Rispettare l’Altro

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DMITRY ORLOV
cluborlov.blogspot.com

Tempo fa, c’era il padre di un mia vecchia amica che era stato una sorta di Combattente della Guerra Fredda: aveva lavorato in un settore del comparto della difesa degli Stati Uniti, qualcosa che aveva a che fare con i sottomarini nucleari, se ricordo bene. A quanto pare, questo tipo di incarico lo aveva portato a sviluppare una forma particolarmente virulenta di russofobia; non tanto una fobia quanto piuttosto un profondo disprezzo per tutto ciò che era russo. Secondo la mia amica, suo padre parlava della Russia in modo compulsivo e in termini estremamente negativi. Sembra anche che starnutisse molto (allergie, forse), e questa signora mi diceva che spesso le era difficile distinguere gli starnuti di suo padre dalla parola “Russia,” usata come imprecazione. Ma forse lei stava solo cercando di fare una distinzione dove, in realtà, non c’era differenza: suo padre era allergico alla Russia, la sua allergia lo faceva starnutire molto e gli aveva anche causato una forma blanda di sindrome di Tourette, così, con i suoi starnuti sembrava dire “Russia!”

Che cosa gli aveva fatto sviluppare una visione così negativa della Russia? Il motivo è facile da indovinare: la sua attività lavorativa per il governo lo aveva costretto a concentrarsi esclusivamente su quello che i suoi superiori avevano definito come “la minaccia russa”. Scavando un po’ più a fondo, verrebbe senza dubbio fuori che la minaccia proveniente dalla Russia era l’autogenerata finzione americana della loro schiacciante superiorità militare. A differenza degli Stati Uniti, che avevano sviluppato innumerevoli piani militari per distruggere l’Unione Sovietica (di cui non se ne era mai fatto nulla a causa della suddetta mancanza di una schiacciante superiorità militare), l’Unione Sovietica non aveva mai preparato piani del genere. E questo, per certe persone negli Stati Uniti, si era rivelato estremamente irritante. Era stata veramente una necessità o era successo per caso?

Potremmo prendere in considerazione fattori geopolitici, militari o economici, considerare lo scontro (ora non più tanto importante) tra ideologie socialiste e capitaliste o qualsiasi altra irrilevanza. Oppure potremmo cercare indizi su cosa ci sia veramente dietro questa sindrome analizzando gli sforzi fatti per combatterla. Prendete in considerazione questo testo tratto dal primo album solista di Sting del 1985, “The Dream of Blue Turtles”. Sting cantava appassionatamente: “Spero che anche i Russi amino i loro figli”. Da quale fonte mistica scaturiva la vana speranza di Sting? Che i Russi fossero una razza di automi senz’anima, determinati ad una distruzione immotivata di tutta la vita sulla Terra, ma che, grazie ad un piccolo rimasuglio di umanità nei loro cuori, potessero anch’essi amare i loro figli e che la cosa li avrebbe trattenuti [dal distruggere il mondo]? La Russia di Sting è quasi pura malvagità, ma non completamente, e un piccolo frammento di bontà è ciò che tiene il pianeta in bilico sull’orlo della distruzione.

Guardando la storia, la prospettiva è differente. Fin dalla sua prima unificazione come superethnos (Grande Rus), circa dieci secoli fa, la Russia è stata costantemente attaccata e invasa da ovest. Era stata invasa dagli Svedesi, dai Tedeschi, dai Polacchi/Lituani, dai Francesi e di nuovo dai Tedeschi. Si noti che questi sono tutti gruppi etnici del Nord Europa; a quanto pare questo è importante. Tutte queste incursioni, i Russi erano sempre riusciti a respingerle. La Russia era stata anche invasa da est, da un ampio e variegato gruppo di tribù nomadi, collettivamente conosciute come Mongoli (anche se di fatto, tra queste tribù, i nuclei etnicamente Mongoli non erano più di un migliaio) e questo alla fine aveva portato all’integrazione, all’assimilazione e alla coesistenza pacifica.

Come mai una simile differenza? Perché i Russi e i Polacchi si comportano come l’olio e acqua, nonostante siano cristiani, confinanti e parlino una lingua slava? Perché i Russi, i Tatari e le altre popolazioni turche si sono fusi tra di loro attraverso i matrimoni misti, nonostante le grandi differenze di lingua, costume, religione e origine geografica? Proponiamo allora un’ipotesi audace: che la ragione sia organica. Che le compatibilità e le incompatibilità etniche non vadano attribuite a fattori storici, culturali, religiosi o economici. Potrebbero essere genetiche, potrebbero non aver nulla a che fare con la genealogia (parentela), ma potrebbero facilmente derivare da mutazioni casuali. Potrebbero far parte di un sistema di identificazione innato amico-nemico, un sistema piuttosto grossolano, che potrebbe essersi evoluto in un periodo in cui gli ominidi superavano lo stadio delle bande e delle tribù e iniziavano a formare i primi gruppi etnici.

In un primo momento questa ipotesi può sembrare strana, ma, se ci pensiamo un po’, spiega i conflitti di una certa durata molto meglio di qualsiasi altro fattore ideologico, culturale, religioso o economico. Consideriamo la Guerra dei Trent’anni, che aveva devastato l’Europa centrale tra il 1618 e il 1648. Leggendo i resoconti storici che la riguardano, sembra che una serie di astruse argomentazioni teologiche (troppo astruse per essere comprese dalla maggior parte dei partecipanti) siano state in gran parte risolte massacrando civili innocenti, uno strano modo di tenere una disputa scolastica. Ma, guardando il risultato, diventa evidente uno scopo finale, completamente diverso: quello di delineare e separare etnie incompatibili fra loro.

