei suoi asset. Questo sarà il deal maker, o breaker, dell’azienda ogni volta che vorrà proporre investimenti di capitale.

Gli standard del rapporto di sostenibilità sono stabiliti dalla fondazione per gli International Financial Reporting Standards (IFRS). La fondazione IFRS dichiara di essere un’organizzazione senza scopo di lucro e di interesse pubblico. Stabilisce standard contabili concordati in 140 giurisdizioni per organizzazioni pubbliche e private. Le sue giurisdizioni includono gli Stati Uniti, l’UE, il Regno Unito, il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda, la Cina e la Russia.

Tuttavia la sua pretesa di operare nell'”interesse pubblico” non è supportata dalle sue stesse dichiarazioni. La fondazione IFRS riferisce infatti che:

“Gli standard IFRS sono regolamentati dall’International Accounting Standards Board (IASB) e sono usati principalmente da aziende a responsabilità pubblica, da quelle quotate in borsa, e dalle istituzioni finanziarie, come le banche.”

L‘International Accounting Standards Board (IASB) è un’organizzazione del settore privato. Attualmente, sono 12 persone a decidere gli standard IFRS che stabiliscono i requisiti del rapporto di sostenibilità per le imprese e le altre organizzazioni, compresi i governi, in tutto il pianeta.

Nel 2015, sotto la presidenza di Mark Carney (è un uomo veramente impegnato) il Financial Stability Board (FSB) aveva creato il TCFD:

“Il Financial Stability Board (FSB) ha annunciato oggi che sta istituendo una task force di divulgazione guidata dall’industria sui rischi finanziari legati al clima. La Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) svilupperà divulgazioni volontarie e coerenti sui rischi finanziari legati al clima, che verranno utilizzati dalle aziende per fornire informazioni a finanziatori, assicuratori, investitori ed altre parti interessate.”

Cinque anni dopo, lo stesso Carney, ben sapendo che il “centro non può reggere,” ha annunciato al vertice COP26 il consolidamento e l’unificazione dell’intero sistema. In linea con il GFANZ, l’IFRS ha annunciato il prossimo passo del processo: la creazione del suo International Sustainability Standards Board (ISSB).

Il capo revisore di PwC, Hemione Hudson, ha detto:

“Il lancio odierno dell’International Sustainability Standards Board è un passo importante verso il raggiungimento di un approccio comune globale agli standard di divulgazione ESG. Occorre sfruttare il potere dei mercati finanziari per giocare un ruolo di primo piano nella transizione verso un’economia a zero emissioni … Gli standard di reporting sono una componente critica per raggiungere questo obiettivo.”

Ora possiamo vedere come funzionerà l’intero sistema.

Ogni azienda, ogni progetto che vorranno intraprendere, ogni iniziativa pianificata e ogni politica perseguita dovrà aderire agli SDG. La loro conformità all’agenda concordata sarà misurata attraverso il loro “rapporto di sostenibilità.”

La Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) giudicherà la loro performance. I loro sottocomitati ESG, come l’International Sustainability Standards Board, approveranno il rating ESG pertinente per quel particolare business.

Le agenzie private di valutazione degli investimenti, come Deloitte, che sono “membri” dell’IFRS e, per definizione, del GPPP, controlleranno a tutti gli effetti le strategie di investimento di ogni azienda, e quindi le loro operazioni. L’estrazione in alto mare, la cybersicurezza, la nuova moneta digitale, lo sfruttamento dei beni comuni globali e qualsiasi altra cosa che, d’ufficio, venga considerata “sostenibile” riceverà il rating ESG corrispondente.

Tutto questo sarà controllato a livello centrale attraverso il sistema TCFD, gestito dal FSB. Saranno in grado di selezionare chi avrà fortuna e chi no. Il segretariato del FSB è “ospitato” e finanziato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) e si trova presso la sede della BIS a Basilea, in Svizzera.

Non solo le banche centrali, sotto l’autorità della BRI, stanno dirigendo e finanziando la politica fiscale globale,  sono anche intenzionate a controllare tutti gli affari, tutto il commercio e tutte le finanze. Stanno impadronendosi dei beni comuni globali, finanziarizzando la natura e andando oltre il vecchio IMFS per stabilire una vera governance globale.

Se non agiremo, se permetteremo ai burattini dei nostri cosiddetti governi di mantenere le loro posizioni riguardo al GPPP, allora la BIS, le banche centrali e gli altri “stimati azionisti” si impadroniranno di tutto su questa Terra. Saremo in debito con loro per le risorse su cui “si basa la vita stessa.”

Se permetteremo una cosa del genere, allora, proprio come le anime dimenticate e abbandonate alla brutalità delle miniere di cobalto, saremo tutti schiavi.

Iain Davis

Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2021/11/08/seizing-everything-the-theft-of-the-global-commons-part-2/
08.11.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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