Questa incompatibilità è diventata evidente nel Nuovo Mondo. Da una parte abbiamo gli Europei cattolici (gli Spagnoli, i Portoghesi e, in misura minore, i Francesi) che si sono felicemente integrati, si sono mescolati con le popolazioni native e hanno formato nuove nazioni, razzialmente ed etnicamente omogenee, come i Messicani, i Brasiliani , i Cubani e così via. Dall’altra, abbiamo gli Europei del nord Europa protestanti (Inglesi, Tedeschi, Scandinavi, Olandesi e Belgi), che hanno rifiutato i matrimoni misti e hanno insistito per formare società estremamente segregate, che persistono ancora oggi.

L’accettazione dell’esogamia da parte dei cattolici e l’insistenza sull’endogamia dei protestanti (fino alla promulgazione di leggi razziste contro “i matrimoni misti” negli Stati Uniti, tenute in grande considerazione ed emulate dai nazisti tedeschi) non possono essere spiegate dalle differenze di credo religioso tra cattolici e protestanti, dal momento che queste tendenze esistono tra i credenti ma anche tra i non religiosi. Una spiegazione molto più semplice è che gli Europei del nord sono internamente compatibili, ma in gran parte incompatibili con altri gruppi etnici, mentre gli Europei del sud e dell’est sono compatibili con molti più gruppi. La coincidenza superficiale tra compatibilità etnica e [lo scontro tra] protestantesimo/cattolicesimo è un artefatto della Guerra dei Trent’anni e di simili eventi storici.

Ciò che rende importante la comprensione delle compatibilità e delle incompatibilità etniche è che, se vengono ignorate, il risultato è una fenomenale quantità di caos, omicidi e conflitti. Gruppi etnici incompatibili possono prosperare fianco a fianco, a patto che rimangano separati e coltivino un sano rispetto per l’Altro. (L’economia delle piantagioni del sud degli Stati Uniti prima della Guerra Civile, dove un gran numero di Africani sgobbava per conto di un piccolo gruppo di Europei, non è propriamente un esempio). I gruppi etnici compatibili si fondono tra loro attraverso matrimoni misti e formano nuove nazioni, senza che la cosa richieda nessuno sforzo speciale.

Ma la storia dimostra che mettere insieme gruppi etnici incompatibili attraverso un’ideologia forzata, sia essa di natura religiosa o laica, produce risultati molto scarsi. Certo, è possibile aumentare il tasso dei matrimoni misti facendo vergognare quelli che esibiscono tendenze razziste e premiando chi pratica il matrimonio misto, un modo per segnalare la loro virtuosità e, superficialmente, la società risultante non sembrerà divisa. Quello che però si rompe è il suo senso di identità. Essere tra persone compatibili, che ti accettano e che tu, a tua volta, accetti inconsciamente e incondizionatamente, crea un senso di armonia e di benessere, facendoti capire che il mondo è un buon posto, che deve essere accudito e rispettato.

Ma essere costretti a vivere in mezzo a persone incompatibili, la cui accettazione di te e la tua di loro è basata su una forzosa ideologia di uguaglianza, contraddetta ad ogni piè sospinto dal tuo senso innato, crea uno stato di disarmonia e di malessere, portandoti a credere che il mondo è un luogo malvagio, da purificare e purgare da tutto ciò che è offensivo, sia esso il tuo governo, i tuoi vicini o le statue antiche. L’etnos risultante è una chimera, un’entità composita non vitale, sempre alla ricerca di un mezzo per distruggere se stessa. Le ideologie che genera vanno dal nichilismo all’anarchismo violento, dai movimenti secessionisti a quelli rivoluzionari, dai culti apocalittici agli adoratori del diavolo, dallo stupro di gruppo all’omicidio di massa a sangue freddo. Per eventi storici come l’Inquisizione spagnola o le purghe di Stalin, è una perdita di tempo cercare motivazioni razionali. Ma se invece li consideriamo come risultanti dagli scontri tra gruppi etnici incompatibili, allora emerge un quadro molto più chiaro.

Uno dei vantaggi di questo approccio rispetto al cercare di separare complessi e in gran parte irrilevanti problemi storici, religiosi, culturali ecc. è che può essere verificato con statistiche facilmente reperibili: tasso di matrimoni misti e fattibilità dei risultati (in termini di produttività ed esiti positivi delle risultanti unità familiari). L’incapacità di identificare il meccanismo organico sottostante la differenziazione e l’incompatibilità etnica è, ovviamente, un problema. Ma forse questo meccanismo verrà alla fine trovato, una volta che saranno state raccolte prove sufficienti e confermate da ricerche incrociate con campioni di DNA. Nel frattempo, se ne sa già molto di più sulla natura dell’ethnos, inteso come aspetto della biosfera terrestre.

Avrò altro da dire su questo argomento nella prossima puntata. Nel frattempo, ritengo che esista un solo modo sicuro e valido di agire quando si percepisce l’estraneità dell’Altro: rispettare la loro diversità e cercare di lasciarli soli. Mettete da parte la vostra ideologia “dell’umanità come un tutt’uno”  (casomai ne aveste una) perché causerebbe solo problemi.

Dmitry Orlov

Fonte: cluborlov.blogspot.com
Link: http://cluborlov.blogspot.com/2019/04/respecting-other.html#more
09.04.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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